AUTORE: Akane
TITOLO: Il triangolo no!
SERIE: RPF - calcio: Real Madrid
TIPO: slash, lemon, cap 5 e 6 di 8
RATING: nel quinto il rating è per tutti ma nel sesto è NC17
PERSONAGGI: attenzione, nel sesto la coppia è invece Iker CasillasXKakà (per onore di cronaca devo avvertire...)
DISCLAMAIRS: i personaggi, purtroppo, non sono miei ma di loro stessi… io ci sbavo dietro ed ho pensieri assurdi, ma è tutta immaginazione e non faccio male a nessuno anzi… li faccio stare bene!
NOTE: Dopo il fattaccio Iker obbligherà Cris a dire tutto a Riky e le cose non possono che complicarsi. Nel quinto c'è un'immagine di riferimento. Nel sesto la coppia principale non è più CrisXRiky ma... buona lettura!
Prologo e capitolo 1 ||
Capitoli 2 e 3 ||
Capitolo 4 CAPITOLO V:
HO SBAGLIATO IO
Morale o non morale?
Questo era il problema, un problema visto come tale solo da Iker, in effetti, visto che era l’unico dei due ad averla. Cristiano nemmeno si era posto la domanda, ovvero: dirlo a Ricardo o no?
In effetti sarebbe stato eticamente corretto, per non parlare del fatto che una buona coscienza avrebbe dovuto impedire di tenergli nascosto il piccolo particolare, ovvero che Cristiano ed Iker si erano ubriacati ed erano finiti per fare sesso insieme.
Certamente erano uomini e solo questo sarebbe dovuto essere sufficiente come giustificazione, ma a Ricardo che non era come loro -sebbene fosse indubbiamente un uomo anch’egli- poiché non ragionava con gli ormoni, con le parti genitali maschili né tanto meno si ubriacava perdendo il controllo di sé, non sarebbe bastato.
Il discorso era sostanzialmente uno, Iker non sapeva di preciso come considerare i due ragazzi ma sapeva che sarebbe stato giusto dire tutto al brasiliano anche se era una cosa che non si sarebbe mai ripetuta. Cristiano, invece, non ci pensava minimamente visto che sosteneva che la loro relazione era anomala e che non si potevano usare le regole di etica e morale comuni.
- E’ giusto dirglielo in ogni caso! - Asserì Iker mentre si avviavano insieme agli allenamenti mattutini dopo un risveglio quasi tragico nel divano del portoghese.
- Tu non capisci… e sì che a vostra detta parlate di continuo di me! - Incalzò Cristiano sbuffando.
- E allora spiegami, genio! - Rimbeccò il capitano che stentava sinceramente a stargli dietro… aveva dei ragionamenti che non stavano né in Cielo né in Terra!
Il ragazzo più giovane si girò verso l’altro e con aria decisa e seccata disse stufo di doverglielo spiegare:
- Io e lui non stiamo insieme… o meglio sì, ma tecnicamente lui è sposato ed ha famiglia mentre io, per non farlo sentire troppo in colpa verso sia me che lei, mi sono fidanzato a mia volta con un’altra… questo funziona, noi due viviamo la nostra relazione più o meno serenamente ed in modo clandestino - Al che Iker aveva pensato “Clandestina un cazzo, lo sa tutto il Real Madrid…” - lui non si sente eccessivamente in colpa ed accetta la sua natura. Se si opporrebbe diventerebbe l’ombra di sé stesso. Lui ha bisogno di vivere i propri sentimenti e gli istinti senza reprimersi! Quindi, tecnicamente, non abbiamo dei veri e propri obblighi l’uno verso l’altro! Tanto più che sua moglie sa solo che lui è in crisi col loro matrimonio e non che viene a letto con me! Vivono ancora insieme, cazzo! -
Iker ne avrebbe avute tante, ma proprio tante, da dirgli, però si limitò ad una diretta e brutale:
- Cris, l’hai detto tu stesso! Lui vive i propri sentimenti! Lui è innamorato di te! Come puoi fare questi discorsi? - Era scandalizzato e Cristiano si stizzì anche per questo, oltre che per il fatto che quel tipo stesse ficcando il naso negli affari propri.
Sbuffò e contrasse la fronte piantando le mani sui fianchi. Proprio non capiva.
- Perché? - Chiese infatti ostinato.
Iker si fermò prendendolo per un braccio e obbligandolo a guardarlo, si fissarono fra le auto parcheggiate di tutti gli altri loro compagni e tecnici sportivi che erano sicuramente già entrati nel campo per allenarsi.
- Lo capisci che è innamorato di te? - Provò con calma forzata, in realtà sembrava parlasse con un bambino imbecille. Cristiano infatti lo notò e se ne risentì ulteriormente, imbronciandosi incrociò le braccia al petto.
- Ne sei sicuro? Come fai a dirlo? - Certamente era in una di quelle fasi dove non pensava a quello che diceva, perché altrimenti non avrebbe fatto quella sparata. Iker con pazienza quasi esaurita lo capì e strinse le labbra contrariato, sospirò di nuovo e rispose cercando di non prenderlo di nuovo a pugni:
- Sicuramente te l’ha detto! -
- No. E’ già tanto che facciamo quello che facciamo… il nostro rapporto parla per noi, non ci diciamo mai smancerie simili… - Ed era vero, nonostante il tipo che era Ricardo non era mai riuscito a dirgli che l’amava anche se era così. Forse in cuor suo cercava ancora una sorta di parvenza decente, sapendo che davanti a Dio e per suo figlio stesso sarebbe rimasto per sempre sposato con Caroline. Dopotutto non gli aveva mica fatto niente di male, lei, anzi… continuava a dimostrare enorme pazienza nella speranza che tornasse quello di sempre.
Iker strinse i pugni domandosi a fatica. Contrasse la mascella e si morse il labbro, poi riprese con pazienza marcata:
- E’ così, fidati. -
- Te l’ha detto lui? -
- Certo che me l’ha detto lui! -
- Con queste precise parole? ‘Sono innamorato di lui’? - Continuava testardamente ad insistere convinto che si sbagliasse e che non fosse possibile e somigliando ad un mastino più che ad un essere umano, il compagno stava davvero perdendo la testa, di nuovo, come solo lui riusciva a fargli fare!
- No, i suoi discorsi sono così contorti e complessi che bisogna impegnarsi e tradurli. La parte sintetica di quello che mi dice è questo. È innamorato di te. -
Cristiano, però, non ci avrebbe comunque mai creduto, nemmeno se spiattellato direttamente dall’interessato. Sapeva essere cocciuto come pochi!
- Ne sei assolutamente certo? - Fece infatti provocatorio.
- SI’! E Dio solo sa perché mai lo sia e cosa diavolo ci trovi di tanto fantastico e amorevole in te! - Esclamò alzando la voce. Cristiano capì che era ora di mollare e di ascoltare il resto del suo ragionamento, quindi tacque seppure platealmente contrario. - Ma ha diritto a sapere che siamo finiti a letto insieme, anche se non ha significato niente perché eravamo ubriachi! E soprattutto… -
Ma lì si fermò non sapendo se potesse effettivamente osare oltre. Cristiano insistette:
- Dì tutto! -
Iker ebbe un vago sentore che non fosse una gran buona idea, ma lo accontentò sapendo che comunque era la pura verità:
- Devi chiarire a te stesso cosa vuoi da lui e cosa provi e poi parlargliene, perché se lo stai solo usando come pupazzo personale non è giusto. In questo caso devi lasciargli vivere la sua vita come ritiene giusto, permettergli di ricostruirsi. Se però provi anche tu qualcosa per lui al di là dell’attrazione fisica… bè, glielo devi dire comunque, è ora che definiate meglio ciò che siete! -
Cristiano divenne un unico nervo teso e stringendo le labbra respirò a fondo. Ne pensò una cinquantina da dirgliene, però alla fine scosse la testa a scatti, come stesse per esplodere, e disse laconico ed incisivo:
- Tu non capisci un cazzo! - Così dicendo si voltò entrando negli spogliatoi ormai vuoti poiché tutti gli altri loro compagni erano già in campo.
Iker lo raggiunse subito e si prepararono in silenzio per cominciare l’allenamento, ognuno convinto della propria ragione e consapevole che non era più il caso di parlarne.
Solo un istante prima di varcare nuovamente la soglia per raggiungere gli altri, Iker prese di nuovo per il braccio Cristiano che lo precedeva di un passo, lo fermò con decisione e lo girò.
- Eh?! - Grugnì sgarbato il ragazzo guardandolo battagliero.
- Se vuoi fare di testa tua, allora dimostragli che ieri sera abbiamo solo fatto semplicemente pace e che ora è tutto a posto fra noi! - Ordinò con un tono che non ammetteva repliche davanti cui perfino l’altro vacillò.
- Perché, mica c’è! - Ma lo spagnolo alzò lo sguardo indicando con un movimento leggero della testa proprio davanti a loro. Sull’erba insieme al resto della squadra che parlava allegramente, c’era proprio Ricardo più sorridente e felice che mai.
Cristiano si girò di nuovo verso il compagno e lo guardò con stupore:
- Che diavolo ci fa? Mica ha ripreso gli allenamenti con noi! - E di questo ne era certo, ma non era ancora molto attivo, dopo la sera precedente, o ci sarebbe arrivato subito.
- Immagino che sia venuto a vedere quanto bene va fra noi! Dopo quello che è successo in giornata… - Non completò la frase riferendosi sia al loro litigio che alla pace serale. E che pace.
Il portoghese si mordicchiò il labbro e si voltò di nuovo verso il campo, Iker lo mollò affiancandolo spiando con lui il protagonista della loro recente discussione, dopo un po’ che lo videro parlare amabilmente con tutti senza nemmeno il minimo pensiero cupo per la testa, il capitano riprese sottovoce:
- Allora, come sono i nostri rapporti, ora? - Giusto per sapere come comportarsi, visto che una scenata in mezzo alla squadra era la cosa meno gradita possibile.
Cristiano sospirò urtato ed esitò prima di rispondere, suo malgrado vedendo il proprio ragazzo contento di essere venuto a trovarli capì che dopotutto il discorso di Iker poteva avere un vago senso logico. Cioè non avrebbe mai ammesso che aveva ragione, però a conti fatti era così!
- Ottimi! Meglio che mai! - E con questo prese un respiro profondo e mettendosi in viso la sua migliore faccia da schiaffi, uscì raggiungendo gli altri.
Iker rimase incuriosito a guardarlo aspettandosi un teatro interessante e non fu deluso. Si stupì profondamente della sua qualità nel cambiare viso indossando una maschera praticamente impeccabile.
Raggiunto Ricardo, Cristiano gli batté la mano sulla schiena, lo salutò allegramente e con entusiasmo tipico suo lo abbracciò davanti a tutti come niente fosse. Certe manifestazioni plateali non se le concedeva nemmeno lui, non se aveva un secondo fine specifico come marcare il territorio su chi gli interessava. In quel caso il suo fine era rassicurare Ricardo.
Vide il brasiliano rispondere all’abbraccio con titubanza e mettersi poi a parlare tranquillamente con lui insieme ad altri compagni di squadra, così sospirò capendo che fra i due quello più complesso e contorto era proprio Cristiano e non Ricardo, sebbene quello più emotivo e quindi quello più facile agli sbalzi di umore fosse il secondo.
“Quello ne ha di problemi…”
Asserì fra sé e sé entrando in campo anch’egli.
Senza pensarci su si diresse a sua volta dai due indefinibili compagni e perplesso si chiese se il loro amico ci sarebbe cascato veramente.
“Tanto…” Si disse stringendo amichevolmente la spalla del loro ospite e interrompendo l’apparentemente serena chiacchierata col fenomeno dell’anno. “è lui quello che li ha, mica io! Che me ne frega a me!”
Conclusione degna.
- Allora, sei venuto a trovarci! - Disse Iker infilandosi i propri guanti da portiere.
Ricardo rispose altrettanto felice di vederlo così disteso e lo notò soffermarsi particolarmente sulla sua guancia colpita il pomeriggio precedente dal pugno di Cristiano.
- Certo, volevo vedere se eravate ancora tutti interi dopo ieri sera! - Rispose andando subito al punto con sincerità. Iker fece fatica a rimanere sorridente e calmo mentre Cristiano parve completamente a suo agio e affiancandolo, ponendosi con lui davanti al brasiliano che li stava scrutando attento, si chiese come diavolo facesse.
Lui la voragine di colpa la sentiva come un terremoto forza nove!
- Ieri sera? - Chiese con una leggera tensione nella voce. Per un momento credette che per assurdo sapesse tutto e si accorse quanto male avessero fatto ad affrontarla in quel modo.
- Certo, ho mandato Cris in missione a scusarsi! - Fece allegramente.
- Ah! - Rispose l’altro guardando il colpevole del misfatto e cercando con lo sguardo un aiuto. - Allora sì, missione compiuta! -
Cristiano lo colpì con un pugno giocoso sulla spalla inserendosi con scherzo:
- Taci, non era cosa da far sapere al mondo… ricordi? La mia reputazione da cattivo… - Con quello il capitano si rilassò e parve dimenticarsi totalmente di ciò che era successo, tenendo solo la parte leale della serata, quella accettabile.
- Suvvia, non devi vergognarti! E’ una cosa bella, mica brutta! - Esclamò circondandogli la schiena con disinvoltura per dimostrare che era tutto a posto fra loro. Cristiano colse l’occasione al volo e gli si appiccicò più che volentieri, continuando a scherzare come niente fosse, fra le risa di tutti che capivano solo la metà del reale significato dei loro dialoghi.
- Sicuri che sia tutto a posto? Non vi siete picchiati di nuovo? - Chiese Ricardo diventando serio nello scrutare con cura il viso del capitano, convinto di trovarci qualche nuovo livido nascosto.
- Tutto a posto! Guarda qua! Liscio come il culo di un bambino! - Sparò Cristiano indicando il viso dell’altro, sembrava non avere davvero niente che non andasse. La sua maestria era ammirevole!
- Grazie per la faccia da culo! - Rispose Iker volendo assolutamente deviare l’argomento, non sapendo però come fare. Non fecero in tempo a dire altro che Ricardo senza pensarci oltre alzò la mano e la pose sulla sua guancia tumefatta dal giorno prima, per assicurarsi che fosse effettivamente tutto a posto, nei limiti del possibile. L’accarezzò con ingenuità e la risata del diretto interessato fu quasi isterica mentre quella di Cristiano più forzata che mai.
- Vero… pensavo ti rimanesse un livido terribile… ma nemmeno lui ha nulla di particolare… evidentemente non ci avete dato giù pesantemente. - Concluse dopo la carezza più interminabile e accurata che si fosse mai vista.
Sembrò una scenetta alquanto divertente, vista dall’esterno, Iker e Cristiano incredibilmente abbracciati e sorridenti con un Ricardo insolito che carezzava la guancia del primo.
C’era proprio da chiedersi cosa stesse succedendo al mondo!
Capirlo non era certamente facile, non lo era per chi viveva quell’assurda situazione, figurarsi per chi non ne sapeva nulla!
Il giorno prima i due titolari litigavano, quello dopo si stringevano come due amici di vecchia data… con in mezzo l’elemento di risaputa proprietà di uno dei due.
Le idee non si sprecarono!
- Andate d’accordo, è importante… e se lo sa il mister… - Ma non riuscì a finire la frase che il diavolo di cui si parlava giunse a destinazione fra i tre che si divisero all’istante come colti in flagrante delitto.
- Se il mister sa cosa? - Chiese incalzante, ridacchiando accattivante.
Era ovvio che sapesse tutto ma vedendo che si erano sforzati di risolverla fuori dal campo e dagli spogliatoi, ed in modo un po’ misterioso anche se immaginabile, decise di fingere indifferenza per il bene comune, anche perché se ci si fosse messo in mezzo anche lui la situazione sarebbe diventata davvero complicata.
- Quanto io ed Iker ci amiamo! - Esclamò con prontezza ammirevole Cristiano, abbracciando di nuovo il portiere con entusiasmo eccessivo. Questi ricambiò con titubanza ma alla fine lo lasciò fare capendo che in quel genere di cose quell’idiota era un maestro.
Il suo problema non era districarsi dai momenti imbarazzanti o complicati, bensì affrontarli dopo ad acque calme, quando andavano effettivamente affrontati.
“Chissà quanto pensa di andare avanti, questo fenomeno da baraccone… “ Pensò Iker lasciando il fenomeno in questione gestire l’intera situazione a modo suo, ancora appeso alla sua spalla. “ignorando le vere pulsioni vitali. Che non sono quelle del suo cazzo, ma quelle che stanno da qualche altra parte!”
L’avrebbe scoperto presto.
Fu l’ultimatum di Iker a farlo decidere.
‘O glielo dici tu o glielo dico io! Così lo stiamo prendendo in giro ed io non ci sto.’
Non era servito a niente gridargli dietro che la loro notte insieme non significava niente, che non c’era nulla fra loro e che non era dunque un vero tradimento, non da raccontare a colui per il quale era nient’altro che un amante, dopotutto.
Gli aveva ricordato che quello sposato fra tutti loro era proprio Ricardo, ma non c’era stato verso.
Aveva esclamato che non importava cosa fossero, comunque qualcosa erano, se non altro per Riky.
Poi la frase finale:
‘E piantala di prenderlo per il culo! Se non vuoi dirgli cosa è successo significa che non te ne sbatte niente di lui, altrimenti vorresti parlargliene! Ne dovresti sentire il bisogno!’
Era stata una frase che l’aveva fatto imbestialire, perché lui pretendeva di sapere tutto di lui e della loro storia, sempre che tale fosse, e poi anche di quello che doveva provare, che doveva fare e dire anche se in realtà non sapeva proprio un cazzo.
Nessuno sapeva mai niente di lui!
Chi credeva di essere, quello?
Solo perché era amico della persona con cui andava letto si credeva in diritto di fargli certi discorsi?
Però l’idea che comunque gli spiattellasse tutto, alla fine l’aveva fatto decidere.
Si ostinava a non ammettere i propri sentimenti né tanto meno i doveri, ma alla fine non avrebbe mai voluto che lo sapesse in modo sbagliato.
Forse in cuor suo non aveva voluto dirglielo semplicemente perché sapeva che anche se per lui non era niente, per Ricardo sarebbe stato importante e ci sarebbe rimasto male.
Sapeva che non sarebbe finita bene, ne era certo, però ormai che c’era doveva andare fino in fondo, togliersi il peso dalla coscienza -o qualunque cosa fosse quella roba che parlava con la voce di Iker- e sistemare le cose.
Già… ma dopotutto cosa mai c’era da sistemare?
Forse prima di farlo avrebbe dovuto capirlo.
Tuttavia, come nel suo stile, decise di non perdere più tempo e di prendere la situazione di petto.
Quando raggiunse Ricardo in palestra dove sapeva di trovarlo a quell’ora della giornata, con la solita occhiata eloquente fece sparire il fisioterapista che gli lasciò la sala libera.
- Ehi! Che sorpresa! Mica hai litigato di nuovo! - Asserì allegramente Ricardo non avendo la minima idea di che cosa potesse essere, convinto che ogni bufera fosse ormai passata.
Cristiano tirò fuori un sorriso tirato ricordandosi la volta precedente in cui si erano ritrovati lì dentro da soli… il litigio con Iker era stato storico e sicuramente se non fosse stato per lui avrebbero continuato a prendersi a pugni. Quello gli fece venire inevitabilmente in mente anche il motivo di tale scoppio e rimase per un attimo basito e senza parole rendendosi conto che si era trattata di gelosia.
Un tale sentimento devastante da farlo uscire di testa in quel modo… e voleva forse dire che non provava niente per Riky?
- Cris? - Lo richiamò il compagno avvicinandosi zoppicante. Il turbamento sul suo viso fu lampante e si impensierì immediatamente. Quando arrivò a lui gli si appoggiò contro toccandogli il viso in una sorta di carezza delicata. Sapeva di essere solo, a quell’ora non sarebbe stato disturbato da nessuno.
Il portoghese a quel contatto si riscosse come se fosse attraversato da una scarica elettrica e trattenendo il respiro indietreggiò istintivamente. Ricardo rimase di sasso e barcollante rispettò quel suo strano gesto.
In perfetto silenzio attese che parlasse, sicuro che si trattasse di qualcosa di brutto, qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai preventivato fosse così difficile, specie per chi la doveva sparare fuori. Colui che l’aveva presa con tanta leggerezza da non saper dove sbattere la testa ora che era al dunque.
Contrasse la mascella e tirò i muscoli del corpo ora evidenziati più che mai, poi respirò profondamente e si decise mandando sé stesso al diavolo insieme ad Iker e a tutto il resto.
- C’è una cosa che dovresti sapere, penso. - Ricardo capì quanto difficile fosse e non lo interruppe, ma mano a mano che lo ascoltava si sentiva sempre peggio, come se una sensazione sgradevole lo attanagliasse da dentro crescendo a dismisura. - Ieri sera, quando ho fatto pace con Iker. Era difficile e così ho voluto farlo a modo mio. Abbiamo bevuto. Bevuto molto. Troppo. - L’esordio più diretto e semplice del mondo fece puntare subito le antenne dell’ascoltatore in modalità d’allarme. Sapeva il resto, o meglio poteva immaginarlo, ma magari fino a che non l’avesse sentito avrebbe potuto ignorarlo e non crederci. Davvero erano ad un punto simile? Davvero era tutto degenerato? E come?
Eppure se per Ricardo fu difficile ascoltare ogni cosa fino in fondo, per Cristiano fu quasi una tortura dirglielo e non se ne capacitò, convinto che dopotutto non sarebbe dovuta essere così dura, anzi… ma quella sciocchezza stava diventando più complicata del previsto e non sapeva proprio come fare, così semplicemente vomitò il resto fuori senza più pensarci, sparando il proiettile dritto dritto nel petto immobile di Ricardo.
- Riky, siamo finiti a letto insieme. - Ma avere qualcuno che lo prendesse a pugni invece che uno raggelato con dei grandi occhi irresistibili che diventavano repentinamente acquosi e lucidi, sarebbe stato meglio per lui.
Invece dovette affrontare lo sguardo turbato e addolorato di Ricardo che ascoltando quel po’ che rimaneva, si stava spezzando lì davanti a lui. Per colpa sua.
Era stato solo un istante brevissimo, ma tale era bastato per fargli contrarre ogni singolo muscolo, il volto si trasformò in una smorfia specchio di una ferita profonda ed il corpo non si mosse. Rimase immobile senza riuscire a muoversi ed il cervello gli si spense.
Si spense o magari gli disse il necessario per farlo crollare.
“Ecco, non contavi nulla, dopotutto…” Gli occhi gli bruciavano dannatamente ma non sapeva più per cosa aveva voglia di piangere, era tutto un tale casino.
Vedendolo così sofferente e nel panico più totale, Cristiano capì che non avrebbe mai parlato, urlato o picchiato. Non avrebbe fatto niente e quel niente con quegli occhi e quell’espressione che non avrebbe mai dimenticato, era la cosa peggiore che potesse ricevere.
Il problema era che quando si sentiva così, un tale verme strisciante in pieno torto, reagiva come uno tsunami travolgendo qualunque cosa gli si frapponesse davanti, senza pensarci minimamente. Perché lui detestava sentirsi un verme. Lo mandava fuori di testa.
- Riky, sei sposato, vivi con tua moglie, non sa di noi e per carità, sono stato io a dirti di non parlargliene, però non puoi dimenticarti che bene o male la situazione è questa! Non puoi pretendere niente! - Come a dire che non erano assolutamente nulla poiché lui era legato ad un’altra donna.
Come a dire che non era mai stato altro che sesso.
Inghiottì a vuoto e respirò a fatica. Non ce la faceva più, voleva piangere eppure non davanti a lui, voleva gridare ma non con lui, voleva sparire eppure rimanere con lui.
Voleva troppe cose e non sapeva dove sbattere la testa.
Così alla fine scosse il capo e aprì la bocca senza saper cosa dire. Rimase un attimo boccheggiante, poi alla fine dopo un paio di tentativi, qualcosa uscì.
Un filo solo.
- Ho sbagliato io. - Poi con ogni terminazione nervosa che gli rimandava una sensazione più terribile dell’altra, bisogno di ossigeno, di urlare, di piangere, di correre, di esplodere ed una violenza auto inflitta nel trattenersi come un matto, dopo un altro paio di tentativi falliti, riuscì a concludere con fatica immane, con voce spezzata: - Non provavi la stessa cosa. -
E forse sarebbe bastato dirglielo diversamente, dimostrare il suo senso di colpa che in realtà c’era anche se se ne vergognava. Forse sarebbe bastato un semplice ‘scusa, non ero io’, sarebbe bastato un abbraccio… sarebbe bastato qualunque altra cosa, ma non quello, non in quel modo e solo per difendersi dal proprio senso di colpa. Dai propri sentimenti. Però ormai non poteva fare altro che accettare come erano andate le cose e veder Ricardo andarsene camminando male e lentamente, con le spalle ricurve e nel silenzio più totale.
Avrebbe preferito gli desse tutte le colpe, lo insultasse, lo picchiasse. Avrebbe voluto ricevere una sceneggiata colossale e litigarci per bene… ma così no.
Così non reggeva nemmeno lui e rimasto solo diede un forte calcio ad uno degli attrezzi a terra che finì scagliato contro la parete.
Perché aveva passato tutto il dannato tempo a ripetersi che non erano tecnicamente niente e che non poteva avere recriminazione di alcun tipo, ed ora che effettivamente non ne aveva ricevute e se ne era semplicemente andato con tutte le colpe del caso su di sé, si sentiva peggio che mai?
Ora, da solo con sé stesso, avrebbe avuto solo una cosa da fare.
Quello che aveva evitato scappandone a gambe levate.
Fare chiarezza su quello che voleva e che provava una volta per tutte.
Anche se se ne vergognava, se ne aveva paura, se non voleva, se… se avrebbe significato cambiare una parte profonda di sé.
Perché rimanere semplicemente così a guardare Ricardo andarsene e basta, era stata la tortura peggiore.
No, si disse. Non poteva lasciare che semplicemente le cose andassero così.
Ma non lo rincorse.
CAPITOLO VI:
FA SOLO QUELLO CHE VUOI FARE
Non ci sarebbe mai andato, in realtà l’ultimo viso che avrebbe voluto vedere era proprio quello di Iker, coprotagonista della ferita che ora gli faceva tanto male, ma c’era un lato di sé che al posto di sparire voleva sapere anche la sua versione, voleva sapere perché l’aveva fatto. Voleva e doveva.
Uscito dalla palestra si era fermato un attimo chiedendosi dove potesse andare ora, da chi. Casa propria era fuori discussione, Caroline si sarebbe accorta subito del suo pessimo stato e non sarebbe mai stato capace di mentirle. E poi voleva che l’atmosfera a casa fosse serena il più possibile, Luca se lo meritava.
Con chi altri avrebbe potuto parlare liberamente e magari piangersi addosso senza sentirsi debole e sciocco?
Iker era stato il nome che aveva avuto il sopravvento, anche se per un momento gli aveva contorto lo stomaco consapevole che quello con cui Cristiano era andato a letto era proprio lui.
Alcool o no l’avevano fatto.
Con pochi altri si sarebbe confidato e non voleva ammorbare il mister con sciocchezze simili, tali sarebbero state per lui. Già al ritiro era stato fin troppo disponibile… e solo perché si trattava di recuperare un umore decente per farlo giocare bene. Ora che aveva tutti quei mesi di fermo che gli poteva mai importare, al coach?
Alla fine aveva deciso per Iker con quella di chiedere spiegazioni.
Cosa pensava di lui e della sua relazione con Cristiano?
Dopo tutto quello che si erano detti veniva a sapere che ci era andato a letto e dopo li aveva visti al campo ridere e scherzare allegramente, apparentemente senza rimorsi.
O meglio non nel portoghese, visto che in Iker un sentore di stranezza l’aveva percepito.
Suonò al suo cancello nella speranza che fosse in casa da solo e quando la voce al citofono, la sua inconfondibile e calma, chiese chi fosse e lui rispose con titubanza e incertezza, il portone si aprì per farlo entrare con la macchina.
Teoricamente non avrebbe potuto guidare ma il suo ginocchio non era messo così tanto male e per qualche metro aveva preferito sforzarsi e mandare via l’autista.
Con le stampelle, in una dimostrazione simpatica di contraddizione, si diresse alla porta di casa che si aprì subito senza dover bussare.
Spuntò Iker e la sua espressione era talmente seria e consapevole da fargli capire che se non sapeva già tutto nei dettagli, comunque lo immaginava.
Lo vide incerto sul da farsi, su come affrontare quel momento carico di un evidente imbarazzo, ma Ricardo sospirando chiese di poter entrare, così il padrone di casa rimandò la risoluzione del caso a qualche minuto dopo.
Si fece da parte e senza dire una sola parola l’osservò varcare la soglia di casa per la seconda volta da quell’estate.
Ora la stagione era cambiata ed il freddo aumentava di giorno in giorno, sembrava quasi un altro anno e non solo un altro mese.
Una volta dentro, chiuse la porta escludendo il buio pesto della sera calata in fretta.
Rimasero un altro secondo a guardarsi imbarazzati in un silenzio pesante, poi Iker gli fece segno di accomodarsi in soggiorno, sul divano, come quel giorno.
Non aveva la minima idea dell’espressione contrita che dovesse avere per farsi guardare in quel modo dispiaciuto, era evidente che si sentisse in colpa e questo paradossalmente l’aiutava a calmarsi e a ritrovare un po’ sé stesso.
Gli sarebbe bastato questo da Cris. Un po’ di dispiacere, del senso di colpa dimostrato umanamente… nulla di che, nemmeno delle scuse.
Sospirò e Iker alla fine decise di cominciare per primo dal momento che era ovvio il motivo per cui fosse lì e cosa fosse successo prima.
- Posso immaginare come quel cinghiale te l’abbia detto. - E naturalmente la sua immaginazione non era troppo fervida visto che era esattamente realista.
Ricardo continuò a stare in silenzio e a guardarsi le mani con un’aria abbattuta; non aveva nemmeno più bisogno di piangere, non come quando l’aveva sentita davanti a Cristiano. Poteva dire di sentirsi un po’ meglio, ma il peso che aveva dentro era ancora così grande da impedirgli comunque di parlare. Però riusciva ad ascoltare.
Iker era seduto vicino a lui ma a debita distanza, quasi pensasse di non essere il benvenuto nel toccarlo.
- Mi dispiace. - Era così evidente… - Non so cosa si dice in questi casi, non sono uno che normalmente fa così. Ho anche appena litigato con Sara perché gli ho accennato alla larga cos’è successo, certo non nei dettagli e con tanto di nomi… - Questo colpì Ricardo che alzò di scatto la testa guardandolo con aria logora:
- Gliel’hai detto! -
- Certo… - Rispose vago e preso in contropiede.
- No, cioè… sei stato tu a dirglielo… -
Con quello Iker capì cosa intendesse, seppure fosse confuso.
- Cris te l’ha detto perché l’ho spinto io a farlo. Non pensava fosse necessario… lui… lui è diverso dalla gente normale, ma questo dovresti saperlo meglio degli altri. - manteneva un tono calmo e pacato pronto a ricevere una sfuriata o per lo meno delle accuse. Possibile che non avesse niente da dirgli?
Eppure era venuto lì…
- Pensavo di saperlo e che mi andasse bene, ma mi sbagliavo. Siamo… troppo diversi… non proviamo nemmeno le stesse cose. Sarebbe il minimo per intraprendere una relazione come la nostra, con mille difficoltà e diversità. Ma se non c’è nemmeno il sentimento comune di base, è impossibile. - Se quello era uno sfogo, ne aveva da imparare, Ricardo!
Quando si aveva una tale enormità dentro da mandare in confusione una persona, sicuramente non si faceva così.
Poi concluse con un filo di voce e di nuovo gli occhi lucidi che scendevano sulle proprie mani che si tormentava nervosamente:
- Ho sbagliato tutto. - Iker rimase basito da quella sua reazione dove si colpevolizzava di una cosa per cui non avrebbe mai dovuto. Lo guardò per qualche istante come se fosse impazzito, poi abbassandosi appena per guardarlo meglio, ma ancora senza toccarlo per paura che l’allontanasse, disse con sicurezza e stupore:
- E’ questo che gli hai detto? - Come se ormai li conoscesse troppo bene per non avere ragione su tutta la linea.
- Sì… - Mormorò ancora senza guardarlo, sentendosi effettivamente in colpa per aver frainteso tutto. - Io ho capito male quello che Cris voleva da me, per lui era solo una cosa fisica, per me no. Forse avrei dovuto dirglielo meglio, più chiaramente. Forse non l’ho nemmeno mai fatto per una falsa parvenza di decenza visto che sono sposato e davanti a Dio lo sarò per sempre. Forse… non lo so nemmeno io… ma ho frainteso tutto. -
Il ragazzo che lo stava ascoltando rimase per un attimo di nuovo senza parole, quindi scosse la testa e contrasse la mascella domando l’impulso di andare a cercare quell’altro idiota per prenderlo a pugni.
Non solo sbagliava su tutta la linea ma lasciava anche che Ricardo, che non c’entrava nulla, si addossasse tutte le colpe.
Più trucidabile di così non sarebbe potuto essere!
Respirò a fondo per un po’, poi chiuse gli occhi e rialzò lo sguardo sul profilo basso del compagno, si stava tormentando le unghie ed era passato a mangiarsi le pellicine intorno alle stesse fino a farsi sanguinare. Notandolo gli prese la mano e l’ammonì con fermezza:
- Basta, ti fai solo male! Non se lo merita quel coglione! - Nome appropriato per uno che non sapeva affrontare sé stesso.
Ricardo lo guardò di scatto non aspettandosi una reazione simile, ma non ritirò la mano e l’altro non la lasciò, decidendo che il proprio istinto sarebbe andato più che bene per affrontare una situazione simile.
Lo tenne con decisione fingendo di dimenticarsene, quindi tornando a fissarlo con insistenza e avvicinandosi sul divano, riprese:
- Ascolta, siamo noi che abbiamo sbagliato. Solo per una cazzata siamo finiti a letto insieme e non ce ne siamo nemmeno resi conto. Cioè… potendo scegliere andrei con te! Pensi davvero che se ero lucido ed in me l’avrei fatto? -
- Tu no ma lui sì! - Rispose in fretta Ricardo sapendo che tipo fosse il suo ormai ex ragazzo e cancellando la parte inerente a quella specie di dichiarazione imbarazzante.
Iker non gli diede torto ma si sollevò nel sentirlo non arrabbiato con sé e lo espresse con spontaneità e stupore:
- Pensavo ce l’avessi anche con me. -
- No… cioè sì… all’inizio… - Tentò di fare chiarezza in mezzo al caos che aveva dentro, sospirò, si morse il labbro e sospirò di nuovo, poi riprovò con incertezza ed aria confusa fissa nel vuoto: - Pensavo di avercela anche un po’ con te, di voler chiarire perché l’avevi fatto, se eravamo amici… però credo di aver già capito tutto. Non… non penso di essere veramente arrabbiato con te… e non lo sono nemmeno con Cris. Deluso, magari, ma da me. Perché non ho capito niente di lui. - Parlò a ruota libera ed in modo poco chiaro esprimendo i propri pensieri così come gli venivano, Iker l’ascoltò attentamente senza staccargli gli occhi di dosso. Aveva una di quelle espressioni indescrivibili che erano un misto di ogni emozione possibile.
“Guarda come le esprime tutte con facilità… cos’ha che non va quell’imbecille che non ci riesce?”
Pensò al volo Iker accorgendosi di stargli ancora trattenendo la mano che si era tormentato fino ad un attimo prima.
La guardò e notò che un dito sanguinava intorno all’unghia, laddove si era tirato via nervosamente la pelle, quindi l’alzò e mormorando un veloce: - Guarda qua! - se lo mise in bocca senza ragionarci su, succhiando quel goccio di sangue che macchiava il suo indice.
Ricardo si paralizzò guardandolo shockato, non aspettandosi un gesto simile. Sentendo la lingua correre sul polpastrello e poi sulla piccola ferita che doveva ammettere gli bruciava, si trovò a trattenere il respiro e a fissarlo come avesse un alieno vicino.
Per un momento fu tutto cancellato e rimase inebetito a chiedersi che stesse facendo, poi si ricordò di essersi mangiato il dito solo un momento prima ed immaginò di cosa si trattasse. Certo non era comunque un gesto da lui, ma l’accettò di buon grado trovandosi piacevolmente cullato da un’attenzione simile.
Era questo di cui ogni tanto aveva bisogno da parte di Cristiano, nulla di eclatante od esagerato, nemmeno sdolcinato o stucchevole. Solo qualche piccola attenzione significativa unicamente per lui. Nessuna dichiarazione o consacrazione.
Sentendolo stranamente indugiare con gli occhi incollati ai propri, Ricardo si sentì chiaramente a disagio e senza strappargli la mano dalla bocca, disse a fior di labbra, come ipnotizzato:
- Va… va bene… grazie… - Di meglio non avrebbe saputo fare ma ad Iker bastò per riprendersi e accorgersi che aveva decisamente sconfinato.
Si chiese se non fosse Ricardo a fare certi effetti e capì come mai Cristiano, proprio uno come lui, ci era ‘cascato’ nonostante non fosse nelle sue ‘corde’ uno così puro e diverso.
Sorrisero di circostanza e gli lasciò andare la mano che il brasiliano chiuse a pugno nascondendola sotto l’altra come si fosse appena scottato.
Rimasero a fissarsi imbarazzati ed in silenzio per un altro po’, poi le parole di Ricardo rimbombarono nella mente di Iker che si riprese e di nuovo con decisione invase un territorio che non era suo:
- Cris ha un enorme problema, fra i mille altri. Ha paura di togliersi la sua stupida maschera e di vedere cos’ha sotto. - Ricardo lo guardò interrogativo, ancora nella confusione, senza capire cosa dicesse. Così ripeté con maggiore chiarezza: - Ha paura di vivere i propri sentimenti, per questo finge di non averne. Perché è un coglione! Non andrà avanti così tutta la vita e vedrai che rimpianti, quando si renderà conto di cosa si è perso. -
Ora aveva capito ma non l’allusione finale e a bocca aperta, con uno stupore senza precedenti e di nuovo inebetito da ciò che sentiva e dalla sicurezza con cui lo esprimeva, chiese avvicinandosi inconsciamente a lui:
- E cosa si è perso? - Non per falsa modestia, lui veramente non ci arrivava grazie alla sua enorme ingenuità.
- Te! Una di quelle cose rare in cui ci si imbatte una volta ogni cento anni! Pulito, sincero, onesto, semplice… - Rispose schietto e diretto, come se fosse ovvio. Si avvicinò a sua volta senza accorgersene sentendo il bisogno di dare più forza alle proprie affermazioni, non sapendo però come.
- Ma ha ragione… cioè, quello sposato sono io… - Non lo fece finire prendendolo per le spallem girandolo meglio verso di sé anche col busto, poi guardandolo con sicurezza disse deciso:
- Se tutti si facessero un esame di coscienza come te, il mondo sarebbe un posto migliore, ma guardati intorno! È uno schifo! -
- Vuoi dire che devo smetterla di prendermi le mie colpe e le mie responsabilità? - Chiese con turbamento.
- No! Voglio dire che non puoi pensare che anche gli altri facciano come te! Solo perché Cris non elenca le sue colpe come fai tu, non significa che non ne abbia! Ti sto dicendo di considerare questo… tu avrai le tue colpe come tutti, ma anche lui ne ha e sarebbe ora che crescesse un po’, quella testa di cazzo! O rimarrà così indietro che poi se ne pentirà ma non saprà più come tornare al tuo stesso passo perché sarà tardi! -
Gli uscì tutto spontaneo, quasi che non ragionasse più e non credesse necessario filtrare qualcosa di quello che le sue labbra esprimevano con foga ed indignazione.
Ricardo rimase spiazzato da tanta passione nel difenderlo e schierarsi dalla sua parte, questo gli fece anche capire che potendo scegliere con coscienza non sarebbe di certo andato a letto con Cristiano. Forse con lui, ma con Cristiano no…
Quello che sarebbe dovuto essere un allarme non fu considerato che come un semplice pensiero fugace e così come gli venne fu lasciato andare.
Per questo quando disse con debolezza e stupore: - Grazie… - capendo che gli aveva fatto molti complimenti, poi rimase spiazzato dalla reazione istintiva dell’altro.
E spiazzato davanti alle sue labbra che si premevano sulle proprie era un eufemismo!
Non capì quale fu il preciso passaggio dal discorso su Cristiano al bacio, ma non avendo tempo di rifletterci oltre si trovò inebetito a ricevere la sua lingua che si intrufolava svelta e con decisione fra le labbra schiuse e raggiungeva la propria.
Si perse per un secondo nella sensazione di calore e pace che quel gesto gli diede, come una medicina curativa, e se ne turbò poiché alla fine si trattava della stessa cosa e loro due non erano ubriachi.
Certo non era stato lui a baciare Iker ma il contrario, però non è che lo stesse mandando via.
Però in fondo perché?
Per Cristiano non contava niente ma se c’era un modo per capire colui che ora gli appariva come un estraneo, era magari fare le sue stesse cose.
Perché solo usando le scarpe di un altro lo si poteva capire. Si diceva così.
Qualunque motivazione si diede lì alla velocità della luce, forse il nome corretto fu solo uno.
Piccola vendetta per il dolore che gli aveva fatto provare quello che aveva comunque considerato come un suo compagno, a torto a quanto pareva.
Ritrovandosi in uno di quegli stati imprevedibili dove non era sé stesso o forse più semplicemente liberava ogni istinto nascosto e represso, rispose con trasporto al bacio scivolando con le mani dietro al suo collo ed immergendo le dita fra i capelli corti.
Lo attirò a sé senza più riuscire a pensare a nulla, con la testa che esplodeva ed ogni altra parte di sé che gridava vendetta perché quello era esattamente il suo limite ed oltre quello non poteva più farcela, perché era stufo di essere sempre e solo l’unico a fare la cosa giusta e ad essere onesto e a capire tutti.
Perché, dopotutto, era anche lui come gli altri. Forse a scoppio ritardato, ma lo era!
Iker capì di stare baciandolo quando l’altro si allacciò e con stupore rimase un attimo sconvolto di quello che stava accadendo, suo malgrado non diede freno a nulla facendo anzi esattamente il contrario.
Liberò ogni cosa repressa.
Perché quello stronzo che non sapeva cogliere le proprie fortune ed anzi le sprecava, non si meritava altro che questo.
Di capire ciò che infliggeva agli altri.
E perché in ogni caso Ricardo si meritava che qualcuno si prendesse cura di lui come si doveva poiché non era il giocattolo di nessuno.
Ma soprattutto perché fra lui e l’altro fenomeno, sicuramente quello che avrebbe voluto per sé, potendo scegliere, sarebbe di certo stato Ricardo.
Scelta che probabilmente avrebbero fatto in molti.
Decidendo in un istante che sarebbe andato fino in fondo, per quanto l’altro gli avrebbe permesso, gli prese il viso fra le mani e con premurosità lo tenne a sé, contro le proprie labbra, continuando a divorarselo con grande attenzione, realizzando quanto carnose fossero le sue su cui in molti probabilmente avevano fantasticato.
E dolci.
Dolci in un modo che ancora non aveva trovato niente.
Quasi gentili, nella sua timidezza impacciata.
Sorrise, quindi si alzò sistemandosi meglio, ponendosi in ginocchio sul divano rivolto verso di lui ancora immobile e dritto.
Le mani di Ricardo scesero sul torace coperto da una maglia non molto stretta e giunte alla vita l’alzarono senza il coraggio di togliergliela, spaventato per un momento all’idea di stare esagerando e aver perso la testa.
Iker lo capì e si staccò dalla sua bocca, lo guardò trattenendo il fiato e disse con intensità:
- Va bene… fa solo quello che vuoi fare… - Dandogli il via libera per tutto ma con dolcezza e gentilezza, senza forzarlo, senza brutalità, senza farlo impazzire… senza fare come Cristiano…
Stordito dall’enorme differenza fra i due si sciolse lasciandosi andare di nuovo, quindi finì di togliergli la maglia, alzando le braccia a sua volta e dando ad Iker il permesso di fare altrettanto.
Così fece e si trovarono ben presto a torso nudo.
Il capitano tornando sulla sua bocca lo spinse dolcemente giù stendendolo, quindi prese con delicatezza la gamba operata e la sistemò sul cuscino in modo che non fosse in posizioni pericolose, dopo di che lo ricoprì col proprio corpo caldo.
Scivolò con la lingua fuori dalle sue labbra e raggiunse il suo orecchio, lo delineò con leggerezza mentre con le mani frugava il suo corpo mezzo scoperto, tormentò ogni centimetro di pelle che ritrovava sotto le dita ma non con crudeltà bensì con dolcezza. Ricardo si ubriacò di quella gentilezza nel gestire il proprio corpo e capì che sarebbe riuscito a rimanere saldo in sé stesso, a non impazzire e che avrebbe capito per bene tutto quello che sarebbe successo e che avrebbe provato.
Scosso riguardo ciò e disorientato, si godette la piacevole sensazione della sua bocca sul proprio collo e sui capezzoli, fino a che non raggiunse le mani sul proprio inguine ora scoperto.
Quando l’aveva fatto?
Non ne era nemmeno sconvolto.
Un modo di fare l’amore così diverso e delicato da ubriacarlo comunque poiché non ne era certamente abituato.
Quando sentì la sua lingua sul proprio sesso trattenne il respiro pronto ad una rata di elettroshock sconvolgente, suo malgrado si trovò estremamente rilassato e percepì ogni singola sensazione fisica. Tanti piccoli brividi lo percorsero mentre l’eccitazione saliva nella bocca del compagno e capì che lo stava curando. Come il pensiero gli attraversò la mente, gli occhi cominciarono a bruciargli e se lo staccò di dosso tirandoselo su. Iker si piegò sulle braccia e lo guardò con una muta domanda senza capire cosa avesse, notando le sue iridi scure e lucide intuì di cosa si trattasse e sorrise rispondendo al suo muto ringraziamento.
Si lasciò condurre sul suo viso e riprese a baciarlo con dolcezza mentre dalle guance le sue dita scapparono sul proprio corpo e precisamente all’altezza del bacino ancora trattenuto dai jeans che slacciò. Riuscì a fare solo quello dal momento che erano troppo complicati da togliere in quella posizione, per cui Iker si alzò, separandosi a malincuore dalla sua bocca premurosa, completando da solo l’opera. Ricardo lo guardò sfilarsi il resto degli indumenti in piedi davanti a lui ed una volta entrambi nudi si riaccomodò sopra strofinandosi addosso per scaldarlo. L’eccitazione riprese a salire e il brasiliano cominciò a succhiarsi il labbro inferiore sentendo su di sé, contro la propria pelle sensibile, l’erezione del compagno che al momento assaggiava altre parti del suo petto.
Senza ragionarci su, per un istante proverbiale, inserì abilmente la propria mano fra i loro corpi che si sfregavano l’uno sull’altro. Raggiunse il sesso del compagno e cominciò a stimolarlo con tenera titubanza e confusione, combattuto fra il continuare lasciandosi andare di più ed il non perdere totalmente la testa.
I gemiti di Iker riempirono la stanza e si bloccarono quando sprofondò nuovamente sulla sua bocca dove poté succhiare il labbro inferiore così pieno e a lungo desiderato. Aveva un modo di concedersi che era così pulito, nonostante quello che stavano facendo, da essere sconcertante.
Sentendo vicino il proprio limite, il capitano scese fra le sue gambe cominciando prima con le dita e poi con la lingua a tormentare la sua apertura, ma con delicatezza e pazienza, usando la giusta insistenza, senza esagerare, con calma ed una lentezza crescente che gli diede via via sempre più alla testa.
Dopo che lo sentì pronto, con i suoi lamenti spontanei nell’aria, risalì al suo orecchio e con dolcezza chiese:
- Posso? - Per sapere se avrebbe avuto ripensamenti nel momento cruciale poiché poi non sarebbe più riuscito a smettere.
Ricardo aprì gli occhi, erano annebbiati e quando trovò i suoi carichi di desiderio ma sinceramente premurosi, sorrise con quella sua morbidezza caratteristica e con voce roca sussurrò:
- Certo. - Decidendo che a quel punto non si tornava indietro e che non aveva più nulla da perdere perché ciò che contava di più per lui ormai era già andato via ed anzi non l’aveva mai avuto.
Iker si tirò su, sistemò la gamba sana del’altrosulla propria spalla e senza toccare l’altra per paura di fargli male gli si accostò esitando un solo istante.
Lo guardò con cura ed attenzione nel viso abbandonato dal desiderio, capì che lo voleva veramente e che non fingeva di avere Cristiano con sé -anche perché il modo di farlo era talmente diverso che sarebbe stato impossibile confonderli- bensì voleva semplicemente farlo per scacciare quel malessere che l’aveva di nuovo fatto affondare in meno di un’ora.
Così sfoderò un’espressione affettuosa senza nemmeno rendersene conto e con dolcezza scivolò in lui. Lo sentì contrarsi un primo momento ma subito dopo rilassarsi poiché evidentemente era abituato a modi peggiori e ripensando a quando l’aveva fatto lui con Cristiano e alla sua impetuosità trascinante, un’ondata violenta d’eccitazione lo colpì facendolo muovere più veloce.
Cominciò a spingere con movimenti possenti, lo guardò mordersi il labbro con forza e chiudere gli occhi mentre premeva il capo all’indietro, totalmente abbandonato al piacere.
Questo lo sconnesse e senza accorgersene aumentò vertiginosamente il ritmo trasformandosi in qualcosa di più impetuoso e forte, capace di far perdere la testa anche a Ricardo che si trovò confuso sentendosi prendere in quel modo stordente.
I gemiti si unirono presto andando in simbiosi come i loro corpi, ora mossi in un’unica onda sempre più tempestosa. Mano a mano che l’intensità saliva, Ricardo affondava le unghie sul petto finendo per graffiarlo come quando perdeva la testa con Cristiano e non capiva più niente, fino a che addirittura non lo mordeva.
E ci fu un momento per entrambi, uno specifico, in cui si trovarono sbalzati così tanto fuori da loro stessi, pensando alla medesima persona che ora non era lì, che dovettero fermarsi e aprire gli occhi, guardarsi senza vedersi e fare fuoco con fatica. Si ritrovarono e si riconobbero, quindi sciolsero la tensione che li aveva attanagliati e sorridendo con delicatezza allo stesso modo tornarono in loro stessi. Ricardo mollò la sua pelle e Iker l’accarezzò sul viso posandogli un leggero bacio sulla punta delle dita.
Dopo di che ripresero a muoversi con più calma tornando a quel crescendo, ma senza più staccarsi gli occhi di dosso se non quando abbandonarono la testa all’indietro raggiungendo il culmine.
Non fu facile riprendersi ed il primo a riuscirci fu Iker che scivolò fuori dal compagno crollandogli addosso. Rimasero così un istante e solo quando le braccia gentili di Ricardo cinsero il capo e la schiena dell’altro, si resero conto di non saper cosa dire, di non avere proprio nulla da esprimere a voce e che qualunque cosa avesse significato per entrambi comunque non se ne sarebbero pentiti.
Anche se per Ricardo era stato evidente -per un istante- chi era la persona che avrebbe voluto fosse a possederlo.
Una piccola cura, una piccola vendetta o qualunque altra cosa fosse poi stata per entrambi, li cullò facendoli addormentare in quel modo senza preoccuparsi di nulla.
Nemmeno degli strani sentimenti appena nati in Iker, sentimenti che lenti e striscianti si stavano facendo sentire sempre più prepotentemente.