Titolo: Flickering fireworks
Fandom: Tsuritama
Personaggi: Akira x Natsuki, Yuki, Haru, e tanta altra gente.
Rating: PG-13
La mattina del 27 arrivò fin troppo in fretta. Il suono squillante della sveglia accentuò ulteriormente il mal di testa di Natsuki, che persisteva dalla notte prima nonostante avesse dormito. Non era stato esattamente un sonno ristoratore, aveva continuato a rigirarsi e a fare sogni sconnessi che l'avevano turbato ma che, per fortuna, non riusciva più a ricordare. Si sollevò a sedere sul letto, reggendosi la fronte con una mano. Forse, se avesse fatto finta che quello che era successo era un brutto sogno, sarebbe riuscito ad alzarsi senza trascinarsi dietro il senso di oppressione che lo attanagliava. Cercò di pensare a tutt'altro, a tutte le cose positive che lo aspettavano e che non erano necessariamente legate ad Akira, e si sentì riacquistare un briciolo di tranquillità. Ma durò finché Natsuki non si rese conto di aver ricevuto un messaggio sul cellulare. Gli bastò leggere il mittente, per sentirsi di nuovo sprofondare nello sconforto. Ebbe il primo istinto di non leggerlo e cestinarlo, ma quando fu in procinto di premere il tasto di conferma, esitò. Sospirando, tornò indietro e lo aprì.
"Non voglio parlare di quello che è successo via e-mail. Dimmi solo se preferisci che io non ci sia al festival. Se mai ti andrà, ci sono un sacco di cose che devo dirti."
Natsuki fissò il messaggio per qualche momento, senza avere idea di come rispondere. Akira pensava davvero che avrebbe voluto non venisse al festival? Era la giornata che stavano attendendo con più impazienza, e doveva essere un giorno speciale, che avrebbero passato tutti insieme. Per quanto fosse depresso, Natsuki sapeva che non sarebbe potuto mancare senza dare un dispiacere a tutti, e soprattutto a se stesso. Trovava triste che Akira avesse pensato una cosa simile, però allo stesso tempo il suo riguardo aveva smorzato le sensazioni negative che aveva provato quando aveva visto il suo nome comparire sullo schermo del cellulare.
Stupido, senza di te non sarebbe la stessa cosa, avrebbe voluto rispondergli, e sarebbe stata la stramaledetta verità, ma alla fine sulla tastiera digitò tutt'altro.
"Non farti problemi per me."
Lo inviò senza aggiungere altro, ignorando completamente l'ultima parte del messaggio. Ora come ora non aveva neanche la forza di ripensare a quello che era successo, figuriamoci parlare con Akira di chissà cosa avesse in mente. Era fuori discussione.
Fece in tempo ad alzarsi dal futon, quando sentì la voce di Sakura che lo chiamava dal piano di sotto.
"Sveglia, Natsuki, o farai tardi!"
Natsuki fece una smorfia, rendendosi conto di aver perso un sacco di tempo per colpa del messaggio. Si massaggiò le tempie, nel vano tentativo di attenuare il mal di testa, prima di prepararsi ad uscire.
**
Il festival dei fuochi d'artificio di Enoshima era una delle maggiori attrattive dell'isola, e uno dei momenti in cui si potevano vedere più turisti in giro per le strade. Al mattino c'era sempre meno confusione, il numero di persone normalmente raggiungeva il culmine quando scendeva la sera, più si avvicinava l'ora dello spettacolo pirotecnico.
Haru si dimenava come un animale impazzito nel tentativo di attirare l'attenzione dei passanti, e grazie alla sua capacità di socializzare velocemente riusciva a portare alla bancarella dei pesci rossi un sacco di gente che in condizioni normali sarebbe solo rimasta a guardare da lontano. C'era dunque abbastanza da fare da tenerli occupati, e sembrava che nessuno si fosse accorto che Natsuki e Akira non spiccicavano parola l'uno con l'altro. I loro sguardi si erano incrociati qualche volta, per scostarsi subito dopo. Natsuki faceva davvero un grande sforzo per non dare a vedere quello che provava, mentre Akira sembrava così tranquillo, anche se non gli sorrideva più, e in realtà non aveva sorriso molto in generale fino ad ora.
Verso l'ora di pranzo, c'era davvero pochissima gente in giro, e decisero di mangiare. Akira si era offerto di andare a prendere qualcosa per tutti, e durante la sua assenza, Yuki e Haru si avvicinarono a Natsuki, che era rimasto seduto al bancone per le sue.
"Natsukiiii," si lamentò Haru. "Tutto bene? Ti fa male da qualche parte?"
"Ah," il moro si accorse solo allora di essere rimasto con la testa fra le nuvole, e alzò lo sguardo, incontrando le facce preoccupate dei suoi amici. "Ero soprappensiero. Sto bene, davvero."
"Anche Akira si comporta in modo strano," osservò Yuki. "È successo qualcnosa?"
"Dev'essere una coincidenza," rispose Natsuki, con meno decisione di quanta avesse programmato, forzando un sorriso. "Probabilmente siamo entrambi stanchi."
Entrambi non sembravano molto convinti. "Lo sai, vero, che con noi puoi parlare di qualunque cosa?" gli chiese Yuki, afferrandolo per le spalle e guardandolo dritto negli occhi.
"Qualunque cosa!" insistette Haru.
Natsuki s'irrigidì nella presa dell'altro, ed esitò prima di rispondere. Lo sapeva, certo che lo sapeva. Tecnicamente non c'era niente di male nel raccontargli quello che era successo, ma aveva paura di contribuire a rendere l'atmosfera tesa tra tutti loro.
"Avete litigato?" gli chiese Haru, gli angoli della sua bocca che si curvarono verso il basso in un'espressione di pura tristezza.
Il moro abbassò lo sguardo. "Qualcosa del genere."
Yuki lo guardò come se avesse capito di cosa si trattasse esattamente, ma prima che potesse chiedergli qualcosa, Haru continuò.
"Ma capita di litigare, no? Però poi bisogna fare la pace!"
Proprio in quel momento, Akira stava tornando con i loro Enoshima-don da asporto tra le mani. Il biondo corse verso l'uomo, prendendogli la mano e rischiando di fargli cadere tutto quello che aveva in mano. Yuki si affrettò a prendergli le ciotole prima che il loro pranzo finisse a terra, mentre Haru trascinava Akira verso Natsuki in tutta fretta per congiungere le loro mani insieme.
"Ecco! Ora fate la pace!"
Akira rivolse prima a Haru e poi a Natsuki uno sguardo perplesso, prima di sorridere e stringere la presa sulla mano dell'altro. "È colpa mia. Natsuki ha tutti i motivi per essere arrabbiato con me."
"Ma Natsuki ti vuole bene, quindi ti perdonerà," concluse il biondo come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Natsuki arrossì furiosamente per la situazione in cui si era ritrovato, incapace di ritirare la mano da quella di Akira. Voleva poter credere che fosse così semplice, e guardando l'altro che gli sorrideva così calorosamente gli sembrava quasi che lo fosse. Ma il calore della sua mano gli ricordava troppi particolari che lo mortificavano terribilmente. Le cose non sarebbero tornate come prima, non subito almeno, e non capiva perché Akira si comportasse come se lo capisse ma allo stesso tempo gli rendesse le cose più difficili, sorridendogli in quel modo. Prima che potesse ritirare la mano, l'uomo la lasciò di sua spontanea volontà, ottenendo uno squittio di disappunto da Haru.
"Haru, è sufficiente," lo riprese Yuki. "Lascia che se la vedano loro."
L'alieno era sul punto di ribattere, ma alla fine fece solo il broncio e si allontanò per recuperare il suo pranzo. Natsuki lo sentì bofonchiare qualcosa e chiedersi tra sé e sé perché gli umani fossero così complicati.
Dopo pranzo, la gente cominciò ad accalcarsi nelle strade sempre più numerosa, e l'attività diventò frenetica, senza un attimo di sosta. Verso le sei del pomeriggio, Misaki e Ayumi si offrirono di occuparsi loro della bancarella per permettere ai ragazzi di andare in giro e a vedere il concerto in spiaggia che avrebbe anticipato i fuochi d'artificio.
"Ma non possiamo lasciarvi qui con tutta questa gente," obiettò Natsuki.
"Ce la siamo sempre cavata ogni anno," lo rassicurò Ayumi. "E voi avete fatto un ottimo lavoro, vi meritate di andare a divertirvi, ora."
L'uomo gli mise una mano sulla spalla, come per rassicurarlo. Natsuki capì che anche lui aveva notato il suo turbamento e stava cercando di alleggerire l'atmosfera facendo distrarre lui e gli altri, e non riuscì a fare altro che ringraziarlo con un cenno del capo.
Con qualche esitazione, si avviarono verso la spiaggia. Stando in mezzo a tutta quella gente, Natsuki cominciava a sentire uno strano senso di eccitazione addosso, man mano che si avvicinavano alla spiaggia e al palco e sentiva il ritmo della musica battergli sempre di più nel petto. Tutte le persone attorno a loro sembravano felici e spensierate, senza alcun problema al mondo. Si sentiva fuori posto a stare là in mezzo con uno stato d'animo tutt'altro che allegro. Ma i suoi amici erano là con lui, e per quanto ora le cose con Akira fossero complicate, restava comunque una parte integrante di ciò che lo rendeva felice. Facendo un profondo respiro, si sforzò di immaginare di essere tornato indietro nel tempo, a quei momenti in cui tutto era perfetto e si divertivano insieme e allo stesso tempo iniziava a rendersi conto dei suoi sentimenti, sentendo la tensione attenuarsi.
Quando arrivarono in spiaggia, dovettero farsi strada a spintoni per avvicinarsi in maniera accettabile al palco. Natsuki non conosceva la band che suonava, ma la canzone enka che cantavano era decisamente popolare. Tutti si muovevano a tempo di musica, e anche loro si misero a ballare. Dopo un paio di canzoni, il cantante cercò di far partecipare il pubblico facendogli battere le mani. Fu allora che, nella foga del momento, qualcuno alla destra di Natsuki gli diede uno spintone e lo fece finire dritto addosso ad Akira. Si sentì avvampare e cercò di allontanarsi, ma venne pressato contro l'altro ulteriormente dalla folla, rimanendo sostanzialmente intrappolato. Akira gli avvolse le braccia attorno alle spalle per ripararlo dalla calca di gente, e Natsuki si ritrovò con la guancia contro il tessuto del suo yukata. In un primo momento, s'irrigidì nella sua presa, totalmente preso alla sprovvista, ma ogni tentativo di controllarsi fallì miseramente e sentì il rossore sulle guance propagarsi insieme al battito del cuore che accelerava. Lo stesso profumo che aveva percepito la sera prima gli invase i sensi, era come ipnotizzante. Non riuscì a reprimere un fremito, e Akira dovette sentirlo chiaramente, perché gli passò le dita tra i capelli, in una carezza fin troppo dolce per Natsuki da tollerare. Ci mise un po' ad accorgersi che la folla non premeva più contro di loro. Ciononostante, l'uomo continuava a tenerlo stretto come se da ciò dipendesse la sua vita e non sembrava avere alcuna intenzione di lasciarlo andare. Natsuki non capiva cosa stesse succedendo o cosa diavolo Akira avesse in mente, ma si sentiva troppo bene per separarsi da lui di sua iniziativa. Avvolse le braccia attorno alla vita dell'altro, maledicendolo per essere così dannatamente astuto. Se solo fosse stato più coraggioso e in grado di articolare a parole quello che provava, forse le cose sarebbero andate diversamente. Non era il tipo di persona che si arrendeva tanto facilmente, ma allora perché era fuggito senza nemmeno dirgli che no, non pensava che dovessero rimanere solo amici, che dopo un bacio simile non poteva dirgli che non era affatto una buona idea? Per quante motivazioni potesse trovare, non significava che fosse pronto a lasciare andare la persona che desiderava più di qualunque altra cosa senza mettere le cose in chiaro. Aveva bisogno di dirglielo, al più presto.
Natsuki sentì la presa dell'uomo allentarsi, e cercò tutto il coraggio che aveva in corpo per alzare lo sguardo verso il suo. Akira gli sorrise, come se avesse percepito i pensieri dell'altro, facendogli cenno di uscire dalla folla. Il ragazzo annuì, lasciando che l'altro avvisasse Yuki e Haru, prima di farsi strada tra la gente, senza sapere con esattezza dove andare. Cercava un posto dove potessero stare da soli, possibilmente dove nessuno potesse vederli. All'inizio pensò di portarlo a casa sua, ma subito pensò fosse una cattiva idea. Mentre percorrevano il ponte in silenzio, scorse il lungomare, ricordandosi del piccolo parco non molto lontano da casa che normalmente non era molto frequentato. Considerando che lo spettacolo pirotecnico sarebbe cominciato tra non molto tempo, era probabile che non ci fosse nessuno.
Natsuki si sedette su una panchina del parco, aspettando che l'uomo facesse lo stesso, ma Akira rimase in piedi e con le mani sui fianchi, come pensieroso. Se prima il silenzio sembrava perfettamente naturale, ora che finalmente era il momento di parlare Natsuki si sentiva vagamente a disagio, e il fatto che l'altro non si sedesse non lo aiutava.
"Akira, siediti," gli chiese.
Akira sospirò e si gettò sulla panchina, accanto a lui. "Mi dispiace per quello che è successo ieri," disse. "Non era mia intenzione respingerti. Volevo solo… proteggerti, e ho finito col prendere una decisione per entrambi senza nemmeno consultarti."
Il ragazzo cercò di trattenere il sospiro di sollievo che gli si fece strada in gola mentre l'altro parlava, ma era impossibile. Si sentiva come se avesse trattenuto il respiro dolorosamente fino a quel momento. A quella sensazione di conforto subentrò presto una di impazienza. Gli si avvicinò. "Akira."
"Argh, non era questo che volevo dirti," continuò l'uomo, grattandosi il capo nervosamente. "Cioè, anche questo ovviamente, ma quello che volevo davvero, davvero dirti…"
Natsuki non lo lasciò finire, o meglio, la sua vicinanza sembrò lasciare l'altro senza parole. Lo scambio di sguardi fu abbastanza per fargli saltare un battito, mentre gli posava entrambe le mani sulle guance. Se fino ad allora non era sicuro su come definire quello che provava, ora non aveva più dubbi. "Akira, ti amo."
Lo baciò a fior di labbra, lasciando scivolare le mani più in basso, sulle sue spalle. Akira si irrigidì leggermente, e ruppe il contatto con quella sua solita delicatezza. Simulò i movimenti di Natsuki di poco prima, portandogli le mani sul viso.
"Ti amo," mormorò l'uomo. "Ecco, era questo che dovevo dirti."
Il ragazzo afferrò l'altro per il tessuto dello yukata, unendo le loro labbra in un bacio appassionato. Stavolta non aspettò che Akira lo guidasse ma prese lui stesso l'iniziativa, senza curarsi del fatto che i suoi movimenti fossero goffi e inesperti. L'uomo lo strinse a sé, cingendogli la vita con un braccio e facendo scivolare più indietro l'altra mano. C'era qualcosa nel modo in cui quelle dita si intrecciavano nei suoi capelli che gli faceva girare la testa. Quando si staccarono per riprendere fiato, Natsuki si allontanò leggermente. Ripensando alle parole di Akira di poco prima, gli venne da fare una smorfia.
"Sei uno stupido," disse. "Non ho bisogno di essere protetto. Da cosa, poi? Lo so già che sei un vecchio pervertito."
Akira scoppiò a ridere, ma riprese in breve tempo un'espressione seria. "A breve ci separeremo di nuovo per chissà quanto tempo."
"Pensi che abbia paura della distanza?"
"Natsuki, sei così giovane," sospirò Akira. "Ho il terrore che tu finisca per bruciare i tuoi anni migliori in una situazione tutt'altro che piacevole, per colpa mia."
Il ragazzo intuì dall'espressione turbata dell'altro che era qualcosa che l'aveva tormentato per chissà quanto tempo. Improvvisamente, si rese conto di quanto tutta la situazione che si era creata dovesse essere stata dura per lui. "Akira, qualunque situazione spiacevole possa crearsi, so che ne varrà la pena, perché io voglio stare con te, e con nessun altro."
Natsuki gli avvolse le braccia al collo, stringendolo in un abbraccio. I suoi anni migliori, la sua giovinezza, era pronto a dargli tutto quello che fosse stato necessario per fargli capire quant'era importante.
L'uomo gli mostrò che aveva capito con un bacio, le braccia che ricambiarono l'abbraccio e lo strinsero più vicino. La posizione iniziava a risultare parecchio scomoda per Natsuki, che d'istinto lasciò scivolare il bacino contro quello dell'altro fino a che non si ritrovò seduto a cavalcioni sul suo grembo. L'improvvisa frizione gli provocò una scossa di piacere e si ritrovò a gemere nella bocca di Akira. Non era sicuro che fosse una buona idea restare in quella posizione, ma quando sentì l'uomo respirare pesantemente e le sue labbra spostarsi sul suo collo ogni briciolo di pensiero coerente lo abbandonò completamente. Si morse il labbro inferiore, portando istintivamente le mani sulla testa dell'altro, come per trattenerlo anche se in realtà non voleva altro che continuasse. Akira sembrava saper leggere alla perfezione il suo linguaggio del corpo, perché continuò a leccare e mordicchiare la pelle morbida del suo collo, prima di scendere ulteriormente. Natsuki tremava contro di lui, completamente sopraffatto da sensazioni che non avrebbe neanche lontanamente immaginato potessero essere così piacevoli. Inarcando il bacino, la sua eccitazione premette contro quella dell'altro attraverso i vestiti, ed entrambi emisero dei suoni sconnessi. Natsuki sentì Akira fermarsi e prendere un respiro profondo.
"È meglio se ci fermiamo qui."
"Non c'è nessuno a casa ora," rispose Natsuki senza nemmeno pensarci. Quando si accorse di quello che aveva appena proposto, si coprì la bocca con la mano e le sue guance si tinsero di un rosso ancora più intenso.
Akira rise, probabilmente per la sua reazione, facendo sentire l'altro ancora più in imbarazzo. "Sei sicuro?"
Il ragazzo annuì silenziosamente ma con decisione. Su di giri com'era, se avesse dovuto mettere a parole quello che voleva, avrebbe probabilmente detto delle sconcezze terribili.
L'altro si limitò a sorridergli, unendo le loro fronti insieme, come a dirgli che qualunque cosa desiderasse gliel'avrebbe data. Natsuki si sentiva il cuore pulsargli nervosamente in gola, mentre gli prendeva la mano e lo trascinava via dalla panchina e verso casa.
**
Erano ancora distesi l'uno contro l'altro, Natsuki con la testa sul petto di Akira, incapace di staccarsi dalla piacevole sensazione della loro pelle a contatto. Sapeva che avrebbero dovuto raggiungere gli altri al più presto per non farli preoccupare, ma si stava troppo bene per muoversi. L'uomo gli stava tracciando con le dita parole sulla schiena e Natsuki rise quando finalmente decifrò lo sdolcinato messaggio. Mentre erano così vicini, faceva un po' male pensare che a giorni non sarebbero potuti più essere fisicamente insieme. Ma allo stesso tempo, immaginava entrambi impegnati in quello che amavano fare, sapendo che avrebbero avuto il supporto incondizionato l'uno dell'altro, e andando ancora più avanti riusciva a immaginare in un lontano futuro il momento in cui avrebbero potuto smettere di essere lontani. Era come un traguardo, una sfida da affrontare insieme, e sapeva che per l'altro era lo stesso.
Stava giusto per allungarsi a malavoglia e prendere il cellulare per controllare se qualcuno l'avesse cercato, quando sentirono un botto che rimbombò per tutta la stanza, seguito immediatamente da altri. Lo spettacolo dei fuochi d'artificio era iniziato.
"È decisamente il caso che torniamo dagli altri," disse Akira, grattandosi il capo.
"Già," concordò il ragazzo, prima di alzarsi dal letto, con più fatica di quanto aveva previsto. Emise un leggero lamento, e Akira gli rivolse uno sguardo preoccupato. Il ragazzo scrollò le spalle in risposta; nonostante il leggero fastidio, non si era mai sentito meglio di così, davvero. Cominciò a raccogliere i vestiti sparsi per il pavimento. "Tapioca e Curry saranno preoccupati."
"Figurati, se la staranno spassando alla grande."
L'uomo rise, ma Natsuki percepì la lieve gelosia nei confronti di chi aveva distolto gran parte delle attenzioni della sua migliore amica da lui.
"Immagino che anche Tapioca ora sarà gelosa," cercò di rincuorarlo.
"Io non sono geloso," ci tenne a chiarire Akira, facendo il broncio.
"Certo che no," ridacchiò Natsuki.
Si rivestirono in tutta fretta e si misero a correre verso la spiaggia, mentre ammiravano i fuochi d'artificio di qualsiasi forma e colore che lampeggiavano nel cielo estivo. In quello stato d'animo, sembrava che i fuochi stessero scoppiando per festeggiarli.
Raggiunsero Yuki e Haru, che nel frattempo si erano uniti a Urara e Coco. L'alieno li scrutò con attenzione, prima di sorridere allegramente. "Natsuki e Akira hanno fatto pace!" esclamò, saltellando allegramente per la spiaggia e urtando la gente intorno.
Scoppiarono tutti a ridere, a parte Coco e Urara che rimasero a guardarli con un'aria confusa. Tapioca e Curry raggiunsero Akira e l'uomo li prese in braccio, in modo da fargli vedere meglio i fuochi d'artificio. Natsuki appoggiò la testa sulla spalla dell'altro, giocherellando per un po' con le due anatre, prima di alzare lo sguardo e osservare tutte quelle luci che illuminavano a giorno il luogo. Avrebbe voluto restare così, per sempre, con tutti loro. Di lì a poche ore avrebbe compiuto gli anni, pensò, e sorrise tra sé e sé. Perché Akira era senza dubbio il regalo di compleanno più bello che avrebbe mai potuto desiderare.