[Free!] Just a kiss

Sep 29, 2013 19:36

Titolo: Just a kiss
Fandom: Free! - Iwatobi swim club
Rating: verde
Personaggi: Nanase Haruka, Tachibana Makoto
Pairings: Makoto/Haruka
Riassunto: Missing moment dell'ep. 11, dopo che Haruka è uscito per "andare a correre".
Disclaimer: Free! e tutti i suoi personaggi appartengono alla Kyoto Animation.
Note: Scritta per la notte bianca della community free_perlatrama con il prompt di rain_elfwand "Makoto/Haruka. "Tra l'amore e l'amicizia c'è la distanza di un bacio.""
Beta:
Word count: 1000 (fdp)

Haruka non avrebbe saputo dire cosa gli era passato per la testa quando aveva detto quella frase. Forse aveva semplicemente sperato che Makoto si fosse addormentato e non l’avesse sentito, per quanto questo potesse essere stato ingenuo da parte sua.
«Apprezzo molto che tu sia qui per me… Grazie. »
Era davvero una frase non da lui, di solito non si sarebbe mai esposto tanto, anzi probabilmente non avrebbe nemmeno parlato, limitandosi a fissare l’amico e ad aspettare che lui, come sempre, capisse tutto quello che gli passava per la testa.
Sì, di certo si era aspettato che l’altro dormisse, per questo ricevere una risposta l’aveva spiazzato tanto. Già era complicato stare nella stessa stanza d’albergo con Makoto, da soli, mentre il ragazzo commentava su quanto si sentisse nervoso e Haruka, nel bagno, avesse una gran voglia di buttarsi sotto una doccia gelata invece di limitarsi a sciacquare il viso. Era stato un bene che Nagisa avesse bussato alla porta. Forse. Ma sentirlo esclamare: «Haru?! » con quel tono di voce di chi non crede alle proprie orecchie, mentre balzava a sedere sul letto ormai del tutto sveglio, era stato troppo anche per lui. La sua corazza da algido nuotatore, indifferente a tutto ciò che non fosse il fluire dell’acqua sul suo corpo, aveva rischiato di andare in pezzi e non poteva tollerarlo. Per questo era scappato. L’idea della corsa per smaltire l’ipotetico nervosismo dovuto alla gara imminente non era che una scusa patetica e se ne sarebbero accorti anche i sassi, per questo Haruka aveva fatto in modo di non voltarsi verso Makoto nemmeno per un secondo prima di uscire, scappando velocemente dalla stanza che rischiava troppo facilmente di diventare testimone di quei sentimenti che ancora non sapeva se e come accettare.
Alla fine aveva corso davvero, almeno un paio di volte attorno al parco dove successivamente aveva incontrato Nagisa, ma questo non era servito a smaltire del tutto il suo imbarazzo. A volte invidiava la spontaneità dell’amico biondo e il modo schietto in cui manifestava i propri sentimenti: solo a volte però. Essere così cristallino per Haruka avrebbe significato solo una scocciatura in più e gli altri avrebbero finito per aspettarsi da lui chissà cosa, mentre l’unico a cui avrebbe voluto mostrare quel lato di sé era anche l’unico che era rimasto in camera quella sera.
Mentre Nagisa lo abbracciava, rischiando quasi di trascinarlo giù dall’altalena su cui era seduto, si chiese se esistesse un modo di passare la notte fuori. La risposta era ovvia, inoltre l’indomani avevano la gara, non poteva certo permettersi di arrivare meno che in forma. Avrebbero gareggiato contro Rin, non avrebbe mai e poi mai accettato di non dare il massimo. Eppure, rientrando in albergo, si chiese come sarebbe riuscito a dormire. Makoto di certo gli avrebbe chiesto delle spiegazioni, lo avrebbe guardato con quell’espressione dolce, gli avrebbe sorriso come solo a lui faceva e Haruka avrebbe trovato molto difficile mantenete il controllo.
Per questo la sua mano esitava mentre si posava sulla maniglia della stanza. La sfiorò una, due volte, prima di decidersi ad abbassarla, non senza una certa esitazione. Era tardi, magari Makoto stava dormendo e tutte le sue preoccupazioni erano state inutili.
«Haru! Stai bene? »
Certo, e magari gli asini volavano…
La guance di Haruka s’imporporarono appena mentre dissimulava un sospiro: era ovvio che l’altro avrebbe atteso sveglio il suo ritorno.
«Sto bene. » disse, mentre gli voltava le spalle per togliersi le scarpe.
«Ero preoccupato. » continuò Makoto appoggiando la schiena alla spalliera del letto e rimanendo a fissarlo così, mezzo sdraiato tra le lenzuola. «Sei corso via in quel modo, sembrava stessi scappando. Se c’è qualcosa che non va, sai che puoi parlarmene. »
Sempre così gentile, sempre così disponibile ad essere il suo appoggio, la sua forza, anche quando Haruka sentiva di non averne più o di non meritarla. Fu in quel momento che si chiese, davvero, perché se ne fosse andato, perché, per una volta, non avesse accettato un abbraccio diverso da quello gelido dell’acqua. Un tipo di abbraccio che poteva davvero farlo sentire bene, libero dalle preoccupazioni, libero dalle ansie senza speranza.
«Sto bene. » ripeté togliendosi la maglietta, come se fosse pronto per l’ennesimo tuffo in piscina.
Finalmente alzò gli occhi sull’amico e vide esattamente quello che si aspettava: un sorriso carico di calore, accogliente, avvolgente, che sembrava invitarlo a lasciarsi andare, semplicemente a non preoccuparsi più di nulla, perché se c’era Makoto non sarebbe potuto succedere niente di male. Poteva essere amicizia, poteva essere anche qualcosa di più, e si stupì a pensare che non aveva importanza, che andava bene così, perché era Makoto e quindi andava tutto bene.
Si avviò verso il proprio letto, ma inaspettatamente lo superò, come se i suoi piedi non fossero d’accordo con il cervello e avessero arbitrariamente deciso che la soluzione migliore era un’altra. Sollevò le coperte del letto accanto, vi appoggiò un ginocchio e si sporse in avanti. L’espressione di Makoto, se possibile ancora più incredula di quella vista poco prima, con gli occhi verdi spalancati, fissi su di lui, e le labbra socchiuse, lo fece quasi sorridere. Ma non ve n’era il tempo, la distanza era troppo poca e quando le labbra di Haruka toccarono finalmente le sue, ogni cosa sembrò andare finalmente al suo posto, incastrandosi perfettamente come un puzzle ben riuscito.
Makoto lo circondò con le braccia, abbandonando ben presto ogni stupore e riluttanza per accarezzargli la schiena in modo dolce, assecondando ogni suo gesto e gustandolo come se fosse il più prelibato dei dolci. Non gli fece nessuna domanda, si limitò a fargli spazio accanto a sé e quando Haruka si raggomitolò al suo fianco, la testa sulla sua spalla e la frangia scura che gli copriva gli occhi celesti, sorrise.
L’indomani sarebbe stato al suo fianco, qualunque cosa fosse successa l’avrebbero affrontata insieme, perché così era sempre stato. Haruka sapeva che avrebbe sempre potuto contare su di lui, sul suo appoggio, sul suo affetto, sul suo amore, ed ora, finalmente, era a sua volta pronto ad accettare il sentimento che era sbocciato nel suo cuore.

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