[hetalia] Dead man walking

Mar 05, 2012 20:37


Titolo: Dead Man Walking (uomo morto che cammina)
Rating: rosso
Fandom: Axis Powers Hetalia
Paring: Germania / Nord Italia
Genere: introspettivo, sentimentale, malinconico, romantico, erotico
Parte: one shot

Note: I personaggi non sono miei, non mi appartengono e non ne ricavo nulla.
Avvertenze: contiene scene di sesso esplicito tra uomini che potrebbero causare effetti collaterali in chi non approva questo genere.



Dead Man Walking

- Uomo Morto che Cammina -

Ludwig ha il viso scarlatto e una vena che gli pulsa pericolosamente sul collo.

Feliciano singhiozza mordendosi il labbro inferiore ma per una volta il tedesco non ha alcuna intenzione di lasciarsi intenerire. È troppo furioso, è andato troppo oltre per potersi calmare e dimenticare tutto.

« Possibile che tu non sappia fare nemmeno questo?» ringhia frustrato Ludwig e i singhiozzi di Feliciano si fanno ancora più intensi « Non mi sembrava di averti chiesto molto, dovevi ricordarti unicamente di inviare quel pacco. Non doveva essere così difficile, no? Invece sei riuscito ad incasinare tutto!».

« Se non ti fidavi allora non avresti dovuto lasciarmelo fare!» protesta con la voce rotta l’italiano « E comunque anche se l’avessi fatto non ti sarebbe andato bene ugualmente. Non ti va mai bene niente di quello che faccio!».

« Perchè sei un deficiente, un dannato incompetente che fa le cose senza pensare!» sbotta a voce troppo alta Ludwig e Feliciano indietreggia istintivamente di un passo.

« Non ti va bene nulla di me, di come sono, di quello che faccio » sibila pianissimo Feliciano, risentito, e la sua voce è a mala pena udibile. Eppure nel silenzio carico di tensione e rabbia del loro piccolo appartamento Berlinese, Ludwig le percepisce perfettamente e per una volta non può che dargli ragione.

Feliciano può avere un sacco di bei pregi, come saper cucinare, disegnare, avere sempre il sorriso sulle labbra. Eppure in quel preciso momento Ludwig non riesce a vedere altro che i suoi difetti, la sua inaffidabilità, la sua pigrizia, la sua tremenda ingenuità e mancanza di energia.

Vorrebbe poterlo strozzare, scuoterlo fino a farlo reagire, dimostrare se è davvero un uomo o solo uno sciocco ragazzino in lacrime.

« E come potrebbe, visto che non combini mai nulla di giusto?» tuona ringhioso il tedesco « Alle volte sei solo un peso! Mi hai rovinato la vita!».

Feliciano impallidisce e stringe con forza i pugni « Sei un bastardo, Ludwig». E Feliciano non è mai stato tanto simile a suo fratello come in questo momento.

« Mi hanno detto di peggio» commenta senza scomporsi il biondo.

« Io ho fatto tutto quello che potevo per te» gli rinfaccia « mi sono trasferito a Berlino per te, ho lasciato la mia famiglia per stare con te! E tu, invece? Niente!».

Si fermano a guardarsi negli occhi con così tanto risentimento che per un attimo si stupiscono entrambi. Poi Feliciano si lascia scappare qualche lacrima e sussurra « Voglio...voglio la mia famiglia».

« Smettila di comportanti come un bambino, lo sai che lo odio!» urla Ludwig sconvolto da quelle lacrime, che però non accennano a fermarsi.

« Bene» afferma rigido e ormai esasperato il tedesco indicando con un braccio la porta « vattene pure se ti senti così intrappolato, qui».

Gli occhi scuri di Feliciano si riempiono di lacrime ma non sembrano sortire alcun effetto su Ludwig.

« Puoi anche andartene, per quel che mi interessa» ribadisce senza mezzi termini Ludwig « Basta che non crei ulteriore disordine, grazie».

E con questo ultimo avvertimento lascia l’appartamento sbattendo la porta e lasciando Feliciano fermo nel suo angolo, incapace di fare altro se non piangere. Si porta le mani al viso e cerca di pensare ad una soluzione, che però non c’è.

Lui e Ludwig litigano raramente, e quelle poche volte che lo fanno le cose si risolvono sempre rapidamente. Lui scoppia a piangere, Ludwig si sente in colpa e la storia si conclude con un bel po’ di coccole. Ma evidentemente questa volta è diversa, questa volta Ludwig è arrivato al punto di rottura, punto in cui le cose difficilmente si ripareranno.

E quindi c’è una sola cosa da fare.

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Quando Ludwig torna a casa, in tarda serata, trova le luci accese ma un silenzio quasi irreale. Da due anni, da quando Feliciano si è trasferito a casa sua, ogni sera lo trova intento a cucinare qualcosa di diverso ed estremamente invitante.

Invece questa volta in cucina non c’è nessuno, nemmeno un piatto da far riscaldare.

Un’improvvisa scarica di panico si abbatte sul tedesco, che col respiro corto si precipita in camera da letto. Nella loro camera da letto.

Niente, non c’è niente. Si è portato via tutta la sua roba.

Sul comodino non ci sono più i suoi libri di poesia, sotto al letto mancano le sue pantofole colorate, nei cassetti dell’armadio sono sparite tutte le sue mutande firmate.

Se n’è andato davvero.

Il primo sentimento che prova Ludwig nel rendersi conto che Feliciano lo ha lasciato veramente è rabbia. Rabbia completa, totalizzante. Probabilmente se lo avesse sotto mano gli farebbe male, molto male, per aver osato andarsene in quel modo, per averlo abbandonato.

Ma subito dopo si rende conto che la colpa è unicamente sua, che è stato lui a dirgli poco gentilmente di prendere la porta. E questo non se lo perdonerà mai.

Con uno scatto di disperazione tira un calcio al letto dove hanno dormito e fatto l’amore infinite volte, e questo scricchiola pericolosamente nel silenzio irreale della casa.

Non soddisfatto afferra la lampada sul comodino e la lancia per terra, sentendosi un po’ meglio solo quando la sente infrangersi sul parquet. Sradica le coperte con il ringhio di un animale ferito, butta a terra l’appendiabiti, strappa una delle tende, e cerca di non pensare che Feliciano non fa più parte della sua vita, che lo ha lasciato per sempre.

Il solo pensare al non rivederlo più, non sentire la sua risata assonnata al mattino davanti ad una tazza di caffè, al non avvertire più il suo profumo tra le coperte, lo uccide. E per tutto quello non può incolpare altri che sè stesso e la sua boccaccia.

Vorrebbe correre al telefono e chiamarlo, chiedergli di tornare indietro, di dimenticare la loro litigata, ma qualcosa glielo impedisce. Forse è la consapevolezza che Feliciano tornerebbe indietro solo per pietà, o forse la paura che nemmeno quella possa fargli cambiare idea.

Col cuore che batte troppo forte nel petto, fino a fargli male, e con una massa nera che gli pesa sullo stomaco, si accascia su uno dei divani dove hanno passato intere serata e guardare film e parlare di automobili, una delle poche passioni che hanno in comune.

Sul tavolino c’è un biglietto che non dovrebbe esserci e con mano tremante Ludwig se lo lascia scorrere tra le dita.

È scritto in italiano e lui non capisce una parola di italiano, non si è mai dato la pena di impararlo, nemmeno per amore di Feliciano. Forse è stata questa la sua colpa più grande, si dice mentre osserva quelle poche parole incomprensibili.

Ha sempre pensato che dovesse essere Feliciano ad adattarsi a lui, ad imparare la sua lingua, le sue abitudini, la sua cultura, mentre lui non ha nemmeno mai pensato di potergli venire incontro e trovarsi a metà strada. E quindi rimarrà per sempre senza sapere cosa dice quel piccolo biglietto d’addio, cosa ha voluto dirgli Feliciano prima di andarsene da quella casa. In fondo se lo merita, merita tutto il male che sente.

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Gilbert lo guarda con una certa preoccupazione negli occhi, ma non sa cosa dire. Da quando Feliciano se n’è andato, alcuni giorni prima, Ludwig ha lo sguardo spento e profonde occhiaie sotto gli occhi. Al lavoro è meticoloso come sempre, ma svogliato e assente. Quando escono a prendersi una birra, si sforza di sorridere ma poi mormora al bicchiere « Non so nemmeno se ho voglia di tornare a casa. Prima c’era Feliciano ad aspettarmi».

Soffre chiuso in un silenzio tutto suo, impenetrabile a qualsiasi aiuto, a qualsiasi parola.

Gilbert non si è mai sentito così e non sa come aiutarlo. Lui ha sempre preso la vita leggermente, affrontando i problemi con una scrollata di spalle. Invece Ludwig, sotto strati di muscoli e freddezza teutonica, ha un cuore che batte troppo e soffre ancora di più.

« Ludwig...».

« Sto bene» replica immediatamente il biondo « Sto bene, devo solo abituarmici. Non è niente di così tremendo, alla fine. Ho più spazio in casa, è tornato l’ordine e il silenzio. Posso ascoltare la musica che voglio, vedere i film che mi piacciono, tornare a casa quando mi va. Non c’è niente che non vada».

Nemmeno lui ci crede veramente, ma bisogna ancora salvare le apparenze.

E se è questo il gioco che Ludwig vuole portare avanti, allora Gilbert gli darà abbastanza corda per impiccarsi.

« D’accordo» sibila frustrato l’albino alzandosi e battendogli con forza una mano sulle spalla « Come ti pare. Ci vediamo domani in studio».

Quando anche lui se ne va, Ludiwg accende lo stereo per non dover sentire il silenzio. Odia il silenzio, è diventato innaturale ed estraneo, mentre un tempo lo trovava bellissimo.

Si butta a letto ancora vestito senza darsi la pena di lavarsi o sbarbarsi, tanto non c’è nessuno nel letto con lui. E se fosse leggermente meno sciocco, piangerebbe per quello.

Si rannicchia sotto le coperte, scoprendo quanto gli manchi il corpo piccolo, caldo e nudo di Feliciano accoccolato accanto al suo. Senza nemmeno rendersene conto si volta su un fianco e abbraccia con forza il cuscino dell’altro ragazzo, come se fosse la sua schiena. Schiaccia il viso sulla fodera che ormai sta perdendo il suo profumo e si domanda cosa farà adesso. Non vuole nemmeno pensare come sarà il mattino dopo, quando svegliandosi non troverà il caffè caldo in cucina e non sentirà Feliciano canticchiare sotto la doccia qualche stupido motivetto italiano.

Il trillo del suo cellulare lo coglie ad un passo dall’agognato sonno, facendolo imprecare. Lo trova a tentoni sul comodino ed ha quasi paura a leggere il mittente del messaggio.

Romeo Vargas, dice lo schermo, e il panico si impossessa nuovamente di lui. Pensa subito che possa essere successo qualcosa di terribile, ma poi riflette che se fosse davvero accaduto qualcosa del genere gli avrebbe telefonato, non mandato un sms.

Il messaggio ha solo sei misere parole, ma suscitano una valanga di emozioni contrastanti in lui.

Sei un uomo morto che cammina.

Tipico, avrebbe dovuto aspettarselo dal nonno di Feliciano. Quando avevano iniziato a stare assieme l’uomo lo aveva avvertito chiaramente che se l’avesse fatto soffrire, lui l’avrebbe ucciso. E Ludwig non dubita che ne sarebbe veramente capace, ma confida ancora che Feliciano riesca a fermarlo.

Ma non è la paura a tenerlo sveglio. È la consapevolezza che quel messaggio dice il vero: lui è un uomo morto che cammina. Da quando ha perso Feliciano è l’ombra di quello che era, un uomo ancorato alle sue colpe e agli errori del passato. Un uomo così non può andare da nessuna parte, e non può neppure sperare di riconquistare un ragazzo pieno di vita come Feliciano.

Quindi urge fare qualcosa, dimostrare di essere un uomo come si deve, un uomo di cui andare fiero, un uomo degno della fiducia e dell’amore di Feliciano.

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Ludwig non vuole credere che Feliciano non lo ami più. Non è possibile che abbia smesso di amarlo in così poco tempo. L’amore, diceva Feliciano, è qualcosa che agisce anche se non lo vogliamo, qualcosa che accade senza un reale perchè, che succede e basta. L’amore va alimentato, va coltivato come qualcosa di prezioso, ma non lo si può uccidere lucidamente o razionalmente.

Loro due hanno un sacco di problemi, come persone e come coppia, ma non ha mai dubitato che si amino veramente. Forse le cose tra loro non vanno affatto bene e ultimamente litigano decisamente troppo spesso, ma non può pensare che tutto il loro amore sia sparito da un giorno all’altro.

È esattamente questo che si ripete come un mantra Ludwig quando scende dal taxi, impacciato per via del colossale mazzo di rose che ha in mano, e si guarda attorno un po’ spaesato.

È da tantissimo tempo che non si reca in Italia, ancora di più da quando si è ritrovato davanti a quelle villa apparentemente senza fine di proprietà da generazioni della famiglia Vargas.

Ludwig è sicuro che Feliciano si trovi lì, anche se non ne ha le prove. Raramente il tedesco agisce così impulsivamente, senza basi solide e dati oggettivi, ma quando si tratta di Feliciano la sua indole razionale e pragmatica finisce all’aria.

Deglutendo a fatica il groppo che sente in gola raggiunge il pesante portone di legno e suona un paio di volte al campanello dorato.

Lo scalpiccio di piedi nudi che sente da dietro la porta lo riconoscerebbe anche da sordo. Sono i piedi scalzi di Feliciano che corrono e scivolano sul pavimento di marmo, rischiando come sempre di rompersi l’osso del collo o prendersi un brutto raffreddore.

Invece ad aprirgli è Romano, che sfoggia lo sguardo più truce del suo repertorio.

« Oh, sei tu» mormora senza entusiasmo ma senza neanche la cattiveria e il disprezzo che Ludwig si era aspettato.

Non lo invita ad entrare, si limita a fissare l’enorme mazzo di rose e a lasciare la porta leggermente socchiusa. Ludwig deve raccogliere tutto il suo coraggio per mandare al diavolo il nervosismo ed entrare in casa.

L’ingesso è come sempre splendido, ricco di quadri e di sculture antiche. Un gioiello degno della famiglia che vi abita. Ma nonostante tutta quella bellezza Ludwig sente il petto tremargli e un’improvvisa voglia di scappare via.

Romano è sparito da qualche parte senza neppure una parola, e già di per sè questo è strano. Ludwig si era immaginato una ramanzina strillata ai quattro venti da parte del fratello iper protettivo di Feliciano, invece non ha fatto commenti, e non sa se prenderlo come un segnale positivo o negativo.

Dietro di lui una porta si apre e qualcuno inspira bruscamente, come se fosse spaventato o semplicemente molto sorpreso. Ludwig si volta di scatto e questa volta incontra davvero lo sguardo stranito di Feliciano.

Gli occhi del moro slittano velocemente dal suo viso al mazzo di rose, per poi tornare su di lui. Se ne sta immobile sulla soglia della porta, una mano ancora appoggiata alla maniglia, l’espressione persa.

Ludwig non sa esattamente cosa si era aspettato di vedere, o di dire. Rimane immobile davanti a lui, impacciato e intimidito, incapace di aprire bocca. Forse si era illuso che le cose sarebbero andate a posto da sole, che magari Feliciano gli sarebbe saltato addosso baciandolo e chiedendogli di poter tornare a casa con lui. Ma l’italiano non ha affatto l’espressione di uno pronto a saltargli tra le braccia. È la prima volta, dopo tanti anni, che Feliciano non sembra essere felice di vederlo.

Le parole furibonde che si sono scambiati durante il loro litigio riecheggiano chiaramente tra loro, sembrano quasi risuonare nel silenzio dorato di quella villa romana.

Ludwig chiude per un attimo gli occhi cercando di capire cosa fare, come agire. Non si è mai trovato tanto in difficoltà con Feliciano. Tra loro le cose sono sempre state naturali, hanno sempre seguito il loro corso senza troppe difficoltà. Anche quando litigavano poi la situazione si risolveva come da sola, senza tutta quella fatica che invece adesso gli grava sulle spalle.

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Ludwig ricorda ancora con vaga malinconia e oppressione una litigata analoga accaduta tanti anni prima, quando condividevano ancora come studenti una camera in un appartamento di Barcellona.

Non riesce a ricordare l’esatto motivo per cui avevano discusso animatamente o il perchè se ne fosse andato furioso, ma ricorda perfettamente come si era sentito. Una merda.

Aveva vagato per ore tra i vicoli di Barcellona, sotto una leggera pioggerellina primaverile, senza sapere dove andare e senza prestare attenzione a quello che aveva intorno. Si era sentito improvvisamente molto solo e molto vuoto, senza Feliciano a cinguettare accanto a lui, a mostrargli entusiasta i negozi più belli o i ristoranti più famosi.

Era tornato in tarda serata con lo stomaco chiuso e l’umore nero come il cielo, e con la voglia incredibile di abbracciare Feliciano, baciargli allo sfinimento le guance e dirgli che non era successo niente di grave, che andava tutto bene.

Quando era entrato in caso si era sorbito lo sguardo indagatore di Francis, ma non una parola, cosa che non era mai un buon segnale.

La camera era avvolta dalla penombra, rischiarata solo da alcuni raggi di luce proveniente dal lampione appena fuori la finestra. Come sempre Feliciano aveva dimenticato di chiudere le veneziane, ma questa volta Ludwig non aveva avuto la forza di rimproverarlo. Era stanco e di pessimo umore, e non vedeva l’ora di buttarsi a letto per qualche ora. Ma proprio osservando il suo letto, perfettamente rimboccato e simmetricamente liscio, dovette reprimere a stento un sospiro.

Era da quando si erano messi insieme che il suo letto non era più stato vuoto. Feliciano si intrufolava, più o meno discretamente, sotto le sue coperte ogni singola notte. E sebbene Lud non l’avesse mai ammesso ad alta voce, era una cosa che adorava. Ormai si era abituato a dover condividere lo stretto letto singolo con lui, a dover rinunciare ad una buona parte di cuscino e soprattutto al suo calore la mattina presto.

Con un profondo respiro si voltò verso l’altro letto dove dormiva Feliciano. Se ne stava tutto rannicchiato sotto le coperte, voltato verso la parete e sprofondato nel materasso. A Ludwig venne quasi da ridere nel vedere quella sagoma informe e dal respiro regolare, ma non lo fece. Non era proprio il caso, dato che avrebbe dovuto passare la sua prima notte da solo dopo mesi.

Si tolse senza far rumore le scarpe e i pantaloni e si sedette sul proprio letto, rivolto verso l’ombra di Feliciano. Rimase ad osservarlo per minuti interi, i gomiti appoggiati sulle ginocchia nude e lo sguardo ormai abituato all’oscurità.

Infine aveva deciso di fare l’unica cosa sensata da fare. Non avrebbe chiuso occhio da solo, nel suo letto più freddo e grande che mai. Non ero grosso di per sè, ma non gli era mai sembrato così immenso e sconfinato come quella notte.

Lentamente si alzò e raggiunse il letto opposto. Scostò con gentilezza la coperta e si coricò alle spalle di Feliciano, facendo ben attenzione a non urtarlo bruscamente.

Guardò la sua schiena nuda per un tempo infinito e gli sfiorò con la punta del naso la nuca morbida. Aveva un buon profumo, di albicocche e di pulito. Con movimenti lenti e naturali gli passò un braccio attorno alla vita e se lo strinse leggermente al petto.

« Mi dispiace. Ti amo» sussurrò pianissimo proprio dietro al suo orecchio, senza sapere se lo stesse ascoltando o meno.

Con movimenti altrettanto lenti e delicati Feliciano gli strinse una mano e se la portò accanto al petto. Gliela strinse forte ma non dolcezza, e quel gesto bastava per rispondere a tutte le sue parole.

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Questa volta però è tutto diverso. Non hanno più una camera da dover condividere o un appartamento dove vedersi.

Ci sono solo loro due e devono affrontare i loro problemi per poter andare avanti e cercare di salvare qualcosa di buono.

Ludwig si rende conto, con un certo nervosismo, che è disposto anche ad implorare per riaverlo. È una cosa che non farebbe per nessuno al mondo, se non per Feliciano. Perchè Feliciano è l’unico per cui valga veramente la pena di lottare, per cui è disposto a qualsiasi cosa. Non gli piace vivere da solo, non gli piace vedere la cucina spoglia e grigia, non gli piace non trovare in bagno i suoi prodotti, non gli piace passare le serate a rimuginare da solo sul divano.

Non è facile da ammettere, non per un uomo come lui, ma ha bisogno di Feliciano. L’Italiano non può avergli ossessionato la vita per anni e poi sparire nel nulla lasciandosi indietro solo ombre.

Il tedesco prende un profondo respiro e fa qualche passo avanti, per avvicinarsi a Feliciano, che invece rimane immobile come una statua. Guardandolo negli occhi scuri non riesce a vedere cosa prova o cosa pensa, e questo non gli piace. Di solito sono così limpidi e puri da mostrare tutto un mondo, mentre ora sono chiusi e riservati. Forse spaventati.

Ludwig si ferma a qualche passo da lui, come se avesse paura di spaventarlo ulteriormente e farlo scappare, e gli porge il mazzo di rose che ha portato con sè sperando di impressionarlo con un po’ di romanticismo. Lud non è mai stato l’uomo romantico e dolce che Feliciano avrebbe voluto, non era proprio la sua natura, ma adesso vuole dimostrargli che ci tiene a lui, che è dannatamente importante e che deve, deve, ritornare a far parte della sua vita. Che lui è l’unica ragione che lo rende vivo, e non solo un uomo morto che cammina per la strada e che si sforza di sopravvivere.

Feliciano lo guarda negli occhi azzurri e tace, ed allora è Ludwig a dover fare la prima mossa e spezzare il silenzio.

« Ciao» gli dice in italiano, perchè ha iniziato a studiarlo. Con fatica, con lentezza, ma lo vuole imparare per dimostrargli che ne vale la pena.

Finalmente un’emozione compare sul volto del moro, un’espressione di sorpresa.

Afferra il mazzo di rose e lo stringe al petto.

« Sono per me?» domanda piano, perdendosi per qualche istante ad annusare le rose.

« Sì» annuisce il tedesco « Non ti regalo spesso dei fiori, però so che ti piacciono molto e...». Non sa come proseguire, si sente imbarazzato e sfasato.

« Perchè sei qui?» domanda invece Feliciano tornando a guardarlo.

Ludwig esita per un solo secondo.

« Per te. Per chiederti scusa, perchè sono stato un idiota...e per vedere come stavi e chiederti...».

Feliciano lascia che i petali delle rose gli accarezzino una guancia e sospira pesantemente. Improvvisamente sembra molto più vecchio e maturo di quanto in realtà sia.

« Queste non risolvono le cose, Lud» spiega semplicemente.

« Lo so» prova a dire Ludwig ma l’italiano lo interrompe subito con un gesto sbrigativo.

« No, non lo sai. Dei fiori non bastano a rimettere a posto le cose. Noi eravamo una coppia perfetta, vero? Eravamo perfetti assieme, fatti l’uno per l’altro, vero? Però qualcosa si è rotto, tra di noi. Qualcosa si è incrinato e ci ha portati a questo».

Rimangono a fissarsi in silenzio, e Ludwig non è sicuro di voler sapere come andrà avanti l’altro ragazzo.

« Ti sei mai chiesto che cosa ci abbia portato a questo punto? Come siamo arrivati a... a questo?».

In verità Ludwig ci ha pensato spesso a cosa sia potuto succedere tra loro per ridurli in quel modo, distanti e arrabbiati.

L’ultima volta che avevano fatto l’amore, sesso come si deve e non solo una sveltina fatta più per togliersi la voglia che per reale desiderio, era stata qualche settimana prima. Era stata un pomeriggio di fine estate con la temperatura alle stelle e una Berlino stranamente placida e sonnolenta.

Ludwig ha ripensato spesso a quella volta negli ultimi giorni, e a distanza di tempo la vede come uno degli ultimi momenti sereni e dolci che hanno trascorso assieme.

Feliciano stava impastando qualcosa, una pizza probabilmente, quando Ludwig era entrato in cucina silenziosamente e si era appoggiato allo stipite della porta.

Lo aveva osservato a lungo mescolare e impastare, con i suoi jeans con il risvolto a scoprirgli le caviglie sottili, la maglietta bianca sformata e i piedi immancabilmente nudi.

Ogni volta che si passava un braccio sulla fronte la maglietta si sollevava quel tanto che bastava per lasciar intravedere un lembo di pelle abbronzata e le due adorabili fossette all’altezza dell’osso sacro. Aveva i capelli leggermente scompigliati, un po’ sudati sulla fronte, e l’espressione concentrata di chi sta facendo qualcosa di veramente importante. Le labbra si protendevano leggermente verso l’alto, arricciate sugli angoli, ed ogni tanto la lingua sfuggiva ad inumidirle.

Ludwig lo trovò incredibilmente sensuale, con i piedi scalzi che strusciavano sulle piastrelle fredde e i pantaloni troppo attillati.

Con un ghigno poco rassicurante gli si avvicinò sorprendendolo alle spalle e lo abbracciò in vita, tirandoselo contro il petto massiccio.

L’italiano sussultò ma non si ritrasse di un millimetro. Continuò ad impastare energicamente e mormorò « Lud, ho quasi finito».

« Non abbiamo nemmeno incominciato» gli rispose in un orecchio il biondo facendolo tremare e leccandogli il lobo.

Il ritmo di Feliciano calò bruscamente ma non si fermò, nonostante il respiro sempre più corto. Ludwig sorrise divertito e gli si strusciò contro, facendogli chiaramente sentire l’erezione sul solco delle natiche. Lo sentì sospirare e scuotere la testa quel tanto che gli serviva per riprendere lucidità.

« Dammi ancora qualche minuto, Lud» lo implorò con voce arrochita. A Ludwig non passò nemmeno per l’anticamera del cervello di lasciarlo finire di cucinare.

Intrufolò le mani sotto l’orlo della maglietta, accarezzandogli la pelle assurdamente morbida del ventre piatto fino ai capezzoli appena induriti. A quel punto Feliciano lascò perdere la pasta e vi lascò cadere sopra le mani, arreso.

Il tedesco gli leccò e morse languidamente il collo salato per il sudore e lasciò scivolare la mani fino ai jeans del moro. Lo sentì tendersi meravigliosamente bene sotto il suo tocco e si sentì fiero, potente e tremendamente virile. Oltrepassò senza indugi l’orlo dei pantaloni e ghignò nel sentire la carne nuda senza biancheria intima. Feliciano aveva l’abitudine di non indossare spesso l’intimo, soprattutto in estate, e al solo pensiero Ludwig si sentiva diventare duro ed eccitato.

Con la punta delle dita gli accarezzò i fianchi, l’inguine accaldato e con una carezza leggera anche l’erezione sudata. Contemporaneamente gli si premette contro, spingendolo contro il bancone e strofinandogli l’erezione sul sedere ancora avvolto dal tessuto rigido dei jeans.

Feliciano lasciò andare la testa indietro con un sospiro rumorosamente e dimenticò completamente il suo dannato impasto. Con un movimento rapido ed al tempo stesso languido si voltò tra le sue braccia e gli affondò le dita tra i capelli biondi ancora umidi per la doccia.

Le loro bocche si incontrarono a metà strada in un bacio umido a labbra spalancate, con le lingue che guizzavano tra di esse senza sosta.

Ludwig tornò ad affondare le mani nei jeans del ragazzo, stringendogli ferocemente le natiche nude e sollevandolo. Lo prese in braccio senza la minima fatica, Feliciano pesava oscenamente poco. Era così leggero e snello in confronto al suo corpo invece massiccio e muscoloso che aveva sempre un irrazionale terrore di fargli male, di romperlo in mille pezzi. Ma ormai, dopo anni, aveva imparato che un po’ di pressione e qualche manata non lo avrebbero certo ucciso. Quindi se lo strinse con maggior forza addosso e si diresse verso la camera da letto.
Un attimo prima di uscire dalla porta Feliciano lanciò un ultimo sguardo addolorato al suo impasto.

« Si sgonfierà» brontolò demoralizzato nonostante il rossore diffuso sul viso.

« Preoccupati che non si sgonfi niente altro» lo istigò malizioso Ludwig spingendogli contro il bacino e facendogli sentire la sua erezione dura e bollente tra le gambe.

Per tutta risposta l’italiano gli regalò un sorriso affilato, così raro sul suo viso di solito giocoso e innocente, e gli mordicchiò il mento appena sbarbato.

Una volta arrivato in camera lo lasciò cadere sul letto ancora sfatto dal mattino, e lo ammirò rimbalzare per qualche secondo sul materasso. Aveva il respiro affannoso e il petto che si alzava e abbassava velocemente, ed era semplicemente bellissimo. Così tanto che non potè non dirglielo.

« Sei bellissimo» sussurrò con un filo di voce arrochita il biondo e Feliciano non finse nemmeno di arrossire. Gli sorrise invitante e si tolse con un unico movimento fluido la maglietta, lasciandola poi cadere da qualche parte.

Ludwig, in piedi accanto a lui, lo imitò e si mise a cavalcioni sopra di lui. Lasciò scorrere i polpastrelli affamati sulla sua pelle, gli pizzicò i capezzoli godendosi il suo gemito languido e infine gli slacciò i pantaloni. Con insopportabile lentezza glieli tolse, godendosi ogni attimo, ogni brivido. Era uno spettacolo vedere Feliciano così accaldato e smanioso di attenzioni. Quando facevano l’amore smetteva la sua aria innocente e infantile per indossarne una accattivante e disinibita.

Se lo divorò tutto, con le labbra e con i denti, e infine con le dita. Inginocchiato sul materasso, sopra il corpo ansimante di Feliciano, rimase a lungo a guardarlo smaniare per un tocco più profondo e invasivo. Lo preparò con calma, senza la solita fretta che impiegava di solito, figlia dell’imbarazzo. Quella volta non c’era stato alcun imbarazzo nel torreggiare sopra di lui, nel guardarlo negli occhi mentre lo allargava con un paio di dita umide, mentre l’italiano lo implorava con gli occhi lucidi.

« Dimmi cosa vuoi» gli sussurrò Ludwig a voce bassissima, appena un sussurro roco.

« Prendimi» lo implorò Feliciano sbattendo freneticamente le ciglia e aprendo ancora di più le gambe, esponendosi al suo tocco e al suo sguardo. Non aveva alcun pudore quel ragazzo, nessuna forma di contegno o ipocrisia. Se voleva fare sesso con lui glielo diceva, semplicemente, senza girarci troppo attorno, senza inutili fronzoli. Non aveva nessun problema ad implorarlo, pregarlo, piegarsi davanti a lui pur di avere ciò che desiderava.

Forse era proprio questa sostanziale differenza tra loro due ad eccitare tanto Ludwig, a desiderare ogni volta di portarlo al limite per vedere se prima o poi anche lui si sarebbe spezzato.

Con carezze forti e calde il tedesco gli sfiorò le cosce nude, staccandosi solo per togliersi pantaloni e boxer a sua volta.

Lo esaltava la sensazione di essere nudo, eccitato ed imponente davanti ad un Feliciano apparentemente inerme e completamente abbandonato alle sue mani. Lo fece sentire uomo, come se fosse  il centro di questo dannato mondo. O almeno di quello di Feliciano.

Si lubrificò l’erezione con movimenti attenti e lenti, per prolungare l’attesa di entrambi e per poter ammirare ancora per qualche istante lo sguardo completamente perso del moro, piantato proprio lì, sulla sua mano. Mano che ben presto guidò il suo sesso già gocciolante verso l’apertura morbida di Feliciano, la sforzò leggermente e la penetrò con decisione.

Il resto furono un succedersi di schiene inarcate e occhi sgranati, di movimenti rapidi e profondi di bacino e di gambe snelle che si allacciano con tutta la loro forza ai fianchi del biondo.

Ludwig perse il conto di quante volte si spinse dentro Feliciano o del numero impressionante di gemiti che uscirono da quelle labbra scarlatte. Si perse volentieri in quei movimenti senza un ritmo costante e in quella frenesia che gli dava unicamente il sesso con quel ragazzo.

Quando sentì l’orgasmo avvicinarsi ad ampie spinte e premergli sul ventre, afferrò con decisione l’erezione dolorosamente tesa di Feliciano e la massaggiò a ritmo dei suoi affondi nel suo corpo bollente. Ci volle oscenamente poco per portare il ragazzo al limite e farlo scoppiare in un orgasmo accecante. Feliciano si contrasse attorno a lui in lunghi spasmi violenti e gli si riversò nella mano, ansimando ferocemente.

Un attimo dopo Ludwig lo seguì, lasciandosi completamente andare e venendo travolto da tutto quello che stava succedendo. Al diavolo il pudore e la compostezza, urlò come un animale e gli si riversò dentro con foga, come se ne andasse della sua stessa vita.

Quando, dopo lunghi minuti, ripreso a respirare regolarmente, si accasciarono tra le lenzuola umide, uno di fronte all’altro e solo con le gambe e le mani intrecciate.

Ludwig aprì un occhio e trovò Feliciano intento a fissarlo in adorazione, come se fosse la cosa più bella e perfetta del mondo. E quel momento lo era davvero, perfetto.

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Poi qualcosa era cambiato, qualcosa si era rotto tra loro, ed era stata tutta colpa di Ludwig, senza dubbio. Non era stato Feliciano a cambiare, ma lui. Aveva iniziato a riversare su di lui lo stress del lavoro, le interminabili discussioni con suo fratello, e soprattutto la sua frustrazione per non essere “normale”. Pensava di aver ormai accettato da tempo di essere totalmente ed irrimediabilmente omosessuale, e che non avrebbe mai avuto la vita idilliaca che sua madre aveva sempre sognato per lui. Non si sarebbe mai sposato e soprattutto non avrebbe mai avuto figli. Pensava di averlo accettato con serenità e tranquillità, più che altro grazie alla presenza di Feliciano. Non gli importava molto di non aver una vita tradizionale se poteva trascorrerla con lui, a battibeccare sul cibo e a scegliere gli abiti nelle boutique più alla moda della città. Con Feliciano era felice, e al diavolo tutto il resto.

Però poi aveva iniziato a considerare la questione anche sotto altri punti di vista. Un giorno sarebbe invecchiato e non ci sarebbe stato nulla a tenerli ancora legati, nessuno a prendersi cura di loro.

Non avrebbero mai avuto figli, o nipoti, e la società avrebbe impiegato ancora troppi anni ad accettarli come una coppia a tutti gli effetti.

Se ne era reso conto guardando Axel, il figlio di Gilbert. Più lo guardava e più rivedeva in lui i tratti del padre, le sue espressioni e il suo atteggiamento arrogante. Invece lui non avrebbe mai potuto vedere i suoi occhi, o quelli di Feliciano, su un bambino. Loro non avrebbero mai litigato sul nome da dare ad un figlio, nè su come educarlo, su quale squadra avrebbe tifato.

Nessuno di questi era un buon motivo per mandare all’aria il suo rapporto con Feliciano, ne era perfettamente consapevole, ma le cose erano degenerate prima che potesse fare qualcosa. Durante un paio di discussioni gli era scappata qualche parola di troppo, qualche allusione insensata che però avevano ferito Feliciano come lame. Ludwig non era stato abbastanza pronto e veloce per reagire in tempo e aveva lasciato che l’Italiano si allontanasse da lui senza fare niente, punendolo tacitamente per quello che non poteva dargli.

Ora, riguardandosi indietro, Ludwig si sente un completo idiota. Aveva tutto, avrebbe potuto avere tutto, e invece aveva gettato tutto via. Ha perso la cosa più bella e importante che abbia mai avuto, l’unica persona al mondo che lo amasse più della sua vita e che lui ricambiava con la medesima forza.

Nessun mazzo di rose potrebbe aiutarlo a questo punto. Può solo lasciarsi andare e affidarsi completamente a Feliciano. È una cosa da panico completo, da paura viscerale. Affidarsi a Feliciano è sempre una follia, c’è quel senso di ignoto che a Ludwig proprio non piace, ma alle volte è l’unica soluzione. Affidarsi a lui, chiudere gli occhi e sperare che il ragazzo si riveli ancora una volta la persona incredibile che effettivamente è.

E Ludwig vorrebbe potergli dire tutto questo, spiegarglielo per bene, ma proprio non ci riesce. Non sa quali parole usare, rimangono tutte incastrate in gola assieme al suo coraggio.

« Che cosa vuoi Lud?» domanda all’improvviso Feliciano e Ludwig torna bruscamente alla realtà.

Feliciano lo sta ancora guardando come si aspettasse qualcosa, un segno, una parola. Qualcosa che possa rincollare i pezzi, che possa risistemare tutto.

Che cosa vuoi, Lud? È una domanda semplice, a ben pensarci. Così semplice che Ludwig non ha nemmeno bisogno di tempo per rifletterci. Lo sa da sempre ma lo ha capito solo negli ultimi tempi.

« Voglio te» è la risposta più ovvia e più banale della terra, ma è anche tutto quello che Lud ha da dire al momento.

Rivuole Feliciano, lo rivuole con sè, nella sua vita. Ed è un desiderio puramente egoistico e forse troppo pretenzioso, ma è la verità.

Gli occhi scuri di Feliciano si addolciscono immediatamente e le labbra tremano leggermente.

« Vuoi me? Ne sei sicuro? Perchè io sono pieno di difetti, e non penso che cambierò mai. Sono pigro, e sfaticato, poco coraggioso, ancor meno determinato. Cambio idea spesso, non so fare altro che mangiare e cucinare, e...». Andrebbe avanti per ore se Ludwig non lo fermasse.

Lo afferra per le spalle e se lo stringe al petto, sentendolo sobbalzare e vibrare tutto quanto.

« So come sei. E adoro tutto di te, Feli» gli mormora tra i capelli, tornando a sentirne la consistenza sotto al mento e il profumo sulla pelle.

« Fino a qualche tempo fa’ non l’avrei detto» sussurra rigidamente l’italiano e Ludwig è costretto a dargli ragione.

«Non sono mai stato bravo ad esprimere quello che provo» conferma il tedesco « Però credimi, ti prego. Ti conosco meglio di chiunque altro, conosco tutti i tuoi pregi e i tuoi difetti. E ti voglio lo stesso. Ho bisogno di te, Feli».

Feliciano, tra le sua braccia, singhiozza profondamente ma non dice niente, è completamente ammutolito.

« Mi dispiace averci impiegato così tanto a capire che amo tutto di te, che amo anche i tuoi difetti, proprio perchè ti rendono la persona eccezionale che sei. E non ti posso assicurare che non litigheremo mai più, ma Dio, io voglio continuare a stare con te, a litigare con te per cose stupide, e poi ridere assieme, e arrabbiarci, e innamorarci ancora. Voglio passare tutta la mia stupidissima vita con te, sia i momenti migliori che quelli peggiori».

A quel punto Ludwig si sarebbe aspettato uno scroscio di lacrime e singhiozzi, invece quella che sente è senza dubbio una risata. Una risata veramente divertita e sincera.

Con un paio di dita solleva il mento dell’italiano e lo trova rosso intento a sopprimere le risate. Le sue ciglia sono imperlate di lacrime ma sta davvero ridendo.

« Feli?».

« E poi saresti tu quello che non riesce ad esprimere i propri sentimenti?» domanda ridacchiando e Ludwig arrossisce all’istante.

« Beh, ecco...» mormora imbarazzato il tedesco ma le labbra di Feliciano lo interrompono con un bacio leggerissimo, appena accennato.

« Non urlerai più?» chiede serio il moro e questa volta è Ludwig a sorridere.

« Promesso, non urlerò più. E tu non scapperai più via?».

Gli occhi castani di Feliciano si adombrano per una frazione di secondo e il tedesco china il capo, appoggiando la fronte contro la sua.

« Ti prego, non sparire più. Pensavo di impazzire quando non ho più trovato le tue cose. Per favore, torniamo a casa assieme, Feliciano. Odio quella casa senza di te, pensavo quasi di venderla se non fossi più tornato».

« Mi manca casa tua» ammette l’italiano lasciandosi andare all’abbraccio possessivo di Ludwig e mescolando il respiro col suo.

« Nostra» lo corregge ancora una volta in italiano il tedesco, con un nuovo sorrisino.

Neanche dieci ore dopo si ritrovano a Berlino, sulla soglia del loro appartamento. Feliciano ha avuto a malapena il tempo di preparare la valigia, salutare suo fratello, e Ludwig lo ha portato via da lì quasi di peso.

Non vedeva l’ora di tornare a casa con lui, di rivederlo aggirarsi sovrappensiero per l’appartamento e ritrovare le sue cose sparse ovunque. L’avrebbe venduta veramente, quella casa, se Feliciano non fosse tornato.

Ma Feliciano è lì, accanto a lui, mentre apre la porta e lo lascia entrare per primo, trascinandosi dietro tutte le sue cose.

L’italiano si guarda attorno come se vedesse quelle mura per la prima volta. Ha lo stesso sguardo meravigliato ed emozionato che aveva la prima volta che Ludwig lo ha portato lì, una sera d’inverno di un paio d’anni prima. Solo quel velo di nostalgia e di rimpianto che adombra i suoi occhi è nuovo.

Ludwig posa le cose del moro in un angolo, si chiude la porta alle spalle e aspetta. Aspetta che Feliciano abbia finito di fare i conti con i ricordi delle loro ultime discussioni e si appoggia con indolenza ad una poltrona. Dopo qualche secondo che sembra eterno Feliciano si volta verso di lui e gli sorride raggiante.

Dio, quanto gli era mancato quel sorriso quando pensava che non l’avrebbe più rivisto.

Un attimo dopo si ritrovano abbracciati nel mezzo del salotto, le mani di Ludwig infilate tra i capelli scuri di Feliciano, e le sue dita da pittore aggrappate con forza alla sua maglia, come se non volesse mai più liberarlo. E a Ludwig va benissimo come sensazione, gli piace l’idea che Feliciano lo voglia tenere con sè ancora per molto, moltissimo tempo.

Lo bacia sulle labbra, gliele mordicchia e le assapora cercando di ritrovare sulla sua lingua il suo stesso sapore.

Vuole baciarlo, vuole dirgli che lo ama e che è stato un perfetto idiota a cacciarlo via, ma non è necessario. Lo spinge indietro con leggeri movimenti di bacino e Feliciano si lascia portare fino in camera da letto. Non fa domande sul perchè non ci sia più la lampada sul comodino o sul perchè sia sparita una tenda, anche se il suo sorrisino sembra saperla lunga. Si lascia cadere sul letto e si solleva il busto di quel tanto che basta per aggrapparsi al collo del tedesco e portarlo giù con lui. Lo bacia furiosamente mentre le dita del biondo premono ovunque riescano ad arrivare: sul collo, sui fianchi magrissimi, sul petto stretto.

Si spogliano in fretta, non sopportano un istante di più tutti quei vestiti che ancora li separano. Vogliono solo sentire la pelle che sfrega su altra pelle, le loro mani che accarezzano, stringono, premono. E nel farlo Ludwig riscopre un mondo che per poco non perdeva, e questo pensiero è come una sciabolata.

Afferra i polsi di Feliciano e glieli preme sul cuscino, ai lati della testa, per prendersi il tempo di guardarlo un attimo in viso, assaporare la vista dei suoi occhi languidi e delle sue labbra arrossate come l’intero volto.

L’italiano gli allaccia le gambe attorno alla vita e a quel punto Ludwig lascia perdere tutto il resto. Non c’è più tempo e voglia per guardarsi, ma solo per toccarsi e assaporarsi. Il tedesco lascia che il moro gli inumidisca con la sua stessa saliva un paio di dita, che qualche secondo dopo scendono tra le sue natiche. Le separa con un colpo delicato e Feliciano segue ogni suo movimento con attenzione e interesse. Quando le dita del tedesco iniziano a farsi largo dentro di lui, distendendolo e lubrificandolo, Feliciano si inarca e va incontro ai suoi movimenti, lasciandolo a bocca aperta e un attimo dopo col sorriso sulle labbra. Feliciano è semplicemente sbalorditivo e adorabile in ogni suo più piccolo movimento, in ogni espressione.

Con una lentezza che aveva quasi dimenticato Ludwig estrae le dita dal corpo accaldato del moro e appoggia la punta della propria erezione sulla sua apertura letteralmente fremente. Cerca lo sguardo di Feliciano per capire se va tutto bene, se lo vuole davvero, ma l’italiano ha gli occhi chiusi e il sorriso più disinibito del mondo sul viso. Le sue dita sottili, da artista, si avvolgono attorno al collo di Ludwig e tra i suoi capelli biondi, e lo trascinano su di sè, dentro di sè.

Ludwig boccheggia e cerca di prendere aria mentre entra dentro di lui con un’unica lunga spinta silenziosa. Tra loro non c’è alcun attrito, nessun ostacolo, solo un bisogno lacerante.

Il tedesco si muove lentamente, assaporando ogni istante, compiacendosi dei gemiti e degli incitamenti smozzicati da Feliciano. Improvvisamente, dopo una spinta più profonda delle altre, Feliciano si inarca bruscamente e si stringe attorno a lui con forza e decisione. Ludwig ridacchia sommessamente, a corto di fiato, e riprendere a spingere esattamente in quel punto. Gli occhi scuri dell’italiano si spalancano e si appannano, e Lud decide di non dargli tregua. Vuole portarlo davvero al limite, dove non potrà più controllarsi. Lo vuole morbido e senza pudore, completamente abbandonato tra le sue braccia. Gli afferra l’erezione e la massaggia allo stesso ritmo delle sue spinte che si sono fatte sempre più veloci e profonde. Feliciano ansima, si contorce e spalanca la bocca in un grido silenzioso, e per Ludwig è semplicemente bellissimo. Ricaccia indietro l’idea che avrebbe anche potuto non vederlo mai più così, che forse Feli si sarebbe trovato un altro uomo. In questo momento non vuole pensare a quello.

Perciò affonda in lui come se ne andasse della sua vita, come se fosse l’unica cosa che vale la pena di fare. Feliciano lo guarda per una frazione di secondo con gli occhi lucidi e sgranati, e poi si abbandona ad un orgasmo magnifico e spossante, un orgasmo che lo lascia senza fiato e con tutti i muscoli tremanti e cedevoli.

Solo quando sente la propria mano bagnata del seme di Feliciano, Ludwig si rende conto di essere anche lui terribilmente vicino all’orgasmo. Affonda il viso sulla spalla del moro e spegne il cervello. Non c’è irruenza nei suoi gesti, non c’è brutalità nelle sue ultime spinte. Semplicemente, si lascia andare, cullato dalle carezze di Feliciano e dal calore del suo corpo. L’orgasmo lo coglie così, un po’ impreparato ma comunque felice. Si rilassa senza sforzo tra le braccia accoglienti dell’italiano, ascoltando il battito del suo cuore rallentare gradatamente e il profumo di sesso che invade la stanza.

Quando sente Feliciano muoversi sotto di sè si sposta di lato, si accascia sul cuscino umido e chiude gli occhi, finalmente sereno. L’italiano si accoccola accanto a lui, come un grosso gatto ruffiano, e Ludwig gli spettina i capelli con una mano, per poi riordinarli subito dopo.

Non parlano, non hanno detto una sola parola coerente da quando sono entrati in casa, e va bene così. Dopo tutte le parole che si sono detti hanno solamente bisogno di silenzio.

Ludwig stringe Feliciano al petto, ascolta il suo respiro già lento e regolare, il suo profumo dolce e sensuale. E finalmente torna a sorridere, sereno.

Lud non è più un uomo morto che cammina.

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NdB:

All’inizio doveva essere una PWP, ma poi è diventata tutto meno che una PWP.

Ho paura di aver creato un Ludwig un tantino schizzofrenico: prima sembra un mostro sessualmente frustrato e poi un orsetto coccoloso. Mi fa un pochino paura, lo ammetto. Mi scuso se risulta vagamente OOC, ma io lo adoro così maschio e virile da un lato, e totalmente innamorato di Feliciano dall’altro lato. In fondo non sono due cose così incompatibili, no?

Era una One Shot bella lunga, me ne rendo conto, quindi mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate, se siete arrivati fino a questo punto! I commenti sono sempre graditissimi!

Grazie ancora,

Becky.

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