[Harry Potter] Amore non-proprio-impossibile

Jul 18, 2011 15:39

[Titolo: Amore non proprio impossibile]
[Rating: Verde]
[Genere: Romantico]
[Capitolo: 1/1]
[Note: Slash]
[Trama: Mentre Harry Potter gestisce i problemi che tutti noi sappiamo del suo quarto anno, Adam, studente Serpeverde del settimo, gestisce il suo amore non-proprio-impossibile per un coetaneo Grifondoro]

Non era propriamente un amore impossibile, per una serie di motivi che Adam adorava rielencare, quando il suo amico Lambert definiva così la sua vistosa sbandata.
Prima di tutto, prima che i ruoli non ufficiali di rappresentanti delle case fossero presi -rispettivamente- da Malfoy e Potter, Serpi e Grifoni non erano neanche eccessivamente l’uno contro l’altro e questo permetteva a lui, al quarto quando i due erano entrati ad Hogwarts, di fregarsi altamente di ciò che poi era stato modificato e di frequentare qualsiasi Grifondoro volesse.
Inoltre nel mondo dei maghi, molto più che in quello dei Babbani che aveva a volte frequentato, la visione di una coppia omosessuale era considerata del tutto accettabile e rispettabile, il che eliminava anche qualsiasi crisi di coscienza, sebbene tra le famiglia purosangue come la sua l’omosessualità fosse vista con un certo disprezzo.
Sebbene le tante prove che dovevano reggere la tesi della non-impossibilità del suo amore fossero solo quelle due, Adam era abbastanza certo fossero abbastanza forti. Finché non arrivava la prova inconfutabile dell’antitesi, che Lambert non mancava mai di ricordargli.
“Lui non sa neanche che esisti.” Gli aveva ricordato solo quella mattina, mentre rassegnato lo osservava sbirciare l’oggetto della sua passione da sopra il bordo del libro di Difesa.
Quell’affermazione era, di per sé, l’apoteosi delle verità.
Sarebbe stato piuttosto facile renderla falsa, andando dal Grifone per presentarsi, fare quattro chiacchiere e, magari, invitarlo qualche volta a Hogsmeade, a prendere una Burrobirra.
Il problema di quella particolare affermazione era che Adam, in quanto verginello incapace, non aveva assolutamente idea di come approcciare l’altro senza sembrare un emerito cretino e Lambert, che a volte più che un caro amico sembrava un essere inutile, non lo aiutava minimamente, ricordandogli solo, continuamente, che il suo era un amore impossibile.
Era ancora immerso nel verde dei giardini di Hogwarts, con la schiena poggiata ad una grande quercia, con un babbanissimo stecchetto ricoperto di cioccolato bianco appoggiato alle labbra, perso a ricordare la discussione del mattino, quando l’oggetto di tutti i suoi desideri gli comparve dinnanzi, bellissimo con i capelli biondi tagliati corti e gli occhi nocciola.
“Hey…” Lo chiamò, con una voce che Adam scoprì matura e calda. “Hai per caso visto un gatto grigio?”
Se anche l’avesse visto, la Serpe probabilmente non se ne sarebbe accorta, persa nei suoi ragionamenti, ma evitò di dirlo.
“No.” Rispose, guardandosi un po’ intorno.
Poi si rese conto che quella era proprio l’occasione che stava aspettando per iniziare a conoscere il suo amore folle.
“E’ il tuo famiglio? Posso aiutarti a cercarlo.” Si offrì, alzandosi in piedi, gettando la confezione di dolci nella borsa coi libri.
Il Grifondoro esitò qualche istante, forse notando solo in quel momento i colori della sua divisa, ma poi annuì, probabilmente più preoccupato per il famiglio che per la casa d’appartenenza di chi si offriva di aiutarlo. “Si chiama Cheshire.”
“Come il gatto di Alice?” Si costrinse quasi a chiedere Adam per cominciare una conversazione, sebbene odiasse quella particolare storia e non fosse affatto certo che il gatto di Alice fosse effettivamente il gatto del Cheshire.
Il castano gli volse un’occhiata sorpresa. “Non credevo che i purosangue conoscessero le favole dei babbani.”
“Non credevo che anche i mezzosangue facessero di tutta l’erba un fascio.” Ripeté il Serpeverde con un sorriso divertito.
L’altro rise. “Touché.” Ammise, chinando appena il capo.
 Adam gli sorrise, ma già era preoccupato all’idea di non sapere cos’altro dire per continuare quella o una qualsiasi altra conversazione e di perdere l’occasione di fare buona impressione sul ragazzo. Alzò lo sguardo, notando la macchia grigiastra arrampicata tra i rami dell’albero.
“E’ quello?” Chiese.
Il Grifone gli fu subito accanto e, alzato lo sguardo, s’illuminò “Sì!” Esclamò “Ma come c’è arrivato là?”
“I gatti amano arrampicarsi anche se non sanno scendere, i miei lo fanno sempre e rimangono sempre bloccati sui rami alti.” Spiegò l’altro, prendendo la bacchetta da tasca, puntandola contro il micino “Wingardium Leviosa.” Pronunciò, portando delicatamente il fagotto miagolante tra le braccia del padrone, che lo strinse forte.
“Mi hai fatto preoccupare, scemo.” Lo rimproverò questi, affettuosamente, rivolgendosi poi al salvatore. “Grazie.”
Lui gli sorrise, scuotendo il capo. “Figurati, per così poco.”
“Sai già con chi andare al Ballo del Ceppo?” Chiese poi il Grifondoro, spiazzandolo totalmente con quell’improvviso cambio di discorso.
Il Ballo del Ceppo era una novità di quell’anno, dovuta al Torneo Tremaghi che ad Hogwarts si disputava, che aveva reso esaltati una parte di studenti -come Lambert- e mandato in depressione l’altra parte -proprio come lui stesso. I balli non erano adatti a lui.
“Beh, no…” Mormorò incerto, senza capire la domanda.
“Ora sì.” Ribatté semplicemente il Grifondoro. “Ci vieni con me.”
In quel momento, il cuore di Adam avrebbe potuto esplodere in mille frammenti. Senza volerlo, senza fare nulla per riuscirci, aveva raggiunto lo scopo della sua esistenza, aveva ottenuto l’attenzione e persino un appuntamento con il suo amore ossessivo.
Cercò di dissimulare l’eccessivo entusiasmo in un sorriso.
“Mi farebbe davvero molto piacere.” Ammise.
Il castano sorrise, coccolando il gattino miagolante. “Allora ci vediamo.” Lo salutò, muovendo appena il capo, allontanandosi. Poi si fermò, volgendosi appena verso di lui. “Io mi chiamo Theodore, comunque.” Si presentò, finalmente.
“Adam.” Rispose la Serpe, sorridendogli.
“Adam…” Ripeté Theodore, chinando lo sguardo sul micio, solo un attimo, e riportandolo poi su di lui. “E’ un bel nome.” Concesse, annuendo tra sé e sé, allontanandosi poi.

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