[Fried Green Tomatoes] L'incantatrice d'api

Jun 02, 2014 01:23

Titolo: L'incantatrice d'api
Fandom: Fried Green Tomatoes/Pomodori verdi fritti alla fermata del treno/al caffè di Whistle Stop
Rating: verde
Personaggi: Ruth Jamison, Idgie Threadgoode
Pairings: Idgie/Ruth
Riassunto: "«Tu, piuttosto. Dovresti andare a riposare. La tua stanza è pronta e ci sono un sacco di cose buone da mangiare. E poi sarai stanca e… Accidenti, non sono io quella che dovrebbe farsi visitare dopo il colpo che ha preso! »
«Non voglio andare in nessun posto che non sia vicino a te. »"
Disclaimer: "Fried Green Tomatoes at the Wistle Stop cafè", romanzo e sceneggiatura del film, appartengono a Fannie Flagg.
Note: Piccolo missing moment ambientato dopo il ritorno di Ruth a Whistle Stop, in cui ho mescolato scene appartenenti al film (come la reazione violenta di Frank) con parti del libro (come il colloquio con i coniugi Threadgoode).
Beta: mystofthestars
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Era primo pomeriggio quando Ruth aveva finito di parlare con i coniugi Threadgoode. Doveva ammettere che si era trattato di una conversazione che aveva temuto fin dal momento in cui aveva spedito quella lettera con la pagina strappata dalla Bibbia, anche se, in fondo al cuore, sapeva già come si sarebbe conclusa: non l’avrebbero rifiutata, loro non rifiutavano mai nessuno, a maggior ragione qualcuno che poteva tenere a freno la loro scapestrata figlia minore. Eppure, nonostante questo, Ruth aveva temuto quel momento, sebbene avesse passato, nel corso di quei quattro anni, momenti talmente brutti da considerarli una punizione del cielo. Se i Threadgoode non l’avessero rivoluta con loro, allora a quel punto la sua vita avrebbe potuto davvero considerarsi finita. Se Idgie non fosse giunta a prenderla, quella mattina, era molto probabile che compisse qualche gesto inconsulto e non nei confronti di suo marito, come si sarebbe potuto credere, ma verso sé stessa, perché Ruth in vita sua non aveva mai ferito nessuno. Non fisicamente, almeno. In realtà quattro anni prima aveva fatto del male a Idgie in un modo che l’aveva fatta sentire in colpa per tutto quel tempo, l’aveva abbandonata sforzandosi di convincerla e di convincere sé stessa che era per il suo bene. Mai menzogna si era rivelata più grande. Ora, rivedendola dopo tutto quel tempo e dopo tutto quello che aveva passato, capiva che si sarebbe potuta risparmiare molte sofferenze se non fosse scappata dal sentimento che era germogliato dentro di lei, etichettandolo come sporco e sbagliato, al di fuori dei canoni di una società che emarginava chi si mostrava diverso. Ma lì a Whistle Stop nessuno l’aveva fatta sentire sporca, sbagliata o diversa, così come non era successo a Idgie in tutta la vita, e non esisteva altro luogo al mondo dove desiderasse trovarsi.
Quando uscì sul portico vide Idgie sdraiata nel prato, all’ombra di un albero. Teneva le braccia dietro la testa, i capelli biondi un po’ arruffati sparsi tra i fili d’erba e gli occhi chiusi. Dall’espressione che aveva, sembrava finalmente in pace col mondo.
Ruth si avvicinò lentamente, ma lei la sentì ugualmente ad aprì gli occhi cercando subito il suo sguardo.
«Idgie…»
«Ehi. » le rispose, riportando lo sguardo sulle fronde che stormivano dolcemente mentre Ruth le sedeva accanto.
Sulle sue labbra aleggiava un sorriso, ben diverso da quello strafottente che era solita sfoggiare in compagnia dei ragazzi del paese: quello era il sorriso solo per lei e Ruth lo sapeva benissimo.
«Stai bene? Non dovresti far vedere la schiena a qualcuno? » domandò, ancora preoccupata per quello che era accaduto.
Quando Frank l’aveva colpita e Idgie, in preda all’ira, gli era saltata in spalla, lui non si era fatto scrupoli a scaraventarla contro uno stipite per liberarsi della presa. Era stato un colpo piuttosto violento, ma la ragazza non aveva emesso un fiato e non aveva detto nulla per tutto il tragitto tra Valdosta e Whistle Stop.
«Non ce n’è bisogno, non mi ha fatto niente. » rispose Idgie mantenendo lo sguardo rivolto vero l’alto. «Sono forte, io, ci vuole ben altro che quello scimmione per atterrarmi. »
Come al solito faceva la spaccona, ma Ruth non si lasciò incantare.
«D’accordo, ma promettimi che ti farai dare un’occhiata dal dottor Hadley, anche solo per scrupolo.»
Sapevano entrambe che, alla fine, quello sarebbe stato solo l’ennesimo livido nella storia di quel piccolo terremoto, ma Idgie, che per Ruth avrebbe fatto qualunque cosa, capitolò senza altre storie.
«Tu, piuttosto. » tornò alla carica la bionda, un attimo dopo. «Dovresti andare a riposare. La tua stanza è pronta e ci sono un sacco di cose buone da mangiare. E poi sarai stanca e… Accidenti, non sono io quella che dovrebbe farsi visitare dopo il colpo che ha preso! »
In effetti, Ruth stessa era stata buttata giù dalle scale da un Frank furibondo e, in tutta sincerità, si sentiva piuttosto ammaccata, anche se ne aveva passate di peggio. Nonostante questo scosse la testa e sorrise dolcemente.
«Non voglio andare in nessun posto che non sia vicino a te. »
Grazie a quell’affermazione ebbe la soddisfazione di vedere la biondina arrossire, e Idgie non era certo una che s’imbarazzava facilmente, anzi! Ruth non ricordava di averla mai vista imbarazzata o a disagio, al contrario di solito era lei a fare di tutto per creare situazioni sconvenienti in cui poteva prendersi gioco del prossimo. Oppure dichiarava i propri intenti senza preoccuparsi minimamente dell’impatto che potevano avere sugli altri, come quell’estate in cui Ruth le aveva annunciato la sua partenza e Idgie le aveva rinfacciato urlando sia i propri che i suoi stessi sentimenti. «Tu ami me! » le aveva gridato, turbandola profondamente. All’epoca aveva solo sedici anni e Ruth si era sentita una traviatrice di giovani menti, oltre che la creatura più immonda che potesse esistere, solo per il fatto che quella che Idgie le aveva gridato in faccia era la pura verità. Non le aveva mai rivelato i suoi sentimenti, o meglio, non li aveva mai espressi ad alta voce, nonostante l’altra ragazza non si fosse mai fatta scrupoli ad esprimere i propri. Idgie sapeva già che l’amava, ne era certa, altrimenti non avrebbe mai corso il rischio di andare contro la sua volontà andando a prenderla a Valdosta, ma Ruth sentiva che era giunto il momento di dirglielo. Se fosse suonato strano o fuori luogo, non aveva importanza, se tutti accettavano quel legame, compresi mamma e papà Threadgoode, allora anche lei doveva avere la forza di esprimerlo, a parole oltre che a gesti.
Si sdraiò sul prato accanto a Idgie e portò a sua volta le mani dietro la testa. Il sole, occhieggiando dietro una fronda, l’accecò per un attimo.
«Sai… Credo di assomigliare un po’ alle api…» iniziò.
Quasi subito sentì lo sguardo dell’altra ragazza che si spostava su di lei, interrogativo, ma mantenne il proprio rivolto alle fronde per dissimulare le guance che s’imporporavano.
«E tu sei un’incantatrice d’api, Idgie Threadgoode. »
Immaginò gli occhi della bionda spalancarsi per lo stupore e, prima di cambiare idea, si alzò su un gomito per posarle un rapido bacio sulla guancia, come quella lontana notte in cui avevano festeggiato il suo compleanno. Poco prima di allontanarsi, si soffermò accanto al suo orecchio e sussurrò un lieve: «Ti amo. » per poi tornare a distendersi e ad ammirare il sorriso luminoso che si apriva sul viso di Idgie, consapevole di aver finalmente trovato, lì, su quel prato, la serenità che aveva inseguito vanamente per anni senza capire quanto fosse a portata di mano.
Molto probabilmente non sarebbe finita lì, Frank non si sarebbe rassegnato ad un abbandono che metteva in discussione la sua reputazione, ma ora non aveva importanza. Ora, almeno per qualche momento, poteva illudersi di aver trovato il suo posto nel mondo, accanto all’unica persona che amasse veramente.


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