Titolo: We’re not the same, we’re different, tonight
Fandom: Harry Potter
Beta:
eowie,
iosonosaraPostata il: 15/08/2007
Personaggi: Fred Weasley, George Weasley
Pairing: Fred/George
Prompt: #89: Gemelli @
mezzadozzinaficRating: Pg15
Conteggio Parole: 1.188 (W)
Avvertimenti: Rapporti grafici tra consanguinei, slash
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Tabella:
qui.Note:
Come sempre, pensiamo prima di tutto ai ringraziamenti. Grazie a
vedova_nera,
eowie e
iosonosara per avermi assistita nell’ideazione e nella stesura della fic. Credo di averle all’incirca ossessionate con ‘sta storia, quindi un enorme GRAZIE per loro ci vuole.
Il titolo (e grazie a
iosonosara per avermelo trovato) è un verso di Tonight, tonight degli Smashing Pumpkins.
Ambientata durante i primi capitoli del terzo libro, mentre la famiglia Weasley è in Egitto.
Dedica a
zuccheroamaro.
We’re not the same, we’re different, tonight
Glaciers melting in the death of night ~ Muse
Le notti, in Egitto, hanno qualcosa di speciale. Non sono come le notti inglesi di St. Catchpole, in cui si rischia di essere assaliti da uno gnomo non appena si mette piede fuori di casa.
No, le notti egiziane sono avvolte da quel silenzio spettrale e magico che, in un certo modo, spaventa e intimorisce e, in un altro, tranquillizza e calma.
“Mamma penserà che siamo andati ad esplorare una piramide da soli, se si sveglia.”
Fred ridacchia e si stende sulla coperta accanto al fratello. “Abbiamo avvisato Ron. Riuscirà a calmarla quanto basta per darci il tempo di scendere.”
L’appartamento di Bill si trova al primo piano di una palazzina di proprietà della Gringott situata alla periferia di Karnak, in un quartiere completamente magico. La palazzina non è molto alta, ma dal terrazzo si ha piena visione della notte egiziana. Spaziando con lo sguardo, si può scorgere persino la distesa del deserto e, dall’altra parte, le punte aguzze delle piramidi.
George le ha osservate affascinato per qualche minuto; poi si è steso e ha lasciato che la luna e le stelle ne prendessero il posto. E Fred, adesso, lo imita, sentendo il caldo scivolargli sulla pelle, ma prestandovi poca attenzione.
Il suo braccio sfiora quello di George ed è una leggera inquietudine quella che sente, senza però saperla attribuire concretamente a qualcosa. Potrebbe essere il silenzio della notte o l’imminente ritorno a casa - l’indomani, per la precisione - o dell’altro che, a conti fatti, non gli interessa. Si sistema istintivamente più vicino a George, stabilendo tra le loro braccia un vero e proprio contatto.
George è sudato, eppure il calore che arriva dal corpo del fratello non gli risulta spiacevole. Il corpo di Fred e Fred stesso hanno sempre rappresentato una certezza, per lui, un sostegno a cui aggrapparsi.
Non vorrebbe, George, ma i pensieri scorrono senza che lui possa realmente fare resistenza e si ritrova a ricordare una stanza buia come la terrazza dove si trovano ora, un materasso morbido sotto le ginocchia e le labbra di Fred premute sulle sue, la scoperta di un sapore diverso in quella bocca così uguale alla propria. Lo ricorda ancora, quel sapore, gli si è impresso nella mente a fuoco e non vuole andarsene.
Quasi sobbalza quando, voltando leggermente la testa, trova gli occhi del gemello fissi dentro i propri.
“Ti ricordi quella volta che mi hai baciato?” si sente chiedere, esattamente come se Fred gli avesse appena letto nella mente.
Avverte la solita impressione di essere un libro aperto per il gemello; un maledetto libro aperto le cui pagine vengono voltate e manipolate dalle dita di Fred a suo - e solo suo - piacimento. Non vi si sofferma più di tanto su questo pensiero, però, e si concentra sul ghigno che ha accompagnato la domanda.
“Ti ho baciato?” ripete. “La tua memoria fa acqua già da ora, Fred? Presto diventerai come lo zio Bilius e dovrò vergognarmi di te, vero?”
“Semmai sarò io a vergognarmi di te, George. Cosa che faccio già, tra l’altro. È stato così, comunque. Mi hai baciato tu.”
“Ma tu hai lanciato l’idea!” fa una pausa e osserva la luce divertita negli occhi di Fred. “Al diavolo. Perché ne stiamo parlando, comunque? Non dovremmo, è una cosa imbarazzante,” e volta la testa, concentrando lo sguardo sul cielo stellato ancora una volta.
Fred, accanto a lui, sospira e si sistema su un fianco.
“Ti imbarazzi per nulla, tu. Era un gioco…”
“Certe cose non dovremmo farle nemmeno per gioco. Siamo gemelli.”
“Lo so,” sussurra Fred, a pochi centimetri dalla spalla del fratello.
“Siamo uguali.”
“Lo siamo.”
Istintivamente, George si porta una mano sul collo. C’è un neo, lì, che è tutto quello che, fisicamente, li distingue. È un gesto che compie spesso quando c’è qualche tensione, come se volesse rimarcare la differenza tra loro, ricordare che sono due persone diverse. Che lui è George e lo resta - o dovrebbe restarlo - anche senza Fred.
La sua mano, però, viene scostata da quella del gemello. Sono le dita di Fred, adesso, ad accarezzare lievi quel neo, la pelle intorno, il suo collo. E lui non si muove, mentre lo stomaco inspiegabilmente si attorciglia, si limita a sollevare lo sguardo e ad incontrare gli occhi di Fred.
Le dita sulla pelle sembrano avere la capacità di bruciarla. Scorrono fino all’osso sporgente della clavicola, poi sul suo torace, al di sopra della maglietta, e l’intera mano - percepisce il palmo ed ogni singolo dito - si ferma sul suo fianco.
George trema. Gli occhi di Fred sono come magneti e gli impediscono qualsiasi movimento. E l’attimo dopo, per lui, ci sono solo le labbra di Fred sulle proprie e il riscoprire il suo sapore - quel sapore che non ha mai dimenticato - la consistenza del corpo di Fred tra le gambe, sulla pancia, dovunque.
George trema, ancora.
~
Quando Fred se ne rende conto - quando si allontana da lui abbastanza per rendersene conto -, è come una doccia fredda, nonostante sia immerso nel suo calore.
Non lo sta guardando, e si sente gelare.
George non lo guarda, e allora perché continuare?
Si ferma e si china su di lui, gli sfiora il collo con le labbra e risale fino all’orecchio.
“Guardami,” sussurra, e si allontana ancora.
George si morde il labbro inferiore e, lentamente, apre gli occhi e li fissa nei suoi. E Fred si rende conto che gli basta perché tutto sia perfetto, che quegli occhi sono il suo mondo, così uguali ai propri, eppure così di George. Solo ora può ricominciare a muoversi. Solo ora ha senso fare l’amore con lui.
~
La notte egiziana li sta lentamente lasciando in balia delle prime luci dell’alba. Il cielo non è più nero e le stelle stanno scomparendo; presto, la luce arancione invaderà tutto quanto.
Fred ha la schiena appoggiata al muro e, con gli occhi chiusi, tenta furiosamente di non pensare. George, invece, è ancora sdraiato sulla coperta e riflette, riflette, riflette - è così evidente che lo stia facendo. Il silenzio è calato su di loro e non hanno avuto il coraggio di romperlo per interminabili minuti.
“Credo sia ora di scendere. Mamma…” comincia Fred, infine.
George annuisce lieve. “Giusto.”
Si rimettono in piedi e ripiegano la coperta, di nuovo senza parlare. Stanno per raggiungere la porta d’accesso alle scale, quando Fred posa una mano sul braccio del fratello e lo fa voltare verso di sé.
“Non pensarci troppo,” tenta, ma George scuote la testa.
“Impossibile,” fa una pausa. “Io… Fred, io…” ma le parole sembrano improvvisamente troppo pesanti per venire fuori.
Lo guarda, continua solo a guardarlo, sperando che capisca - che capisca che, nonostante tutto, completo come stanotte non si è mai sentito.
Fred annuisce. “Lo so,” e sorride, stringendo ancora un po’ la presa sul braccio del gemello. “E ora andiamo a svegliare Ron, mh?” continua.
George ridacchia e si avvia verso la porta. “Sì, è ora. Potremmo usare uno scorpione, questa volta. Sai, per essere in tema.”
“O una mummia! È anche meglio, una mummia!”
Aprono la porta e, dopo poco, le loro risate spariscono nella rampa di scale.