Hans/Anna - Frozen
Modern!AU
Bantering!
M3 - Week 3 del CoW-T 10
590 parole
Antonio e Cleopatra
Il palco vibrò leggermente sotto i passi leggeri della ragazza.
Mani delicate armeggiarono con il sistema di luci illuminando il teatro silenzioso.
Il leggerò tap, tap dei suoi tacchi vibrò nell’aria mentre si dirigeva verso il centro del pavimento in legno.
«So che ci sei» gridò, la sua voce riecheggiò tra le sedute vuote «Muoviti e vieni sul palco».
«Non serve urlare, Anna, ci sento benissimo» lo mise a fuoco, seduto in seconda fila, i piedi sollevati e appoggiati alle sedute di fronte.
«Tira giù le scarpe, Hans».
«Non fare quella faccia, se non avessi voluto vedermi non mi avresti risposto».
«A questo proposito, la devi piantare di scrivermi roba strana così tardi la notte».
Hans ridacchiò, ignorandola completamente.
«Sono seria, non puoi continuare a chiedermi di venire ad aprire il teatro rubando le chiavi; l’altra notte alle quattro del mattino, stanotte alle due!»
«Come vedi sei qui, la verità è che ti rendi conto di quanto sia importante per tutti noi l’esito di questo spettacolo».
Si issò sul palco con un movimento fluido del corpo e le offrì la mano; Anna sbuffò oltremodo seccata.
Erano mesi che provavano quelle scene, ripetutamente, senza sosta, oramai le sapevano a memoria e lei le sognava addirittura di notte. Quello stupido spettacolo era diventato un’ossessione per Hane e lei non sapeva come liberarsene. Non vedeva l’ora che arrivasse il momento della prima, e il suo collega - nonché ex fidanzato - si levasse il pallino dalla testa e tornasse ad essere la persona di sempre: il cinico, arrogante, bastardo a cui importava solo di sé stesso.
Erano giunte voci, che un noto critico teatrale sarebbe venuto ad assistere alla prima, come lo aveva saputo, Hans aveva deciso che quello era il suo momento, il momento di brillare, di lasciarsi alle spalle quella cittadina da strapazzo, di prendere in mano le redini della situazione, insomma. Peccato che nel farlo fosse diventato completamente ossessivo e che la sua mania di recitare le righe del dramma in questione avessero coinvolto anche Anna, sua attrice co protagonista nonché sorella della proprietaria del teatro.
«Dai forza, non abbiamo tutta la notte» borbottò Hans, recuperando un copione «Riprendiamo da qui».
«Da qui? Ooof, ok» rispose Anna, sistemandosi i capelli, tossì leggermente quindi iniziò «Se veramente è amore, dimmi quant’è».
«Ben misero è l'amore che può essere calcolato».
«Traccerò dei confini entro cui essere amata».
«E allora dovrai cercare un nuovo cielo, una nuova terra».
Alla fine, pensò la giovane mentre proseguivano con le prove, nonostante tutto quello che Hans le aveva fatto in passato, non riusciva proprio a dirgli di no, non era in grado di resistere alle sue richieste insistenti, al suo sorriso sghembo, a quella facciata di finta sicurezza.
«...istrioni di pronto ingegno improvviseranno commedie su di noi, rappresentando i nostri conviti alessandrini; Antonio sarà raffigurato ubriaco, ed io vedrò qualche giovanotto travestito da stridula Cleopatra avvilire la mia grandezza in atteggiamento da prostituta».
«Ah, Anna, complimenti!» esclamò Hans, interrompendosi - cosa che solitamente non faceva mai «Questa battuta ti è uscita benissimo, meglio del solito».
Si sentì arrossire, maledicendo leggermente il suo buon cuore e la cotta mai passata davvero per quell’idiota di un Westergaard.
«Ti ringrazio molto Hans, io-»
«Sì, ma ricordati che il protagonista sono io, non vorremmo mai che il critico si concentrasse troppo su di te, non credi?»
Anna si irrigidì e alzò gli occhi al cielo. Come non detto, era sempre una testa di cazzo.
«Muoviamoci così posso andare a dormire» borbottò «E sappi che domani notte il telefono lo spengo!»
Aloy/Erend - Horizon Zero Dawn
Modern!AU
M1 - Week 3 CoWT 10 - cose con bambini o cuccioli.
694 parole
Neighbours
«Non ho capito» borbotta Aloy, fissando con aria perplessa le istruzioni sul retro del libretto.
Il foglio di carta riciclata si piega leggermente sotto la presa salda delle sue dita e la ragazza sbuffa, incerta su come procedere.
È una passeggiata, le aveva detto Teb sorridendole con aria tranquilla, e lei gli aveva creduto perché Teb non mentiva mai. Certo, non aveva pensato, in quel momento, che il suo migliore amico era davvero molto abile a costruire cose, al contrario di lei che da sola non era in grado nemmeno di montare una lampadina.
Lascia cadere per terra il foglio con le istruzioni, scrollando le spalle con noncuranza, non le interessa se rimarrà un mobile a pezzi nel bel mezzo del salotto, ha vissuto in condizioni peggiori di così e in ogni caso prima o poi verrà pur a trovarla qualcuno che possa montarglielo, no? Forse no, ma non ha importanza.
Apre lo sportello del frigorifero e si guarda intorno, l’appartamento è semivuoto, le pareti sono bianche e ancora sguarnite, unico mobile è il divano, appoggiato come per errore contro una delle pareti. Si tratta di un vecchio pezzo di arredamento che ha comprato a un mercato dell’usato, non è nemmeno nel suo stile e nessuno avrebbe mai pensato che potesse piacerle, ma ad Aloy non importa. La struttura massiccia del divano ricorda quasi una grossa cassapanca ricoperta di cuscini, mentre la stoffa arancione e vellutata la fa sentire come avvolta da un abbraccio quando ci si sdraia sopra.
Si è ritrovata già troppe volte a svegliarsi sul divano invece che sul letto, le piace dormire lì, i primi raggi del sole filtrano dalle tende troppo chiare che ha appeso sulle finestre e le fanno da sveglia. Certo, Rost non approverebbe, non dopo avere speso così tanto per comprarle quel gigantesco e parzialmente inutile letto, ma Rost non approva un sacco di cose e con il tempo Aloy ha imparato ad accettare le stranezze di suo padre - o forse è avvenuto il contrario, ma questo ha poca importanza.
Allunga le mani e afferra una birra fredda, la apre con un gesto meccanico e la appoggia sul bancone della cucina, non fa in tempo ad assaggiarla che suona il campanello. È un rumore stridulo e vagamente sgradevole a cui le sue orecchie non sono ancora abituate, ma va bene così, quello che non va bene e che un po’ la disturba è che qualcuno la stia cercando, perché di fatto lei lì ancora non conosce nessuno.
Si avvicina con aria scocciata e apre la porta solo un pochino.
«Chi è?»
Di fronte a lei c’è un uomo grande e grosso, avrà 5 o 6 anni più di lei, folti baffi scuri e lunghe basette, la guarda con due occhi da cucciolo spaventato.
«Ciao, scusa, scusa, non volevo disturbare, sono il vicino, abito là» indica la porta dell’appartamento di fronte al suo; Aloy non risponde «Mi chiamo Erend».
La ragazza lo fissa dall’alto in basso, soffermandosi appena sui ridicoli pantaloni a righe bianco arancioni che il giovane sta indossando.
«Ti serve qualcosa?» gli domanda.
«Sì, no. Cioè, sì. Non è che hai visto un cucciolo?»
«Come prego?» apre la porta e nota che in mano ha un collare striminzito.
«Sto facendo da babysitter al cane di mia sorella, si chiama Claim, il cane non mia sorella».
«Sarebbe uno strano nome per una persona» scrolla le spalle «Mi chiamo Aloy».
«Beh, piacere Aloy, il cane che sto cercando è un cucciolo di corgi di 2 mesi e mezzo, ti prego dimmi che lo hai visto?»
«Quando è scappato?»
«Pochi minuti fa, mi sono girato ed era uscito, mi sono distratto solo mezzo secondo… mia sorella mi ucciderà, ama quel cucciolo».
La giovane scuote il capo e sospira leggermente, lancia un’occhiata alla birra e al mobile ancora aperto in mezzo alla stanza, quindi con un gesto della mano afferra le chiavi ed esce sul pianerottolo.
«È così piccolo che non può essere andato lontano, sono goffi a quell’età».
Il giovane la guarda con aria perplessa, senza capire immediatamente, finché Aloy non gli tira un pugnetto leggero sulla spalla.
«Dai, muoviti, non restare impalato. Ti aiuto a cercarlo».