[HP] At sixes and sevens ~ Draco/Harry [6/18]

Apr 18, 2009 16:48

Titolo: At sixes and sevens
Capitolo: Sei di diciotto: Capitolo 5: La tenuta Nott (Parte I: Il problema della stanza).
Lista capitoli, note e disclaimer: qui.


At sixes and sevens
Capitolo 5: La tenuta Nott (Parte I: Il problema della stanza)

La tenuta Nott era immersa nella campagna delle Midlands Orientali, esattamente a mezzora di cammino da Nottingham. Harry aveva il presentimento che si sarebbe trovato di fronte a qualcosa di imponente già prima di giungere a destinazione e, appena arrivarono, scoprì proprio di avere ragione.
Il cancello di ingresso - alto almeno tre metri - si apriva su un giardino fitto di alberi, fiori e siepi, che non lasciavano intravedere nemmeno un mattone della casa fino a che non lo si attraversava per metà. Giunti a quel punto, ci si trovava di fronte ad un maniero squadrato di tre piani, in mattone rosso scuro.
Harry restò a bocca aperta: sicuramente, quella non era l’idea di casa di campagna che aveva lui.
Hermione parcheggiò il camper (sì, quello era l’unico modo babbano per arrivare capace di contenerli tutti) in uno spiazzale laterale, circondato dalle scuderie e da un porticato che si apriva sul cortile interno.
Theodore sorrise compiaciuto, mentre li guidava fino al portone d’ingresso. “Allora, vi piace?”
“Scherzi? È fantastica!” esclamarono in coro Ginny ed Hermione. Harry si limitò ad annuire in silenzio, mentre i bambini urlarono di gioia e, immediatamente, si misero a rincorrersi intorno allo spiazzale.
“Padron Nott, ben arrivato.”
Un elfo domestico, dal naso adunco e ciuffi di capelli bianchi sulla testa, era improvvisamente comparso accanto a loro. Theodore gli si rivolse con inaspettata cortesia.
“Begby, è un piacere vedere che è tutto in ordine. Questi sono i miei amici,” presentò, indicando con la mano tutti gli ospiti.
Begby si produsse in un inchino rivolto a tutti loro, e poi sorrise affabile, pregandoli di seguirlo in casa.
Malfoy era rimasto zitto per tutta la durata del viaggio e la cosa sembrava voler continuare ancora per molto. Harry davvero non capiva quale fosse il problema: se aveva intenzione di restare in silenzio per tutta la settimana, poteva anche starsene a casa. In quel caso, almeno, gli avrebbe fatto un gran bel favore, risparmiandogli tutta l’agitazione che si era preso.
Pochi momenti dopo, entrarono nella tenuta. L’interno, se si poteva, era anche più splendido. L’ingresso si apriva su un’ampia scala che conduceva ai piani superiori, mentre sulla sinistra si trovava un salone che dava accesso alla sala da pranzo, alla cucina, ai bagni e alle stanze degli Elfi. Al primo piano, vi era, invece, un’enorme sala adibita a biblioteca, con scaffali ricolmi di libri, un salotto con caminetto, divano di pelle di drago nero-blu e biliardo in un angolo. A quel piano era collocata anche la camera da letto padronale, con un letto a baldacchino al centro della stanza, che Theo chiarì subito sarebbe toccata a lui e Ginny. Il terzo piano, invece, conteneva le altre camere da letto e Theodore mostrò loro quella che avrebbero occupato Hermione e Ron, Pansy e Blaise e quella dei bambini, resa comunicante con la prima.
Quando si avviarono verso l’ultima porta, Harry cominciò ad avvertire un brutto, bruttissimo presentimento.
“Uhm, ragazzi… come dire? Spero non vi dia troppo fastidio, ma questa è l’ultima camera rimasta,” asserì Theodore, rivolgendosi a Harry e Draco. E poi, titubante, aggiunse, “Vi dispiace dormire insieme?”
Lo stomaco di Harry si attorcigliò: non poteva crederci, proprio non poteva. Per fortuna, quando il padrone di casa aprì la porta, poté scorgere due letti singoli, ben distanti tra loro. Si voltò verso Malfoy, che si voltò a sua volta verso Harry. Si osservarono per un momento di sottecchi, poi Draco fece per parlare. Sembrava sul punto di sputare qualcosa di molto ironico e cattivo, ma la voce di Ginny, che giunse dalle sue spalle sussurrando “Draco,” a mo’ di avvertimento, parve fargli cambiare idea.
“Per me fa lo stesso,” borbottò, allora, spostando lo sguardo altrove.
Harry deglutì e scrollò le spalle. “Se non ci sono alternative…”
“Non fare tanto lo schizzinoso, Potter,” lo rimbeccò l’altro, tagliente, mentre tornavano sui propri passi nel corridoio. “Dovrei essere io ad avere i conati di vomito.”
“Non esagerare, Malfoy,” replicò Harry con il medesimo tono. “Dobbiamo solo condividere una camera, non andare a letto insieme.”
Camminò più in fretta, raggiungendo gli altri e lasciando Malfoy indietro, così da non poterlo vedere mentre abbassava rapidamente gli occhi e arrossiva.

*

La cena fu tra le migliori che Draco avesse mai consumato, anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a tutte quelle persone. Accanto a lui sedeva la piccola Lily, che, fortunatamente, lo separava da Potter. Draco si trovò a preferire indubbiamente la sua compagnia invece di quella del ragazzo e il pensiero della settimana che avrebbero dovuto trascorrere nella stessa stanza lo fece rabbrividire per l’ennesima volta nell’arco di poche ore. Più di una occasione, la bambina si era trovata in mezzo ai loro battibecchi e ciò aveva provocato occhiate furenti da parte di Hermione, che non riteneva educativo per Lily assistere ai loro scambi verbali ‘davvero poco garbati’.
Ci mancherebbe, che fossero garbati, aveva pensato Draco, furente. Non ci si immaginava proprio a insultare Potter educatamente. Non che lui fosse mai davvero sboccato, bisognava ricordarlo: discendeva sempre e comunque dalla nobile e famosa famiglia Malfoy e i suoi genitori non si erano certo risparmiati di insegnarli il bon ton. E, di sicuro, non si sarebbe abbassato al livello plebeo dello Sfregiato.
Stava riflettendo su questo, quando Blaise, dopo che fu servito il dolce, attirò l’attenzione di tutti i presenti. Per la prima volta, gli sembrò di vedere il suo ex-compagno di Casa arrossire vistosamente, nonostante il nero della sua pelle.
“Io e Pansy avremmo qualcosa da dirvi,” esordì, tossicchiando leggermente.
“Pansy è finalmente rinsavita e ha deciso di mollarti?” ghignò Ginny, provocando le risate dell’intera tavolata.
“Andate al diavolo,” sbottò un Blaise talmente sorridente che Draco stentò a riconoscerlo.
Pansy non resistette più, e squittì: “Sono incinta!”
Un coro di “Oh!” invase il salone e tutti espressero i complimenti più svariati.
Draco sorrise, per la prima volta da quando era lì con sincerità. “Pansy, tesoro, che coraggio!” esclamò ironico, beccandosi un’occhiata gelida da Blaise, prima che tutti scoppiassero nuovamente in un’allegra risata.
Lanciò un’occhiata ad Harry, e lo vide ridere a sua volta. Per un momento, un momento solo, Draco si sentì come parte di qualcosa, di un gruppo. Ma non un gruppo come quello della Casa di Serpeverde, né tantomeno come i Mangiamorte: un gruppo di amici, un gruppo con qualcosa di famigliare, in cui sentirsi completamente a proprio agio. Anche se il suddetto gruppo comprendeva Potter.
Pensò istintivamente di aver bevuto troppo o che qualcosa gli avesse dato alla testa. Magari l’aria di campagna, sì, doveva essere colpa dello spostamento. O forse aveva la febbre; si tastò la fronte, ma un’altra battuta di Theodore lo fece nuovamente ridere, impedendogli di controllare.
Allora decise che non aveva poi molta importanza e si alzò per proporre un brindisi.

*

Si sentiva stanchissimo. Probabilmente era colpa del viaggio, seduto su quel dannato marchingegno Babbano. O magari era per i due o tre drink che i grandi si erano scolati nel salotto col caminetto dopo aver messo a letto i bambini. Fatto sta che Draco sentiva le palpebre cadergli pesanti sugli occhi e voleva solo che Potter si muovesse ad uscire da quel maledetto bagno.
“Ma quanto ci metti? Ti stai facendo una sega?” aveva urlato, poggiato al muro accanto alla porta.
“Chiudi il becco, furetto,” giunse la voce di Harry dall’interno.
Un paio di minuti dopo la porta si aprì e il ragazzo ne venne fuori stringendo i suoi vestiti al petto e indossando un pigiama a righe rosse.
“Bel pigiama,” ghignò Draco.
“Grazie,” replicò l’altro, tutt’altro che cordiale. “E fammi un favore,” proseguì, “affogati nel lavandino.”
“Neanche sotto Imperius ti farei un favore, Potter,” dissentì l’altro, infilandosi nel bagno e sbattendosi la porta alle spalle.

*

“Buongiorno, ragazzi. Dormito bene?” salutò allegramente Ginny, già seduta al tavolo della sala da pranzo il mattino dopo, con davanti un’enorme tazza di caffelatte e un vassoio pieno di dolcetti, in compagnia di Hermione, Theodore e Lily.
“Potter russa,” rispose secco Malfoy.
Harry si lasciò cadere su una sedia, sbuffando. “Come no,” assentì ironicamente.
“Non provare a negarlo, sei peggio di un treno,” rincarò l’altro.
La piccola Lily ridacchiò allegramente e questo fece passare la voglia a Harry di ribattere, chinandosi invece verso di lei e sussurrandole all’orecchio, in modo che Malfoy non potesse sentire, ma stando bene attento a fissarlo: “Non dargli ascolto, sogna le cose e poi pensa che siano successe davvero”.
Lily rise ancora, coprendosi la bocca con una mano e provocando la nascita di un cipiglio scontroso sul viso di Draco. “Ehi, Potter, non sai che non è educato parlare all’orecchio? Ti conviene dirmi le cose in faccia,” si lamentò, agitando il pugno per aria, in un modo che, a tutti i presenti, lo fece apparire come un bambino capriccioso.
Harry rise, avendo scatenato proprio la replica che voleva. Ormai era diventato così facile provocare Malfoy, dopo tutti questi anni. Avrebbe potuto facilmente costruire una mappa delle reazioni di Draco corrispondenti ad ogni propria azione, certo di non sbagliarne nemmeno una. Gli sorrise inconsciamente, non in modo ironico, ma semplicemente complice, lasciandolo senza nulla da ribattere, se non la sola possibilità di ricambiare il suo sguardo.
Poi si rese conto di quello che stava facendo e spostò in fretta gli occhi su Ron, che stava entrando nella sala proprio in quel momento, trascinato dai due gemelli.

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