Avevo scritto un post dettagliatissimo sulla mia laurea, ma l’ho scritto sul pc al piano di spora che ha pensato bene di collassare prima che riuscissi a postarlo.
E non ho la forza di riscriverlo tutto…
Cmq, 110 e lode (!!!! Non me l’aspettavo!!), deciso superamento del terror bianco pre-discussione, e festa post-laurea che mi è proprio piaciuta, con conclusione notturna in un pub di venezia.
Probabilmente la serie di disavventure che mi sono capitate nelle 4 ore prima di prendere il treno ha fatto scaricare la massa d’ansia che avevo, così ho rischiato di andare davvero nel pallone solo la mezz’ora prima della discussione. Ho MOLTA esperienza di saggi di pianoforte in cui si verifica esattamente questo ma senza che io riesca a recuperarmi, per cui non c’era da fidarsi. Stavolta ce l’ho fatta a sbloccarmi, ma non era detto. Il relatore, vedendo la faccia con cui sono entrata, ha temuto seriamente che non riuscissi a spiccicare parola.
La mia “regia”, sia quella pervenuta in loco a prezzo di molti sacrifici (perché laurearsi a padova sembra semplice ma in realtà presuppone un’armonia logistica non da poco), che quella impossibilitata a venire per imprevisti all’ultimo, è stata fantastica.
Uff… ora che ho finito di scrivere la tesi, potrò ricominciare a scrivere con soddisfazione su questo journal vari e ameni accenni della mia nuova vita da inoccupata.
Proprio da inoccupata non è…. Sono tornata a casa giovedì scorso, e venerdì ho iniziato a dare una mano a mio padre e la sua squadra a raccogliere i petali dell’Infiorata per il Corpus Domini del 26 giugno, per cui ci passiamo raso raso tutte le serre dei vicini che non raccolgono più e tiriamo su sacchi di petali.
È pazzesco quanto un sacco pieno di petali di rose possa pesare.
I primi giorni ho lavorato mattina e pomeriggio, in seguito solo la mattina a parte rare eccezioni. Solo che dovendomi svegliare alle 5 o nei casi più rosei, alle 6 di mattina, risulta comunque pesantuccio. Poi la liguria, si sa, è arrotolata su se stessa, stretta e in salita e o si sale o si scende. Figurarsi che io ho passato i mesi precedenti incollata a una scrivania muovendomi pochissimo: ho la schiena e le gambe che ogni volta che decido di muovermi mi chiedono se sono proprio sicura di volerlo fare.
La cosa peggiore non è la sveglia assassina, perché in serra si lavora bene fino alle 10.30 E POI SI MUORE DI CALDO quindi prima si inizia meglio è.
Non è nemmeno il mal di schiena perché le rose sono o troppo alte o troppo basse e quindi devi darti a vari esercizi ginnici per chiappare il bocciolo.
Non è nemmeno la quantità immane di graffi che ho sulle braccia e le mani, che sembro la figlia di Frankenstein… ma fa troppo caldo per mettersi le maniche lunghe.
Non è nemmeno la pioggia di polline che ti cade addosso quando tiri giù le rose alte, o le ragnatele in cui ti infili quando cerchi quelle basse.
La cosa PEGGIORE IN ASSOLUTO sono I PIDOCCHI DELLE ROSE.
Non è che si muovano, ti salgano addosso o altro. Sono piccoli, e sembrano solo delle macchioline verdi sui petali. Anche ti finissero addosso, morirebbero subito (grazieadio). Se non sai cosa sono, pensi tranquillamente che la rosa sia appiccicosa per un qualche tipo di insetticida (questa è la prima spiegazione che mi ero data, e quella che preferisco ancora adesso). In realtà hai le mani appiccicose perché tirando via i petali schiacci milioni di sti esserini.
Oggi avevo mezza serra PIENA di pidocchi. L’altra mezza invece no, chissà perché. In ogni caso, UNO SCHIFO ALLUCINANTE. L’ho finita tutta stamattina perché piuttosto che ritornare la sera a infilare le mani in quella roba era meglio finirla subito schiattando di caldo.
Sono ancora piuttosto provata dall’esperienza.
Non penso si possa lavorare con i guanti. A parte che nessuno degli altri lavoranti lo fa (e sono lavoratori esperti) a me le mani servono per sentire se il bocciolo è abbastanza maturo per essere strappato.
L’altro giorno invece ho avuto la meravigliosa esperienza di lavorare con una temperatura di 40 gradi. 35 all’imboccatura della serra DOVE SI STAVA BENE. Subito non mi ero preoccupata di sentirmi distrutta: erano le 11.30 e stavamo lavorando dalle 7.30, ero stanca già da mo’, e poi ero stanca a prescindere considerato che non ero allenata. Poi ho visto l’altro lavorante, un signore di settant’anni che ha fatto il contadino tutta la vita e ha una salute e una resistenza invidiabili, che cominciava a dare segni di cedimento. Allora si che mi sono preoccupata.
Boh, alla fine abbiamo tirato fino alle 12,30 finendo tutto il lavoro, ma la sera mi sentivo malissimo.
Fortuna che tra una settimana finisce tutto. Io sono così stanca che non ho ancora svuotato gli scatoloni, e riesco a recuperare per bene le relazioni sociali (email e journal) solo oggi.
Ieri mi hanno detto che sono stata presa per lo stage di agosto a San Marco. Meno male! Il rientro a casa è stato un po’ troppo repentino e mi ci vuole un altro po’ di tempo a venezia per vedere un paio di persone.
…se penso a cosa pensavo di venezia l’estate scorsa, mi metto quasi a ridere XDDDDDDDDDDDDDD.