Merlin/serie generale/set 1/prompt 03:00

Apr 15, 2011 15:20

Titolo: Some secrets should stay like that
Serie TV: Merlin
Personaggi: Arthur, Merlin, Uther Pendragon, Ygraine
Set: 1
Prompt: 03:00 Non c'era niente per cui provare rimorso
Conteggio parole: 2,850
Rating: PG
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale 
Avvertimenti: One Shot, What If?, Slash
Disclaimer: Merlin e i suoi personaggi non mi appartengono, sono proprietà della BBC e chi per essi. Da questa storia non ci ricavo niente.
Tabella: QUI
Note: Storia scritta per la community 24ore  con il prompt "Non c'era niente per cui provare rimorso". La storia riparte dalla fine della 2x05 e non tiene conto di ciò che accade dopo. Ulteriori note a fine storia.



Some secrets should stay like that.

Arthur si trovava nel cortile del castello e stava allenando i suoi uomini. Il pericolo avrebbe potuto bussare alle porte di Camelot in qualsiasi istante, ed il giovane principe non avrebbe potuto permettere che i suoi cavalieri venissero colti impreparati.
Nonostante ciò, quella mattina i suoi valorosi guerrieri non avevano la sua totale attenzione. Gli ultimi giorni erano stati parecchio movimentati per tutti - in particolar modo per il biondo - e la presenza di Lady Catrina, entrata ed uscita così d’improvviso dalla sua vita, lo aveva lasciato confuso.
Suo padre sotto l’incanto di quel troll si era completamente trasformato in un’altra persona, in una marionetta senza sentimento alcuno, disposta a far del male anche al proprio popolo pur di soddisfare i desideri di un mostro dotato di magia.
Non che nel corso della sua vita Uther non fosse mai stato pretenzioso, dispotico e fondamentalmente dittatore, ma Arthur non lo aveva mai visto prendere decisioni sbagliate, soprattutto nei riguardi della sua gente. Eppure era accaduto proprio davanti ai suoi occhi ed aveva sentito pronunciare quelle frasi con le sue stesse orecchie.
Da tempo il popolo ha avuto vita facile…
Sono ingrassati cibandosi della nostra indulgenza…
Introdurremo una nuova tassa. Chi si rifiuterà di pagare verrà arrestato e fustigato pubblicamente.
Arthur non aveva idea che in quel momento suo padre fosse manipolato da qualcun altro. Per quanto ne sapeva lui quelle decisioni erano state prese da quell’uomo che aveva sempre professato di essere un Re giusto ed imparziale. Ed era stato proprio quel sovrano ad avergli insegnato sin dalla più tenera età che il suo popolo avrebbe dovuto sempre trovarsi al primo posto per lui, al pari del regno. Più in alto del proprio valore, più in alto di qualunque amore…
Più in alto di tutto.
Proprio per questi motivi quel senso di stranezza che si era ritrovato a provare il biondo non lo aveva più abbandonato.
Arthur guardava i propri uomini allenarsi in uno scontro corpo a corpo, ignari di quali fossero realmente i suoi pensieri.
Il sole splendeva sulle loro armature, rendendo i loro allenamenti ancor più ostici del normale. Combattere sotto il sole cuocente non era mai stato facile.
Il biondo si riscosse dettando loro un nuovo ordine, quello di battersi contro di lui due alla volta.
Sperò che quel nuovo esercizio lo avrebbe distratto almeno per qualche minuto da quel filo mentale che stava continuando a tessere.

***

Il principe aveva da poco finito gli esercizi quotidiani, ma quei pensieri che tanto lo avevano tormentato durante l’addestramento erano sempre ben saldi nella sua mente.
Sentiva la maglia pregna di sudore sotto la cotta, ma non aveva alcuna intenzione di rientrare nelle sue camere ed ascoltare le mille lamentele che sicuramente Merlin avrebbe riversato su di lui solo per poter scansare alcuni dei suoi doveri quotidiani.
Prese così a vagare meditabondo per il castello senza porre particolare attenzione a dove lo stessero dirigendo i suoi piedi.
Il silenzio di quelle fredde mura era un toccasana per il suo umore grigio.
Sentiva i piccoli anellini della maglia di ferro tintinnare ad ogni suo passo e l’armatura pesargli inverosimilmente sulle spalle, ma non vi diede particolarmente peso.
Si riscosse solamente quando notò di essere giunto davanti ad un grandissimo arazzo color rosso fuoco, portatore dello stemma di Camelot. Erano anni che non lo vedeva.
L’ala est del castello era una luogo che evitava sempre, poiché le sue stanze si trovavano dalla parte opposta a quella e poiché non aveva mai tempo da perdere inutilmente per immergersi nei ricordi.
Rivedere quell’arazzo, però, gli aveva provocato una strana sensazione piacevole. Quasi era incredulo di poterlo vedere nuovamente.
Quell’oggetto era stato il suo rifugio preferito quando in passato aveva giocato a nascondino con Morgana e proprio lei aveva avuto il compito di cercarlo. L’allora bambina avrebbe potuto spendere ore in quella ricerca senza ottenere alcun risultato, difatti non l’aveva mai trovato.
Il principe si volse di scatto, ricordando che vicino a quell’arazzo c’erano le scale che conducevano sulla torre dell’ala est del castello.
Quel luogo era una zona che suo padre gli aveva sempre vietato di varcare, anche se lui non ne aveva mai conosciuto la ragione.
Solo una volta, in compagnia di quella che ormai considerava sua sorella, si era ritrovato a percorrere quelle scale, sperando di poter finalmente scoprire dove lo avrebbero condotto e cosa avrebbe potuto trovare di così proibito. Ma la loro balia li aveva richiamati a sé proprio quando avevano iniziato a salire quegli scalini, demolendo così la loro prova di coraggio.
Arthur esitò solo un attimo prima di fare un passo in avanti, posando il suo piede sul primo gradino di pietra.
Quell’ala del castello era particolarmente gelida e piccoli brividi di freddo pervasero il suo corpo. Il sudore sotto la sua armatura si stava raffreddando velocemente.
Percorse molti scalini, finché non trovò una piccola porta di legno ad ostacolare il suo passaggio. Forzò l’apertura finché non riuscì a dischiudere l’uscio quel tanto che gli fu sufficiente a permettergli di entrare in quel luogo nascosto.
Il buio del vano invase la sua vista, ed ebbe bisogno di qualche istante per abituare i suoi occhi a quell’oscurità. Nella penombra scorse poi quella che pareva essere una finestrella. Si avvicinò e la schiuse, lasciando così entrare un po’ di luce dentro la torre.
Quando si volse rimase stupefatto.
Non avrebbe mai pensato che dentro al castello potesse trovarsi una stanza tanto intima come quella.
Davanti ai suoi occhi c’era infatti una piccola soffitta gremita dei più svariati oggetti. Specchi, piccole cianfrusaglie, mobili antichi - e probabilmente di valore - soverchiati dalla polvere degli anni.
C’erano anche degli abiti femminili, dei fermagli per i capelli, una spazzola ed alcuni gioielli.
Arthur venne pervaso da un astruso senso di ansia.
Tutti quegli utensili si trovavano lì per un motivo.
Tutti sembravano essere appartenuti ad una donna, tempo addietro.
Tutti parevano dover essere stati dimenticati, essere voluti dimenticati.
Suo padre aveva rinchiuso in quella soffitta gli averi che una volta erano appartenuti a sua madre, Ygraine.
Quello fu il pensiero che si era formulato nella sua mente.
Slegò i lacci di cuoio della sua armatura e con un gesto deciso se la sfilò dalle spalle, gettandola poi a terra, di fianco a sé. Improvvisamente si sentì più libero.
Si guardò intorno e notò una grande toeletta con specchiera in legno pregiato accostata ad un grande muro. Fece qualche passo in avanti, fino a che non fu capace di studiare la sua immagine impressa su quella superficie riflettente.
Probabilmente sua madre si era specchiata lì tante volte durante la sua giovinezza.
Al biondo venne automatico chiedersi se nel suo volto ci fosse stato qualche particolare simile a quello della donna che lo aveva fatto nascere. Quello era uno degli interrogativi che più frequentemente si faceva spazio tra i suoi pensieri.
Uno dei segreti che non aveva mai rivelato a nessuno, per paura di poter risultare debole o troppo sentimentalista.
Sospirò, consapevole del fatto che mai avrebbe potuto scoprire quella verità. Si accorse poi che poggiato sulla toeletta c’era un piccolo scrigno, anch’esso di legno finemente lavorato.
Arthur sapeva che non avrebbe dovuto aprirlo, che non sarebbe stato giusto nei confronti di chi aveva portato lì quell’oggetto o nei confronti di chi fosse appartenuto in passato, ma quella piccola scatola sembrava quasi chiamarlo, attirarlo a sé irrimediabilmente e la tentazione che sentì crescere implacabile non lo aiutò affatto.
Nessuno avrebbe potuto scoprire che lui era stato lì.
Nessuno avrebbe potuto saperlo.
La piccola chiave che si trovava lì vicina, doveva essere l’accesso per aprire quel piccolo contenitore.
L’erede al trono la prese tra le sue mani e la portò lentamente nel piccolo foro intarsiato nello scrigno. Girò due volte, finché non sentì qualcosa scattare. Vide il coperchio alzarsi lentamente e lo aiutò con un dito, fino a scoprire il contenuto dentro di esso.
Piccole pergamene e vari fogli di carta pregiata, riposavano indisturbate, accuratamente ordinate.
Prese a farle scorrere tra le sue mani, fino a che non ne scorse uno la cui grafia gli risultò familiare.
Mosse gli occhi alla base del foglio, fino a scorgere la firma di suo padre.
Si trattava di un biglietto d’auguri che l’uomo aveva scritto per sua madre.

Dolce Ygraine,
Vi scrivo queste poche righe per rinnovare ancora una volta il piacere che ho provato nel passare con Voi questa giornata.
Nessuna donna mi ha mai fatto battere il cuore come Voi ci siete riuscita.
Siete la dama più graziosa, bella e di buone maniere che io abbia mai conosciuto.
Mi avete completamente stregato.
Spero che Vostro Padre sarà così clemente da concedermi altro tempo da spendere in Vostra compagnia.
Questo è il mio unico desiderio.
Rinnovo i miei auguri per Voi, sperando che abbiate passato un buon compleanno in mia compagnia.
Con la speranza di rivederVi presto.
Vostro,
Uther Pendragon

Era la prima volta che il giovane principe teneva tra le mani un pezzo di carta così intimo che il suo stesso padre aveva scritto.
A lui quell’uomo non aveva mai dedicato nessuna parola. E neanche a Morgana, per quanto ne sapeva.
Ma su quella pergamena vi aveva scribacchiato dolci parole d’amore, degne del più innamorato tra gli innamorati.
Immaginare il re nel momento in cui aveva scritto quelle righe fece stringere il cuore ad Arthur.
Da anni suo padre non aveva più avuto il privilegio di poter amare così sua madre.
Era stata la propria nascita a portargliela via. Come poteva ancora guardarlo negli occhi?
Come aveva fatto a crescerlo con la consapevolezza che proprio lui era quel figlio che gli aveva strappato dalle mani l’eterno amore?
Aveva lasciato quelle parole nascoste dentro uno scrigno, a raccogliere la polvere durante gli anni.
Probabilmente per suo padre il ricordo della donna che aveva così tanto amato era troppo doloroso, così doloroso da dover rinchiudere in una soffitta qualsiasi cosa a lei appartenuta.
Strinse un poco quel biglietto d’auguri che aveva ancora tra le mani.
La sua visita in quel luogo sarebbe dovuta rimanere segreta.
Nessuno avrebbe mai saputo che si era recato lì e che aveva scoperto quanto suo padre avesse amato sua madre, quanto in effetti avesse tenuto a lei.
Non avrebbe mai rivelato a nessuno di essersi riflesso in quello specchio in cui lei si era presumibilmente pettinata i capelli prima di andare a dormire, in cui aveva sorriso o pianto, magari molte volte, durante le sue giornate trascorse nel castello.
Ed avrebbe aggiunto quel segreto ai tanti della sua lista.
Ripose i fogli dentro il piccolo scrigno, quando sentì un fruscio vicino alla porta della soffitta.
Arthur si volse d’istinto, portando una mano alla spada che aveva con sé.
“Merlin!” esalò dopo aver riconosciuto la figura del suo servitore che faceva capolino dalla porta.
Il tono gli uscì più aspro di quanto avrebbe voluto, ma la situazione in cui si trovava, il fatto che avesse appena scoperto qualcosa su sua madre, l’aveva colto impreparato.
Guardò silenziosamente il moro, aspettando una spiegazione sul perché l’avesse raggiunto lì.
L’altro parve comprendere il suo volere e parlò.
“Uno dei vostri cavalieri mi ha detto che avrei potuto trovarvi in quest’ala del castello…”
Chi lo aveva visto?
Credeva di non essere stato scorto da nessuno mentre prendeva quella direzione.
Merlin era rimasto in disparte in un angolo buio della soffitta, quasi si fosse accorto che quel luogo conteneva in sé qualcosa di particolare.
L’erede al trono rimase sorpreso per come aveva reagito quello scansafatiche dopo essere stato scoperto lì.
Possibile che quell’idiota avesse capito?
Arthur sbuffò facendogli cenno di avvicinarsi, poi si volse nuovamente verso lo scrigno.
Dopo aver preso la piccola chiave tra le mani, la girò due volte in senso antiorario e lo chiuse, proprio come lo aveva aperto.
Una strana malinconia gli aveva attanagliato le viscere.
La presenza di Merlin accanto a sé lo aveva lievemente rasserenato, anche se non avrebbe saputo spiegarsene il motivo, ma quei sentimenti… quella sensazione di colpa verso suo padre pareva non volersene andare.
“Qualcosa non va, Sire?”
Il biondo si volse verso il servo, per scoprire l’espressione preoccupata dell’altro.
Scosse la testa in senso di diniego, incapace di emettere una sola parola, completamente catturato da quel mondo parallelo nel quale si trovava.
Quegli oggetti e quei vestiti avrebbero dovuto essergli familiari. Avrebbe dovuto specchiarsi nella specchiera assieme a sua madre ogni sera, avrebbe dovuto conoscerla, avrebbe dovuto ricordare momenti felici trascorsi assieme a lei.
Invece no. Lei era morta.
Quella era la sola verità.
Avrebbe voluto rispondere a Merlin e dirgli che andava tutto bene, ma non era affatto così.
Che cosa gli stava accadendo?
Perché non riusciva più ad emettere un singolo suono?
Non avrebbe dovuto recarsi lì.
Non avrebbe dovuto leggere quella pergamena.
Non avrebbe dovuto…
I suoi pensieri furono interrotti quando sentì una mano del servo posarsi gentilmente sulla sua spalla.
“Arthur…”
Esitazione, paura, inquietudine.
Da quando Merlin sfoderava così limpidamente quei sentimenti di fronte ai suoi occhi?
Non avrebbe voluto che l’altro si sentisse così a causa sua.
Eppure con quel semplice gesto gli stava infondendo calore. Quell’idiota gli stava facendo capire che era lì per lui.
Avrebbe odiato ammetterlo a se stesso - e forse non lo avrebbe mai fatto fino in fondo -, ma Arthur sapeva di provare qualcosa per quello scansafatiche. Qualcosa che andava ben oltre il rapporto servo-padrone al quale entrambi avrebbero dovuto attenersi.
“Li… Li vedi anche tu Merlin?”
Lo guardò negli occhi, attento a non staccare il suo sguardo da quello dell’altro.
“Questi oggetti?” aggiunse poi in un soffio.
Vide il moro annuire silenziosamente.
“Sono tutti appartenuti a lei in passato.”
Dirlo ad alta voce non avrebbe lenito il suo senso di colpa, ed al tempo stesso sapeva che non avrebbe dovuto proferire quelle parole di fronte all’altro.
Ma si sentiva perso. Completamente perso.
“A mia madre.”
Scorse un velo di tristezza celare lo sguardo del suo servo. Poi sentì le braccia esili del moro stringerlo forte a sé.
Percepiva le mani di Merlin sulla sua schiena, sostenerlo con tutta la forza che possedeva.
Gli stava infondendo il suo calore, la sua presenza.
Se mai qualcuno gli avesse detto che quel lavativo di un servo avrebbe potuto sorreggerlo un giorno, avrebbe riso senza ritegno. Ma in quel momento quel gesto gli sembrò così giusto, che per qualche strana ragione sentì che era proprio così che sarebbe dovuta andare.
Portò le sue mani sulla schiena di Merlin e si strinse a lui, aggrappandosi con tutta la sua forza e con tutto il suo dolore.
Avvertì poi le calde labbra del moro sfiorare la base del suo collo, posarci un bacio delicato.
Il suo cuore mancò di un battito.
Incontrò il suo sguardo e vi scorse dedizione, fermezza.
“Ci sarò sempre per voi, Sire.”
Merlin… quel Merlin sbadato, irriconoscente, petulante e lamentoso che aveva sempre conosciuto, gli aveva appena dichiarato il suo amore, senza esitare neanche un istante.
Arthur non poté frenarsi. Si avvicinò a lui e posò le sue labbra su quelle dell’altro.
Si era chiesto spesso come sarebbe stato. Credette che fosse la cosa più giusta che avrebbe potuto fare in quel momento.
Le morbide labbra del moro si incastravano perfettamente con le sue.
La sua lingua vispa cercava quella fresca dell’altro, scontrandosi con lei, per poi fondersi insieme, saggiarsi.
Avrebbe voluto fermare il tempo.
Avrebbe voluto restare per un lungo periodo indefinito assieme a lui, dentro quella piccola ed segreta soffitta, lontano dal resto del mondo.
Avrebbe voluto dimenticare le cose brutte e stare solamente con Merlin, lontano da occhi indiscreti.
“Grazie.”
L’aveva affermato senza paura, incontrando gli occhi del moro, dopo quell’intimo contatto.
Ricambiava il suo amore, ed aveva la certezza che non avrebbe mai smesso di amarlo.
Quello era il luogo perfetto per poter racchiudere dei segreti.
Dopo aver compreso ciò, non gli fu più difficile capire perché suo padre gli avesse proibito di recarsi lì, durante la sua infanzia.
Troppe domande, troppi dolorosi ricordi sarebbero riaffiorati per lui.
Solo adesso aveva compreso.
Avrebbe custodito quel segreto ed avrebbe ricordato le dolci parole che suo padre aveva scritto per sua madre, ma non avrebbe fatto domande.
Non c’era niente per cui provare rimorso… In fondo aveva solamente voluto dare risposte alla sua voglia di sapere.
Sorrise, guardando Merlin vicino a sé.
Si fidava di lui e adesso aveva la certezza che l’altro non lo avrebbe mai abbandonato.
Eppure… Sapeva anche che quello che era appena successo tra di loro sarebbe dovuto rimanere celato, proprio come ciò che aveva scoperto quello stesso pomeriggio.
Anche se i suoi sentimenti per Merlin erano reali, ed anche se avrebbe voluto poterlo amare liberamente, sapeva che avrebbe dovuto soffocare quelle sensazioni e reprimerle nell’angolo più nascosto del suo cuore, proprio come suo padre aveva fatto con quei fogli pregiati.
Sapeva che il moro avrebbe compreso, che non avrebbero dimenticato e che magari un giorno avrebbero avuto ancora modo di provare quelle emozioni.
Ma fino ad allora non ne avrebbe fatto parola con nessuno.
Avrebbe custodito anche quel segreto, con tutto se stesso, con la consapevolezza di non essere più solo.
E dopo tutto, forse, quel giorno sarebbe arrivato prima di quanto lui si sarebbe mai aspettato.

Note aggiuntive: Quando Uther parla di Ygraine nel telefilm, si comprende come il re sia stato affezionato a quella donna. Spero dunque che le mie parole non siano risultate troppo stucchevoli, ma volevo semplicemente dare l’idea di un Uther innamorato.
Inoltre la frase “Mi avete completamente stregato” è voluta, poiché Uther quando scrive quelle frasi, presumo fosse stato giovane, quando ancora non sapeva che cosa gli avrebbe fatto la magia in futuro.
Le seguenti frasi:
Da tempo il popolo ha avuto vita facile…
Sono ingrassati cibandosi della nostra indulgenza…
Introdurremo una nuova tassa.
Chi si rifiuterà di pagare verrà arrestato e fustigato pubblicamente.

Appartengono alla BBC, poiché sono presenti nell’episodio 2x05, così come gli aggettivi giusto ed imparziale (riferiti ad Uther), vengono dalla 1x01.

autore: yukiko_no_niji, merln: serie generale, autore: nonna_giuly

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