Titolo: Il tempo che resta
Fandom: Harry Potter
Parti: 3/3 + Epilogo
Coppia: Rose/Scorpius
Rating: NC17
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale, Erotico
Conteggio Parole: 24700
Riassunto: Rose ha ventisette anni e, dopo aver trascorso molto tempo in giro per il mondo a causa del suo lavoro, torna a Londra per fermarsi e capire cosa vuole veramente dalla sua vita. Durante questa ricerca si imbatte in Scorpius, vecchio compagno di scuola che non vedeva da anni e di cui era stata invaghita. Questo incontro porterà entrambi a compiere delle scelte impreviste.
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Epilogo Capitolo 7
Rose rimase tutto il pomeriggio a casa dei suoi chiacchierando con sua madre di questioni ministeriali e delle novità in famiglia, in particolar modo di Zabini, ben conosciuto da Hermione perché suo collega al Wizengamot. Aveva finto di dimenticare Scorpius, ma quando fu l'ora di tornare a casa un peso iniziò a schiacciarle il petto bloccandole a tratti il respiro. Avrebbe dovuto essere felice perché si erano finalmente baciati, ma la storia di Anne le aveva lasciato addosso le emozioni più disparate, e la gioia non era certo ai primi posti tra quelle più forti.
Appena uscita dal camino trovò una biglietto sul pavimento vicino alla porta.
“Sono passato a trovarti, ma non c'eri. Quando torni e se ti va io sono a casa.”
Non era firmato, non ce n'era bisogno. Si incamminò verso casa di Scorpius e quando arrivò di fronte al suo portone lui era affacciato a una finestra. Non ebbe neanche bisogno di suonare che era già venuto ad aprile la porta.
«Prego, entra» sembrava contento di vederla, mentre lei probabilmente aveva una faccia da funerale.
«Cosa stavi facendo?» chiese tentando di sembrare serena. Scorpius le si avvicinò e l'aiutò a sfilarsi il cappotto per poi agganciarlo sull'appendiabiti.
«Stavo preparando la cena, ti va di mangiare con me?» Rose annuì e lo seguì in casa. Era rilassato e se ne stupì, non lo aveva mai visto così prima di allora. I loro incontri erano stati sempre attraversati da una leggera inquietudine e lui non sembrava essere mai stato così a suo agio.
«Sappi che ci terremo leggeri. Stasera sandwich» l'avvertì mentre si avvicinava al marmo del piano cottura dove stava preparando il cibo.
«Avrei potuto mangiare anche a casa allora» sbuffò Rose fingendo disappunto. Si era fermata sulla porta della cucina e gli guardava le spalle. Aveva i piedi scalzi e i capelli alla rinfusa, avrebbe voluto avvicinarsi e abbracciarlo ancora una volta ma una sorta di timore la tratteneva.
«Sì, avresti potuto cenare a casa, ma non avresti avuto la mia compagnia» disse lui voltandosi. «Perché resti lì? Vieni qui e dimmi cosa vuoi nel panino.»
Rose entrò titubante. Pensava che il primo incontro dopo quello che era successo sarebbe stato più difficoltoso. Immaginava che avrebbero fatto una lunga discussione, si era preparata anche a dover lottare contro la ritrosia di lui che fino a quel momento non si era mai esposto chiaramente. Non credeva di ritrovarlo così a suo agio, soprattutto dopo tutto il tempo che ci aveva messo per raccontarle di Anne.
Quando fu al suo fianco Scorpius si voltò a guardarla. Doveva aver percepito il suo stato d'animo perché, per smorzare la tensione, le sporcò il naso con una ditata di maionese con fare giocoso.
«Più ti conosco più perdi i tuoi modi da gentleman» disse Rose afferrando un pezzo di scottex per pulirsi. Lui rise.
«Più tempo passiamo insieme e meno mi vedi come un principe delle fiabe» disse strizzandole un occhio e portando i panini a tavola.
«E da quando ti vedrei in calzamaglia blu?» domandò Rose vagamente offesa.
«Da quando hai diciassette anni, lo hai ammesso tu.»
«Non ti avrei mai detto della cotta se avessi saputo che un giorno l'avresti usata contro di me» borbottò lei sedendosi a tavola e afferrando il suo panino. «Comunque grazie perché mi sfami» disse dopo aver dato il primo morso.
«Potrebbe diventare un'abitudine.»
Scorpius le sorrise in maniera sorniona e Rose ricacciò in un angolo tutte le insicurezza. Si convinse che dopo tutto sua madre aveva ragione, le cose si sarebbero sistemate da sole e le sue erano solo stupide paranoie.
«Ieri sera ho visto anche Lorcan» gli disse ad un certo punto, con la bocca ancora piena.
«Com'è stato?» chiese Scorpius mentre raccoglieva con un pollice una briciola di pane dall'angolo della sua bocca, facendola leggermente arrossire.
«Era con la Rosier e mi ha fatto un po' incazzare» sospirò a malincuore. Lui la guardò dubbioso e Rose si affrettò a chiarire. «È stato umiliante, lui insieme all'amante e io sola a far pietà a tutti. Il mio orgoglio ne ha risentito.»
Scorpius rise di gusto. «Tu sei tutta matta.»
Rose mise su il broncio e continuò a mangiare in silenzio.
«Non dirmi che ti sei offesa» disse Scorpius posando quello che rimaneva del panino sul piatto.
«Forse» mugugnò lei fissando il suo cibo.
«Ho un'idea su come farmi perdonare. Vieni che ti faccio vedere una cosa.»
Si alzò e la prese per mano, trascinandola sua per le scale e poi attraverso un lungo corridoio, alla fine del quale c'era una grande porta scorrevole con vetri opachi.
«Chiudi gli occhi» le disse in procinto di aprire la porta.
«Mi assicuri che non mi farai del male?»
«Parola di Caposcuola» disse solennemente lui.
Rose chiuse gli occhi riaprendoli solo quando lui le disse di farlo e fu allora che si ritrovò in un grande giardino. La stanza era evidentemente incantata, il cielo infatti era stellato e limpido e l'aria piacevolmente calda. Tutto intorno c'erano piante e fiori, e delle lanterne svolazzavano a mezz'aria illuminando tutto. Scorpius, tenendola sempre per mano, la fece accomodare su un dondolo.
«Ma è bellissimo» disse guardandosi intorno e accarezzando la lunga foglia di una pianta vicino a lei.
«Erborologia è sempre stata una delle mie materie preferite. Quando mi sono trasferito in questa casa ho deciso che avrei trasformato ogni stanza in un luogo particolare. Alla fine sono riuscito a sistemare solo questa.»
«Non è triste vivere in una casa così grande da solo?»
Scorpius scrollò le spalle. «In realtà ci sto poco, sono quasi sempre a lavoro, e dopo quello che è successo avevo bisogno di uno spazio grande. L'appartamento in cui vivevo prima era più piccolo del tuo e dentro ci soffocavo... In fin dei conti sono cresciuto in una casa che è grande tre volte questa e trascorso la mia adolescenza in un castello.»
Aveva smesso di sorridere ed era tornato di nuovo serio. Rose sentiva di non poter ignorare l'argomento, non potevano proprio far finta di nulla.
«Mi dispiace di aver forzato la mano ieri, non volevo costringerti a parlare.»
«Non mi hai costretto, era solo arrivato il momento di dirtelo.»
Scorpius le lanciò una lunga occhiata e poi le si fece più vicino. Improvvisamente e senza alcun motivo le tornò in mente di quando a scuola capitava che si sedessero allo stesso banco, e si stupì di come a distanza di così tanti anni il suo corpo reagisse sempre allo stesso modo alla vicinanza di Scorpius. Forse non erano così tanto cambiati. In qualche modo quella vulnerabilità che pensava di essersi lasciata alle spalle, e che non aveva più provato di fronte a nessun uomo, le apparteneva ancora.
Scorpius si chinò lentamente a baciarla e Rose non fu presa del tutto alla sprovvista. Aveva capito verso metà serata che sarebbe accaduto di nuovo. Quello che non si aspettava era che il bacio la colpisse più intensamente del primo, quasi tremava mentre lui la invitava a schiudere le labbra.
Le aveva posato una mano sul volto che poi era scesa ad accarezzarle il collo. Presto quella mano fu seguita dalla bocca, che lasciò lungo la pelle sottile e candida una scia di baci che arrivò fino alla clavicola. Rose intrecciò le braccia dietro al suo collo e iniziò ad accarezzargli i capelli. Gli ultimi dubbi volarono via come foglie spazzate dal vento, lasciando che si facesse spazio il profumo di nuove sensazioni.
Le mani di Scorpius arrivarono sotto il suo maglione sfiorandola lungo tutta la schiena. Sentì le dita indugiare sul gancetto del reggiseno, incerte se procedere o fermarsi, e intanto avevano ripreso a baciarsi.
Quella vicinanza e il calore iniziarono ad annebbiarla, e col respiro mozzato si allontanò leggermente per prendere fiato. Senza sapere da dove le venisse tutto quel coraggio, avendo solo una vaga idea che forse era il desiderio così a lungo covato e nascosto che la stava guidando, gli disse: «Andiamo nella tua camera da letto.»
Conosceva bene le conseguenze di quella richiesta e solo per una frazione di secondo ne ebbe paura, giusto il tempo prima che lui la baciasse di nuovo e la afferasse per un braccio trascinandola nella sua stanza. La camera era buia, a illuminarla c'erano solo le luci aranciate dei lampioni che filtravano dalle finestre. Sempre avvinghiati trovarono il letto a tentoni, cadendoci sopra malamente. Rose si sentì avvolta dal profumo di Scorpius, proveniva da lui, dalle lenzuola, dai cuscini. E poi la strinse, così forte da non farle sentire più niente tranne la sua bocca e i polpastrelli che le afferravano possessivi i fianchi.
Senza voglia si scostò da lui e ne cercò gli occhi nella semi oscurità. Prese un respiro e senza rimuginarci ulteriormente si sfilò la maglietta. Scorpius lo intese come il segnale definitivo. Senza più tentennamenti le slacciò il reggiseno e le afferrò i seni con entrambe le mani. Rose soffocò un gemito, ancora trattenuta dagli ultimi residui di un pudore che la abbandonò definitivamente quando Scorpius iniziò a baciarla partendo dall'ombelico, con calma, in una lenta salita costellata da baci umidi e caldi.
Era strano ritrovarsi lì in quel modo, l'aveva desiderato e immaginato ma in maniera del tutto diversa. Pensava che sarebbero stati impacciati, forse anche timidi, invece ora che stava accadendo si scopriva audace. Gli tirò i capelli impaziente quando arrivato all'incavo dei seni non decideva ancora a darle tregua. Lui, ignorando la sua protesta, iniziò a leccare la pelle intorno al capezzolo sempre più turgido, e fu solo quando la sentì sospirare quasi affranta che iniziò a succhiare smanioso.
Rose lo costrinse ad allontanarsi per sfilargli la maglietta e poterlo toccare anche lei. Quando furono entrambi a petto nudo si abbracciarono stretti e ricominciarono a baciarsi. C'era una confidenza e un'intimità in tutto quello che stava accadendo, in ogni gesto, che rapidamente ogni residuo di dolcezza sfumò in perdita di contegno e in un desiderio sempre più forte. Ogni lembo di pelle scoperto, ogni tocco, ogni sospiro erano conquiste che arrivavano dopo un'attesa lunga dieci anni.
Mentre si lasciava accarezzare, Rose si trovò a volere contatti inaspettati. Seguendo solo i suoi desideri scivolò tra le sue braccia per chinarsi su di lui e iniziò a baciare la striscia di pelle poco più sotto dell'ombelico, sempre più eccitata all'idea di cosa stesse per fare. Nonostante questo non ebbe la forza di guardarlo negli occhi mentre gli sfilava i pantaloni e poi i boxer, quasi spaventata da quello che lui avrebbe potuto pensare. Scorpius intanto si era leggermente sollevato facendo perno sui gomiti per aiutarla a sfilare con più facilità gli indumenti.
Le tremarono leggermente le braccia mentre lo afferrava e si sentì sfacciata quando lo prese tutto in bocca, cominciando a succhiare e leccare. Scorpius ricadde nuovamente sul letto con un lieve tonfo, completamente sconvolto. Rose sentiva le tempie pulsare e il cuore battere così velocemente da lasciarla senza fiato, eppure continuava imperterrita quello che aveva iniziato. Non le era mai successo di desiderare così intensamente qualcuno, né di lasciarsi andare così già dalla prima volta.
Poi lui si sollevò e le chiese di fermarsi. Non appena si era scostata per guardarlo in volto e capire cosa fosse successo, Scorpius aveva preso il sopravvento ribaltando le posizioni. Afferrata la bacchetta sul comodino le aveva sfilato in un colpo jeans e slip e aveva materializzato un preservativo. La fece stendere sotto di lui e baciandola aveva iniziato a penetrarla.
Rose gli strinse le spalle mentre sentiva la sua testa rimbombare. Tutti i suoi sensi erano stimolati e solo quando Scorpius fu completamente dentro di lei la tua attenzione si focalizzò su quell'unico punto, e la sensazione fu talmente intensa da farla vibrare come una corda tesa. Aveva ripreso a baciarle il collo e il seno mentre si muoveva su di lei prima con una certa lentezza, poi con spinte sempre più forti e intense. Rose si inarcava verso di lui, incapace di stare ferma, fino a quando Scorpius non si staccò dal suo corpo e allungando una mano iniziò a stimolarle il clitoride. La toccava e la baciava come se non avessero fatto altro da tutta una vita.
Rose aveva sulla punta della lingua quelle parole, avrebbe voluto dirle ma qualcosa la frenava. Poi, quando lui si mosse più forte e la toccò più intimamente, quel pensiero scivolò via dalla sua mente e il piacere dell'orgasmo la inondò in ogni angolo del corpo e della testa.
Scorpius si accasciò su di lei, uscì con un gesto fluido e con attenzione sfilò il preservativo facendolo scomparire con un colpo di bacchetta. Ancora frastornata dai brividi e dall'incredulità per quello che era accaduto (soprattutto per com'era accaduto), si lasciò trascinare sotto le coperte da Scorpius che la strinse con foga, forse troppa.
«Adesso dormi» le mormorò a un orecchio. Lei si accucciò al suo fianco, ancora nuda, e si addormentò quasi subito ignara che Scorpius rimase sveglio e incapace di chiudere occhio per tutta la notte.
*
Quando Rose si risvegliò l'indomani mattina un leggero senso di stordimento e smarrimento la bloccarono. Poi ricordò quello che era accaduto la sera prima e con il braccio andò a cercare il corpo di Scorpius. Quando si rese conto di essere sola si mise a sedere trascinando con se le coperte e le lenzuola. Si guardò intorno ma non c'era ombra di lui. Scese dal grande letto di legno e si rivestì velocemente. Sorrise vedendo i suoi abiti ordinatamente appoggiati su una poltrona dal suo lato del letto. Sorrise per tentare di reprimere l'ansia che iniziava a montare.
Scese al piano di sotto sperando di vederlo in cucina o sul divano a leggere il giornale. Tutto quello che trovò fu un biglietto appoggiato sul tavolo.
“Scusami Rose, ma vado di fretta, monto alle sette e non volevo svegliarti. Rimani quanto vuoi. Ci vediamo questa sera, dobbiamo parlare.”
Rilesse il bigliettino più volte tentando di interpretare il tono di quel 'dobbiamo parlare', senza riuscire a capire cosa significasse. Usò il camino per tornare a casa, si diede una lavata e andò a lavoro. Prima di uscire aveva inviato un gufo a Lily chiedendole di vedersi per pranzo.
Arrivata in ufficio sperò che un qualche imprevisto o disguido le movimentasse la mattinata, così da non rimuginare troppo sulla sera prima ma soprattutto su quello strano risveglio, invece quel giorno ci fu calma piatta. Le arrivò solo la notifica che quel fine settimana sarebbe partita per Roma e il gufo di Lily che le dava appuntamento al solito posto, alla solita ora.
Uscì dall'ufficio con mezz'ora di anticipo, impaziente di incontrare la cugina, e per una volta arrivò prima della sempre puntuale Lily.
«Rose!» la salutò quella allegramente mentre entrava nel locale. «Sono felice di vederti, sabato sei scomparsa e ieri non ho avuto tempo di chiamarti. Nathan è venuto a pranzo da noi e sono stata distratta.»
Mentre Lily si accomodava, la cameriera era arrivata a prendere le ordinazioni e loro chiesero la solita cosa.
«Come è andato il pranzo?»
«Benissimo. Albus e James l'hanno presa meglio di quanto mi aspettassi, ero convinta che avrebbero fatto una tragedia, invece dopo il momento di perplessità iniziale hanno stretto la mano a Zabini e amici come se non ci fosse un passato.»
«Ero sicura che si sarebbe risolto tutto» sorrise Rose.
«La verità è che la paternità ha rammollito i miei due fratellini» ghignò Lily prendendo un bicchiere d'acqua. «Ma invece a te cos'è successo? È stato per Lorcan che te ne sei andata prima? Ha avuto una gran faccia tosta a presentarsi con Krista a pochi mesi dall'annullamento delle nozze, dopo tutte le voci che sono girate.»
Rose annuì, lasciando credere a sua cugina che il motivo per cui era scappata fosse quello. Non voleva raccontarle della vita privata di Scorpius, non le sembrava corretto.
«Però non ci credo che quest'aria stralunata sia dovuta a questo, che altro è successo?»
Rose sospirò avvilita, sapeva che parlarne le avrebbe fatto bene ma aveva paura di ammettere quello che in cuor suo già sapeva.
«Ieri sono andata a letto con Scorpius» Lily sgranò gli occhi incredula.
«Oddio, che notizia. Sono felice, ma perché tu non sembri esserlo?»
Rose le allungò il biglietto che le aveva lasciato Scorpius, lo aveva tenuto in tasca tutto quel tempo.
«Capisco... pensi che voglia fare un passo indietro?» chiese Lily restituendole il pezzo di pergamena.
«Forse. Non è un buon segno, giusto? La mattina dopo che fai sesso con una persona che frequenti da settimane non sgattaioli via come un ladro, o no?»
Che poi la loro non era neanche una semplice frequentazione, pensò con una fitta di dolore Rose. Lei e Scorpius si conoscevano, si capivano, tra loro esisteva qualcosa che era sopravvissuto nel tempo e che il solo pensiero la faceva sentire sdolcinata come una piuma di zucchero filato, quelle che tanto amava quando era una ragazzina.
«Forse vuole solo chiarire la situazione...» azzardò Lily senza esserne troppo convinta.
Rose scosse la testa. «No, si sta tirando indietro, come ha sempre fatto» disse stringendo il biglietto tra le mani stropicciandolo tutto. Quella calma così innaturale, che lui aveva ostentato quando il giorno prima era entrata in casa, avrebbe dovuto metterla in guardia e allarmarla maggiormente. Scorpius non poteva sistemare tutto quello che c'era di irrisolto nella sua vita solo parlandogliene, si era illuso e l'aveva illusa.
«Non devi fasciarti la testa prima di cadere» insistette Lily testarda. «Ascolta quello che ha da dirti, forse vuole veramente chiarire la vostra situazione. Non credo che abbia fatto sesso con te senza pensarci attentamente.»
Furono interrotte dalla cameriera, che posò le insalate di fronte a loro.
«Piuttosto, com'è stato?» chiese Lily con curiosità. Rose arrossì al ricordo, poi una fitta di tristezza la colpì in pieno petto.
«È stato il miglior sesso della mia vita» sospirò amaramente guardando la sua insalata senza avere appetito. «Non ho mai avuto una prima volta con uomo che fosse così perfetta.»
Lily la guardava ammaliata. «Sembra una cosa piuttosto forte.»
«Già.»
«Be', quanto meno puoi escludere l'idea che ti voglia piantare a causa del sesso scandente» provò a scherzare Lily senza riuscire a farla ridere. «Adesso mangia, prima di svenire sul piatto.»
Capitolo 8
Quando si materializzò di fronte alla porta di casa lo trovò seduto sugli scalini.
«Inizia a diventare un'abitudine?» gli chiese dandogli un colpetto sulle spalle. Lui si girò, aveva la faccia stropicciata di chi ha trascorso una giornata intera senza fermarsi un attimo. Non appena incrociò il suo sguardo Rose ebbe la certezza di cosa stesse per accadere. Entrarono in casa senza dire una parola. Grattastinchi li accolse miagolando e facendo le fusa, Scorpius lo raccolse dal pavimento e si sedette sul divano.
«Vuoi qualcosa?» chiese mentre toglieva gli orecchini e li posava in una ciotola all'entrata. Le mani le tremavano leggermente e le unì l'una con l'altra in un unico pugno per tentare di controllarsi.
«No, grazie.»
Rose si bloccò. Pur avendo intuito le sue intenzioni, il tono di voce atono e quella freddezza la stranirono.
«Io prendo un bicchiere di Whisky Incendiario.»
Scorpius annuì senza aggiungere una parola. Rose andò lentamente verso la credenza e si versò mezzo bicchiere di Whisky buttandolo giù in un colpo. Le arrivò dritto come un pugno allo stomaco. Aveva mangiato solo un'insalata durante tutto il giorno e sperò che il primo bicchiere fosse sufficientemente forte da stordirla. Se ne versò un altro mezzo e andò a sedersi sulla poltrona.
«Avanti, dillo» sputò sentendo già girarle lievemente la testa.
«Non può funzionare.»
Scorpius lasciò andare Grattastinchi per terra, strinse le mani l'una con l'altra leggermente piegato in avanti con lo sguardo fisso sul pavimento.
«Devi dirmi anche perché.»
«Non posso avere una storia con te, per tanti motivi.»
Rose provò un moto di pietà. Sapeva che l'angoscia di Scorpius era reale, sapeva anche quali erano i suoi motivi validi, ma doveva sentirglieli dire, forse dicendoli ad alta voce anche lui li avrebbe trovati stupidi almeno quanto lei.
«Vuoi farmi credere che negli ultimi quattro anni, da quando è morta, non hai mai avuto una relazione?» disse senza trattenere una nota di sarcasmo.
«Ho avuto delle storie, tutte brevi, senza importanza. Ma lo sai che con te sarebbe diverso e io non credo di farcela.»
«Se non vuoi una storia seria, perché ieri sei venuto a letto con me?»
Rose bevve un altro sorso di Whisky, sperava che il bruciore del liquore spegnesse un po' il dolore che stava provando. In fin dei conti era colpa sua, aveva volutamente ignorato tutti i segnali che l'avvertivano che andarci a letto senza prima parlare avrebbe portato a quell'esito.
«Rivederti in ospedale è stato bello. Eri così carina e imbarazzata, e per un attimo sono tornato indietro di dieci anni, a quando trascorrevo la metà del mio tempo a guardarti di sottecchi nascosto dietro un libro. Ritrovarti a due isolati da casa solo pochi giorni dopo invece è stata una sorpresa, quasi un segno, anche se non credo in queste cose. È stato praticamente inevitabile continuare a pensarti e di conseguenza a cercarti.» Rose ebbe un lieve sussulto, sapere quelle cose prima che lui la lasciasse non l'avrebbe fatta stare meglio. Chiuse gli occhi e prese un respiro tentando di ricacciare le lacrime che già le pungevano gli angoli degli occhi. Scorpius smise di guardare il pavimento e la fissò dritta in faccia, lei fu costretta a distogliere lo sguardo. «Lo hai visto, lo so che te ne sei accorta... ho tentato di mantenere le distanze ma non è servito a niente. Devi credermi quando ti dico che quello che è successo ieri l'ho voluto perché pensavo di poterlo finalmente gestire, ero convito che sarebbe bastato dirti tutto per fare andare bene questa cosa. Non è così.»
«Quindi te ne sei pentito» constatò con voce secca, amara.
«Sono pentito di averti fatto credere di poter superare tutto e stare con te. Io non posso avere un'altra storia.»
«Neanche con me?»
«Soprattutto con te.»
Pensava di far finire questa cosa prima che fossero entrambi troppo coinvolti. Lui però non aveva calcolato quanto lei avesse già emotivamente investito in loro. Non le restò che buttare giù quello che rimaneva nel suo bicchiere. Non lo avrebbe pregato di stare con lei, non dopo che avevano fatto l'amore. Non ne aveva le forze e soprattutto aveva una sua dignità.
«Quindi che facciamo?» chiese stringendo tra le mani il bicchiere vuoto. I suoi occhi rimbalzavano da un punto all'altro della stanza, soffermandosi su tutto tranne che su lui. Se lo avesse guardato sarebbe crollata e lei non crollava, lei si ricostruiva costantemente.
«Io non voglio che le cose cambino.»
«Mi stai chiedendo di rimanere amici» constatò con un pizzico di ironia.
«Se puoi.»
Rose tirò un sorriso rassegnato. «Andrà benissimo. Adesso però devi andare, sono stanca ed è inutile che io finga che questa non sia stata una bella botta.»
Posò il bicchiere sul tavolino e si premette gli indici sulle tempie, le era scoppiato un terribile mal di testa.
«Sei sicura che vuoi che vada? Sembri brilla» disse Scorpius alzandosi e tentando di toccarle la spalla. Rose si scostò bruscamente.
«Sto benissimo, puoi andare. Ci vediamo in questi giorni» sentì un conato di vomito salirle lungo la gola mentre diceva quelle parole.
«Quando vai in Italia?»
«Parto venerdì.»
«Allora ci vediamo prima.» Prese la sua giacca e fece una carezza a Grattastinchi. «Buonanotte. Se hai bisogno sai dove trovarmi.»
Non appena Scorpius si chiuse la porta alle spalle, Rose corse a vomitare. Seduta sul pavimento freddo del bagno completamente svuotata pensò che non importa quanto si creda di essere pronti a un rifiuto, quando ci si sbatte il muso contro fa comunque sempre troppo male. E la sua vita era un susseguirsi di fallimenti sentimentali. Avrebbe voluto poter essere arrabbiata con Scorpius, ma l'unica persona per cui provava disprezzo e rancore era se stessa. Era lei che si era lasciata andare, era lei che si era buttata nell'ennesima storia sbagliata pur avendo sin dall'inizio il sentore che ci fosse qualcosa che non tornava.
*
In una mano reggeva un bicchiere di Whisky Incendiario, con l'altra stringeva l'angolo di una foto babbana. L'immagine lo fissava tristemente assente, gli occhi lo guardavano ma senza il più piccolo guizzo di vita. La donna sorrideva di un sorriso statico, immobile.
Era l'unica foto che aveva conservato, le altre le aveva regalate ai genitori di Anne il giorno del suo funerale. L'aveva tenuta perché era un ricordo da cui non era riuscito a staccarsi, era il primo scatto fatto dopo aver saputo della gravidanza. La donna era di profilo e le mani accarezzavano il ventre appena pronunciato. Fino a qualche anno fa Anne in quella foto gli sembrava sgargiante. Adesso che nella sua memoria i lineamenti del suo volto erano più vaghi, adesso che il suono della sua risata non era un ricordo più così cristallino, quella foto appariva meno bella. Non perché Anne non lo fosse davvero, ma perché era diventata un'ossessione e l'ossessione imbruttisce tutto.
Quando era morta aveva pensato che non avrebbe mai più trovato un'altra persona con cui costruirsi una vita, rifiutava anche il solo pensiero. La verità è che aveva solo ventitrè anni e tutti sapevano che prima poi sarebbe successo, solo lui non riusciva ad accettarlo. E il profumo di Rose, la risata di Rose erano ricordi del passato che credeva perduti e che invece erano riemersi. Un acuto e costante senso di colpa gli tormentava il petto, perché una voce nella sua testa gli suggeriva che l'immagine di Rose non era mai sbiadita ma era solo nascosta tra le pieghe della memoria, mentre quella di Anne andava via via scomparendo.
Quando il campanello suonò lasciò scivolare la vecchia foto sul divano. Una forte nausea lo investì mentre si alzava e barcollando si diresse verso la porta.
«Perché non rispondi ai gufi?» domandò Lysander entrando in casa. Scorpius non era stupito di vederlo, sapeva che sarebbe arrivato se avesse continuato a ignorarlo.
«C'è puzza, da quanto non apri?»
«Non lo so» rispose Scorpius buttandosi di nuovo a sedere. «Vuoi del Whisky?»
«No, grazie. Ma almeno sei andato a lavoro?» Lysander era andato ad aprire le finestre per far uscire l'aria viziata. Scorpius socchiuse gli occhi quando un soffio di vento freddo entrò da fuori e lo colpì in piena faccia.
«Sì, sono andato.»
«Ma che ti prende? Non ti vedevo così da anni» disse l'uomo sedendosi di fronte a Scorpius.
«È per Rose» rispose atono.
«Non avevi detto che sareste rimasti amici?»
Scorpius scosse la testa. Il movimento gli causò una fitta di dolore alle tempie.
«Da lunedì non si è fatta più sentire, ho continuato a mandarle gufi ma non risponde.»
«Cosa ti aspettavi?» chiese Lysander alterato.
«Non lo so» sospirò.
«Devi smetterla con i sensi di colpa» Lysander afferrò la foto di Anne che Scorpius aveva abbandonato. «È morta, per Merlino, e anche da un bel po' di tempo ormai. Devi rifarti una vita.»
«Con Rose è complicato... Non credo di riuscire...» Scorpius si bloccò, non sapeva come terminare la frase.
«Che ti spaventa? Ammettilo, neanche con Anne era una passeggiata.»
Scorpius lo guardò con astio. «Io l'amavo» disse allungandosi per riprendere la foto dalle mani dell'amico.
«Lo so. Ma ti stavi logorando.»
Scorpius guardò ancora una volta la foto. Quando aveva saputo che Anne era incinta era rimasto terrorizzato all'idea che suo figlio potesse essere un mago o una strega, ma dopo che lei era morta aveva volutamente cancellato tutte le paure e le bugie, i rimpianti e i rimorsi, lasciandosi sopraffare dal dolore per averla persa. Poi quella sofferenza era diventata una persecuzione e solo all'ultimo, dopo mesi e mesi di tormento, non era rimasta che la cruda realtà. L'amava ma l'amore non basta a renderti una persona felice, soprattutto se ti impedisce di essere te stesso. Era una frase di una banalità folgorante e come tutte le ovvietà era tristemente vera.
«Scorpius basta, ormai è passato. Provaci con Rose e non farla soffrire ancora.» Lysander raccolse le sue cose e si avvicinò all'uscita. «Richiama quando stai meglio.»
*
Dopo la conversazione avuta con Scorpius, Rose aveva evitato di farsi trovare in casa, lavorava tutto il giorno almeno fino alle otto e poi andava a cena dai suoi genitori o dagli zii, si fermava fuori almeno fino alle undici di sera e usava solo la metropolvere per non doverselo trovare seduto sulle scale. Non accendeva neanche la luce, così da non farsi notare. Aveva trovato un paio di bigliettini sotto la porta, in cui le chiedeva di farsi trovare ché voleva salutarla. Non gli aveva mai risposto.
Non aveva parlato di quello che era successo con nessuno, nonostante sua madre e Lily avessero provato a farle vuotare il sacco. Aveva solo fatto capire che la cosa si era chiusa e che non c'era più nulla da dire. Non ce la faceva proprio a cominciare il discorso e ad affrontare di nuovo tutta quella delusione.
Il dolore arrivava a ondate, la colpiva quando meno se lo aspettava e di solito lo metteva a tacere lavorando di più, bevendo di più, parlando e ridendo più forte se stava chiacchierando con qualcuno.
Il giovedì sera, dopo aver ricevuto l'ennesimo biglietto, aveva deciso di rispondere. Gli aveva scritto che era stata sommersa dal lavoro e che tornava a casa solo per dormire, sarebbe partita l'indomani quindi non restava che rivedersi dopo il viaggio. Sapeva che evitarlo non era la giusta soluzione, ma non riusciva neanche a tollerare l'idea di incontrarlo e fingere che tutto fosse come prima.
Dopo aver mandato il gufo si mise a letto ma non riuscì a prendere sonno. Il venerdì mattina si alzò stanca, senza ben sapere quale fosse il suo vero stato d'animo, se provasse realmente sollievo all'idea di partire e stare via due settimane, o se il sollievo nascondesse altre emozioni. Ancora una volta non era sincera con se stessa e ancora una volta lasciò che i suoi impegni la distraessero.
Era uscita di casa prestissimo per andare in ufficio, e aveva portato con sé la valigia perché avrebbe preso la prima di una lunga serie di Passaporte alle sei.
Mancava circa un'ora alla partenza, stava sistemando gli ultimi documenti quando la sua segretaria la chiamò dall'interfono.
«Signorina Weasley, c'è un signore che vuole vederla.»
«Chi?»
«Il signor Scorpius Malfoy, credo sia il figlio di Draco Malfoy.»
Rose maledisse Merlino, Morgana e Silente. Avrebbe voluto negarsi, ma non poteva.
«Fallo entrare.»
Scorpius era insolitamente trasandato, i capelli disordinati, il cappotto nero buttato addosso senza la solita cura. Era scuro in volto e aveva un bruttissimo paio di occhiaie.
«Si può sapere che fine hai fatto?» domandò infuriato, buttando sulla scrivania il biglietto che gli aveva mandato.
«Sono stata impegnata, i preparativi per la partenza mi hanno assorbita completamente» rispose Rose con tono glaciale.
«Talmente presa da potermi dedicare solo uno stupido biglietto.»
Rimasero in silenzio, Rose non voleva giustificarsi, in fin dei conti era stato lui a decidere per entrambi. Inoltre non aveva voglia di cercare scuse o di mentire.
«Cosa ti aspettavi?», chiese dura, «Che sarebbe rimasto davvero tutto come prima? Siamo andati a letto insieme e tu sai perfettamente che io sono innamorata di te. Pensavi davvero di poter essere mio amico? Io non voglio essere tua amica, sarebbe troppo doloroso, già lo è abbastanza così.»
«Perché non l'hai detto subito?»
«Ero confusa, ero arrabbiata, ero ubriaca e non volevo discutere» Rose radunò i documenti e li ficcò nella sua valigetta. Scorpius la guardava da oltre la scrivania, non si era neanche seduto. Rose si era alzata e aveva raccolto la sua borsa e il suo cappotto.
«Non ho niente da dirti. Solo che sei un codardo e che ti credevo più forte e coraggioso di così. Evidentemente hai esaurito tutte le tue scorte di coraggio quando hai lasciato Malfoy Mannor, o forse semplicemente io non sono abbastanza per meritarmelo.»
Una smorfia imbruttì il volto già stanco di Scorpius.
«Pensi davvero tutte queste cose?»
«Purtroppo sì. Adesso scusami, ma devo andare, ho una Passaporta che mi aspetta. Buona serata.»
Rose aprì la porta e lo invitò fuori, uscendo a sua volta. Lo vide andar via a passi lunghi, sembrava una belva inferocita. Sapeva che non si sarebbe sentita meglio dicendogli quelle parole, che non sarebbe bastato togliersi il peso di questi pensieri per poter riacquistare un po' di serenità, tuttavia credeva di aver fatto bene. E dentro di sé ringraziava Merlino ché non avrebbe avuto neanche il tempo di piangere.
Capitolo 9
Era tornata a Londra il ventiquattro di dicembre. Aveva concluso le trattative commerciali con gli italiani giusto in tempo per le feste di Natale. Entrando in casa le mancarono le fusa di Grattastinchi che aveva affidato ai suoi genitori, per la gioia di suo padre che con i gatti aveva un rapporto tutto particolare. Lasciò cadere la borsa e la valigia all'entrata e si diresse verso la sua stanza. Nel buio della casa inciampò sulla lettiera del gatto e per poco con cadde. Quando vide il suo letto scivolò stanca sulle lenzuola pulite e inspirò a pieni polmoni il profumo di casa.
Erano state due settimane difficili, il lavoro l'aveva tenuta impegnata ma la testa continuava a sbattere sempre sullo stesso ricordo e sulla stessa persona. Aveva cercato di impedire al senso di mancanza di prendere il sopravvento, ma non le era riuscito bene questa volta. Aveva organizzato il viaggio di ritorno in tempi strettissimi, proprio per non avere modo neanche di respirare o la tentazione di andarlo a trovare. Sapeva che lui avrebbe trascorso il Natale da solo e i sensi di colpa la colpivano ogni volta che ripensava alle parole della signora Malfoy. Eppure lei non avrebbe fatto fatto nulla per stargli vicino, perché non voleva illudersi.
In tutti quegli anni aveva imparato a tenere a bada la nostalgia di casa e per le persone. La sua ambizione l'aveva portata lontano e questo la rendeva orgogliosa, ma quando a sei mesi dal matrimonio si era ritrovata sola, tradita, con l'abito già comprato, la delusione verso se stessa era stata troppa. L'ambizione e l'orgoglio si erano sgonfiati non appena si era resa conto che tutto quello che aveva realizzato non la soddisfaceva realmente. Era stata una presa di coscienza terribile e tornata a casa l'idea che per lei fosse troppo tardi la rendeva inquieta, costantemente sulle spine. Proprio in quel momento di smarrimento aveva ritrovato Scorpius e qualcosa dentro di lei aveva preso a sciogliersi. Una timida speranza e del desiderio avevano iniziato a farsi spazio, seguiti subito dopo da altri sentimenti, dai ricordi di com'era da ragazzina, quando timidamente si affacciava all'amore e scopriva i desideri del suo corpo. Si chiese come avesse potuto perdere quel lato così dolce e tenero di sé, perché lo avesse soffocato in tutti quegli anni di lavoro estenuante. Per dimostrare cosa poi? Non lo ricordava più.
Guardò di sfuggita la sveglia sul comodino rendendosi conto di essere già in ritardo di mezz'ora e poi accarezzò con lo sguardo le foto di famiglia appese alla parete di lato. I suoi genitori, suo fratello, i cugini e poi lei accanto a loro, accanto alle persone che aveva conosciuto nei suoi viaggi. Sorridevano e salutavano allegramente, nessuno che mostrasse una debolezza o un piccolo difetto. Ma lei poteva vedere il vuoto oltre la sua figura che stringeva la mano a qualcuno o che abbracciava qualcuno.
Stizzita si alzò con uno movimento brusco dal letto e si chiuse in bagno per prepararsi così da correre a casa dei suoi zii. Lì ci sarebbe stata talmente tanta confusione che forse per qualche ora sarebbe riuscita, se non a zittire la sua coscienza, quanto meno a farla diventare un piccolo rumore di sottofondo.
Si diede una rinfrescata, mise un tubino nero e legò i capelli. Prima di prendere la Metropolvere si guardò di fronte allo specchio dell'entrata. Provò a fare due sorrisi, ma non le riuscirono per nulla bene. Era più magra e aveva due occhiaie violacee e incorniciarle gli occhi chiari. Rientrò in camera da letto e si lanciò un paio di incantesimi correttivi, mise un po' di rossetto sulle labbra e sperò di sembrare meno devastata di quello che era. Già sentiva Lily farle il terzo grado.
Quando sbucò fuori dal camino l'atmosfera natalizia di casa Potter la investì in pieno volto. Un gigantesco albero addobbato troneggiava nel grande salone dei suoi zii, al camino erano appese almeno una dozzina di calze e le sue nipotine giocavano sotto l'albero con i regali appena scartati.
James baciava Margaret vicino alla finestra e quando la vide le fece cenno di avvicinarsi.
«Rose, hai una faccia terribile, potresti spaventare i bambini. Comunque sono felice di vederti» disse abbracciandola.
«E io che speravo di aver sistemato un po' la situazione col trucco» rispose Rose ridendo.
«Ci vorrebbe una piallata di cemento armato per nascondere quelle occhiaie, o in alternativa la consulenza di Dominique» rise James più forte.
«Se hai finito di insultarmi vado a salutare gli altri» sbuffò Rose fingendosi spazientita.
«No, aspetta, io e James dobbiamo dirti una cosa.»
Sua cognata era una donna graziosa, aveva lunghi capelli biondo cenere ricci, gli occhi azzurri e un'espressione molto dolce. Dopo che James l'aveva presentata alla famiglia, tutti si erano chiesti per mesi come avesse fatto uno come lui a conquistare una ragazza così a modo.
«Spero non sia nulla di grave» disse Rose già pronta a ricevere cattive notizie. Ormai era preparata solo per quelle.
«Nessuna brutta notizia. Aspettiamo un altro bambino» James sorrideva compiaciuto, come se fosse solo merito suo.
Rose si portò le mani alla bocca per poi abbracciarli insieme. «Ma è fantastico! Di quanto sei?»
«Ho terminato il primo trimestre la settimana scorsa, abbiamo deciso di aspettare che tornassi per darti la notizia.»
«Sono felicissima per voi, se lo avessi saputo avrei portato un regalino anche per lui, o per lei» sussurrò Rose accarezzandole la pancia.
«Sarà per il prossimo Natale» sorrise Margaret stringendole la mano. Rose le sorrise sinceramente commossa. Senza sapere perché le era sfuggita una lacrima e Margaret la abbracciò di nuovo. Era felice ma il familiare senso di vuoto che pesava sullo stomaco aveva iniziato a premere più forte.
«Piuttosto, sapete dov'è Lily?» chiese staccandosi da Margaret e tentando di ritrovare un contegno.
«È sopra a prepararsi, tra poco arriverà anche Zabini» disse James roteando gli occhi.
«È un po' strano vero?»
«E ancora non sai tutto...» borbottò James poco convinto. «Sappi che la mia è tutta una finta, non mi sta simpatico, in realtà lo trovo uno spocchioso allucinante, ma per amore di pace fingerò che mi piace» le disse a un orecchio beccandosi uno scappellotto da Margaret.
Proprio in quel momento Lily fece la sua discesa trionfale dalle scale. Portava un vestitino verde scuro aderentissimo e i capelli rossi morbidamente raccolti. Rose sorrise vendendola scendere in sfilata e si chiese come mai andasse così d'accordo con una persona che a volte poteva sembrare così superficiale. Quando Lily la vide perse subito la sua compostezza e le volò incontro per abbracciarla.
«Finalmente sei tornata, mi sono mancati i nostri pranzi insieme» disse sciogliendo l'abbraccio e stringendole le mani. Fu in quel momento che si accorse del grosso anello che Lily portava nella mano destra.
«E questo?» chiese Rose sollevando la mano incriminata.
«Rose, devo chiederti una cosa», esordì solennemente Lily, «vuoi essere la mia damigella d'onore? Mi sposo!»
Rose guardò incredula la cugina e poi la abbracciò. Le due ragazze ancora strette iniziarono a saltellare e urlare come se fossero tornate adolescenti.
«Sì! Certo! Farò tutto quello che vuoi!»
«Per questo ti ho scelta, sei l'unica che si lascerà schiavizzare senza polemizzare!» urlò Lily al suo orecchio mentre saltellavano.
«Non credo che questo sia proprio un complimento, ma non importa, conta solo che ti sposi!»
Ci vollero dieci minuti buoni prima di riuscire a placare il loro entusiasmo.
«Sono mancata solo due settimane, torno e trovo Margaret incinta e te fidanzata, giuro che se mio fratello stasera porta la ragazza dichiarerò l'imminente arrivo della fine del mondo.»
Proprio in quel momento suonarono alla porta, Rose vide entrare zia Luna e zio Rolf. Sua madre l'aveva avvertita che sarebbero venuti, fortunatamente senza Lorcan che aveva avuto la decenza di declinare l'invito e starsene con la Rosier. Quello che non si aspettava era di vedere entrare Lysander seguito da Scorpius.
«E lui che ci fa qui?»
«Scusa Rose se non te l'ho detto, ma avevo paura che se lo avessi saputo avresti disertato la serata...» biascicò Lily imbarazzata.
«Sei una traditrice» sibilò Rose alla cugina.
«Be', ma se è venuto probabilmente è perché vuole parlarti.»
Rose lo fissava interdetta. Appena entrato le aveva lanciato un'occhiata e poi era passato a salutare i suoi zii come se nulla fosse. Sapeva che se si trovava lì era solo per parlare con lei, ma non riusciva a sperare in nulla perché la paura era troppa.
«Non deve dirmi nulla. Ci siamo detti abbastanza.»
«Non fare così, ti prego.»
«Sistemerò la questione prima che arrivino i miei.»
Scorpius stava stringendo la mano a suo zio Harry quando lo intercettò per portarlo con sé all'entrata.
«Che sei venuto a fare?»
Scorpius le afferrò un braccio tentando di calmarla. «Ti prego, devi ascoltarmi, sono venuto solo per te, ho bisogno di parlare. Sapevo che mi avresti evitato, quindi ho pensato che venire qui fosse la soluzione più veloce e sicura per poterti incontrare.»
«Come ti permetti di venire in casa mia.»
«Dei tuoi zii» la corresse Scorpius.
«Come ti permetti a intrufolarti alle mie feste di famiglia!» disse Rose fingendo un sorriso tirato in direzione di suo zio che la guardava perplesso.
«Dobbiamo parlare. Quando e dove vuoi tu... devi permettermi di spiegarti e dirti quanto...»
Proprio in quel momento sua madre, suo padre e Hugo sbucarono dal camino.
«Ne parleremo dopo a casa mia.»
Scorpius tentò di afferrarle una mano.
«Stammi lontano fino alla fine della serata» Rose aveva provato a dirlo con durezza ma si rese subito conto di essere sembrata meno arcigna di quello che avrebbe voluto, perché Scorpius sorrise come se avesse fatto una faccia buffa. Le aveva stretto leggermente le dita e poi l'aveva lasciata andare. Non era riuscita a mostrarsi dura neanche il tempo di una breve conversazione, aveva già ceduto alla speranza perché Rose sapeva che Scorpius non si sarebbe ripresentato di fronte a lei per chiederle ancora una volta di rimanere amici, non dopo quello che gli aveva detto.
Quando furono a tavola Rose si sedette accanto a Ron mentre Scorpius si trovava qualche posto più avanti, di fronte a lei e vicino a Lysander.
«Ma che diavolo guarda quel Malfoy?» domandò suo padre borbottando. Rose si voltò e lanciò uno sguardo truce a Scorpius, che per tutta risposa le sorrise.
«Non ne ho la più pallida idea» disse a suo padre servendosi un'altra porzione di purè.
«Non basta che tua madre abbia fatto amicizia con quella donnola del padre, adesso devo pure sedere allo stesso tavolo del figlio. Se tuo nonno Arthur avesse potuto vedere gli sarebbe preso un colpo.»
«Papà, non fare così, Scorpius è un bravo ragazzo...» provò a dire Rose, divertita dai borbottii del padre.
«Sarà, ma pensavo che non avrei vissuto abbastanza a lungo da vedere un Malfoy cenare la sera della viglia a casa di un Potter-Weasley.»
Rose soffocò una risata nel fazzoletto lanciando un'altra occhiata a Scorpius che la guardò interrogativo, lei gli fece segno con la mano che gli avrebbe spiegato dopo stando attenta a non farsi vedere da suo padre.
*
Era arrivata la mezzanotte e tutti si stavano scambiando gli auguri di buon Natale, lui invece era in un angolo della casa, con le spalle appoggiate al muro vicino al camino che si guardava intorno non senza un pizzico di disagio. Alla fine si era forzato di andare a quella festa e lo aveva fatto solo per Rose, ma lei aveva evitato di avvicinarsi a lui tutta la sera. Aveva addirittura finto di non vedere le occhiate che le lanciava nonostante non riuscisse a non guardarlo a sua volta troppo a lungo. In quel momento era vicino all'albero e di fronte a lei c'erano Lily e Zabini che brindavano. Scorpius non distolse lo sguardo neanche quando Lily si accorse che le stava osservando, anzi le sorrise e alzò leggermente il bicchiere in segno di auguri. La rossa lo fissò con una certa intensità e poi sussurrò qualcosa all'orecchio di Rose, che si girò a guardarlo. Aveva le guance arrossate e un piccolo broncio faceva capo sulle sue labbra. Avrebbe voluto baciarla e sperò che quella sera sarebbe di nuovo accaduto.
La vide salutare la cugina e avvicinarsi. Scorpius stupidamente si scostò dalla parete e si mise più dritto. Quando fu arrivata di fronte a lui gli tolse il bicchiere dalle mani e lo appoggiò sulla mensola del camino.
«Andiamo?» gli chiese tradendo un po' di emozione nel tono di voce. Scorpius annuì senza riuscire a evitare che il panico si impossessasse di lui. Avrebbe dovuto parlarle e ancora non sapeva cosa avrebbe detto. La madre di Rose lanciò uno sguardo alla loro direzione e si avvicinò.
«State andando?» domandò Hermione gentilmente.
«Sì» rispose Rose recuperando la borsa sul divano, «ci vediamo domani a pranzo, vuoi che porti qualcosa?»
«No, non è necessario» rispose sorridendole e dando un bacio alla figlia sulla guancia. Poi si rivolse a lui. «Ci sarai anche tu, Scorpius?»
La domanda lo aveva spiazzato. Lanciò uno sguardo a Rose che però finse di cercare qualcosa nella borsa. Evidentemente aveva parlato di loro a sua madre, altrimenti la donna non avrebbe fatto una domanda del genere. Decise che era arrivato il momento di sbilanciarsi.
«Non saprei signora, spero di sì» con la coda dell'occhio notò Rose diventare ancora più rossa e si compiacque del risultato ottenuto, in fin dei conti era lì per mandarle un messaggio e voleva che le arrivasse forte e chiaro. In quell'istante li raggiunse anche Ronald Weasley.
«Rosie, stai andando?» domandò accigliato alla figlia.
«Sì papà, ci vediamo domani.»
«Lui torna a casa con te?» chiese indicandolo.
«Sì, andiamo insieme.»
«E perché?» Ron Weasley aveva le orecchie infiammate e sembrava quasi scandalizzato.
«Siamo vicini di casa. Visto che è qui ne approfitto per restituirgli un libro che mi ha prestato» tentò Rose inventando una pessima scusa su due piedi.
«Non puoi farlo domani?»
Sua moglie gli diede una gomitata. «Ronald, basta con il terzo grado, lasciali andare. Allora ci vediamo domani ragazzi, alle diciassette puntuali!»
Rose si voltò verso il camino tirando Scorpius per un braccio. Sentirono borbottare Ron qualcosa circa il fatto che l'aveva capito che quel Malfoy aveva mire sulla sua bambina, l'aveva fissata tutta la sera. Scorpius sorrise. Quella scena gli aveva ricordato suo padre e il modo in cui parlava del signor Weasley. Quando uscirono dal camino e comparirono nell'appartamento stava ancora sorridendo.
«Credi che tuo padre mi affatturerà?» domandò divertito.
«Credo che mia madre lo sistemerà prima che possa torcerti un capello» borbottò Rose mentre si scioglieva i capelli. Il sorriso gli morì sulle labbra mentre vedeva i lunghi riccioli ricaderle sulle spalle. Li aveva sempre adorati e avrebbe voluto poterne afferrare ancora una volta una ciocca e stringerla tra le dita. Rose si avvicinò al tavolo, sfilò le scarpe e posò le sue cose. Fece tutto con estrema lentezza e senza degnarlo di uno sguardo. Come ipnotizzato le si avvinò e le posò le mani sui fianchi. La sentì irrigidirsi a quel tocco ma non si allontanò.
«Scusami Rose» le sussurrò a un orecchio, affondando il volto tra i suoi capelli. Inspirò profondamente il suo profumo e provò la sensazione che tutto si sarebbe risolto.
«Non credi di stare andando un po' troppo veloce?» gli chiese lei incerta.
«Se vuoi mi allontano.»
Rose non disse nulla, non aveva il coraggio di staccarsi da lui. Scorpius attese giusto qualche secondo e poi le circondò la vita con entrambe le braccia. La tensione di quelle settimane trascorse senza di lei stava scemando. Probabilmente era presuntuoso pensare che lei lo avrebbe accettato di nuovo, ma non poteva neanche prendere in considerazione il contrario.
«Io non voglio essere un codardo» le sussurrò a un orecchio, conscio che le doveva delle spiegazioni. La fece girare verso di lui e la guardò in volto. Lei lo scrutava con occhi attenti e improvvisamente Scorpius si sentì meno sicuro.
«Gli ultimi giorni senza di te voglio solo cancellarli» disse incerto. Lei continuava a fissarlo senza proferire parola e lui si sentì immensamente piccolo e stupido per tutte le cose che le aveva detto e per il modo in cui l'aveva allontanata e rifiutata. Sin da bambino aveva avuto questa tendenza a complicarsi inutilmente la vita e ora, forse, ne avrebbe pagato le conseguenze. Tirò un respiro profondo, slacciò un braccio dal corpo di Rose e si riavviò i capelli con la mano malferma. «Non credo di poterti lasciare più andare...» disse spostando gli occhi e cercando le parole giuste da dire.
Rose, interpretando quel gesto come un'incertezza, alzò una mano e gli strinse il braccio per allontanarlo da sé. «Cosa è cambiato?» gli domandò dubbiosa.
La capiva, anche lui si sentiva un pazzo, ma non poteva accettare un rifiuto e non le avrebbe permesso di prendere le distanze. Con rabbia verso se stesso le afferrò il volto. «Senza di te sono stato male. Non voglio più stare male.»
Mentre le teneva il volto vide un barlume di perplessità sporcarle gli occhi e non poté sopportarlo. La baciò rudemente sperando di cancellare quell'insicurezza. Si avventò sulle sue labbra come se fosse affamato e di fatto lo era, perché il ricordo di quel bacio e della notte insieme lo aveva tormentato per tre settimane. Lei gli appoggiò una mano sul petto, tentando di scostarlo senza troppa convinzione, e lui le strinse il volto più forte, accarezzandole con i pollici la pelle liscia, leccando con la lingua il contorno delle labbra. Lei lo lasciò fare senza opporre più resistenza ma senza farsi coinvolgere. Scorpius si staccò arreso, appoggiò la sua fronte su quella di lei e si costrinse a fare un ultimo tentativo.
«Immagino quello che vuoi sentirmi dire ma lo sai che ho difficoltà ad aprirmi...» chiuse gli occhi stanco di combattere contro se stesso e la sua ritrosia. «Per te ne vale la pena, Rose. Tu vali tutto e non sbaglierò più. Anne non c'entra niente con te e con noi e con quello che io sento per te. Nessun ripensamento, nessun passo indietro. Ci ho messo quasi due mesi per capirlo. Ora, ti prego, dammi un'altra possibilità.»
Avrebbe dovuto e voluto dirle tanto altro ma in quel momento non poteva, aveva bisogno che lei si fidasse e con il tempo si sarebbero detti tutto. Rose riusciva quasi sentirli quei pensieri e in qualche angolo dentro di lei nacque la certezza che questa volta lui era sincero e non avrebbe avuto più titubanze. Avvicinò le sue labbra a quelle di Scorpius e lo baciò di nuovo.
Fu da subito un bacio profondo, di quelli che fanno velocemente scottare la pelle e perdere il senso della realtà. Le mani di Scorpius si staccarono dal volto di Rose per tornare a stringerle i fianchi, sentì tra le mani la vita di Rose e questa volta si accorse che era più sottile di quel che ricordava e un senso di colpevolezza lo rese di nuovo più irruento. Con foga la spinse contro il bordo del tavolo iniziando e morderle un labbro. Rose gli circondò più forte le braccia intorno a collo abbandonandosi completamente alle prepotenze di lui. Scorpius la sentì fragile e arrendevole tra le sue braccia, ma soprattutto la sentì sua. Rose era come un sogno proibito, come l'uva che la volpe non riesce a cogliere, come un miraggio in quel deserto che era diventata la sua vita, ma adesso era sua. Inebriato da quella sensazione la sollevò con agilità e la fece sedere sul tavolo.
Infilò furtivo una mano sotto la gonna aderente e le sfilò lo slip. Indugiò con le dita lungo l'interno coscia e Rose fremette tra le sue mani e sulle sue labbra. Si allontanò per guardarla in volto e affrontò i suoi occhi mentre le infilava due dita dentro. Le pupille di Rose si dilatarono per il piacere e Scorpius la trovò incredibilmente bella. Si strusciò contro una sua gamba per farle sentire quanto fosse duro e Rose rispose sfilandogli la cintura e sbottonando i pantaloni, che caddero a terra accartocciandosi intorno ai suoi piedi. Per ultimi fece cadere i boxer lasciandolo finalmente libero. Con un calcio Scorpius allontanò gli indumenti e poi aiutò Rose a togliersi il vestito. Mentre le sfilava il tubino i capelli le ricadddero sulle spalle nude e intorno al collo, talmente lunghi da coprire il reggiseno nero. Immediatamente le mani di Scorpius, che ancora erano posate sui fianchi, risalirono per accarezzare quanti più tratti di pelle possibile, la vita, la schiena, la nuca. Infine affondò le dita tra i capelli e li strinse tanto da costringerla a rovesciare la testa.
Il modo di fare di Rose lo colpiva, non capiva se fosse sicura di sé e priva di pudore o se semplicemente fosse totalmente inconsapevole di se stessa e del suo potere su di lui. Si mostrava senza vergogna eppure non sembrava voler essere provocante. Era così da sempre, sin da quando a scuola si ritrovava a fissarle incantato le gambe o il seno senza che lei avesse il minimo sentore di quello che le accadeva attorno, smaliziata in maniera disarmante.
Quasi pentito per essere stato così poco garbato e troppo precipitoso la baciò delicatamente sulle labbra e poi sul collo e sulle spalle. Le braccia di Rose strette intorno a lui gli davano una sensazione di intimità e chiuso dentro quel bozzolo di calore posò un bacio tra l'incavo dei seni. Aiutandosi con le mani scostò una coppa e finalmente strinse tra le labbra gonfie per i troppi baci uno dei due capezzoli. Sentì le dita di Rose stringerlo più forte e un gemito gli fece perdere nuovamente il controllo. Baciò e leccò ogni lembo di pelle fin quando Rose non lo allontanò. In stato catatonico la vide raccogliere la bacchetta poggiata sul tavolo, far evanescere ciò che rimaneva degli abiti e lanciargli l'incantesimo contraccettivo.
La vide afferrare il suo pene e con delicatezza aiutarlo a entrare in lei. Quando fu completamente dentro gli strinse le spalle e lo baciò. Scorpius iniziò a muoversi lentamente, non avrebbe messo fine a tutto quello così presto, prima avrebbe dovuto riempirsi del suo odore, della sua immagine, dei suoi gemiti e degli urli. La afferrò per le natiche e sollevandola la portò nella stanza. Mentre lei si stringeva a lui e premeva ansiosa le labbra sulle sue, Scorpius pensò che aveva rischiato di perdere tutto quello, le carezze, i baci, le mani che vagavano sul corpo ma soprattutto quel torpore che gli scaldava il petto di qualcosa di ineffabile.
La adagiò sul letto e lentamente ricominciò a muoversi dentro di lei, sfiorandole il volto quasi timoroso che potesse essere un'altra volta solo un sogno. Rose gli scostò un ciuffo biondo che gli copriva gli occhi, poi baciò entrambe le palpebre. Scorpius non aveva un cuore duro, era solo chiuso, e quel gesto di tenerezza lo fece sentire disarmato. Cominciò a spingere più a fondo e con maggior frequenza, la sentì contorcersi sotto il suo corpo e con voce flebile gli chiese di venire. Avrebbe voluto dirle che la amava ma il piacere gli mozzava il fiato. Per quello comunque ci sarebbe stato tempo.
Epilogo