I never meant to start a war [Original]

Oct 26, 2012 22:16

Storia scritta sul prompt "I only wish you weren't my friend/then I could hurt you in the end" (Snuff - Slipknot), dai prompt orfanelli, per la seconda sfida della Staffetta in Piscina indetta da piscinadiprompt e per la #zombiepocalypse indetta da lisachanoando sul suo blog - ci ho provato, almeno.
Il titolo è un verso da "Battlefield" di Jordin Sparks. :3

Io di zombie non ci capisco niente, sappiatelo. /0\
Warnings: Zombie. Angst - forse. Leggero incesto se lo si vuole vedere.
Non betata.


La ragazza riesce, con un ultimo sforzo dettato dalla disperazione, a tirarti una gomitata al petto che ti mozza il respiro il tempo sufficiente a permetterle di liberarsi del tutto dalla tua presa e riprendere a correre.
Rimani una manciata di secondi come paralizzata, il fiato corto, poi scatti in avanti e dopo pochi metri le sei di nuovo addosso.
Questa volta le pianti un ginocchio tra le scapole e le premi con forza la guancia contro il cemento.
La ragazza comincia a piangere e tu cerchi di asciugarti con la spalla un po’ del sudore che senti colarti sul viso.
« Ti supplico, stiamo dalla stessa parte, » singhiozza.
Sospiri. Le scosti una ciocca di capelli sporchi dagli occhi, con gentilezza, poi ritrai la mano ed estrai la pistola per farla finalmente finita.
Un po’ ti dispiace doverla uccidere; è piuttosto carina ed anche se ha un fisico forse un po’ troppo gracile, avrebbe comunque potuto tornarti utile in qualche modo. È la fottuta Apocalisse, dopotutto, ed un paio di braccia in più per sparare a tutti quegli schifosi zombie che scorrazzano a piede libero ormai da anni sul vostro bel pianeta fanno sempre comodo.
Ma erano quasi sei mesi che non incontravi più una persona che non perdesse pezzi d’interiora mentre cammina e come già detto, è la fottuta Apocalisse, di esseri umani in grado di pensare ne sono rimasti ben pochi in circolazione, ormai, non puoi permetterti di avanzare anche delle pretese: le tue scorte si sono esaurite un mese fa ed il tuo fratellino comincia ad avere fame.
La ragazza si irrigidisce e comincia a sudare freddo appena riconosce il gelo della canna della pistola premerle contro la nuca.
« Aspetta, aspetta! » strilla, disperata. « Sono io! Sono Alanis, la tua compagna d’università ».
Sbuffi.
Mentre la sollevi di peso tirandola per il braccio e la costringi a seguirti verso il buco che insisti a chiamare casa pensi che, forse, è davvero stata una fortuna che quel lontano giorno in cui siete state presentate tu ti sia poi ammalata e sia rimasta bloccata nel letto per più di un mese. Altrimenti sareste diventate amiche e molto probabilmente te ne saresti anche innamorata, e allora sì che sarebbe stato un problema trovare la forza di ammazzarla.
La spingi dentro il minuscolo appartamento e ti serri la porta alle spalle, poi la obblighi a scendere la stretta scalinata di pietra che conduce in cantina, la pistola sempre puntata alla testa.
Appena tuo fratello percepisce la vostra presenza cerca di attaccarvi scagliandosi contro la porta sprangata che lo tiene rinchiuso lì sotto.
Alanis urla e tu senti l’oramai familiare puzza di marcio che accompagna ogni movimento di quello che un tempo era stato un adorabile ragazzino pungerti le narici fin quasi a farti lacrimare gli occhi.
« Che diavolo… »
« Mio fratello è sempre stato un po’ timido con gli estranei ».
« Tuo fratello è stato morso tempo fa, l’ho visto io, » soffia, terrorizzata.
« Lo so ».
Appena Alanis recepisce sul serio il significato delle tue parole sgrana gli occhi.
« No, no, » strilla. Comincia ad agitarsi così tanto che tu, per riuscire a bloccarla ed evitare che scappi, sei costretta a stringerle forte il braccio libero intorno al collo e piantarle la pistola nel fianco.
« Datti una calmata, okay? » le soffi direttamente nell’orecchio in un tono, tutto sommato, gentile.
« Morirai comunque. La scelta sarebbe tra lui o la pistola ma siccome sono io a detenere il potere, al momento, e mi serve che entri viva in quella stanza, sceglierò io al posto tuo, va bene? »
Alanis tenta invano di liberarsi, chiedendo aiuto, mentre la trascini in avanti. Strilla e piange come una bambina, dimenandosi e graffiandoti il braccio.
Quando ti fermi ad un paio di passi dalla porta, il tuo fratellino ci si scaglia nuovamente contro producendo un rumore spaventoso ed il suo insopportabile fetore di putrido si fa d’improvviso così intenso che, per un attimo, ti sorprendi seriamente a domandarti perché stai facendo ancora tutto questo.
Poi il ricordo un po’ sfuocato del suo sorriso gentile ti si piazza davanti alla retina e tu sospiri contro il collo della ragazza.
Alanis cerca d’impuntarsi con i piedi per indietreggiare e singhiozza forte, mentre tu  rafforzi la presa intorno al suo collo ed allunghi l’altra mano per aprire la prima serratura.
« Scusa, » le sussurri all’orecchio, facendo intanto scattare anche il secondo ed il terzo lucchetto.
« Mi piaci, ma il mio fratellino è più importante ».
Un attimo prima di aprire anche l’ultima serratura, Alanis ti pianta le unghie nella carne, strappandoti un sibilo, e tu la spingi in avanti.
Ha a malapena il tempo di rendersi conto che non sente più il tuo braccio premerle sulla gola che tu hai richiuso la porta dietro di lei e fatto riscattare i lucchetti.
Come ogni volta le urla non durano poi molto: il tempo di aver risalito tutti gradini e si sono già spente.
Appoggi la pistola sul vecchio tavolo mangiato dalle tarme e ti spogli abbandonando i vestiti dove capita, senza preoccupartene.
Mentre immergi bruscamente la faccia nel catino d’acqua fredda e cominci a lavare via alla meglio lo sporco ed il sangue secco dalla pelle, pensi che devi seriamente trovare un modo per risolvere il problema di quel tanfo nauseabondo perché sta cominciando a diventare sul serio insopportabile.

warning: incest, fandom: original, fan fiction, one shot, rating: pg-13

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