[ Titolo: Slaving Slaver]
[ Rating: Rosso ]
[ Genere: Introspettivo, Romantico, Triste ]
[ Capitolo 3/12 ]
[ Note: Lemon, Slash ]
[ Serie: Original ]
[ Link Efp:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=735614&i=1 ]
L’intento masochistico era chiaro ed evidente, sebbene malamente nascosto da mille autoinganni e migliaia di scuse su come fossi solo insonne e come stessi cercando solo qualcosa di stupido da guardare per addormentarmi.
La verità è che ricordavo troppo bene l’orario che l’annunciatrice aveva detto per la replica di quel programma.
La verità che volevo vederlo con tutto me stesso.
I dieci ragazzi più famosi che Dravko Kin si è portato a letto.
Il titolo mi faceva esplodere il cuore, tra la rabbia e il dolore.
Quello stronzo di un puttaniere malato non ci aveva messo molto a dimenticarmi -sei mesi, poco più- e a decidere che, forse, la vita da single lo aggradava molto più di un matrimonio con me.
E pensare che ero stato io a permettergli tutto quello.
…
Beh, meglio prima che dopo, no?
Eppure non avrei mai creduto potesse farlo!
Era tanto romantico e dolce -tanto da soffocarmi, sia chiaro!- che non pensavo potesse neanche desiderare o pensare a storie da una notte e via.
Cos’era cambiato, in lui?
Cos’era successo al mio Dravko?
… no, no, no.
Non era il mio Dravko.
Io l’avevo lasciato, io non lo volevo più, io ero soffocato dalle sue mille attenzioni.
Dal suo asfissiante desiderio di matrimonio.
Certo, mi aspettavo tornasse.
Certo, lui era tornato per due mesi buoni e io l’avevo sistematicamente allontanato.
Ma cazzo! Non era certo un buon motivo per andarsi a scopare chiunque!
E con chiunque intendevo proprio chiunque.
Perché -a parte per il sesso- Dravko non si era curato dell’aspetto fisico, della razza, del ceto sociale -sebbene nell’ultimo periodo avesse decisamente puntato alle persone più in vista, quasi come a farmi un dispetto- scopandosi chiunque in quel momento lo aggradasse.
Il che voleva dire tutti.
Ma proprio tutti.
Il numero dieci era uno sportivo abbastanza noto.
Uno che aveva proprio la faccia da puttana.
Il numero nove un cantante.
Un viso tanto morbido da sembrare quello di una ragazzina.
Il numero otto un capo d’azienda.
Rude com’era doveva aver metabolizzato tanti traumi dentro di sé.
Il numero sette un dottore.
Del tipo “salvo la vita alle persone perché non so salvare la mia.”
“Cazzo che bono!”
Più che trasalire, come forse avrebbe dovuto, quell’affermazione, improvvisa nel cuore della notte, mi fece soltanto incazzare.
Non fu con molta cura che sbattei il cuscino del divano in faccia a mio fratello Rayele.
L’ultima cosa che volevo, in quel momento, era un commento su quanto fossero bone le persone che il mio fidanzato -ex-fidanzato, a causa mia- si portava a letto.
“Non ho detto niente!” Si ribellò lui ed aveva ragione.
Dal suo punto di vista non aveva detto niente.
Dal mio, aveva detto tutto.
“Chi sono questi bei ragazzi?”
Insistette guardando il numero sei, un attore molto amato dalle ragazzine.
“Le persone che si è portato a letto Dravko.”
Mi aspettai delle scuse.
Pretendevo delle scuse, anche se non le avrei certo accettate facilmente!
Meritavo delle scuse, perché aveva fatto un commento davvero indelicato su una situazione che, ovviamente, mi seccava palesemente.
E come poteva non essere? Dravko si stava comportando davvero male.
Odiarlo profondamente era il minimo che io potessi fare!
Le scuse, però, non arrivarono, anzi…
“Dravko fa proprio delle belle scelte!” Commentò il mio caro fratello che, evidentemente, non capiva un cazzo!
Il numero cinque, non sapevo neanche chi cazzo era, sembrava pronto per andare a battere.
“Si, con le puttane!”
Finalmente lo sguardo di Rayele si spostò su di me e finalmente parve capire quanto quell’argomento mi facesse, per ovvie e ottime ragioni, incazzare!
“A te che importa con chi va a letto? Vi siete lasciati un anno e mezzo fa!”
… e quello che diamine c’entrava?
Prima di tutto, un anno e mezzo non era nulla.
Inoltre l’avevo lasciato solo perché lui mi aveva costretto a farlo, soffocandomi di attenzioni!
Praticamente mi aveva lasciato lui!
Quindi ero del tutto comprensibile se l’atteggiamento di Dravko mi faceva incazzare!
“Credevo avrebbe sofferto per me. Diceva di amarmi, se non sbaglio!”
Lo sguardo di Rayele pareva tutt’altro che comprensivo, anzi, era piuttosto divertito.
“L’hai lasciato un anno e mezzo fa! Perché voleva sposarti!”
Ma perché non capiva?
Come faceva a non capire ciò che volevo dire?
“Non cambia niente! Mi fa male che scopi con tutti!”
… no.
No, no, no, che avevo detto?
Non mi faceva male, mi faceva incazzare!
Mi faceva incazzare!
Mi faceva incazzare?
La verità era che mi faceva davvero, davvero male il pensiero che -sebbene dopo un anno e mezzo- Dravko si fosse dimenticato di me, riprendendosi così tanto da diventare un puttaniere capace di trascinarsi a letto chiunque volesse.
Perché era stato con me tanti anni?
Perché l’avevo lasciato andare via?
Quella nuova consapevolezza mi pervase di tristezza e strappò fuori da me qualsiasi rabbia o impulso vitale ed energico.
Non avevo più voglia di incazzarmi con la televisione, con Dravko, con Rayele e neanche con me.
Non avevo voglia di niente.
Mi stesi sulle gambe di mio fratello, chiudendo gli occhi.
“Mi fa così dannatamente male, Rayele.” Ammisi finalmente ad alta voce.
E sentii tutto il dolore stringermi il cuore e lo stomaco.
Avevo lasciato la persona migliore che avrei mai potuto avere.
Il meglio del meglio.
L’avevo trattato malissimo e l’avevo allontanato nonostante tornasse sempre da me.
Mi ero scavato la fossa della mia desolazione da solo.
“Diglielo.” Mormorò mio fratello, carezzandomi i capelli.
Dirglielo?
E per fare cosa?
Per concludere come?
No, avrei solo fatto la figura dell’idiota che, lasciato solo, si rendeva conto di non poter vivere senza ciò che aveva lasciato andar via.
No, non era come volevo finire, non era come volevo Dravko mi ricordasse.
Che gli rimanesse in testa l’immagine di un Natan freddo e soffocato, ma stabile nelle sue scelte, che l’aveva certamente trattato malissimo, ma che non era mai tornato con la coda fra le gambe.
Non sarei tornato da lui a rivelargli tutta la mia debolezza.
Non l’avrei mai fatto.
“Ed ecco il numero 1 della classifica: Gabriel Burns!”
Ah, che Dravko si fosse portato a letto anche lui lo sapevo fin troppo bene, mia sorella me ne aveva parlato tantissimo e più di una volta, per
sottolinearmelo bene.
Era talmente paradossale il fatto che Dravko si fosse portato a letto proprio il cantante per cui mia sorella spasimava che sembrava l’avesse fatto proprio per farmi star male!
Sembrava, perché, tanto, non gliene importava nulla di me, lo sapevo bene.
Perché avrebbe dovuto ancora curarsi di me, dopo tutti quei mesi?
“Pensi che riuscirai a tornare nel letto dell’ambasciatore russo?” Gli domandòla procace giornalista, avvicinandogli poi il microfono.
Lui rise, sprigionando tutta la sua incredibile bellezza che mi trafisse come un pugnale.
“Io spero proprio di si.”
Non riuscii a controllarmi.
Mi alzai, in preda all’ira più cieca e afferrai la prima cosa che mi trovai sottomano -un cuscino, per fortuna- gettandola contro quel viso perfetto.
“Non provarci neanche, lurida puttana!” Mi ritrovai a gridare con tutto il fiato che avevo in corpo.
Come se potesse sentirmi.
Come se, sentendomi, si sarebbe curato di me.
Poteva avere nel suo letto e nelle sue mani Dravko, l’ambasciatore russo, il ragazzo perfetto.
Poteva
averlo e se lo sarebbe tenuto, perché Gabriel non era come me, non era
un idiota che si lasciava sfuggire le cose migliori che aveva.
Gabriel sapeva rendesi conto di quanto lo faceva soffrire la lontananza di qualcuno.
Gemetti forte, quasi fisicamente dolorante, tornando tra le braccia di mio fratello.
Gabriel avrebbe reso Dravko felice.