Titolo: Maybe it’s time (to make up your mind)
Fandom: DC Comics
Beta:
namidayumePersonaggi: (OC)
Allan Wilson,
Lena Luthor; nominata
Mary GraysonPairing: Allan/Lena con accenni di Allan/Mary
Rating: Pg13
Conteggio Parole: 739 (W)
Disclaimer: I personaggi della storia appartengono ai rispettivi proprietari e creatori, che ne detengono i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro.
Note:
Lena Luthor è la figlia di Lex Luthor; ha vissuto per un certo periodo in Italia e lì ha avuto una relazione con Allan, prima che lui tornasse negli USA con la famiglia.
Ambientata nel Lovvoverse e scritta sul prompt Lena Luthor, Allan Wilson(/Mar'i Grayson) - "Non puoi stare con lei per un semplice motivo." "E' fidanzata?" "No, ami ancora me" di
namidayume. ♥
Ovviamente, le spetta la dedica. ù_ù
Maybe it’s time (to make up your mind)
«Mary Grayson, eh?»
Il tono di scherno di Lena è evidente quanto il divertimento nel suo sguardo. Allan sapeva che, prima o poi, l’argomento sarebbe saltato fuori, ma non si aspettava che sarebbe successo tanto presto - le valige della ragazza sono ancora aperte sul letto e la stanza dell’albergo appare spoglia quanto lo era alla consegna delle chiavi.
Avrebbe preferito incontrarla più tardi, magari a cena in un ristorante, con maggiore calma, tuttavia la piccola Luthor aveva insistito perché l’andasse a trovare appena dopo il suo arrivo.
«Se devo sopportare il caldo di San Francisco e l’incontro con dei dirigenti imbecilli per tre giorni, esigo che almeno tu venga a darmi il benvenuto,» aveva dichiarato al telefono, in un tono a cui, di certo, Allan non poteva replicare negativamente.
Così adesso è lì, e la conversazione che meno vorrebbe affrontare con lei si sta già avviando.
«Non saprei dire se rappresenta una caduta di stile o se, invece, stai mirando troppo in alto,» riprende la ragazza, portandosi l’indice sul mento per accentuare l’atteggiamento pensieroso.
«Lascia perdere, Lena,» prova allora, però il sorriso che riceve in risposta gli comunica quanto il suo tentativo sia vano.
«Ok, seriamente,» taglia corto lei, agitando la mano in aria. «Permettimi di spiegare il semplice motivo per cui non puoi stare con lei.»
«Perché è fidanzata?»
«No,» fa una pausa e qualcosa nel suo sguardo si ammorbidisce. «Perché ami ancora me.»
Pronuncia quelle parole con una tale sicurezza che Allan, per qualche istante, non può evitare di rimanere interdetto. Il secondo istinto è quello di crederle, di dirsi: Ecco, la verità sta tutta lì, quasi che quella frase contenesse la risposta ad ogni domanda che si è posto negli ultimi anni - dal suo rientro in America, per la precisione -, la motivazione di ogni progetto fallito, di ogni storia andata male.
Inclina la testa di lato e, «Io…» inizia, ma Lena non vuole sentire ragioni - e avrebbe dovuto immaginarlo, non vuole mai sentirne. Avanza verso di lui, i suoi capelli rossi ondeggiano morbidi al movimento, e, quando lo raggiunge, Allan si ritrova a pensare che sarebbe facile, tremendamente facile, darle ragione e tenerla nuovamente tra le proprie braccia, rinunciando a qualsiasi resistenza.
E infatti lo è. Le sue mani scivolano sui fianchi dell’altra come se non avessero mai smesso di toccarli e, appena le loro labbra si incontrano, è certo di sentire un brivido attraversargli la schiena.
Baciarla è come lanciarsi indietro nel tempo - è come dimenticare l’esistenza di un presente e di ciò che questo comporta, completamente - e diventa solo naturale dirigersi verso il letto, spingere via la valigia fino a provocarne la caduta sul pavimento e spogliarsi.
Per la prima volta da un periodo imprecisato di tempo, il sesso non porta ad Allan pensieri inopportuni e domande sgradevoli. Il senso di colpa che accompagna le notti con Mary - e a cui, ormai, si è abituato per forza di cose - non si mostra affatto, e scoprirlo è quasi una sorpresa che si trasforma presto in sollievo.
Per la prima volta da un periodo imprecisato di tempo, Allan si concede di rimanere a letto dopo l’orgasmo, senza che il bisogno pressante di agire - per mettere a tacere i rimproveri contro se stesso - lo costringa ad alzarsi. La felicità che avverte nella ragazza - unita a qualcos’altro di caldo a cui non vuole dare un nome - lo culla e lo rasserena, permettendogli persino di dormire per un’ora abbondante.
Al suo risveglio, però, la situazione è cambiata e la realtà del presente è ritornata nella sua totale consistenza, insieme al ricordo dell’appuntamento preso per l’indomani sera con Mary.
Allan si districa dall’abbraccio di Lena, tentando di non svegliarla, e recupera i propri vestiti silenziosamente. Si chiede per qualche istante se lasciarle o meno un biglietto, ma poi, appena pronto, si dirige a passo svelto verso la porta, ripromettendosi di chiamarla in seguito, di organizzare un secondo incontro al più presto. Adesso ha bisogno di andar via, di uscire e schiarirsi le idee.
L’emozione - un misto di delusione e rabbia - lo raggiunge, improvvisa e violenta, quando ha già la mano sulla maniglia e lo spinge a girarsi indietro. La ragazza, tuttavia, si ostina rimanere immobile, ancora sdraiata a letto, e non dà segno di averlo notato, né sembra essere in procinto di dire qualcosa.
«Mi dispiace,» mormora Allan, rivolto al pavimento. «Mi serve un po’ di tempo.»
Senza aspettare una risposta - che sa, comunque, non arriverà - esce dalla camera.