Titolo: Flickering fireworks
Fandom: Tsuritama
Personaggi: Akira x Natsuki, Yuki, Haru, e tanta altra gente.
Rating: PG-13E ora che sentiva sempre più imminente la partenza, sapeva che se non gli avesse detto niente e l'avesse lasciato sfuggire così, senza alzare un dito, se ne sarebbe pentito amaramente.
Tornare a casa dopo tanto tempo faceva decisamente uno strano effetto. Era come riabituarsi a tutto un altro ritmo di vita, a tutta una serie di immagini, odori, rumori, con cui non aveva più familiarità ma che allo stesso tempo sentiva gli appartenessero. Enoshima non era cambiata affatto, era ancora la stessa ridente isola dove era nato e dove aveva passato la maggior parte della sua vita. Anche se erano passati ormai due mesi da quando era tornato dall'America, gli dava ancora un senso di nostalgia affacciarsi per la ringhiera ad osservare il mare, azzurro e cristallino, mosso dalla lieve brezza estiva, anche se tecnicamente non aveva niente di diverso dal mare che era abituato a vedere nella città che aveva temporaneamente lasciato.
In realtà, il tempo era passato molto più in fretta di quanto avrebbe voluto. Dopo aver riabbracciato Yuki, Haru e Coco e aver conosciuto meglio Urara, colui che solo un anno fa era stato la causa principale dei loro problemi, avevano passato le giornate a pescare, in spiaggia, a visitare i dintorni dell'isola in barca, e occasionalmente a lavorare per Ayumi. A inizio agosto, Akira era riuscito a ottenere una pausa dal lavoro di un mese e a raggiungerli, portandosi appresso Tapioca e il suo attuale compagno, Curry, e le attività erano proseguite come al solito insieme a lui. Era come essere tornati indietro nel tempo, con la differenza che i giorni continuavano a passare inesorabilmente, senza che Natsuki potesse fare niente, verso il giorno in cui sarebbe dovuto ripartire.
Come ogni anno, tutti erano in subbuglio per i preparativi del festival dei fuochi d'artificio, che quell'anno era caduto il 27 agosto. Anche quella mattina si erano incontrati presto per occuparsi dell'allestimento della bancarella per la pesca dei pesci rossi. Ayumi e Misaki erano indietro con i preparativi, e avevano approfittato dell'entusiasmo di Haru quando aveva sentito parlare del festival per incastrare anche Natsuki, Yuki e Akira a collaborare. In realtà, anche se avevano storto il naso per via della fatica che li aspettava, erano felici di potersi riunire e lavorare in compagnia gli uni degli altri per quelli che sarebbero stati gli ultimi giorni che avrebbero passato tutti insieme.
Natsuki era ben felice di potersi distrarre e passare del tempo insieme a tutti, senza pensare alla sua imminente partenza. Nonostante amasse quello che faceva e la sua carriera fosse importante per lui, non riusciva a fare a meno di sentirsi addosso una sensazione di angoscia sempre più pesante. Aveva cercato di convincersi che si trattava soltanto del fatto di doversi separare dai suoi amici, ma in realtà c'era molto di più.
Non era passato molto tempo da quando si era reso conto di non riuscire a togliersi Akira dalla testa, per quanto avesse cercato di negarlo a se stesso. Finché erano rimasti lontani, era riuscito a tenere a bada i dubbi e le strane sensazioni di mancanza che comportavano i periodi in cui l'uomo non lo contattava a causa del suo lavoro. Ma quando si erano incontrati di nuovo, era stato come se l'avesse riscoperto. C'era costantemente qualcosa nei suoi sguardi che lo lasciavano senza fiato, sempre qualche parola che attirasse la sua attenzione, e si era ritrovato più di una volta a guardarlo più di quanto avrebbe dovuto, solo per essere colto nel fatto ed arrossire, facendo finta di niente. Akira aveva sempre un sorriso sulle labbra quando lo guardava, e un'aria consapevole, come se avesse già capito tutto, cosa che terrorizzava terribilmente Natsuki. Non sarebbe stato così sorprendente: l'uomo era molto più grande di lui e sicuramente se ne intendeva di più riguardo al tumulto di emozioni che invece l'altro provava per la prima volta in vita sua. Ma il dubbio lo tormentava, e Natsuki continuava a chiedersi se fosse il caso di farsi avanti e dirglielo o meno. All'inizio, si era razionalmente deciso a tenersi tutto per sé, con la convinzione che fosse soltanto l'entusiasmo di averlo rivisto a fargli quell'effetto e che sarebbe passato nel giro di poco tempo. In fondo, erano totalmente diversi, e Akira non avrebbe di certo trovato alcun interesse in un ragazzo più piccolo di lui, sempre che non fosse già impegnato. L'agente della DUCK parlava sempre così poco di sé che Natsuki non si sarebbe sorpreso, se fosse stato così. Ma i momenti in cui si ritrovavano a pescare insieme, ed era tutto perfetto, lui era perfetto, ogni differenza e ostacolo che Natsuki aveva faticosamente catalogato nella sua mente svaniva. E aveva conseguentemente finito per arrendersi e rendersi conto che la sua cotta per l'uomo aveva radici molto più profonde di quell'unico mese, e che, cosa ancora più terribile, andava peggiorando. Non era più nemmeno sicuro di poterla definire una cotta.
E ora che sentiva sempre più imminente la partenza, sapeva che se non gli avesse detto niente e l'avesse lasciato sfuggire così, senza alzare un dito, se ne sarebbe pentito amaramente.
Dopo aver finito di allestire definitivamente la bancarella, erano andati a cena tutti insieme al ristorante di suo padre per festeggiare. Ayumi era il più entusiasta di tutti nel parlare del festival. "Bel lavoro, ragazzi. Senza di voi probabilmente non avremmo finito in tempo."
"Questo perché ti sei lasciato un sacco di lavoro in arretrato," lo rimproverò Misaki, gettando suo marito nello sconforto più totale, nonostante quello che aveva detto fosse effettivamente la verità.
Sakura e Mariko si unirono per un po' a loro e chiacchierarono del festival; la sorellina di Natsuki, com'era prevedibile, non stava nella pelle e non vedeva l'ora che arrivasse l'evento per poter girare tra le bancarelle e vedere i fuochi d'artificio. In particolare, non vedeva l'ora di vedere la bancarella a cui aveva lavorato suo fratello, per potersene vantare con i compagni di scuola. Natsuki non poteva che essere felice di tanto entusiasmo.
"Papà sta ancora lavorando al punto ristoro?" chiese improvvisamente Natsuki, notando l'assenza dell'uomo.
"Sì," sospirò rassegnata Sakura. "Sai com'è fatto."
Il ragazzo annuì, e riportò la sua attenzione alla discussione in corso, ascoltando distrattamente Haru che parlava dei bellissimi yukata che Keito aveva fatto appositamente per lui, Coco e Urara.
Tamotsu si fece vivo pochi minuti dopo, salutando tutti con un cenno della mano. "Ehilà, ragazzi!"
Scambiò un paio di chiacchiere sul festival e sulla bancarella, di cui a quanto sembrava già parlavano tutti, prima di voltarsi verso Akira e Natsuki. "Ah, Natsuki, sono riuscito a procurare un mio vecchio yukata ad Akira. L'ho lasciato sul tavolo della cucina, faglielo provare subito."
Il ragazzo sbatté le palpebre in sorpresa, inizialmente senza afferrare quello che suo padre gli stava dicendo. "Cos -"
"Beh, io devo tornare al lavoro, ci si vede!"
Successe tutto così in fretta che Natsuki rimase vagamente confuso. Rimettendo in ordine i pensieri, si rese conto di aver tacitamente acconsentito ad accompagnare Akira al piano di sopra per provare uno yukata. Fu allora che il cuore gli saltò un battito.
Akira ridacchiò per la velocità con cui il padre di Natsuki era comparso e svanito come se niente fosse. "Si dà davvero un gran da fare, eh?"
"Già," sospirò l'altro. In realtà, avrebbe voluto che fosse più presente, specialmente in un momento simile, ma si rendeva conto che era un desiderio egoistico. Cercò di trattenere una smorfia con poco successo, pensando a quello che era appena successo. "Non mi avevi detto che avevi chiesto a mio padre uno yukata."
Avrebbero potuto anche dirglielo, piuttosto che lasciarlo volontariamente fuori, solo per coinvolgerlo all'ultimo secondo. Si sentiva vagamente offeso, se doveva essere sincero.
"Si è offerto lui, in realtà, quando gli ho detto che non avevo niente di tradizionale da mettere per il festival," rispose Akira con un sorriso, prima di notare lo sguardo vagamente livido dell'amico. "Ehi, sei arrabbiato?"
"Chi, io? Per niente," Natsuki scosse il capo, anche se l'espressione sul suo viso rimase esattamente la stessa.
"Anche Akira si metterà lo yukata?" esclamò Haru, intromettendosi nel discorso. "Che bello! Domani saremo vestiti tutti uguali!"
Natsuki sorrise leggermente, ma non riuscì a prestare attenzione a quello che venne dopo. Aveva pensato a un sacco di modi per ritrovarsi da solo con Akira, e ora l'occasione si presentava senza che avesse potuto pensare a come agire o a cosa poter dire. Tutte le volte che aveva provato a immaginare il modo giusto per confessargli i suoi sentimenti, si era reso conto che prepararsi a una cosa simile era fuori dalla sua portata. Non gli restava che buttarsi, ma aveva il terrore di blaterare una marea di cose senza senso e di farlo scappare terrorizzato. Perso com'era nei suoi pensieri, improvvisamente incrociò lo sguardo di Yuki, che lo osservava con aria preoccupata.
"Tutto bene?" gli chiese sottovoce.
Yuki era l'unico a cui aveva accennato qualcosa, e nonostante non si fosse mai azzardato a dargli grandi consigli in fatto di amore, gli dava sempre un tacito supporto, e capiva sempre senza dire niente cosa lo turbasse. Era qualcosa che Natsuki apprezzava molto nell'amico.
"Sì, non preoccuparti," mentì, scrollando le spalle.
Il ragazzo dai capelli rossi gli rivolse un'occhiata scettica, ma Natsuki scosse il capo e si alzò dal suo posto, voltandosi verso Akira.
"Beh, andiamo?"
L'uomo aveva l'aria un po' perplessa, ma annuì. "Sì."
Natsuki gli fece strada fino alle scale senza dire una parola. Si sentiva vagamente a disagio ora, dopo essere sembrato irritato per nessun motivo evidente, almeno per Akira. Sospirò, cercando di rilassarsi.
"Satsuki sta dormendo nell'altra stanza," disse a bassa voce, mentre apriva la porta della cucina. "Meglio non fare troppo rumore."
"Ricevuto," rispose Akira, adeguando di conseguenza il tono di voce e dando uno sguardo di avvertimento alla sua anatra e il suo compagno, che l'avevano seguito fino a lì. Seguì Natsuki all'interno della stanza, guardandosi intorno mentre il ragazzo raccoglieva lo yukata dal tavolo. Era uno yukata bianco e blu che Natsuki non ricordava di avere mai visto addosso a suo padre, il che gli faceva presumere che lo avesse portato quand'era molto più giovane. Gli faceva uno strano effetto pensare che Akira l'avrebbe indossato di lì a breve. Voltandosi, glielo porse con fare impacciato.
"È stupendo," disse Akira, osservando con ammirazione quel capo che fin'ora aveva visto solo addosso ad altri e ottenendo uno starnazzo entusiasta da Tapioca.
Il ragazzo non riuscì a trattenere un sorriso alla reazione dell'altro. Per quanto quella situazione gli causasse nervosismo, c'era qualcosa in Akira che lo faceva sempre tornare a sentirsi a suo agio. Stava per dirigersi verso la porta e uscire, ma la voce dell'uomo lo fece bloccare sul posto.
"Ehi, aspetta," lo chiamò Akira, con tono sorpreso.
Natsuki si voltò, facendo del suo meglio per suonare il più tranquillo possibile. "Cosa c'è?"
"Non ho idea di come si allacci la fascia."
"Beh, prima mettiti lo yukata e poi ti aiuto."
Stava per voltarsi, ma venne fermato per l'ennesima volta.
"Natsuki, sei in imbarazzo, per caso?" gli domandò Akira, palesemente divertito. "Eppure mi hai visto un bel po' di volte in costume da bagno."
"N- non sono in imbarazzo," si affrettò a ribattere Natsuki. Le poche volte che l'aveva visto mezzo nudo non erano stati di certo da soli, avrebbe voluto dirgli, ma si trattenne. "Pensavo solo che volessi un po' di privacy, tutto qui."
Akira scrollò le spalle, come a dire che a lui non importava, e Natsuki si maledisse mentalmente per aver tacitamente acconsentito a restare là mentre si cambiava. Si voltò di lato, nel terrore che il bruciore che sentiva sulle guance risultasse evidente, osservandolo con la coda dell'occhio. Se avesse continuato così avrebbe reso palese ancora di più il suo imbarazzo, ma non poteva di certo fissarlo come un dannato maniaco!
L'altro gli diede le spalle come se niente fosse, sfilandosi la camicia che aveva sbottonato pochi momenti prima con un movimento secco. Natsuki approfittò di quel momento per sollevare lo sguardo, giusto di un'idea. La luce artificiale si rifletteva leggermente sulla pelle appena scura della sua schiena, le sfumature che mettevano in evidenza i muscoli non troppo sviluppati ma ben delineati e la linea quasi esile della vita. Era una tortura bella e buona, Natsuki si dovette trattenere per non cancellare la distanza che li separava e sentire il calore di quella pelle. Ma no, no, non era il momento giusto, non così. Non ebbe nemmeno il tempo per combattere ulteriormente con se stesso, perché Akira si era infilato lo yukata e gli aveva porto la fascia. Il ragazzo la prese, avvolgendola con calma attorno alla vita che aveva avuto sotto gli occhi poco prima. Concentrò tutta la sua attenzione sul nodo, per non far caso all'improvvisa vicinanza tra di loro.
"Vedi? Non è difficile."
L'altro annuì con fare quasi impacciato. "Grazie."
Natsuki fece per far scorrere il nodo verso il retro, e tremò leggermente nell'incontrare le mani dell'altro che cercavano di fare lo stesso. Almeno, così pensò all'inizio, ma il respiro gli si bloccò in gola quando, nel cercare di ritirarle, sentì Akira fare presa su di loro; una debole resistenza che tuttavia Natsuki non aveva la forza di distruggere. Continuò a fissare la fascia, incapace di alzare lo sguardo, finché le mani dell'altro non risalirono fino a insinuarsi tra i suoi capelli. Il leggero profumo speziato che emanava la pelle di Akira lo tormentava esattamente come il desiderio di lasciar crollare ogni difesa.
"Natsuki."
Quand'era che il suo cuore aveva preso a martellargli nel petto in quel modo? Con esitazione, incontrò gli occhi dell'altro, affettuosi e sicuri, come sempre, e che sembravano leggerlo nel profondo ancora più del solito. Era confuso, ma se c'era una persona di cui era sicuro di potersi fidare al cento per cento, quella era proprio Akira. Non si accorse nemmeno dei centimetri tra di loro che diminuivano, tutto quello che avvertì fu il contatto che ne seguì. Le labbra di Akira erano calde e morbide, e sapevano leggermente di tabacco, qualcosa che normalmente l'avrebbe infastidito, ma che ora gli sembrava l'aroma più dolce che avesse mai sentito. Rimase immobile, col fiato sospeso, finché l'altro non mosse la bocca sulla sua, come per incitarlo ad approfondire il bacio. Natsuki esitò qualche secondo, ma infine cedette, dandogli piena libertà di fare qualunque cosa volesse, prima di rispondere con incertezza. I movimenti di Akira erano delicati e cauti, quasi avesse paura di romperlo, e il ragazzo si era abbandonato completamente a lui, al tocco delle dita tra i suoi capelli, al respiro contro il suo, al calore del suo corpo. Era tutto troppo perfetto per essere reale, ma le sensazioni troppo intense per essere una mera fantasia. Ci volle poco per tornare alla realtà; aveva finalmente trovato la forza per prendere tra le dita il tessuto dello yukata di Akira, quando gli starnazzi di Tapioca li fece balzare via l'uno dall'altro.
"Tapioca, stai buona, o sveglierai la bambina," Akira si inchinò verso di lei, dandole una leggera pacca sulla testa per calmarla. L'anatra sembrò tranquillizzarsi, ma continuò a muoversi in maniera irrequieta anche dopo che l'uomo si rialzò.
Natsuki li osservò, con la testa da tutt'altra parte, e quando Akira si voltò di nuovo verso di lui non riuscì a guardarlo negli occhi senza sentirsi avvampare. Riuscì solo brevemente a scorgere una strana luce negli occhi degli altro, prima che venisse tirato in un abbraccio. Il ragazzo si strinse istintivamente a lui con forza.
"Scusami," disse Akira. Natsuki rimase sorpreso nel sentire l'uomo scusarsi, ma non ci diede troppo peso, finché non continuò. "Non avrei dovuto."
L'altro s'irrigidì di colpo, districandosi dall'abbraccio. Cercò delle spiegazioni nel volto dell'uomo, ma non riusciva a decifrare quello sguardo. "Che vuoi dire?"
"Non è… per niente una buona idea."
Natsuki dovette sforzarsi di respirare, perché per un bel pezzo il respiro gli era rimasto bloccato in gola. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, così all'improvviso. Lo stava rifiutando? Dopo averlo baciato di sua iniziativa? Di colpo abbassò lo sguardo e non riuscì più a guardare l'altro negli occhi. Non pensava di essersi mai sentito più ingannato in tutta la sua vita.
"Mi prendi in giro? Perché allora…"
Non sapeva nemmeno lui cosa stava chiedendo, e non riuscì nemmeno a finire di formulare la seconda domanda.
"Natsuki, non è come pensi," disse Akira, che cercò di poggiare una mano sulla spalla del ragazzo, solo per farlo indietreggiare ulteriormente. "Non bacio le persone a caso, te l'assicuro. Ma proprio per questo motivo… è meglio che le cose rimangano come sono sempre state."
"Va bene, non dire più niente, ho recepito il messaggio," sbottò Natsuki. Non sarebbe riuscito a sopportare di sentire qualunque altra cosa. Tutto ciò che capiva era che Akira stava cercando di scaricarlo nel modo più carino possibile, ma questo non lo aiutava nel modo più assoluto. La sua mente non faceva altro che chiedersi perché, ma non era sicuro di volerlo sapere davvero. Gli diede le spalle. "Lo yukata ti sta alla perfezione. Ora è meglio che torniamo di sotto."
Iniziò a camminare verso la porta, e si rese conto che stava tremando, probabilmente perché stava facendo di tutto per trattenersi dall'esplodere davanti ad Akira. Ma l'uomo lo prese per un polso, impedendogli di avanzare.
"Aspetta, Natsuki -"
"No, smettila," lo interruppe Natsuki, senza nemmeno voltarsi. "Non rendere tutto ancora più difficile."
Akira l'aveva sempre capito fin troppo bene, perché proprio ora che aveva bisogno di comprensione più di ogni altro momento, sembrava non capirlo per niente? Perché non capiva che l'ultima cosa di cui aveva bisogno ora erano le sue spiegazioni?
L'altro lasciò la presa, senza insistere ulteriormente. "Scusami."
Natsuki uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle, usandola come supporto mentre attendeva che Akira si ricambiasse. Le gambe non sembravano essere in grado di reggerlo. Si chiese come avrebbe fatto ad affrontare tutti e fare finta di niente una volta tornato al piano di sotto. Tutto ciò che voleva fare in quel momento era buttarsi sotto le coperte e non uscire mai più dal suo futon per tutta la vita. Cercò di sostenersi sui suoi stessi piedi, quando sentì Akira avvicinarsi alla porta, allontanandosi d'istinto quando si aprì. Continuò a tenere lo sguardo rivolto verso il basso anche quando, a passi lenti, si diresse verso le scale. Akira lo affiancò, e Natsuki lo scorse muovere la mano verso la sua, per poi ritirarla pochi secondi dopo, quando entrambi notarono la presenza di Mariko ai piedi delle scale.
"Beh, allora, come ti stava?" chiese entusiasta, senza nemmeno notare la tensione tra i due.
"Bene," rispose Akira, che non si scompose. "Ringraziate il signor Usami da parte mia."
"Ah, che bello!" esclamò lei. "Lo faremo senz'altro!"
Se Natsuki fosse stato in grado di ragionare, probabilmente sarebbe stato furioso con l'uomo per sembrare così tranquillo dopo quello che era appena successo. Ma lì per lì, riuscì soltanto a raggruppare la forza necessaria per scendere le scale e raggiungere gli altri.
Per sua fortuna, era piuttosto tardi e si apprestavano tutti a tornare a casa. Natsuki salutò distrattamente, sperando che nessuno notasse qualcosa di strano in lui. Ignorando gli sguardi preoccupati di Sakura e Mariko, si scusò e salì al piano di sopra, con la scusa che era tardi e la giornata del festival sarebbe stata stancante.
Si infilò nel futon e liberò il petto da tutto quello che aveva trattenuto fino ad allora, scoppiando in singhiozzi soffocati contro il cuscino. Era passato talmente velocemente da una felicità indescrivibile allo sconforto più assoluto che non credeva nemmeno fosse umanamente possibile. Non aveva idea di come avrebbe fatto a fronteggiare la giornata seguente. Avrebbe voluto fare finta di essersi ammalato, ma non ci avrebbe creduto nessuno, e sapeva di non poter mancare. Con che faccia l'avrebbe guardato domani? Perché l'aveva messo in una situazione simile? Voleva odiarlo, ma non ci riusciva e sapeva che non ci sarebbe mai riuscito. Continuava ad avere quel sorriso caloroso impresso nella mente, quel sorriso che non avrebbe mai creduto potesse ferirlo in quel modo. Non poteva fare a meno di chiedersi se non avrebbe dovuto ascoltarlo fino alla fine, ma poi la sua insicurezza aveva la meglio, e le peggiori motivazioni lo tormentavano come in un incubo. Pianse fino a quando non crollò per lo sfinimento, senza nemmeno accorgersi che sul suo cellulare lampeggiava l'avviso di un nuovo messaggio.