Titolo: Hold you in my arms (I just wanted to)
Fandom: Harry Potter
Beta:
vedova_neraPostata il: 27/07/2008
Personaggi: Sirius Black, Harry Potter
Pairing: Sirius/Harry (sì, avete letto bene. No, non sono impazzita o posseduta. Davvero, non c’è bisogno di chiamare aiuto.)
Rating: Pg13
Conteggio Parole: 820 (W)
Avvertimenti: Err-leggerississimo slash, leggerissimo rapporto adulto/minore.
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
#1: Ambientazione: Grimmauld Place, Quinto Libro, tra il processo al Ministero di Harry e l’inizio della scuola.
#2: Il titolo viene da Starlight dei Muse che, come al solito, si rivelano utili in casi di estrema necessità.
#3: Ovviamente scritta per
vedova_nera, in un momento di pura felicità dovuto al fatto che aveva finalmente cancellato la famosissima Icona Ambigua da quelle che caricate su LJ. I miei sensi erano annebbiati e non ero capace di intendere e di volere, capitemi ù_ù. E sì, ho scritto la mia prima Sirius/Harry, ma lasciamo perdere *agita una mano in aria*.
Ad ogni modo, il prompt che la lovvata mi ha dato è la citazione che trovate in apertura. Non ne ho tenuto completamente conto, ma come introduzione ci sta bene, quindi…
E questa cosa non si ripeterà! è_é Spero.
Hold you in my arms (I just wanted to)
Well, I’ve been afraid of changing
‘cause I’ve built my life around you
But time makes you bolder
Children get older
I’m getting older too
Landslide, Fleetwood Mac
Quando Sirius si sveglia nel mezzo della notte, ci mette sempre qualche attimo a placare il battito cardiaco e a far defluire l’adrenalina - non è più in fuga, ora, è nuovamente prigioniero, si dice subito, gli occhi spalancati fissi sul soffitto della propria stanza.
Ma, non appena si rende conto di essere al sicuro, è il panico a subentrare - una morsa al petto simile a quella dell’asfissia - e restare fermo e sdraiato diventa impossibile.
Si alza in fretta, allora, guadagnando l’uscita in pochi passi e trasformandosi in cane appena raggiunto il pianerottolo. L’odore di Harry è tanto famigliare da essere facile da seguire, così ci mette solo un paio di minuti a trovare la porta giusta e ad aprirla, sollevandosi sulle zampe posteriori.
Una volta all’interno, si accosta al letto e lecca la mano del ragazzo, che apre gli occhi con un sussulto - «Sirius!» mormora sorpreso, appena si accorge di cosa l’ha svegliato.
A Padfoot basta indietreggiare un po’ e indicare l’uscita con il muso, perché l’altro caracolli giù dal letto e lo segua.
***
Poco tempo dopo, sono seduti vicini sulle scale che portano al piano superiore, i fianchi che, a tratti, si toccano. Il peso al petto di Sirius si è affievolito, finalmente l’aria scorre nei suoi polmoni liberamente e senza intoppi, mentre racconta storie divertenti su suo padre e su Remus, mentre apre finestre su quel passato che non si è mai davvero reso conto di quanto sia passato.
Le loro risate, provocate dall’ultima storiella, si spengono e l’uomo lascia che il silenzio ristagni un po’, assaporando quell’atmosfera di tranquillità che si è venuta a creare. È Harry a parlare nuovamente, chiamandolo in un sussurro e appoggiandogli una mano sul ginocchio.
«Dimmi cosa sta architettando Voldemort,» continua, appena l’attenzione del padrino è su di lui, «ho il diritto di sapere. Non sono più un bambino.»
Sirius sostiene il suo sguardo per pochi istanti, prima di tornare a fissare un punto di fronte a sé con un sospiro. «Lo vedo, Harry,» concorda, il tono inevitabilmente più amaro.
E sa di dire la verità - sa perfettamente di rivedere, nel ragazzo e nella sua forza di volontà, altri ragazzi giovani quanto lui e con un’eguale determinazione, con il desiderio di combattere e la scelta della fazione a cui unirsi già pronta sulla punta della lingua per essere gridata a gran voce.
Ed è su di lui che, adesso, sta costruendo le proprie nuove speranze, il proprio nuovo mondo. Ne sta facendo il suo nuovo punto di partenza ed è deciso, questa volta, a difenderlo con ogni mezzo.
Senza pensarci troppo, posa la mano su quella di Harry e prende ad accarezzarla. «Vorrei spiegartelo, credimi,» mormora, «ma penso sia il caso di fidarci degli altri membri dell’Ordine, ancora per un po’.»
Il ragazzo annuisce, restando in silenzio. Poi, con movimenti graduali, volta il polso fino a che il proprio palmo non si trova a contatto con quello dell’altro, intrecciando subito dopo le dita con le sue.
L’uomo tenta di dire qualcosa, ma, prima che possa aprire bocca, Harry scivola ancora più vicino a lui e gli appoggia la testa sulla spalla, bloccandogli le parole in gola.
Dopo un leggero smarrimento iniziale, Sirius si permette finalmente di rilassarsi, avvertendo la consistenza del corpo premuto contro il proprio quasi come una rassicurazione tangibile, una prova concreta che questa occasione non andrà sprecata.
Così, quando l’altro cambia posizione per lasciarsi abbracciare, si ritrova a desiderare che anche lui avverta quella medesima sicurezza e fiducia in sé. Non è certo di cosa stia facendo quando gli solleva il viso con una mano e gli appoggia le labbra sulla fronte, e lo è ancor meno quando, dopo averlo brevemente guardato negli occhi, lo bacia sulla bocca.
Ma Harry non si ritrae; sembra quasi essergliene grato, anzi, e allora Sirius continua a tenerselo stretto addosso, accarezzandogli i capelli per chissà quanto tempo.
Sono alcuni rumori che arrivano dal piano terra - probabilmente un membro dell’Ordine che rientra in quel momento, riflette lui rapidamente - a indurre entrambi a ritornare a letto.
Accompagna Harry sul pianerottolo e, nei suoi indugi e nell’occhiata che gli rivolge, riconosce chiaramente la richiesta che non osa pronunciare. Allora parla - «Buonanotte,» saluta - prima che il ragazzo trovi il coraggio di porgliela, e poi, nuovamente, si trasforma in Padfoot e lo spinge leggermente verso l’interno della stanza.
Il gesto gli strappa una risata e l’Animagus, mentre si volta e inizia a salire le scale in direzione della propria camera da letto, affina l’udito per tentare di continuare a sentire quel suono.
Quando, infine, di nuovo umano, entra e si chiude la porta alle spalle, vi si appoggia contro prendendo un profondo respiro. Si guarda intorno e si rende conto che, come se non fosse mai uscito, le pareti e il soffitto e la stessa aria di quella casa premono ancora contro di lui, schiacciandolo.
Con un ringhio rabbioso, si lascia cadere sul letto e attende il mattino.