Titolo: At sixes and sevens
Capitolo: Tre di diciotto: Capitolo 2: Festa di compleanno.
Lista capitoli, note e disclaimer:
qui. At sixes and sevens
Capitolo 2: Festa di compleanno
Harry Potter non era sicuro di aver fatto la cosa giusta. Certo, doveva proprio ammettere che gli altri ex-Serpeverde si erano rivelati una piacevole sorpresa: Nott, la Parkinson e soprattutto Zabini. Persino Ron aveva accettato di seppellire l’ascia di guerra, dopo aver conosciuto il nuovo fidanzato di sua sorella. Perché lui, dunque, non avrebbe dovuto? Non c’erano motivi, era ormai arrivato a questa conclusione. Eppure, in questo caso, non si trattava di un Serpeverde qualunque, ma del Serpeverde: Draco Malfoy. Che, a quanto gli raccontava Ginny, non aveva per nulla rinunciato al proprio carattere arrogante, a quell’atteggiamento che per anni e anni gli aveva provocato una rabbia indomabile, un fastidio non reprimibile e l’insistente voglia di prenderlo a pugni non appena vedeva spuntare la sua bella faccia.
Per questo, durante gli anni precedenti, lo aveva educatamente evitato. Per questo, aveva deciso che non avrebbe mai più avuto a che fare con lui. Soprattutto dopo la notte dell’omicidio di Silente, la collera e il risentimento che provava nei suoi confronti erano cresciuti a dismisura e decidere di non vederlo, anche dopo la proclamazione della sua innocenza, gli era sembrata la scelta più adatta a garantirgli serenità.
In fondo, la serenità era proprio ciò che Draco Malfoy gli aveva portato via più volte, ad Hogwarts. Non ci sarebbe voluto poi molto a far succedere la medesima cosa adesso.
Però la sua indole Grifondoro non lo avrebbe mai lasciato in pace, ne era certo. Grifondoro si nasce e si muore. E, mai come in questo momento, Harry desiderava essere stato smistato a Serpeverde. In quel caso non avrebbe mai avuto nemmeno uno straccio di senso di colpa a dire: Non voglio Malfoy al mio compleanno. Invece, aveva detto tutto il contrario.
“Riferite a Malfoy che può venire anche lui, se vuole,” aveva dichiarato di fronte a Ginny e Theodore, mentre con la coda dell’occhio vedeva Hermione chiudere la bocca di Ron posandogli un dito sotto il mento.
L’avrebbe spalancata anche lui la bocca, se quelle parole non fossero state le sue. Eppure, nonostante se la fosse cercata, non riusciva proprio ad intimare al suo stomaco di ritornare al proprio posto, invece di restare abbarbicato alle pareti della sua gola. Era nervoso, agitato, irrequieto, forse anche leggermente isterico. E tutto questo solo perché Draco Malfoy sarebbe giunto a casa sua in meno di mezz’ora. Ecco, non l’aveva neanche visto e già la sua amatissima serenità era andata a farsi benedire. Lo odiava, sì, lo odiava.
E Malfoy continuava ad essere l’unica persona al mondo capace di farlo sentire in questo modo.
*
Hermione si era occupata del cibo, Seamus della musica, i Gemelli delle bevande, e il tutto era iniziato per il meglio. I tre figli di Ron scorazzavano per casa con sguardo malandrino (e visti i loro nomi era proprio il caso di dirlo), ma Harry decise che, per quella volta, avrebbero avuto campo libero. Era troppo impegnato a pensare ad altro per poter preoccuparsi anche di eventuali danni al mobilio. I Weasley erano già tutti arrivati, gli ex compagni di scuola anche (Dean aveva già messo le mani sulla prima Burrobirra), Sirius e Remus erano di sopra a fare Harry-non-voleva-sapere-cosa. Persino Luna stava entrando proprio in quel momento, sommersa dalle braccia di Ginny; da quando era diventata corrispondente estera del Cavillo, a Londra la si vedeva ben poco. Tuttavia, lunghe lettere riempite da una scrittura ingarbugliata che narravano le avventure più incredibili giungevano regolarmente da ogni parte del mondo in cui si trovasse. Harry la salutò calorosamente insieme a tutti gli altri e si rese conto che a mancare erano solo gli ex-Serpeverde, Malfoy compreso. Il suo stomaco si contrasse ancora una volta.
Blaise e Pansy furono i primi a varcare la soglia. Il ragazzo gli strinse la mano in modo molto formale, ma comunque amichevole, mentre la bruna lo baciò sulle guance. Pochi minuti dopo, fu la volta di Nott e - porco Merlino era proprio lui! - Malfoy.
Harry sobbalzò e notò come, unicamente osservandolo da lontano, cominciasse già a sentirsi inadeguato. Malfoy indossava una camicia azzurra a maniche corte e un paio di pantaloni neri dal taglio classico: era elegante, sfacciatamente elegante. Invece lui - il festeggiato - si era messo addosso un paio di jeans scoloriti e una polo a righe.
Hermione lo richiamò alla realtà. “Dai Harry, puoi farcela,” gli sussurrò, mentre lo trascinava verso i nuovi arrivati, pronta a sostenerlo nel fare gli onori di casa.
Theodore gli sorrise allegramente e gli consegnò un pacchetto, prima di sparire, trascinato da Hermione, alla ricerca di Ginny. Harry si rese conto di essere rimasto solo con Malfoy e rabbrividì. Posò il pacchetto sul mobile dell’ingresso lì accanto (aveva il terrore di farlo cadere) e una serie di frasi tra cui scegliere per dargli il benvenuto gli si affacciò alla mente.
Alla fine si risolse per un: “Sei venuto”. Semplice, chiaro, conciso e, soprattutto, difficilmente interpretabile. Il dannato ex-Serpeverde era rimasto tutto il tempo a fissarlo, mani nelle tasche e ghigno irriverente sul volto, intenzionato a non fare la prima mossa.
“Non si vede?” rispose ironico, e Harry alzò gli occhi al cielo. Che altro genere di risposta avrebbe potuto aspettarsi?
“Simpatico come sempre.”
“Sei tu ad ispirare tutta la mia vena comica, Potter.”
“Quale onore.”
“Sì, eh? Pensa, puoi vantarti per tutto il Mondo Magico di far ridere Draco Malfoy.”
“Ma tu guarda! Tu invece puoi far sapere a tutti di provocare nausea a Harry Potter.”
“Sarebbe un buon modo per far soldi, sai? Certa gente pagherebbe milioni di galeoni per avere una fiala di vomito del Prescelto.”
“Fottiti, Malfoy.”
“Anche tu, Potter.”
Ecco, perfetto, adesso sì che era incazzato nero. Senza dire un’altra parola, riprese in mano il pacchetto e si allontanò a passo svelto. Non sarebbe rimasto lì a sentirsi un cretino per nulla al mondo, anzi si ripromise di fregarsene, nel caso in cui Malfoy avesse passato l’intera serata da solo. Questo non era davvero affar suo e, sicuramente, quel viscido serpente se lo sarebbe meritato.
*
“Sei stato molto coraggioso ad invitarlo.”
La voce di Remus - comparso improvvisamente accanto a lui - lo raggiunse, mentre sgranocchiava rabbiosamente delle patatine.
“Coraggio Grifondoro dei miei stivali,” borbottò con la bocca piena.
Il licantropo lo guardò comprensivo. “Dovresti dargli un’altra possibilità.”
“Non ti sembra gliene abbia date già abbastanza? Si trova qui alla festa, vedi? Ma ha pensato bene di non farmi nemmeno gli auguri. Non è cambiato di una virgola, è sempre il solito arrogante, presuntuoso, cretino, petulante ragazzino di Hogwarts.”
“Forse dovresti considerare l’idea che non si trova a suo agio,” tentò l’uomo più grande. “Insomma, è circondato da gente con cui non ha mai avuto un buon rapporto ed è stato catapultato in questa situazione senza volerlo. Non deve essere piacevole…”
Harry lo guardò di sottecchi. Cosa stava cercando di fare quel malvagio esemplare di padrino acquisito che si ritrovava? Fargli provare compassione per Malfoy, forse? Beh, non ci sarebbe riuscito. Non poteva essere sempre lui a chiudere un occhio.
Eppure, nel momento in cui pensava questo, già sapeva che lo avrebbe fatto. Ancora, per l’ennesima volta.
*
Draco Malfoy era comodamente seduto su un divanetto presente nella sala. Era solo, ovviamente, ma da dove si trovava poteva osservare tutti gli ospiti parlare animatamente tra loro o ballare. Levò gli occhi al cielo: Theodore aveva un braccio intorno alle spalle di Ginny e stava ridendo insieme a certa gente a cui Draco non si sarebbe mai avvicinato, scorgeva la Lovegood, con il suo perenne sguardo da ebete stampato in faccia, e quei due idioti di Finnigan e Thomas.
“Ciao!”
Una voce acuta attirò la sua attenzione. Guardò accanto a sé e vide, appoggiata al bracciolo del divano, una bambina dagli occhi nocciola e i capelli rossi e lisci. Sobbalzò: sembrava la copia in scala ridotta della Weasley.
“Ciao…?” salutò incerto.
“Io sono Lily,” gli disse, tendendo verso di lui una piccola mano.
La strinse con rapidità, sperando che nessuno stesse osservando la scena. “Sono Draco,” borbottò.
La piccola sgranò gli occhi. “Sei un drago?” esclamò sorpresa. “Mi piacciono i draghi! Zio Charlie lavora con i draghi, ogni volta che viene a trovarci mi porta una sca… una sca… un pezzo. Ora ne ho tanti così,” concluse, allargando le braccia per definire un improbabile mucchio.
Draco scosse la testa sconcertato. “No, non sono un drago. Mi chiamo Dra-co,” scandì attentamente.
“Oh,” Lily sembrò vagamente delusa, ma si riprese in fretta, tornando a sorridere. “Fa niente, sei bello lo stesso.”
Si sorprese per il candore di quel complimento. Di solito tendeva ad evitare i bambini, ma questa qui cominciava a stargli proprio simpatica, nonostante fosse la figlia di Lenticchia e la sorella, quindi, dei due mostriciattoli che erano stati a casa sua qualche giorno prima.
“Cosa vedono i miei occhi?! Draco Malfoy che arrossisce per un complimento fatto da una bambina.”
Si dipinse un’espressione disgustata sul viso e si voltò verso il nuovo arrivato. “Strozzati, Potter.”
“Zio Harry!” esclamò Lily. Fece il giro del divano e gli si aggrappò alla maglia, lasciandosi prendere in braccio. Draco sentì quasi una punta di delusione attraversarlo al pensiero di aver perso anche quella piccola compagnia, ma, ovviamente, lasciò che nulla di questo trapelasse all’esterno.
“Perché non raggiungi Sirius e Jamie? Stanno giocando con un bel cagnone nero,” propose Potter all’orecchio della piccola, che, per tutta risposta, cacciò un urletto acuto e si fece mettere giù, per poi correre da qualche parte.
“Non c’è bisogno che la cacci via, Potter. Non sono così nocivo.”
Harry alzò distintamente gli occhi al cielo. “Sei sempre più paranoico,” commentò.
Draco accusò il colpo restando in silenzio. Decise che ignorare Potter fosse la cosa migliore da fare: meno corda gli dava, più probabilità c’erano che se ne andasse in un posto molto lontano da lui. Tornò, quindi, a fissare gli altri invitati, mentre percepiva il divano piegarsi verso il centro: lo stupido si era seduto accanto a lui. Sapeva esattamente che il mostriciattolo sfregiato voleva solo arrivare a provocarlo, a metterlo alle strette, e la cosa lo faceva notevolmente infuriare. Non solo si trovava nella peggior situazione del mondo, ma quello che il dannatissimo festeggiato voleva era metterlo ancora più a disagio. Beh, non ci sarebbe riuscito.
“Devi proprio starmi così addosso?” soffiò velenosamente, in direzione del ragazzo seduto lì accanto.
Harry lo guardò totalmente sconcertato e Draco si maledisse mentalmente. Va bene, forse bisognava correggersi: il signorino era già riuscito a metterlo a disagio, ma almeno poteva ancora sperare che non lo capisse.
“L’ho detto io che sei paranoico,” borbottò Potter quasi tra sé. Poi si voltò di nuovo verso di lui e, “Scusa se avevo voglia di sedermi sul mio divano alla mia festa di compleanno,” sbottò.
Draco non si perse d’animo e replicò, “La tua presenza è irritante.”
La bocca di Harry si spalancò di sorpresa, si richiuse, le sue sopracciglia si aggrottarono e lui cominciò ad urlare. Tutto in meno di un secondo.
“Irritante io? Vengo qui armato delle migliori intenzioni e mi sento dire solo che ti sto addosso e che sono irritante!” Si alzò in piedi, mentre anche il tono della sua voce cresceva. “Sai cosa penso di te, Malfoy? Che sei uno stronzo, una carognetta viziata e che giudichi tutti come se si trattasse di tuoi pari.”
Draco vide con la coda dell’occhio tutti i presenti voltarsi verso di loro, ma se ne fregò. Si portò di fronte a Potter e non ebbe paura ad usare il suo stesso tono di voce. “Non mi interessa niente di quello che pensi di me, Potter. Non sai un cazzo e sei solo uno schifoso moralista con il complesso dell’eroe.”
Riuscì a malapena a terminare la frase che un pugno gli arrivò dritto sul viso. Non ricordò neppure di avere una bacchetta, si limitò a lanciarsi addosso a Potter con un solo obiettivo: frantumargli la faccia. Era appena riuscito ad andare a segno con un destro particolarmente buono - dopo aver ricevuto però una ginocchiata nello stomaco - che due paia di mani (esattamente quelle di Blaise e Theodore) lo afferrarono e trascinarono via. Lenticchia, invece, si precipitò ad aiutare lo Sfregiato a rimettersi in piedi, mentre tutto il resto degli invitati li fissava a bocca spalancata.
“Che cazzo fai, Draco?” gli aveva urlato Theodore.
E quasi contemporaneamente poteva giurare di aver sentito la Granger dire a Potter una frase molto simile. Si scrollò di dosso i suoi due amici e lanciò un’occhiata storta verso il padrone di casa, che, a sua volta, lo stava fissando con altrettanta rabbia.
“Tieni.” Riportò lo sguardo su Blaise e aggrottò le sopracciglia quando vide che gli stava porgendo un fazzoletto. “Perdi sangue.”
E, infatti, quando si sfiorò il labbro inferiore con la punta delle dita, le ritrasse sporche di sangue. Questa Potter gliel’avrebbe pagata. Molto cara, anche.
“Muoviti, andiamocene,” riprese Theodore, così rabbiosamente che Draco non ebbe il minimo coraggio di ribattere.
Lanciò un’altra rapida occhiata a Potter, in un angolo della sala mentre discuteva animatamente con la Granger, poi si voltò e si diresse verso la porta d’ingresso scortato dall’amico.