[Fanfic] Soul Eater - Where the light never shines (Capitolo 2)

Apr 29, 2013 00:37

Titolo: Where the light never shines (Capitolo 2)
Fandom: Soul Eater
Personaggi: Gopher, Justin Law, Giriko, Noah (in misura minore)
Rating: PG
Tre persone che apparentemente non hanno niente in comune, ma che condividono molto più di quel che potrebbero pensare.

Gopher si rigirò sul letto per l'ennesima volta, lamentandosi debolmente per il dolore al fianco provocatogli dalla ferita. Gettò le coperte di lato, per poi raccoglierle pochi minuti dopo. Aveva passato le ultime ore in una dormiveglia fastidiosa, e continuava a sognare di aspettare Noah da qualche parte per quantità di tempo interminabili, un'attesa snervante che lo stava rendendo sempre più irrequieto. Voleva alzarsi, ma non sentiva di averne le forze. Non aveva nemmeno idea di quanto tempo fosse passato da quando Justin aveva lasciato la sua stanza. Probabilmente aveva fatto male a rifiutare il suo aiuto, ma non poteva scrollarsi di dosso la diffidenza e il pensiero che Noah si sarebbe quantomeno premurato di visitarlo, se avesse saputo del suo stato di salute. Un tempo, almeno, l'avrebbe fatto. Prese a mordersi il labbro inferiore, già malridotto, l'unica cosa che al momento poteva fare per sfogare la frustrazione. Era tutta colpa di Giriko se si era ammalato, senza ombra di dubbio. Più di una volta aveva trovato portoni aperti che, per disattenzione, dispetto o peggio, l'uomo non aveva richiuso. Non vedeva l'ora di stare meglio soltanto per prendersela con lui. Passò un bel po' di tempo a fissare il soffitto, cercando di non pensare a niente. Ma era impossibile, era come se la sua mente, per quanto avesse bisogno di riposo, non riuscisse a fermarsi per due secondi di fila.
Si portò le mani al viso, premette lievemente le dita sugli occhi, sulla fronte. Forse se fosse riuscito ad alzarsi avrebbe trovato qualcosa da fare e avrebbe distolto la mente dai pensieri negativi. Si girò con l'intento di cercare le forze per alzarsi, ma si ritrovò di colpo intrappolato tra le coperte che lo avvolgevano. Cercò di tirare da una e dall'altra parte, ma con talmente poca forza da non ottenere alcun risultato. Cercò di districarsi con più forza, e rimase per un po' a cercare di spingersi in avanti, finché con un tonfo non finì per cadere sul pavimento, ancora completamente imprigionato dalle coperte. Non fece nemmeno in tempo a cercare di muoversi che la porta della sua stanza si aprì. Justin si fermò sul vano, dandogli un'occhiata seria, ma dalla quale traspariva chiaramente ilarità.
"Beh? Sei tornato per ridere delle mie sofferenze?" gli domandò Gopher fiaccamente. "Cercavo di alzarmi, ma avevo troppe coperte addosso."
Sperava che Justin capisse che gli stava dando tutta la colpa, ma il biondo non fece altro che sorridere con poca convinzione e gli si avvicinò. Fu allora che Gopher si accorse che aveva tra le mani un piatto fumante, che venne poggiato sul ripiano a pochi centimetri dal letto. Il moro lasciò che Justin lo liberasse con poca difficoltà dalle coperte e lo sollevasse fino a farlo sedere sul materasso, con la schiena contro il cuscino che aveva sistemato accuratamente contro il muro. Guardò il biondo con la coda nell'occhio mentre recuperava il piatto e glielo porgeva, facendo quasi finta di niente, finché non poté fare altro che prenderlo tra le mani. Era del riso in bianco.
"Nessuno ti ha chiesto di cucinare," bofonchiò, prima che potesse controllarsi.
"Lo so," fu la sintetica risposta di Justin, e il suo tono di voce bastò per fare ammutolire Gopher d'un colpo.
Il biondo si sedette nell'angolo più lontano del letto mentre il ragazzo mangiava, ignorando le occhiate non proprio furtive che ogni tanto si sentiva addosso. Apprezzava il momentaneo silenzio, anche perché era abbastanza sicuro che Gopher non avrebbe detto niente di diverso rispetto ai suoi commenti ingrati e orgogliosi. Non che avesse bisogno di sentirsi dire grazie, lui stesso si sentiva stupido per essere tornato dopo avergli detto chiaramente che se ne sarebbe lavato le mani.
Quando Gopher abbassò il piatto alle ginocchia, Justin si ritrovò a dargli uno sguardo, solo per ritrovarsi gli occhi dell'altro addosso per un millesimo di secondo, prima di vederlo voltarsi dall'altra parte in tutta fretta. Il moro aveva decisamente un pessimo aspetto, ma effettivamente non si era mai soffermato a guardarlo con attenzione. Non gli era mai sembrato eccessivamente in salute, probabilmente perché l'aveva sempre visto teso.
Gopher continuò a fissare insistentemente il muro alla sua sinistra per qualche secondo.
"Sai dov'è andato?" chiese, infine.
Justin scrollò le spalle. Non capiva bene se fosse un modo incredibilmente indiretto di Gopher di ammettere di aver avuto torto a dubitare di lui, o se semplicemente stesse facendo finta di niente. Forse la febbre l'aveva indebolito abbastanza da contenere in parte il suo atteggiamento arrogante. Decise di rispondergli verbalmente più per curiosità che per altro.
"No, non ha accennato a niente di preciso," disse. "E per quel che ne so, potrebbe anche restare via per giorni."
Vide Gopher irrigidirsi e sul punto di dire qualcosa, per poi sospirare e rivolgere lo sguardo verso il piatto che teneva tra le mani. Justin sogghignò leggermente; bastava veramente poco per turbare il sottoposto di Noah. Non che non fosse già più che evidente, ma non l'aveva mai sperimentato in prima persona.
"Ma magari tornerà a breve," si affrettò ad aggiungere.
Il ragazzo annuì quasi impercettibilmente, una scintilla rinnovata di speranza nei suoi occhi. Il biondo si sentì improvvisamente addosso una sensazione di disagio, e prima che potesse anche solo interrogarsi sulla causa cercò di dissimularla frugandosi nelle tasche. Ne estrasse un vecchio termometro a mercurio che aveva trovato rovistando in tutti gli armadi della cucina.
"Non sono sicuro che funzioni," lo avvertì, prima di porgerglielo. "Non c'è nemmeno l'ombra di una medicina in questo posto."
Gopher prese l'oggetto con esitazione e si sbottonò gilè e camicia per misurarsi la febbre. "Cosa ti aspettavi?" disse, facendo una smorfia. "Quando ci siamo spostati qui, non mi sono potuto portare dietro molte cose."
Il biondo annuì senza dire nient'altro. Anche lui, del resto, quando Noah gli aveva offerto protezione si era trovato in una situazione in cui non avrebbe potuto portarsi dietro che le poche cose che teneva con sé. Sapeva che se fosse tornato a casa sua, avrebbe probabilmente trovato qualcuno di poco amichevole ad aspettarlo. La sua mente cominciò a vagare senza il suo consenso, immaginandosi volti di persone che un tempo aveva avuto vicino, e la condanna nei loro occhi. Si sentì il sangue gelare nelle vene prima che potesse farci qualcosa, e si sforzò incredibilmente per cercare di pensare a qualunque altra cosa, possibilmente che non lo facesse ricordare la sua situazione attuale. Stava per fare una domanda a caso a Gopher riguardo a quel che faceva prima di venire in coinvolto in quel casino, quando la porta si aprì con ben poca delicatezza.
Non poterono nemmeno illudersi per pochi secondi che si trattasse di Noah, perché l'uomo non avrebbe mai aperto la porta in quel modo.
"Lo sapevo che ti avrei trovato qui," sbottò Giriko. "Vedi che avevo ragione? Non puoi fare a meno di fare l'infermierina."
Gopher alzò gli occhi al cielo, infilandosi sotto le coperte. "Nessuno ti ha chiamato, vattene."
"E se mi andasse di restare qui per tutto il giorno, eh, che cosa fai?" ribatté l'uomo, mentre avanzava all'interno della stanza. "Ti è bastato un mio calcio per andare K.O.!"
"Giriko, sta' buono," sospirò Justin. Si alzò per interporsi fra i due prima che capitasse qualcosa di spiacevole. "Gopher, il termometro."
"So leggere la temperatura anche da solo," si lamentò Gopher, ma prima che potesse guardarlo Justin infilò la mano sotto le coperte e glielo prese. Strinse gli occhi come se stesse cercando di decifrare i piccoli numeri accanto ai trattini, per poi fare una smorfia.
"Trentotto e qualcosa," disse in tono incerto. "Non riesco a leggerlo bene."
"Davvero credi che abbia la febbre?" domandò Giriko. "È palese che sia svenuto perché è una cazzo di merda inutile."
Gopher si sollevò in parte dal letto, prendendo il fiato per ribattere, ma lo sguardo che gli diede Justin fu abbastanza eloquente da farlo zittire un'altra volta. Si gettò di nuovo sul materasso con palese irritazione.
"Smettetela di fare i bambini," rimproverò entrambi il biondo, prima di rivolgersi nuovamente all'uomo di fronte a lui. "Noah non c'è e ci ha ordinato di occuparci di lui in sua assenza."
Giriko digrignò i denti "Per chi mi ha preso quello, per una fottuta bambinaia? Non ci penso neanche."
"A fare da bambinaia ci penso io, no? Di entrambi," Justin gli rivolse una smorfia di disappunto. "Mi basterebbe un minimo di collaborazione. Ad esempio, potresti procurarmi una qualche medicina per la febbre, possibilmente con scatola e foglietto informativo che confermino che è autentica e non veleno."
"Veleno? Nemmeno io penso a cose simili," rispose Giriko. "Pensavo più a un semplice, facciamolo crepare e il problema non c'è più."
"Se ci tieni tanto," il biondo alzò un sopracciglio. "Ma non credo che Noah ne sarebbe così contento."
"Tsk, dovrebbe solo ringraziarmi per averlo liberato di una simile nullità."
Justin lo fissò senza cambiare espressione. "Giriko."
"Ho capito, ho capito," rispose con rassegnazione l'uomo, scrollando le spalle. "Lo faccio solo perché il tuo riso in bianco fa schifo, sia chiaro."
"Grazie," gli sorrise sarcasticamente il biondo.
Giriko si portò le mani ai fianchi, girando i tacchi e uscendo dalla stanza con passi decisi, senza aggiungere altro. Justin lo guardò allontanarsi, prima di alzarsi a sua volta. Portò a Gopher dell'acqua dalla cucina, e si fermò a poca distanza dal letto, pensieroso. Abbassò lo sguardo verso il ragazzo più giovane, che l'aveva fissato fino ad allora con uno sguardo ambiguo. Sembrava gli stesse chiedendo qualcosa, ma Justin non riusciva assolutamente a intuire che cosa.
"Dovresti riposare," gli disse. "Almeno finché Giriko non torna."
Gopher assentì silenziosamente, mentre si rigirava nelle coperte svogliatamente. "Non credo che riuscirò a dormire."
"Beh, provaci almeno," lo spronò l'altro. "Torno fra un po'."
Stava per voltarsi, ma si accorse per poco che il moro stava aggiungendo altro.
"Eh?"
"Il riso in bianco era ok."
Justin non riuscì a trattenere i muscoli del viso e finì per abbozzare un sorriso. Probabilmente quella sarebbe stata la frase più vicina a un ringraziamento che avrebbe ricevuto, e apprezzò il tentativo. "Lo so, ho messo apposta più sale nella porzione di Giriko," gli rispose.
L'altro batté le palpebre per qualche secondo, ma non appena afferrò il significato delle parole di Justin la sua espressione mutò in una di vaga stima. Justin gli rivolse un lieve cenno, prima di uscire a sua volta dalla stanza.
**
Giriko sputò per terra, irritato, mentre trascinava i passi sul sentiero dissestato che portava alla chiesa. Era riuscito a procurarsi alcune bottiglie di liquore e non vedeva l'ora di gettare in faccia a Justin le dannate medicine che gli aveva fatto cercare e sedersi da qualche parte a bere.
Fece sbattere il portone della chiesa come suo solito, guardandosi intorno per assicurarsi di essere solo. Dopo aver fatto qualche passo, abbassò lo sguardo verso la busta che teneva mano. Sbuffò in frustrazione quando si rese conto che continuava a sgocciolare sangue di tanto in tanto, e che aveva lasciato una scia di rosso fino al punto in cui aveva camminato. Avrebbe dovuto pulire, prima o poi, ma non gli saltò nemmeno per l'anticamera del cervello di farlo in quel momento.
Non aveva mica previsto quel casino, in fondo. Certo, quando si era recato nel paese vicino aveva pensato che sarebbe stato divertente introdursi nella prima farmacia disponibile, e distruggere qualunque cosa trovasse a tiro minacciando di morte i commessi se non gli avessero dato quel che voleva. E per un po' lo era stato, finché quelli si erano limitati a urlare e a guardarlo terrorizzati. Poi però era spuntata dal retro una vecchietta, forse la proprietaria, che aveva calmato i suoi due dipendenti e gli aveva rivolto uno sguardo tutt'altro che intimorito.
"Non c'è bisogno che crei scompiglio," gli aveva detto. "Ti daremo quel che vuoi, gratuitamente."
L'uomo era lontano dall'esserne soddisfatto, nonostante avesse ottenuto quel che voleva. Chi si credeva di essere quella per comportarsi in quel modo? Era rimasto fermo sul posto, finché la vecchietta gli aveva portato personalmente delle medicine per influenza e antibiotici, e aveva sorriso nel porgergli la busta.
"Mi auguro che la persona a te cara si ristabilisca presto."
Quel sorriso e quella frase avevano fatto scattare qualcosa in Giriko. Era scoppiato a ridere di gusto, nel pensare che Gopher potesse essere anche solo vagamente qualcuno a lui caro. Poi un grido aveva coperto la sua risata, e aveva alzato lo sguardo verso le facce pallide dei due commessi, prima di rendersi conto che aveva conficcato un braccio incatenato nel petto della vecchia. L'aveva lasciata cadere a terra, osservando per un po' quel corpo coperto di sangue. Ignorando completamente le urla e le minacce di rivolgersi alla polizia dei due presenti, se n'era andato con calma, con la busta insanguinata in mano. In seguito aveva messo le bottiglie in quella stessa busta.
In condizioni normali, si divertiva ad ammazzare, torturare, fare a pezzi la gente, ma stavolta si era sentito insoddisfatto e senz'alcuna voglia di infierire o di fare fuori anche gli altri. Non era sicuro di quale fosse il motivo, se la reazione della vecchia ben lontana dalla sua aspettativa o qualcos'altro. Da quando Arachne l'aveva abbandonato, sul serio stavolta, c'erano troppe cose che faceva e che non riusciva a spiegarsi, e ormai aveva rinunciato anche solo a provarci. Avrebbe potuto andare ad ammazzare Maka da solo - aveva una voglia di farla a pezzi che la sentiva bruciare nelle vene - piuttosto che seguire Justin in quella chiesa. Eppure, aspettava un ordine da Noah come un cagnolino obbediente per decidersi a farlo. Quando ci rifletteva, si rendeva conto di disgustarsi da solo, forse più di quanto non lo disgustasse Gopher. Ogni tanto, nel guardare quel ragazzo gli comparivano davanti frammenti del suo passato, un passato troppo lontano e che non avrebbe dovuto ricordare ancora, e non lo sopportava. Avrebbe voluto prenderlo e sbattergli la testa al muro, e fargli aprire gli occhi una volta per tutte.
Non fece neanche in tempo ad arrivare al corridoio, che scorse la figura di Justin sul vano della porta, nell'ombra.
"Ma guarda un po'," disse, sogghignando. "La moglie fedele aspettava il mio ritorno a casa."
"E ha fatto bene, a quanto pare," rispose Justin, incrociando le braccia. Diede uno sguardo alla busta e al pavimento come per fargli intendere che era quello a cui si riferiva. "Che diavolo hai combinato?"
"Ah?" rispose Giriko con noncuranza. "Ho solo ammazzato una vecchiaccia, niente di ché."
Il biondo prese il respiro. "Giriko..."
"Non ho il becco di un quattrino, di certo non mi avrebbero dato tutta quella roba gratis," mentì, ma non fu chiaramente abbastanza per convincere Justin, che continuò a guardarlo con disappunto.
"Se ci trovano, saremo costretti a spostarci altrove, è questo quello che vuoi?"
"Se ci trovano, li ammazziamo tutti," lo corresse Giriko. "Sarebbe un modo come un altro per non crepare di noia qui dentro."
"Non è così semplice, se capiscono chi sei e mandano qualcuno della DWMA."
"Hai una fottuta paura dei tuoi ex amici, eh?" il ghigno dell'uomo si allargò considerevolmente.
Justin esitò nel rispondere. "Sono solo consapevole della loro forza, e vorrei evitare di mettere in pericolo le nostre vite prima del tempo."
Come se a me importasse qualcosa della mia vita, fu il primo pensiero di Giriko a quelle parole, ma se lo tenne per sé. "Non sanno nemmeno che sono con voi," rispose infine. "Anche se mi riconoscessero, dubito si scomoderebbero solo per un ex sottoposto di Arachne che ha ammazzato una vecchietta, specialmente in un momento simile. Li conosci meglio di me, no?"
Il biondo si trovò costretto ad assentire, per quanto non gli piacesse ammettere la realtà dei fatti. "È comunque rischioso lasciarsi dietro cadaveri come se niente fosse."
"Beh, l'ho fatto per una giusta causa," sospirò Giriko, mentre toglieva le bottiglie dalla busta e la porgeva a Justin. "Almeno per quel che ti riguarda, visto che sembri tenere tanto a quel moccioso."
Justin non aveva voglia di contraddire Giriko per l'ennesima volta, per cui si limitò a scrollare le spalle. Guardò la busta con un'espressione vagamente schifata in volto. "Lasciala per terra, ok?"
"Ai suoi ordini," lo prese in giro l'uomo, lasciando cadere la busta ai suoi piedi. "Beh, ora che ho fatto quel che dovevo fare, tolgo il disturbo."
"Parli come se effettivamente ci siano dei momenti in cui non sei un disturbo," rispose Justin con una smorfia.
"Fottiti."
Giriko raccolse le bottiglie e si avviò a passo svelto nel corridoio. Non aveva alcuna intenzione di farsi coinvolgere ulteriormente negli affari da crocerossina di Justin, per cui si sarebbe tenuto il più lontano possibile dalla stanza di Gopher finché non avesse finalmente smesso di fare tante storie per una stupida febbre. In realtà, sperava che Noah tornasse il prima possibile perché lo umiliasse come al suo solito, allora sì che si sarebbe interessato alla questione. Si sedette sul divano, tirando un sospiro di sollievo. Presto, non avrebbe dovuto pensare a niente di tutto ciò.
**
Ma a distanza di un giorno, Noah ancora non si fece vivo.
Justin era rimasto tutta la notte nella stanza di Gopher per tenerlo d'occhio, dal momento che nonostante le medicine la febbre era salita fino a toccare quasi i quaranta gradi, e il ragazzo aveva iniziato a delirare nel sonno. Dopo averlo trattenuto per un po', si era infine calmato, nonostante continuasse a rigirarsi nel sonno in modo irrequieto. Quel che preoccupava Justin era il fatto che la febbre non accennasse a scendere nemmeno con l'avvicinarsi del mattino. C'era qualcosa di strano, come il fatto che la febbre fosse arrivata così improvvisamente e senza ulteriori sintomi, che non lo convinceva del tutto. Aveva la sensazione che gli stesse sfuggendo qualcosa, ma pensarci dopo un'intera notte insonne non l'avrebbe di certo aiutato. Sedendosi sul pavimento, con la schiena rivolta al lato del letto, si decise a cercare di prendere sonno. Quando si svegliò, gli sembrò di avere dormito per pochi minuti, nonostante la luce che iniziava a filtrare dalla piccola finestra della stanza dimostrasse che era ormai mattina inoltrata. Si sfregò gli occhi, indeciso se fosse il caso di alzarsi o meno, ma non riuscì a trovarne la forza. Chiuse gli occhi, poggiando la testa sulle ginocchia che teneva strette al petto, e rimase in quella posizione finché non sentì dei rumori attraverso gli auricolari. Ascoltando con attenzione, si accorse che provenivano dall'esterno, ma vista l'intensità e la discontinuità del fracasso, non pensò nemmeno per un momento che potesse trattarsi di Noah. Nascose di nuovo la faccia nelle ginocchia, cercando di ignorarlo con tutte le sue forze, ma le poche ore di sonno gli rendevano fastidiosa persino la musica, figuriamoci i rumori.
Si alzò svogliatamente, le fitte che gli attanagliarono la testa di colpo, e andò a controllare che si trattasse davvero di Giriko e non di qualche agguato da parte della polizia o peggio. Si ricordò del pavimento sporco di sangue che sicuramente non era stato pulito e del fatto che avrebbe dovuto controllare le tracce che Giriko aveva lasciato nell'arrivare il giorno prima, e questo non fece altro che contribuire ad aumentargli il mal di testa.
Mentre percorreva il corridoio, il rumore cessò improvvisamente, e fu costretto a controllare in ogni singola stanza prima di raggiungere quella giusta. Trovò Giriko seduto al tavolo della cucina come se niente fosse, anche se aveva una pessima cera. Si voltò verso il biondo dandogli un'occhiata torva. "Hai una faccia orribile."
"Senti chi parla."
"Fottiti."
"Che diavolo stavi facendo?"
Giriko lo guardò come se non capisse di che stesse parlando. "Io? Stavo solo cercando qualcosa di commestibile da mangiare," rispose, indicando la fetta di pan carré che teneva in mano e la confezione di pane sul tavolo. Justin non era per niente convinto da quella spiegazione, ma non gli interessava assolutamente sapere cosa stesse nascondendo. Finché non avesse creato problemi concreti, poteva anche buttarsi da un ponte per quel che gli importava. Non che in generale occupasse il tempo in qualcosa di meno distruttivo per se stesso.
Rimasero a guardarsi finché Justin non decise di farsi un caffè, quantomeno per combattere almeno un minimo il mal di testa martellante.
"Non dirmi che non hai dormito per stare dietro al moccioso," commentò l'uomo.
"Non proprio," rispose il biondo, mentre metteva la caffettiera sul fuoco, prima di voltarsi verso Giriko. "Ma la febbre gli è salita quasi a quaranta e si è messo a delirare per un'ora buona."
"E allora? Sai che due palle, avrà sicuramente invocato il nome del suo Noah-sama per tutto il tempo."
Justin fece una smorfia tra sé e sé. Sapeva che aggiungere altro sarebbe stato controproducente, per cui rimase in silenzio.
Ma l'altro continuò a fissarlo con uno sguardo fin troppo serio, quasi di pietà. "Non sei più alla DWMA, Justin. Non devi per forza salvare vite. Sempre se è questo che facevi."
Il biondo si strinse sulle spalle, distogliendo lo sguardo da quello di Giriko e girandosi dall'altra parte con la scusa del fornello da spegnere. Non aveva idea di cosa rispondergli. Forse a causa degli influssi della follia, aveva una confusione terribile in testa, a ogni volta che cercava di riflettere razionalmente sulla sua situazione attuale non riusciva a trarne alcuna conclusione soddisfacente. Era come se avesse tutti i pezzi di un puzzle ma non fosse in grado di metterli insieme. Tuttavia, rise leggermente all'insinuazione di Giriko; probabilmente aveva ucciso più persone di quante ne avesse salvate. Non fece nemmeno in tempo a pensarlo, che lo assalì una sensazione di disagio al petto. "Non c'entra la DWMA," era l'unica cosa che poteva affermare con certezza. Versò il caffè nella tazza e la portò alla bocca, soffiandoci sopra. "In ogni caso, non sono affari che ti riguardano."
"Ha, ho toccato un tasto dolente," rispose Giriko con un sogghigno.
Justin non lo sentì, ma intuì che avesse detto qualcosa di simile. Bevve un sorso dalla tazza, incurante del fatto che scottava da morire, e si voltò di nuovo. "Mi va di farlo e basta. Problemi?"
"Per Noah non farà alcuna differenza che muoia o viva," fu la risposta quasi immediata di Giriko. Il biondo colse un'idea di amarezza nei suoi lineamenti, e improvvisamente quello che voleva dire gli risultò chiaro come il sole. Noah non doveva essere tanto diverso da Arachne, così come a Justin non sembrava tanto diverso da quello che per lui era stato Shinigami-sama. Il motivo per cui aveva sentito la necessità di aiutarlo iniziò a risultargli più chiaro, in quel momento.
"Appunto," rispose.
Giriko scrollò le spalle. Sembrava non essersi aspettato quella risposta. "Come se il tuo intervento possa cambiare qualcosa."
"Probabilmente no," Justin gli sorrise, mentre prendeva l'ultimo sorso di caffè. Poggiò la tazza nel lavello, aggiungendolo al cumulo di piatti sporchi del giorno prima, ripromettendosi di lavare tutto più tardi. Fece un cenno a Giriko prima di lasciare la stanza e tornare da Gopher.
Noah non tornò quel giorno e nemmeno il giorno dopo, né quello dopo ancora. Più il tempo passava, più Justin e Giriko iniziavano a chiedersi se sarebbe più tornato. Intanto la febbre di Gopher non scendeva, e il ragazzo continuava a delirare nel sonno chiamando il suo nome.

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