Piante Velenose

Mar 15, 2005 10:44

Questa è la tanto agognata scheda sulle Piante Velenose. Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito con consigli, letture e domande. Un ringraziamento particolare va a jezebel82 per aver contribuito con un bel testo riguardante l'utiizzo dei veleni da parte delle donne, da sempre grandi conoscitrici di rimedi miracolosi o preparati mortali.

PREMESSA

Tutte le informazione qui contenute sono a carattere puramente informativo. Le piante riportate in questa scheda sono altamente velenose e quindi pericolose anche per chi le maneggia.
Questa scheda serve per mettervi in guardia perché le piante che trovate nei campi o che addirittura tenete in giardino sono tossiche per noi, per i bambini o per gli animali domestici, alcune possono risultare mortali. Altre assomigliano a piante commestibili ma non lo sono! Fate attenzione quando cercate le erbe nei campi per uso personale.
Una persona priva di conoscenze approfondite può rischiare la propria incolumità solo toccando determinate erbe. Non giocate a fare Lucrezia...




ACONITO - Aconitum napellus (fam. Ranunculaceae)



Caratteristiche
120 cm, perenne erbaceo; robusta radice nera; foglie verde brillante, palmate, profondamente tagliate in 5 lobi principali, ognuno dei quali è profondamente diviso e dentellato; 5 sepali petaloidi blu che formano un cappuccio; fiori pelosi a forma di casco in un racemo che compare in giugno; involucro con molti semi.
Habitat : cresce selvatico in luoghi ombrosi; anche coltivato nei giardini.
Parti velenose: tutte; secondo alcuni esperti è la più pericolosa delle piante.
Componenti veleno: alcaloidi che persistono anche dopo essicazione.
Effetti velenosi: mortali per persone e animali. I principali sintomi interni sono torpore seguito da paralisi delle estremità inferiori e poi superiori, la mente rimane lucida; il respiro diventa difficile, il polso lento, irregolare, debole; la morte sopravviene improvvisamente. Strofinato sulla pelle produce torpore e prurito. Le radici sono simili a quelle del rafano; le foglie a quelle del prezzemolo. la radice è la parte più pericolosa e la massima tossicità delle foglie si riscontra prima della fioritura. L'avvelenamento causato dalla pianta selvatica è raro.
Usi tradizionali: ai tempi degli antichi greci, nell'isola di Ceos, ci si liberava dei vecchi ammalati obblicandoli a bere un infuso di aconito.

AGRIFOGLIO - Ilex aquifolium (fam. Aquifoliaceae)



Caratteristiche
arbusto o albero che raggiunge i 12 metri; lucide foglie se verdi dentellate con punte a spine e rigidi margini curvi; fiorellini bianchi visibili in aprile-giugno; il frutto è una bacca rossa.
Habitat: cresce nei boschi e lungo le siepi. Comune. Spesso coltivato. (Ibridi orticoli, anche a foglie variegate).
Parti velenose: bacche
Effetti velenosi: violentemente emetico e purgativo. I bambini dovrebbero essere avvertiti di non mangiare le bacche.

ALCHECHENGI - (Physalis alkekengi) - Famiglia Solanacee



Appartenente alla numerosa famiglia delle Solanacee, l’alchechengi è una pianta erbacea perenne, che origina da un rizoma strisciante profondamente interrato: questa caratteristica ne permette la propagazione e la rivegetazione dopo la stasi invernale.
La fioritura avviene fra giugno e agosto con piccoli fiori biancastri situati all’ascella delle foglie. Il frutto, commestibile quando è maturo (settembre), è una bacca rosso-arancio vivo, dolce, acidula, delle dimensioni di una piccola ciliegia; è racchiusa in un involucro leggero, a forma di cuore, colorato in autunno di rosso o di arancio. (Io le faccio spesso ricoperte di cioccolata fondente, gnam!)
L’alchechengi è comunemente coltivato nei giardini a scopo ornamentale per i suoi caratteristici palloncini rossi e rigonfi. Le bacche si possono mangiare fresche, ma vengono anche preparate candite o ricoperte di cioccolato; il rizoma e le foglie invece sono velenose per il loro contenuto in solanina.
La sintomatologia consiste in nausea, vomito, mal di testa e diarrea che compaiono entro 2-24 ore. La maggior parte dei sintomi risolve entro 24 ore, mentre la diarrea può protrarsi per più giorni.

BELLADONNA - Atropa belladonna



La belladonna è una pianta autoctona, Atropa belladonna, che cresce nelle foreste montane della Germania allo stato spontaneo. Raggiunge un'altezza di 1-2 m e sembra un arbusto, ma non lo è. I fiori sono poco attraenti, viola-marroncini e campanulati. Molto più vistosa è la lucida bacca nera. Essa è velenosa in alto grado: poche bastano per provocare intossicazioni gravi. Dopo l'ingestione si determina uno stato di eccitazione con rossore profuso del volto e confusione; da ciò il nome ciliegia della pazzia. Come droga sono in primo piano le foglie. Il principio attivo principale è l'atropina. Ciò ha portato al fatto che in medicina si usa a malapena la droga intera e quasi soltanto invece l'atropina.
Gli effetti velenosi sono fatali, specialmente nell'uomo. I sintomi principali sono pelle secca arrossata, pupille dilatate, bocca asciutta, grande eccitazione e delirio. La morte proviene da deficienza respiratoria. I bambini sono particolarmente tentati dalle bacche: solitamente ne occorrono 20-30 per provocare la morte, ma può bastare solo mezza bacca. Tutte le parti, però, sono pericolose per l'uomo, in particolare le radici e i semi; il pericolo aumenta con la vecchiaia della pianta. Il bestiame. acquista tolleranza e l'avvelenamento è raro anche quando la pianta cresce in abbondanza. I conigli possono mangiare la pianta impunemente e perciò se ne controllava la diffusione prima che la mixomatosi ne riducesse il numero. Sembra che la carne dei conigli che si nutrivano di belladonna fosse tossica per i consumatori.

CICUTA MAGGIORE - Conium maculatum (fam. Umbelliferae)



Caratteristiche
150 cm, biennale o perenne; rizoma; liscio gambo cavo e rotondo, lucido con macchie purpuree irregolari; insieme di foglie lucide verde scuro, profondamente divise in segmenti; fiorellini bianchi in ombrelli di 5-10 raggi visibili in giugno-luglio; piccoli frutti giallo verde con spigoli ondulati.
Habitat: cresce sul terreno incolto e vicino a corsi d'acqua. Comune.
Parti velenose: tutte, specialmente le foglie giovani e i frutti acerbi.
Componenti velenosi: alcaloidi distrutti dall'essiccazione e dalla conservazione.
Effetti velenosi: infiammazione degli organi digestivi, vomito e diarrea, respirazione lenta, polso rapido tendente a rallentare, confusione mentale, convulsioni e coma. La morte è dovuta a insufficienza respirazione lenta, polso rapido tendente a rallentare, confusione mentale, convulsioni e coma. La morte è dovuta ad insufficienza respiratoria. Si conoscono frequenti casi di avvelenamento perché la pianta era stata confusa con prezzemolo e i semi con anice. E' pericoloso che i bambini si servano dei gambi cavi come cannelli per soffiare. telescopi o altro. Quando è giovane, la pianta contiene la maggior quantità di principio attivo ed è a questa fase che attira particolarmente il bestiame. Più avanti, sviluppa un forte odore sgradevole e diventa ruvida e meno gustosa, mentre i principi attivi passano nei frutti. La pianta contenuta nel fieno non è molto pericolosa perché i componenti sono distrutti dall'essiccazione.
Usi tradizionali: una bevanda fatta con questa pianta è responsabile della morte di Socrate. Opportunamente preparato, il suo estratto era usato per scopi medici e veterinari, servendo da sedativo e narcotico. Ben cucinata, è stata mangiata come verdura.

COCOMERO ASININO (Ecballium elaterium) - Famiglia Cucurbitacee



È una pianta tipica dei paesi mediterranei, originaria dalle regioni aride dell’Africa settentrionale. In antichità è stata usata da Egizi, Greci e Romani come purgante drastico. Chiamata anche elaterio o sputaveleno, è alta 20-40 cm e cresce nei terreni incolti, ai margini dei campi, un po’ ovunque nelle regioni peninsulari litoranee e nelle isole. È una pianta erbacea perenne, strisciante, dotata di un fusto prostrato, coperto di pelli ruvidi. I fiori di color giallastro, venati di verde, simili a quelli del melone, sono situati all’ascella delle foglie. È molto caratteristica per questa pianta la modalità con cui avviene il distacco del frutto. A maturazione avvenuta, infatti, i gas presenti all’interno del frutto raggiungono una pressione critica ed il frutto stesso, simile ad una grossa ghianda verde, si stacca bruscamente dal pedunculo, spontaneamente o al minimo contatto; i semi e la sostanza mucillaginosa in cui sono contenuti vengono spruzzati a distanza, mentre la capsula vuota viene lanciata in direzione opposta per reazione.
Il quadro tossicologico, causato sia dalla ingestione che dal contatto cutaneo con la pianta, è costituito dai sintomi di una violenta gastroenterite: nausea vomito e diarrea muco-sanguinolenta.

COCHITO AUTUNNALE - (Colchicum autumnalis) - Famiglia Liliacee
Conosciuto anche come "croco".



Chiamata anche freddolina o zafferano bastardo è una pianta erbacea perenne, che preferisce i terreni umidi sia di pianura che di montagna. È costituita da un bulbo-tubero sotterraneo, coperto da un rivestimento membranaceo brunastro. I fiori, in numero di 3-4 per bulbo, di color rosa-viola chiaro, sembrano prendere origine direttamente dal suolo, anche se circa 7 cm di peduncolo sotterraneo uniscono il fiore al suo bulbo. I fiori del colchico sono tipicamente autunnali; in primavera, invece, compaiono le foglie e i frutti, situati alla base delle prime. Tutte le parti della pianta e specialmente i bulbo-tuberi sono tossiche, per il contenuto in colchicina. I sintomi causati da questo alcaloide consistono in bruciore alla bocca, nausea, vomito, diarrea sanguinolenta, aumento della frequenza cardiaca e dolori toracici. Questi sintomi compaiono precocemente, da 2 a 5 ore dopo l’ingestione di parti della pianta. I sintomi tardivi (>24 ore), invece consistono in febbre e insufficienza epatica e renale. La febbre può persistere per alcune settimane. Attenzione deve essere fatta al latte di pecore o capre che hanno brucato questa pianta; gli animali sono piuttosto resistenti all’azione della colchicina, mentre il loro latte può essere tossico per l’uomo. Cavalli e bovini invece, abitualmente evitano di brucare la pianta.

DAFNE, FIOR DI STECCO - Daphne mezereum (fam. Thymelaeaceae)



Caratteristiche
arbusto di circa 160 cm.; fiori dal rosa al purpureo compaiono in febbraio-aprile prima delle foglie, i fiori spesso crescono a 3, coprendo quasi i rami a verga; foglie a forma di pera appaiono in ciuffi alla fine dei rami dopo i fiori; bacche rosse quando sono mature, ciascuna con un solo seme.
Habitat: cresce selvatico nei boschi. Coltivato comunemente.
Parti velenose: tutte, in particolare corteccia e bacche.
Componenti velenosi: resina e glicosido cumarina. La tossicità non è distrutta dall'essiccazione e conservazione.
Effetti velenosi: gravi, spesso fatali. I principali sintomi causati dalle bacche, se ingerite, sono sensazione bruciante in bocca e stomaco con gonfiore di bocca e labbra. Se è mangiato in quantità sufficiente, produce delirio e collasso, seguiti da morte. Il contatto con la pelle può provocare vesciche. I bambini sono attratti dalle bacche simili al ribes rosso ma il gusto li scoraggia; 4 o 5 bacche causano serio malore. Generalmente gli animali sono respinti dal gusto forte, ma 3 bacche sono sufficienti per intossicare e anche uccidere un maiale.
Usi tradizionali: nella medicina popolare è stato usato contro il cancro.

DATURA ARBOREA



La Datura Arborea e la Datura stramonium sono le specie più diffuse, cui si aggiungono le varie specie selezionate dai vivaisti per i colori dei bei fiori campanulati (giallo, rosa, arancio) e per il profumo (Datura suaveolens). Datura arborea è una rigogliosa pianta ornamentale, dai grandi e lunghi fiori pendenti.
La Datura stramonium è invece un piccolo arbusto e si distingue per i fiori a campana a postamento eretto disposti all’ascella delle foglie. Ogni parte della pianta risulta velenosa, se ingerita, per il contenuto di sostanze atropino-simili. Come per le altre Solanacee, gli effetti tossici si manifestano con una tipica “sindrome anticolinergica” (v. belladonna).

DATURA STRAMONIUM



Datura stramonium L. Nomi volgari: Stramonio, Noce puzza, Noce spinosa, Erba maga, Erba dei ladri, Erba metella, Erba del diavolo.
E' una pianta erbacea annuale, glabra, ramosa, alta 30-100 cm. Le foglie sono ovate e dentate, i fiori bianchi o violacei, solitari, lunghi 9-10 cm a calice.
Cresce qua e là nei ruderi, nei campi incolti, dal mare alla zona submontana in tutta la penisola e le isole. Fiorisce da giugno ad ottobre.
Principi attivi: è una pianta fortemente tossica. Contiene diversi alcaloidi (ioscina, iosciamina, atropina) comunemente indicati come daturina e inoltre acido malico, acido atropico, tannino, gomma, materie grasse, sali di calcio e di potassio.
Usi medici: Le foglie ed i semi, parti usate in medicina, esercitano azione antispasmodica, antiasmatica, antinevralgica ed antireumatica. Vengono impiegati contro l'asma, le tossi nervose, la tosse canina, la incontinenza notturna d'urina, l'epilessia, la nevralgia, la dispnea dei tubercolotici. È una droga da usare con molta attenzione; già a dose medicamentosa può dare origine a vertigini, sonnolenza, disturbi visivi e altri fenomeni tossici.

DIGITALE - Digitalis purpurea (fam. Scrophulariaceae)



Caratteristiche
Famiglia delle Scrofulariacee. La sua corolla è a forma di dito.
2 m. circa, biennale o perenne; gambo eretto lanuginoso; foglie alternate con breve stelo lanuginoso alla base, larghe, profondamente venate, verde intenso sopra, pallide sotto; poche foglie sul gambo in fiore, lunghi racemi di fiori penduli purpurei davanti a un lato della parte superiore, corolla rossastra, pelosa e gradevolmente segnata da macchie di rosso scuro su sfondo bianco all'interno della parte più bassa del tubo, visibile in giugno-settembre; capsule secche con numerosi semi minuti. Non ci sono fiori il primo anno.
Habitat: cresce nei boschi e lungo le siepi. Comunemente coltivata (varietà a fiori dai colori svariati).
Parti velenose: tutte.
Componenti velenosi: licosio cardiaco non affetto da essiccazione e conservazione.
Effetti velenosi: irritazione dello stomaco, vomito e diarrea; l'effetto principale è sul cuore che alla fine cessa di battere. La morte sopravviene improvvisamente. La pianta è potenzialmente molto pericolosa ma l'avvelenamento è improbabile. Le foglie sono usate medicinalmente per la loro azione sul cuore. Il bestiame, anche quando affamato, rifiuta la pianta fresca a causa del sapore amaro e dell'odore. Mescolata con fieno, ha causato intossicazioni in cavalli e altro bestiame.
Usi tradizionali: Pianta usata come vasocostrittore, cardiotonico e contro l'idropisia, è diuretica e antiulcerosa. Essendo velenosa, si consiglia la solita prudenza e l'uso sotto stretto controllo medico. Si usano le foglie del II anno, raccolte alla fioritura, cioè a giugno. Le foglie contengono molti principi attivi, tra cui la digitonia e la digitalina che regolarizzano le funzioni cardiache.

DULCAMARA - Solanum dulcamara - Famiglia Solanacee



Appartenente alla numerosa famiglia delle Solanacee, la dulcamara è una pianta erbacea perenne che cresce nei boschi umidi, lungo corsi d’acqua, nelle siepi, vicino alle abitazioni umane e ai ruderi. È una pianta alta fino a 2 m , dotata di un fusto legnoso nella parte basale, che si avvolge a qualunque tutore. Fiorisce da giungo a settembre con fiori di color violaceo, riuniti in pannocchie laterali, generalmente pendenti e con gli stami di colore giallo. Le bacche mature sono di colore rosso e di forma ovale. Se ingerite hanno dapprima un sapore dolce e poi amaro (da cui il nome dulcamara); le bacche immature, di colore verde, sono più tossiche di quelle mature. Come per le altre specie appartenenti alla famiglia delle Solanacee, il quadro clinico tossicologico è determinato dal contenuto in solanina (v. alchechengi). È anche frequente la comparsa di una sindrome anticolinergica (v. belladonna). Sono stati segnalati casi di avvelenamenti anche in animali che avvevano brucato le piante.

EDERA - Hedera helix (fam. Araliaceae)



Caratteristiche
fino a 3 m di sviluppo, perenne; si arrampica per mezzo delle radici situate lungo il gambo; foglie sempreverdi spesse, lucide, palmate con 3 o 5 lobi, le foglie vicino ai fiori non sono lobate; fiori verde giallastro in ombrello, visibili in settembre-novembre; nere bacche lisce e rotonde.
Habitat: cresce su alberi, rocce ed edifici. Comune. Varietà coltivate.
Parti velenose: foglie e bacche.
Componenti velenosi: glicoside saponina.
Effetti velenosi: vomito e diarrea con depressione nervosa, gravi solo nei bambini. Le foglie possono causare dermatiti. I bambini sono stati attratti dalle bacche e gli adulti sono rimasti intossicati dalle foglie. Nel bestiame, anche piccole quantità di foglie sono considerate dannose ma gli animali sono stati avvelenati dai germogli.
Usi tradizionali: un infuso delle foglie era usato per curare contusioni. Si riteneva che la pianta avesse proprietà magiche: di tenere lontani gli spiriti maligni.

ELLEBORO - ELABRO PUZZOLENTE - Helleborus foetidus (fam. Ranunculaceae)

Caratteristiche
perenne sempreverde di 61 cm.; spesso gambo succulento con foglie lucide verde scuro, divise e seghettate ai bordi; fiori penduli a forma di coppa, 5 sepali verde giallastri con punte rosse, 8-10 petali piccoli e tubulari e molti stami in febbraio-aprile; involucro. Emette uno sgradevole, fetido odore quando è ammaccato.
Habitat: cresce su terreni calcarei, localizzato. Anche coltivato.
Parti velenose: tutte.
Componenti velenosi: glicosidi, che non sono distrutti da essicazione e conservazone.
Effetti velenosi: fatali a uomo e animale. I principali sintomi sono violenta purga e poi delirio, convulsioni e morte per insufficienza respiratoria. L'effetto sul cuore è simile a quello della Digitalis e sul sistema nervoso a quello dell'Aconitum. Oggigiorno l'avvelenamento si verifica solo con bestiame che mangia parti verdi in inverni rigidi.
Usi tradizionali: essendo un potente purgante è stato usato come estratto nella cura dei vermi nei bambini. Come infusione era adoperata contro i pidocchi. Ma entrambi i trattamenti hanno provocato una quantità di decessi e sono stati perciò abbandonati in favore di medicinali più sicuri.

Ugualmente velenose le altre specie:
ELABRO VERDE (ELLEBORO VERDE) - Helleborus viridis (fam. Ranunculaceae)



Caratteristiche
perenne sempreverde di 61 cm; foglie verde scuro fortemente venate e divise in 5-8 segmenti; pochi fiori dilatati con sepali verdi in febbraio-aprile con le foglie radicali; involucro.
Habitat: cresce su terreni calcarei, locale. Anche coltivato.

ELLEBORO NERO o ROSA Di NATALE - Helleborus niger (fam. Ranunculaceae)



Caratteristiche
60 cm., perenne; rizoma bianco, nodoso e carnoso; foglie verde scuro profondamente dentellate; sepali bianchi o rosa biancastro in numero di 5, 13, o più petali verdi in dicembre-febbraio; semi neri.
Habitat: cresce solo come varietà coltivata.
Usi tradizionali: sembra sia stato usato come purgante fino dal 1400.

GINESTRA (Spartium, Cytisus, Ulex) - Famiglia Leguminose



Si tratta di arbusti eretti che da un fusto unico si aprono in numerosi rami flessibili che portano le foglie e i fiori; il frutto è un legume contenente 4-5 semi scuri. Queste piante, diffuse in ambienti diversi, dai litorali alle alture aride, dai terreni incolti ai bordi delle strade, hanno in comune una fioritura molto appariscente, una vera cascata di fiori, generalmente gialli, ma anche di colori diversi per le varie cultivar vivaistiche di Cytisus.
Anche le proprietà farmacologiche sono simili e derivano dall’elevato contenuto in sparteina, un alcaloide responsabile dei sintomi dell’intossicazione, consistenti in nausea, vomito, diarrea, dilatazione delle pupille, salivazione, sudorazione e vertigini. Nella nostra esperienza alcuni casi di intossicazione multipla da questa pianta sono derivati dalla preparazione di un risotto “ai fiori di ginestra” consigliato da una rivista.

GIUSQUIAMO - Hyoscyamus niger (fam. Solanaceae)



Caratteristiche
1 m., annuale o biennale; grande radice spessa; gambo eretto peloso a rami; grandi foglie pelose a lobi, giallastre, senza stelo; fiori giallo verde, generalmente con vene purpuree, a forma di imbuto, in fila su un lato del gambo; compaiono in luglio-agosto; capsula globulare circondata dal calice che contiene semi a forma di rene.
Habitat: cresce su terreno incolto arido e sabbioso o su mucchi di spazzatura. Occasionale.
Parti velenose: tutte.
Componenti velenosi: alcaloidi che sopportano bollitura ed essiccazione.
Effetti velenosi: sono gli stessi dell'Atropa belladonna. Si sono verificati casi di morte per aver mangiato le radici al posto di cicoria o pastinache e i semi da parte di bambini. Gli animali ne sono restati avvelenati solo occasionalmente. Dato che la pianta non è molto comune allo stato selvatico e ha sapore sgradevole, l'avvelenamento è relativamente raro.
Usi tradizionali: considerata velenosa fin dall'antichità. Semi e capsule sono fumate come rimedio al mal di denti. Come estratto è usata soprattutto per alleviare spasimi del tratto urinario e per controbilanciare forti purgativi.

MANDRAGOLA o Mandragora - Mandragora officinarum



La mandragora contiene, soprattutto nella radice fibrosa, un gruppo di alcaloidi la cui azione è simile a quella dell'atropina che si estrae dalla belladonna. Dall'azione di questi alcaloidi sono nate tutte le leggende che hanno tanto sollecitato la fantasia popolare sulle sue proprietà afrodisiache e magiche. Pianta perenne, erbacea, acaule. Le foglie, disposte in rosetta basale, di forma ovato-oblunga, corrugate e glabre, spuntano poco prima della fioritura. I fiori, brevemente picciolati, si sviluppano al centro della rosetta. La corolla è violacea, imbutiforme, lunga 3-4 cm e larga 2-3, divisa profondamente in 5 lobi. Il frutto è una bacca ovoide rossastra o gialla, lunga fino a 3 cm. Distribuita nella regione mediterranea meridionale, assente in Francia.

La mandragora costituisce poi un caso significativo: per il suo contenuto in alcaloidi veniva usata, in primo luogo, come farmaco anestetico, antidolorifico per chi doveva subire interventi chirurgici. Era impiegata tra i componenti della spongia soporifera, insieme a oppio, cicuta, iosciamo sciolti in acqua o vino.
La mandragora serviva anche per alleviare i dolori delle ulcere e della gotta e per curare l'insonnia.
È molto singolare il rituale della sua raccolta: essendo una pianta le cui radici talvolta ricordano la figura umana, veniva quasi assimilata a un vivente. Per questo motivo si credeva che, al momento di estirparla dal terreno, emettesse un urlo di dolore che poteva fare impazzire, o addirittura uccidere, la persona che la stava raccogliendo. Il problema veniva aggirato usando un cane affamato al cui collo veniva legata una corda attorcigliata, al capo opposto, attorno alla mandragora. A questo punto la persona si doveva tappare le orecchie prima di far vedere del cibo al cane, il quale, balzando in avanti, estirpava la pianta senza danni per gli esseri umani.
Naturalmente la presunta struttura antropomorfa della mandragora dava luogo, in base alla dottrina della analogia topografica, a un uso terapeutico differenziato delle varie parti delle radici: a seconda dei distretti del corpo malati venivano impiegate le parti "anatomiche" corrispondenti della pianta.
Secondo la leggenda, nasce dallo sperma dell'impiccato.
L'uso interno è altamente sconsigliato. Alle radici di Mandragora, fin dai tempi più antichi, sono state attribuite doti soprannaturali in tutti i cerimoniali superstiziosi.

MUGHETTO - Convallaria majalis (fam. Liliaceae)



Caratteristiche
25 cm., erbacea perenne a rizoma stolonifero; foglie glabre a coppia che sorgono dal rizoma; gambo fiorito, completamente senza foglie; fiori bianchi, profumati, a forma di campana racemi cascanti da un lato, visibili in maggio; bacche verdi che diventano rosse.
Habitat: cresce selvatico in terreni boscosi calcarei. Coltivato comunemente.
Parti velenose: tutte.
Componenti velenosi: glicosido cardiaco
Effetti velenosi: gravi. I sintomi principali sono polso lento e irregolare, acuto dolore addominale, diarrea, vomito, pupille dilatate, pelle fredda e umida, delirio, coma e morte. Risulta che i glicosidi cardiaci sono più potenti di quelli del digitale perciò l'effetto ultimo è sul cuore. Le bacche attirano i bambini, ma i fiori sono le parti più pericolose. Il bestiame raramente ha la possibilità di cibarsi della pianta ma animali più piccoli e uccelli ne restano frequentemente avvelenati.
Usi tradizionali: la pianta era variamente impiegata. Nella medicina popolare pianta era intinta nel vino e usata per il mai di testa; i fiori seccati erano il principale ingrediente della polvere da starnuto. L'acqua d'oro, conservata in bottiglie d'oro e d'argento, consisteva di fiori in acqua distillata. Esistono molti miti, compresi quello che dice che le bacche rosse sono in realtà lacrime sparse per la partenza della primavera. La pianta era usata in medicina per la sua azione sul cuore.
La polvere dei fiori è usata come tabacco nei RAFFREDDORI. ESTERNAMENTE, il succo si usa nei MALI degli OCCHI. Nel MAL di TESTA se ne annusa il profumo che si prepara mettendo a macero, per 2 settimane, 2OO grammi di fiori in 75O grammi di alcol e 25O grammi di glicerina. Si raccoglie all' epoca della fioritura, da maggio a giugno.

OLEANDRO (Nerium oleander) - Famiglia Apocinacee



Chi non conosce l’oleandro? Questa pianta cespugliosa e sempreverde si trova facilmente sia in città, nei giardini e nelle aiuole, che lungo le strade ed autostrade dove contrasta la monotonia del colore dell’asfalto con la sua abbondante fioritura e con il verde scuro del suo fogliame. Purtroppo tutte le parti della pianta sono tossiche se ingerite, contenendo sostanze che interferiscono con l’attività del cuore. I primi sintomi dopo l’ingestione e l’assorbimento sono il vomito ripetuto, le allucinazioni e soprattutto le aritmie cardiache. In persone sensibili si possono determinare delle dermatiti da contatto solo toccando foglie e fiori; anche il legno è tossico e non va usato come legna per grigliate o spiedini.

PEONIA SELVATICA (Paeonia officinalis) - Famiglia Peoniacee



È una pianta erbacea perenne, alta fino a 60 cm. Predilige i pendii montani rocciosi, dove si presenta in piccoli gruppi. Numerose sono le cultivar ornamentali di questa pianta, selezionate per la varietà dei colori e per la ricchezza della fioritura. Il nome deriva dal medico greco Paeon, che la impiegò per guarire una ferita di Plutone. Nella Cina imperiale era simbolo di gloria e in tempi più vicini a noi faceva parte dell’arsenale magico di maghi e stregoni. È caratterizzata da un robusto e profondo rizoma fusiforme, fusti lisci ed eretti con un unico grande fiore alla sommità, di colore rosso-cremisi nella varietà spontanea, di gradevole odore e a comparsa tra maggio e giugno.
Impiegata un tempo per la produzione di sciroppi contro l’asma e la tosse, la peonia è una pianta velenosa se parti di essa vengono ingerite.
I sintomi consistono in nausea, vomito e dolori addominali, congestione degli organi pelvici e debolezza. Può provocare l’aborto nelle donne gravide.

VERATRO (Veratrum spp.) - Famiglia Liliacee



Ne esistono numerose specie ma nei pascoli montani dell’Europa centrale e meridionale si incontrano prevalentemente Veratrum album e Veratrum niger. Il veratro è una pianta erbacea perenne con rizoma carnoso e i fiori estivi raccolti in pannochie terminali. Erroneamente confuso con la genziana, che però ha le foglie opposte invece che alterne, può essere raccolto e utilizzato per la preparazione casalinga di liquori e tisane. La “niespilver” è una polvere starnutatoria in commercio in Europa che può contenere della polvere estratta dal rizoma del veratro bianco. L’ingestione di parti della pianta, di tisane preparate con essa o l’inalazione della polvere possono scatenare la sintomatologia caratteristica: soprattutto il vomito spontaneo, che per la sua precocità limita gli effetti sistemici; possono associarsi nausea, vertigini, sudorazione profusa e fredda e il rallentamento della frequenza cardiaca.

VISCHIO - Viscum album (fam. Loranthaceae)



Caratteristiche
parassita perenne, particolarmente dei rami di meli e piante caduche; piccolo arbusto con molti rami, gambo corto rotondo, corteccia giallo verde; strette foglie sempreverdi, di solito a coppia; fiori indistinti giallo verde, unisessuali, visibili in febbraio-aprile; bacche bianche con un solo seme. (quello che si appende a Natale)
Habitat: cresce come pianta nativa o coltivata. (Affonda le sue radici nella corteccia degli alberi).
Parti velenose: bacche.
Componenti velenosi: amine.
Effetti velenosi: gastroenteriti solo se mangiato in grande quantità. Si conosce solo un caso di morte in animale.
Usi tradizionali: era considerato utile per curare la sterilità e gli attacchi epilettici.

Altre piante velenose

Le regole d'oro per il primo soccorso

Donne e Veleni (a cura di Jezebel82)

Tratto da:
Piante medicinali e velenose della flora italiana
Istituto Nazionale di Documentazione per l’Innovazione e la Ricerca Educativa
Portale Università La Sapienza di Roma

Libri:
"Assassine: 400 anni di omicidi al femminile" di Cinzia Tani - Oscar Mondadori
"365 delitti uno al giorno" di Riva & Viganò - Baldini & Castoldi editori
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