Il personaggio di Cynthia appartiene a me.
Scritta per
Corsa di Natale - Edizione I @
La torre di carta È una traccia sottile quella di Cynthia, sfila leggiadra attraverso gli odori densi del covo, con essi gioca a nascondino. Lucian si scopre troppo spesso a inseguirla - l’istinto del lupo lo guida tra i canali sotterranei, pestando passi che sono stati di lei, ritrovando sprazzi del suo profumo che non aspettavano altro che d’essere raccolti dal mannaro.
L’aria s’incrosta di ruggine, polvere da sparo e feromoni di lupi; è un pastone che fa a pugni nelle narici, la trama sudata di un branco feroce in cui s’infilano gocce di luna e d’argento.
Lucian si appoggia alla soglia dell’armeria.
Cynthia è lì, naso arricciato davanti alla rastrelliera di gunshot.
Quando s’accorge di lui e si volta verso l’ingresso, nel sorriso soffice c’è una certezza di ferro: sai sempre come trovarmi.
Cynthia abbandona la rastrelliera, si sposta al tavolo dove proiettili violacei raccolgono al loro interno la luce del giorno. Pulsano come piccole calde nove. Non appena la ragazza li tocca, la loro luce si riflette su di lei - la pelle si ricopre di una patina d’argento; nella stanza il sole e la luna si danno battaglia.
Lucian l’affianca, la mano a sfilarle i proiettili ultravioletti, rimettendoli al loro posto.
«Credevo che Raze ti avesse vietato di venire qui.»
«Manchi da una settimana, Lucian. Le cose cambiano.»
«Quindi ha cambiato idea?» Domanda, scegliendo una pistola piccola e maneggevole.
«Figurati.»
Senza stupore, gliela mette in mano - il sorriso che ignora le labbra, ma attraversa la voce: «Allora è un bene che il mio braccio destro non comandi su di te.»
Sonja fa ancora parte del cuore di Lucian - è il filo di sutura di ogni cicatrice, le sue impronte gli camminano sotto la pelle, come un prurito che non può grattare via, come un fantasma che gli infesta il letto quando cerca il sonno.
Cynthia non potrebbe essere più diversa.
Sonja era una guerriera, lei una sopravvissuta.
«Maledizione…»
Che dopo cent’anni non ha ancora imparato a sparare.
Si mette dietro di lei, le sistema la posizione delle braccia, poggia la guancia ruvida di barba su una pelle di seta.
«Perché ostinarti a usare una pistola, quando non ne hai bisogno?»
Cynthia spara. Il bersaglio centrato in pieno.
«Perché voglio appartenere al branco, non terrorizzarlo.»
Lucian annuisce.
Sonja era la guerra - il nemico -, Cynthia invece la (sua) pace.
*
Dietro al velo che separava gli esseri umani dai mostri, c’era una guerra che si conta in millenni - c’erano lycan e vampiri, e poi c’era Cynthia, bloccata nel mezzo, caduta dal cielo un giorno di tanti secoli prima.
Il suo posto lo avevano deciso altri per lei: aveva guardato nel fondo azzurro degli occhi di Lucian e aveva scoperto un nuovo cielo, si era avvicinata ed era rimasta incastrata tra gli anelli delle sue catene che senza saperlo erano diventate anche le proprie.
La Madre mi ha mandato da te. Diceva. Perché “mi abbandonata qui” era più difficile da digerire, perché uno scopo in fondo era tutto quel che voleva.
Anche se alla fine, quel che aveva trovato, era stato una famiglia da chiamar sua.
La neve a Budapest ha la morbidezza delicata di una carezza materna.
Cynthia la guarda cadere; ha il viso da ragazza in piena sbocciatura, ma lo sguardo di un fiore antico - più vecchia delle statue che gli umani hanno costruito a guardia del Mausoleo di Lajos Kossuth. Non sanno che quella terra è concimata dalle ossa dei lycan, fin dall’alba dei tempi - nessun nome per loro, solo la memoria della neve che ad ogni inverno si posa su di loro e ricorda.
Nella piazza degli eroi, l’albero di natale di quest’anno sfida il cielo. Qualcuno canta qualche Christmas carols in ungherese, ma il natale ai cimiteri arriva sempre dopo - o non arriva affatto. È, dopotutto, una festa per i vivi.
«Ora possiamo andare?» La sua voce profonda e impaziente di Raze abbraccia il cimitero.
Cynthia si volta in un gesto leggiadro che solleva le falde della gonna e mostra gambe bianche e nude. Con l’inverno ha in comune i colori e le sorprese - sotto i suoi strati non sai mai se si nasconde un freddo pericolo o una voglia calda come il piacere.
«Non sai proprio godertela l’aria fresca.»
«Credevo saremmo andati in perlustrazione.»
Cynthia avanza verso di lui e verso Lucian - seduti su una panchina del cimitero, sembrano gargolle in pausa, che abbiano rimandato a dopo il compito di far paura.
«Rassegnati, Raze» suggerisce Lucian. Le tende la mano.
Cynthia la stringe, si fa trascinare seduta sulle sue gambe.
Forse, il Natale è arrivato anche a loro.