Titolo: Mai dire mai
Pairing: Valerio Scanu/Marco Mengoni
Genere: Slash
Rating: Giallo
Note: As usual, è ancora tutto frutto della mia mente. I personaggi sono reali, la storia no.
“Non ho mai fatto sesso in un lago” disse Valerio guardando sprezzante verso il ragazzo che era seduto di fronte a sé. Sapeva che era l’affermazione più scontata e banale che avrebbe potuto dare, ma sapeva anche che qualcun altro l’avrebbe fatta al posto suo, altrimenti.
L’altro lo guardò a sua volta con aria di sfida e bevve dalla sua bottiglia di birra.
“Ah, sì?” chiese il ragazzo riccio alla destra dell’altro. “Quando e con chi, soprattutto?”
Marco ignorò la domanda dell’amico e passò all’affermazione successiva.
“Non ho mai finto che mi piacesse qualcuno quando non era vero” disse seguito, ovviamente, da un sorso di birra.
Si guardò intorno per vedere chi, oltre a lui, avrebbe bevuto e vide che Valerio, per la prima volta, aveva preso parte al gioco bevendo a sua volta dalla bottiglia che teneva e che in mano sua gli sembrava solo un ornamento. Non c’era gusto a giocare con lui, così perfettino, così conforme alle regole. Mai un errore, mai una stupidaggine. Possibile che quel ragazzo fosse davvero così perfetto? Non lo sopportava e non sopportava come, con quell’aria di supponenza, stava lì di fronte a lui a fissarlo. Credeva davvero di essergli superiore?
“Non ho mai aperto un libro” disse pungente prendendo la bottiglia dal pavimento per berne un sorso.
Erano tutti seduti a cerchio per terra su dei cuscini. Gente semi sconosciuta, gente che non gli andava a genio, seduta sul pavimento di casa sua. Ed era lì, costretto a fare uno stupido gioco a cui non era riuscito a sfuggire per colpa della sua amica Alessandra.
“Vale, lo so. So che non vuoi farlo, so che ti dà fastidio, e so che non è il genere di compagnia che preferisci. Ma ho promesso a Marco e ai suoi amici che avrei organizzato questa cena e, come ben sai, sorgono due problemi: non so cucinare e casa mia è un buco. Per questo mi servi tu!” gli disse la sua amica al telefono.
“Ale, non mi interessa. Chiamalo e digli che hai detto di sì senza nemmeno pensarci.”
“Ma io ci ho pensato, ho pensato che tu mi avresti aiutata.”
“Allora la prossima volta vedi di avvertirmi, prima di prendere impegni che riguardano anche me” le rispose seccato. Non poteva crederci che Alessandra lo avesse incastrato in questo modo.
“Per favore! Si tratta solo di una semplice cena, magari poi guarderemo un film, e poi andremo tutti via. Non sporcheremo niente e ti aiuterò a cucinare. Promesso.”
“Ale…”
“Prova a dargli una chance. E’ simpatico.”
“Sì, sicuramente” disse sarcastico.
“Grazie, ti voglio bene!”
“Non sono così analfabeta come credi” ne prese un sorso. Era inorridito dalla superiorità che ostentava quel ragazzo. Eppure gli piaceva.
Andavano avanti da ormai più di due ore a bere e a giocare a quello stupido gioco. Valerio non ne poteva più. Alessandra era già andata, e a dir la verità erano già tutti brilli, se non ubriachi.
Diverse affermazioni si erano susseguite in quell’arco di tempo, la maggior parte riguardavano la sfera sessuale: orge, masturbazioni, sesso orale, sesso all’aperto.
Valerio non era per niente stupito, non si aspettava di certo niente di più da quel tipo di persone. Anche se, alla fine, le domande divertivano anche lui.
“Non ho mai baciato un uomo” disse poi Marco guardando Valerio. Prese una nuova bottiglia, e ne tracannò un bel po’. Ormai aveva pure perso il conto di quante ne aveva bevute. Le bottiglie vuote si erano mischiate insieme a quelle degli altri, e non sapeva più quali erano quelle che aveva effettivamente bevuto lui.
Valerio, esasperato, si alzò e cominciò a prenderle tutte da terra.
“Va bene così, abbiamo finito” disse invitando tutti ad alzarsi e ad andarsene.
“Vale, non fare il maleducato” gli rispose Alessandra fulminandolo con lo sguardo. “Ragazzi, continuate pure” si alzò per andare a parlare in disparte col ragazzo.
“Ale, è gente che hai invitato tu e che non mi interessa avere in casa mia. La festa è finita, mi sono stancato” entrò in cucina per buttare le bottiglie nel cestino.
“Avevi promesso che gli avresti dato una chance.”
“Ma non voglio dargli un bel niente.”
“Proprio niente?” disse Marco che era spuntato alle spalle di Alessandra.
“Torno di là” esclamò la ragazza uscendo dalla stanza.
“Marco, sei ubriaco, credo sia il caso di smetterla di bere e anche di continuare questa conversazione.”
Marco gli saltò addosso, avventandosi sulla sua bocca. Lo aveva immobilizzato contro il muro, e premeva contro il suo corpo. La lingua si era infiltrata dentro la sua bocca e, avida e piena di desiderio, aveva cominciato a cercare quella di Valerio, che non rispondeva al bacio.
“Marco, smettila.”
Il ragazzo gli mise le mani sulla testa, affondandole nei capelli sciolti dell’altro, e continuò a baciarlo senza sosta. Dapprima sul collo, poi tornando sulla sua bocca che stavolta era serrata e gli impediva l’accesso. Marco cominciò a muovere la lingua contro le sue labbra, cercando di convincerlo a farlo entrare. Ma Valerio non ne voleva sapere.
“Hai detto di non aver mai baciato un uomo, adesso sì” gli disse Marco sfiorandogli una coscia e mettendo la mano sul membro di Valerio, coperto dai jeans.
“Marco!” disse inarcando la schiena e chiudendo gli occhi. “Marco, basta. Sei ubriaco!”
“Embè?”
“Non sei in te. Stai facendo cose che normalmente non faresti.”
“Ti sbagli” gli leccò il lobo dell’orecchio. “Le farei eccome.”
Valerio lo fissò per qualche secondo. Perché improvvisamente aveva tutta questa voglia che lui continuasse a torturarlo in quel modo? Perché gli stava piacendo?
Marco decise di tentare nuovamente a infilargli la lingua in bocca, e si stupì quando si rese conto che Valerio lo aveva lasciato entrare e che stavolta stava rispondendo al bacio. Marco sorrise mentre si staccava dalla sua lingua e prese a baciargli ripetutamente le labbra.
“Comunque… io prima al gioco non ho risposto proprio” gli disse Valerio mordicchiandogli l’orecchio.
“Furbo” gli sorrise, prima di mettere le mani sulla cerniera dei jeans.
Cominciò, poi, a non sentirsi bene. Gli girava la testa e gli veniva da vomitare. Così, improvvisamente, si allontanò da lui e si mise una mano sulla fronte. Cercò, barcollando, di andare verso la porta della cucina e ci riuscì con non pochi sforzi. Valerio lo seguì confuso, e lo trovò in bagno chinato sul water per vomitare.
“Fantastico” esclamò chinandosi a sua volta. Gli mise una mano sulla fronte e gli sorresse la testa.
La serata non poteva andare peggio di così, pensò.
“Marco, tirati su” disse aiutandolo ad alzarsi una volta finiti i conati di vomito.
Il ragazzo si aggrappò a lui, e Valerio cercò di portarlo in salotto. Lì avrebbe trovato gli altri ancora intenti a giocare, li avrebbe convinti ad andare via perché Marco non si sentiva bene, e lui sarebbe andato a farsi una doccia e a dormire come se niente fosse accaduto. Aveva già in mente tutto, solo non si aspettava di entrare in stanza e non trovare nessuno.
“Ehi?” urlò. “Ale?”
Nessuna risposta.
Lo avevano lasciato lì con Marco. Se n’erano andati tutti. Alessandra l’avrebbe pagata cara, assolutamente. Stava già pensando ai metodi più crudeli per vendicarsi, quando Marco lo riportò alla realtà. Il ragazzo si lamentava dicendo cose incomprensibili. Valerio lo guardò stranito.
“Che stai dicendo?”
Lo fece sdraiare sul divano e gli mise sopra una coperta che era andato a prendere dall’armadio della sua camera da letto. Poi gli tolse le scarpe e si sedette sul bordo del divano a guardarlo e gli spostò alcune ciocche di capelli dalla fronte.
Marco lo fissava.
“Ti stavo baciando” gli disse mettendosi seduto.
“Me ne sono accorto.”
“Forse… dovrei riprendere?”
Valerio rise. “No, torna a sdraiarti e dormi.”
Il ragazzo rimase immobile per qualche secondo, forse indeciso su cosa fare, poi lo assecondò.
Forse non faceva tanto male a dargli una chance, pensò Valerio in quel momento. Magari Alessandra aveva ragione e lui era davvero simpatico. Ma di una cosa era certo: Marco baciava decisamente bene.
***
“Buongiorno” gli disse Valerio quando lo vide aprire gli occhi. Era seduto sulla poltrona di fronte al divano e stava bevendo una tazza di latte caldo.
“Che stai a fà seduto lì? Mi fissi? Sei inquietante.”
“Sto facendo colazione, non ti sto fissando” lo corresse inzuppando un biscotto nella tazza.
“Perché stai a fà colazione? E perché ho dormito sul tuo divano?” chiese confuso, mettendosi a sedere.
“Perché ieri eri ubriaco e ti hanno mollato qui, con mio sommo piacere” finì il suo latte e si alzò per andarlo a portare in cucina.
“E io sto facendo colazione perché ho fame” che domanda stupida, pensò. “Tu ne hai?” gli chiese.
“No, mi sta scoppiando la testa” rispose l’altro.
Valerio lo guardò con disapprovazione e, dopo aver posato la tazza nel lavabo, tornò in salotto da lui.
“Vado a vestirmi, così ti accompagno a casa.”
“Grazie” si mise le scarpe e rimase seduto sul divano a massaggiarsi le tempie nel tentativo, vano, di ridurre quel terribile mal di testa.
Cercava di fare mente locale e ricordare cosa era successo la sera precedente. Ricordava quasi tutto, non sapeva se dire ‘per fortuna’ o ‘per sfortuna’. Quando Valerio rientrò nella stanza, vestito con un paio di jeans, un maglione e i capelli legati, l’impulso di baciarlo come aveva fatto la sera prima, tornava prepotente.
Non sapeva dire perché gli era saltato addosso in quel modo. In parte sapeva che era dovuto all’alcol, ma in parte era colpa di Valerio e dell’attrazione sessuale che aveva avvertito per quel ragazzo, attrazione che non aveva mai provato altre volte.
Valerio prese le chiavi della macchina e, quando vide che l’altro non accennava ad alzarsi, si andò a sedere sul divano accanto a lui e lo guardò con apprensione.
“Stai bene?”
“Non direi” disse nascondendosi il viso tra le mani.
“Vuoi un’aspirina per il mal di testa?” chiese poi, notando che il ragazzo non stava bene davvero.
“Magari. Diciamo che non sò ben fornito a casa mia.”
Valerio sorrise e, dopo essere andato a preparargliela, gli porse un bicchiere d’acqua con dentro la medicina.
“Grazie. E scusa per ieri.”
“Perché hai vomitato e mi è toccato pulire o per…” lasciò la domanda incompleta. Non era sicuro che l’altro si ricordasse di cosa avesse fatto la sera prima.
“Per il bacio.”
“Ah” lo ricordava.
“Non succederà più, ero ubriaco. Scusa, non volevo” mentì.
Valerio si sentì ferito da quell’affermazione. Ferito e dispiaciuto. Si stupì della sua reazione. Avrebbe dovuto essere sollevato e invece non lo era. Avrebbe voluto che Marco lo rifacesse? Gli era davvero così piaciuto? Probabilmente sì, e questo lo turbava.
“Okay” disse solamente.
Marco chiuse gli occhi e sospirò, prima di fare lo sforzo di alzarsi da quel divano.
“Se vuoi… puoi rimanere.”
Marco lo guardò spiazzato, non si aspettava tanta disponibilità da quel ragazzo che, la sera prima, si era dimostrato ostile ed arrogante nei suoi confronti.
“Non importa, grazie lo stesso” gli disse. Era convinto che lo avesse fatto solo per gentilezza, per cui decise che era il caso di declinare l’invito.
“A me è piaciuto” disse d’un tratto. Quella frase gli era uscita di bocca talmente veloce, che quasi non si rese conto di averla pronunciata.
“Davvero?” chiese confuso. Quel ragazzo aveva la capacità di spiazzarlo in continuazione. Lo prendeva in contropiede e, ogni volta che si creava un’idea su di lui, l’altro era sempre pronto a fargliela cambiare nel giro di due secondi.
Valerio annuì imbarazzato.
“Quindi… se lo rifacessi…”
“Non ti rifiuterei” lo incalzò.
Marco gli sorrise e gli prese il viso con le mani, prima di baciarlo. Stavolta era un bacio dolce, romantico, non come quello della sera precedente.
“Ti è piaciuto ancora?”
“Sì, ma…” gli mise una mano dentro la maglietta esplorando il suo petto nudo. “Ieri stavamo andando oltre, prima che ti sentissi male.”
“Giuro che non era per te.”
“Lo so” disse pieno di sé.
Marco rise e gli abbassò la cerniera dei jeans, prima di avventarsi sul suo collo.
Valerio non poteva crederci che stava per fare sesso con lui. Proprio con lui.
Alla fine, la seconda chance gliel’aveva data davvero.