Titolo: Waited too long (and my hope is gone)
Fandom: Heroes
Beta:
iosonosaraPostata il: 23/12/2007
Scritta per:
skyearth85 [
richiesta]
Personaggi: Claude Rains, Peter Petrelli
Pairing: Claude/Peter
Rating: Pg15
Conteggio Parole: 879 (W)
Avvertimenti: Slash
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note: Ambientata nella storyline di Five Years Gone, un paio di anni prima degli avvenimenti della puntata vera e propria.
Titolo da How Soon Is Now dei miei amati Smiths.
Waited too long (and my hope is gone)
In questo momento, Peter odia il caso con tutto se stesso.
È come trovarsi davanti un fantasma. Il passato - e il fallimento che lo racchiude - personificati in uno sguardo azzurro e fisso e in un sorriso canzonatorio. Resta fermo per una manciata di secondi, indeciso su come comportarsi, combattuto tra la scelta di scappare via più lontano che può o avanzare e, magari, sorridere a sua volta.
Alla fine, sceglie la seconda opzione. Nonostante tutto - il disagio, i ricordi che bruciano nella sua testa, il risentimento mai sfogato - muove un passo in avanti, perché, anche dopo tanto tempo, Claude esercita il medesimo effetto su di lui.
“Sei vivo,” constata, una volta fermatosi di fronte all’uomo.
Il sorriso sul suo volto si allarga, mentre incrocia le braccia al petto e solleva le sopracciglia, come per dire È ovvio. Poi torna a fissarlo, più serio. “Anche tu, a quanto vedo.”
Peter sbuffa. “Purtroppo.”
*
Decide di mostrargli il posto dove vive - o meglio, la bettola in cui si nasconde, che è quanto di meglio sia riuscito a trovare. Non sa perché lo invita e non sa perché Claude accetta.
Durante il tragitto, parlano perlopiù di banalità. Peter ha, per un attimo, la sensazione di essere tornato indietro nel tempo, ma poi si passa una mano sul volto, avverte il solco profondo della cicatrice sotto i polpastrelli, e la sensazione scompare.
“Dove sei stato tutto questo tempo?” si azzarda a chiedere, dopo qualche attimo.
Claude affonda le mani nelle tasche del cappotto e guarda dritto davanti a sé. “In giro.”
Peter non fa più domande.
*
“Dannazione, ragazzino, sono quasi messo meglio io,” sbotta Claude, lanciando uno sguardo critico all’interno dell’abitazione, prima di varcare la soglia.
Peter scrolla le spalle, facendo strada. “La gente mi crede un terrorista. Non offrono appartamenti confortevoli ai terroristi.”
L’uomo lo fissa, gli occhi così azzurri da far male. “Sei passato dalla parte dei cattivi, ora?”
Il ragazzo si volta, aprendo il frigorifero malconcio per prendere due birre. “No,” risponde. “Faccio quello che è giusto, aiuto le persone, le difendo, le salvo.”
Claude annuisce, sembra quasi sul punto di dargli ragione. “Certo, difendi la gente dalle stupide leggi di, guarda un po’?, tuo fratello,” ribatte invece, il tono tagliente e aspro.
Lo sguardo ferito che Peter gli rivolge lo riporta dritto a tre anni prima, mentre riflette che, a quanto sembra, qualcosa in grado di scalfirlo esiste ancora.
Decide di odiare quell’incontro; la sua giornata sarebbe stata sicuramente più semplice senza tutte le complicazioni che quel ragazzo comporta.
Decide, anche, di avvicinarsi a lui e baciarlo.
*
Quando finiscono uno sopra l’altro sul letto scomodo e cigolante, smettono completamente di parlare.
Peter non gli dice quanto questo gli sia mancato - tutto, persino le sue battute sarcastiche e il suo sguardo gelido. Non lo accusa di essersene andato e non esprime la propria convinzione che, se Claude fosse rimasto, le cose sarebbero andate diversamente, sarebbero certamente migliori.
Fa sesso con lui decidendo di non raccontargli nulla; non gli racconta di aver perso praticamente ogni cosa, né della relazione che sta cominciando con Niki, né di quanto sia stanco o del senso di colpa ogni giorno più pressante.
Si stringe a lui e lo bacia - con un bisogno che non sperimentava più da troppo tempo -, sapendo perfettamente che averlo lì, ora, è più di quanto possa pretendere. Anche se durerà solo per qualche ora.
*
Non passano molti minuti dopo aver finito, prima che Claude si metta a sedere sulla sponda del letto e cominci a rivestirsi. Peter resta sdraiato, le mani incrociate dietro il capo, e osserva ogni suo movimento. Immagazzina ricordi come provviste - chissà per quanti altri anni gli serviranno.
Quando Claude è pronto, si volta verso di lui e finalmente incrocia il suo sguardo.
“Non chiedermelo,” dice, la voce asciutta, l’azzurro dei suoi occhi di nuovo dolorosamente intenso.
Peter si scopre e si siede anche lui, raccogliendo i boxer dal pavimento e indossandoli. “Non lo farò,” risponde senza guardarlo.
L’uomo invisibile affonda nuovamente le mani nelle tasche del cappotto, sospirando. “Sai come stanno le cose, sarebbe stupido anche tentare di farlo funzionare,” ribadisce, e, questa volta, il tono ha un’inflessione più stanca.
Peter incrocia il suo sguardo e annuisce. “Guarda che lo so, è sempre la solita storia. Ho avuto la possibilità di pensarci per tre anni,” fa una pausa e indossa la maglietta. “Vorrà dire che aspetteremo il prossimo incontro casuale. Se ce ne sarà uno.”
L’atteggiamento del ragazzo lo colpisce - così diverso, si ritrova a pensare di nuovo -, ma lo nasconde bene. Lo guarda finire di vestirsi e un sorriso storto gli attraversa il volto. “Già. Alla prossima, allora. E cerca di rimanere vivo.”
Si fissano per qualche secondo, prima che Peter rompa il silenzio. “Anche tu,” è tutto quello che dice.
Poi lo vede fare un gesto con la mano e voltargli le spalle, dirigendosi verso la porta d’ingresso. Attende, in silenzio, che l’uomo invisibile esca di nuovo dalla sua vita.
Di certo non si aspetta che, proprio un attimo prima di varcare la soglia, torni indietro e lo baci. Ma, quando succede, per la prima volta da anni, Peter sente di non aver perso davvero tutto ed è come se una leggera speranza nel caso si accendesse in mezzo al vuoto che lo circonda.