titolo Do and do not
fandom Distretto di Polizia
personaggi Valerio, Giulio Flaviano
pairing Valerio/Giulio
rating NC17
conteggio parole 1111 (creepy!) (W)
prompt
a. "Questa notte passerà, o la faremo passare" (
5_nowhereland)
b. "Ti odio" @
italian p0rn fest (
fanfic_italia)
c.
divano fest! note NO WAY. xD
disclaimer Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo. Puro fangirling.
~ I commenti sono l'amore. I lurker sono il male.
~ Do and do not.
Valerio non ama il Capodanno. Non capisce e non ha mai capito cosa cazzo ci sia da festeggiare quando un anno finisce e ne comincia uno nuovo, che sarà del tutto identico se non peggiore del precedente. E poi non ha mai amato nemmeno le futili baldorie con cui, invece, Giulio va a nozze.
Il suo fratellino trascorre la notte di Capodanno vagabondando senza sosta tra discoteche, pub e feste alle quali non era stato invitato, consumando ore interminabili con frotte di sconosciuti, il tutto con sommo disappunto di Valerio, che ha questa mania quasi ossessiva di voler sempre sapere Giulio dov’è, cosa fa, e con chi.
Quest’anno, comunque, le cose sembrano voler prendere una piega diversa: sono le nove e Giulio non è ancora uscito di casa, non ha ancora ricevuto nessuna telefonata di donna e, cosa sommamente degna di nota, non si è ancora lamentato - nemmeno un gemito piccino picciò - del fatto che la cena non è pronta.
Valerio sta cominciando dunque a sospettare che in realtà quello seduto pacificamente sul divano sia un robot, e che il vero Giulio dev’essere a spassarsela tra i bassifondi, con quella troia della sua nuova ragazza.
“Oh, Giulio,” chiama, dalla cucina, “che, non esci?”
Giulio brontola qualcosa di incomprensibile, a metà tra un ringhio e un rantolo felino, e Valerio abbandona i fornelli per andare a prendere il suo viso tra le mani, guardarlo negli occhi e chiedergli cosa c’è che non va.
“Niente,” è la laconica risposta, ma anche un criceto si accorgerebbe che Giulio sta mentendo.
“Bugiardo,” osserva dunque Valerio, pacifico, e Giulio s’imbroncia.
“Non è una bugia,” puntualizza, “è più un’omissione.”
Valerio sorride.
“E da quando si omettono cose al proprio fratello maggiore?” domanda; vede un insulto affacciarsi nello sguardo di Giulio, che però rimane perfettamente muto.
“Giulio, non essere infantile. Non troppo, almeno. Adesso alzati, avanti, che è pronto. Qualcosa dovrai pur mangiare.”
Oggi Valerio ha imparato che cenare con tuo fratello chiuso in un mutismo assoluto non è affatto divertente. Chissà per quale ragione, Giulio sembra avercela a morte con lui. D’accordo, non è una cosa poi tanto insolita, ma Cristo, in genere il motivo del rancore è chiaro, a volte persino comprensibile, adesso invece no: oggi si parla di un odio ingiustificato, nato dal nulla, e dire che Valerio ce la sta mettendo proprio tutta per cercare di capire!
È maledettamente frustrante, e lui potrebbe perdere la pazienza da un momento all’altro. Non sarebbe un bello spettacolo, poco ma sicuro.
“Giulio, davvero non esci?”
“No.”
Toh, un monosillabo. Questo sì che è un passo avanti.
Mezzanotte sembra non voler arrivare.
Giulio occupa la sua poltrona preferita, si fissa le mani, gioca con uno Zippo, forse schiaccia un pisolino. Valerio, dal divano, lo guarda e si chiede perché cazzo devono cominciare l’anno in questo modo squallido.
Forse Giulio la pensa diversamente, ma Valerio non ama litigare con lui, e soprattutto non crede che sia molto bello, essere odiati dall’unica persona al mondo di cui t’importi qualcosa, a parte te stesso.
No, la verità è che Valerio detesta litigare con Giulio con tutte le proprie forze, e la sua unica, tristissima consolazione è un vecchio proverbio, secondo cui l’amore non è bello se non è litigarello. È ridicolo: lui, Valerio Flaviano, si aggrappa alla saggezza popolare per non essere distrutto dalla depressione?
E la colpa di tutto è di Giulio.
“Ti odio,” annuncia Valerio, e gli sembra che, per un attimo, la stanza e il mondo intero siano stati scossi da un brivido.
Giulio finalmente alza la testa, lo guarda, quasi pigramente.
“Lo so,” dice; poi aggiunge: “Perché?”
Sembra genuinamente curioso, e Valerio gli concede un sorriso allegro.
“Sei mio fratello,” risponde, criptico. Giulio pondera per un minuto intero le sue parole, poi si alza e, sempre con aria assorta, si muove incontro al fratello.
“’Sta notte sembra non voler finire mai,” mormora, distratto. Si sta sbottonando la camicia, e il sorriso di Valerio si allarga e diventa malizia.
“Che c’è?” chiede, il ritratto dell’innocenza, e quando Giulio è in piedi, davanti a lui, gli stringe le dita attorno ai fianchi magri. “Vuoi darmi un motivo in più per odiarti?”
Giulio ridacchia, si china per baciarlo ma s’immobilizza un centimentro troppo presto.
“Tu non mi odi affatto,” dice, “non sai nemmeno cos’è, l’odio.”
“È vero,” concede Valerio, poi lo attira in un bacio morbido e famelico che, osserva Giulio, surclassa nettamente qualunque scambio di saliva abbia mai avuto con Melissa - o chi per lei.
I pantaloni di Giulio ed i vestiti di Valerio scivolano via facilmente, quasi fossero anche loro ansiosi di togliersi di torno. Il divano, miracolosamente, si dimostra largo abbastanza da accogliere più o meno comodamente e senza eccessive proteste le acrobazie dei due.
La schiena di Giulio scotta quando Valerio prende ad accarezzarla per allontanare un brivido di freddo, e il collo di Valerio brucia quando Giulio ci seppellisce il viso.
Quando, oltre le finestre, il cielo esplode in miliardi di frammenti luminosi e colorati e il mondo è invaso dal fumo acre dei bengala, Giulio volta lo sguardo dall’altro lato, e in un impeto di energia spinge Valerio all’indietro, sedendosi a cavalcioni dei suoi fianchi.
“Cominciamolo bene, l’anno nuovo,” suggerisce. Valerio lo afferra per la nuca - sempre il solito campione di delicatezza -, e se lo trascina contro.
“Prima facciamo passare ’sta notte del cazzo.”
Giulio non è mai stato un boy scout, il suo senso dell’orientamento è pari a meno di zero, però la strada per percorrere il corpo di Valerio verso quella destinazione ce l’ha impressa sotto la pelle.
Sono le mani di Valerio, fuse ai suoi capelli, che gli indicano il ritmo giusto e dove andare e quanto affondare, ma la bocca intorno al sesso pulsante è la sua e Dio, davvero non dovrebbe essere una sensazione così devastante, vero?
Valerio si gode il pompino senza ritegno, un po’ sorride, un po’ geme, un po’ progetta la prossima mossa.
Roma non si è ancora stufata di festeggiare il cambio di data. Esplodono luci, grida e colore; qualcuno ancora tiene viva la tradizione di gettare in strada il vecchiume, e allora esplodo anche tv, porcellane, mariti, ed esplode l’orgasmo di Valerio, caldo e dolce sulla lingua di Giulio.
Il Tevere ridacchia, e riflette contento il tripudio arcobaleno di stelle che invade il cielo.
Qualcuno, ai piani alti, si lamenta del rumore.
Valerio, piacevolmente soddisfatto, scivola piano piano dentro Giulio, che stringe i denti per non piangere, e maledice sé stesso e il mondo intero, la notte che non passa e poi anche Valerio, che lo scopa e non lo scopa, che lo odia e non lo odia, ma certamente non lo ama.