[Hetalia] Rainy night

Mar 23, 2011 00:03


Titolo: Rainy night
Fandom: Axis Powers Hetalia
Rating: verde
Personaggi: Gilbert Weillshmidt (Prussia), comparse: Feliciano (Nord Italia), Lovino (Sud Italia), Francis (Francia), Ludwig (Germania)
Riassunto: La festa del Ringraziamento giunge al termine, ma Gilbert non aveva nulla da festeggiare, ferito dalla vicinanza di qualcuno e dalla lontananza di qualcun altro.
Disclaimer:  Hetalia e tutti i personaggi appartengono a Hidekaz Himaruya.
Note: L'"Hetalia F.R.I.E.N.D.S project" continua!
Due paroline per spiegare il contesto della fic: nell'AU in questione Gilbert e Ludwig sono stati separati da piccoli a causa del divorzio dei genitori. Ora Gilbert ha intrapreso la carriera di modello ma non ha notizie del fratello da circa quindici anni.
[Temo di essere caduta nel più tremendo OOC]
Beta: ginkokite

La festa stava ormai volgendo alla sua naturale conclusione e Gilbert si trovava scompostamente sdraiato sul divano, con l’ennesima bottiglia di birra ondeggiante tra le mani. Per lui non c’era stato proprio un bel niente da festeggiare ed era stato uno strazio vedere Elizaveta così felice per la proposta di matrimonio di quell’idiota.
Che poi lui non era affatto certo che il damerino smidollato fosse in grado di fare una cosa del genere, ma tant’è… Elizaveta ne era convinta e questo bastava a fare crescere il suo sconforto e la sua rabbia.
Rabbia perché non c’era niente che potesse fare.
Rabbia perché lui, il Magnifico Gilbert, odiava sentirsi impotente.
Era una sensazione che aveva già sperimentato tanto tempo prima, giurando a sé stesso che non sarebbe successo mai più. Mai più avrebbe accettato di provare di nuovo la stessa sensazione lacerante di quella maledetta mattina di quindici anni prima, quando sua madre se n’era andata portandosi via il piccolo Ludwig. Ricordava gli occhioni azzurri del fratellino, spalancati e fissi su di lui, con l’espressione implorante di chi supplica di fare qualcosa, qualunque cosa. Ricordava anche di aver abbassato la testa, stretto i pugni e represso la sua inutile rabbia di bambino. Non era stato in grado di fare nulla.
A causa dell’analogia tra i due sentimenti, aveva passato quella serata di festa con l’immagine del fratello stampata in testa, scolandosi una birra dopo l’altra fino a stordirsi completamente, nonostante Feliciano, l’unico che sembrava preoccuparsi per lui in quel momento, continuasse a ripetergli che gli avrebbe fatto male continuare a bere così.
A Gilbert non importava un benemerito accidente di cosa gli avrebbe fatto male, così come probabilmente non importava a nessuna delle persone che aveva attorno: Francis, che aveva passato un sacco di tempo al telefono con l’inglese scorbutico; Antonio, che quando c’era Lovino nei paraggi sembrava trasformarsi in qualcosa di pesantemente zuccheroso e calorico; Bella, che non aveva occhi che per il “poliziotto americano n.2”*; persino quello stupido di Alfred era tutto preso dal nuovo vicino**. Per non parlare di Elizaveta, costantemente persa nel suo mondo popolato di nuvolette rosa e campane a festa. Disgustoso.
«Forza, è ora di andare a casa! » esclamò una voce direttamente nel suo orecchio sinistro, mentre qualcuno lo tirava per un braccio. «Veh, Gilbert, dammi una mano! Sei pesante. »
Il tedesco aprì un occhio e si chiese come mai il giovane italiano fosse ancora lì e non lo avesse abbandonato al suo destino.
«Feli! Che stai facendo? » gli giunse la voce sferzante di Lovino. «Datti una mossa, il tuo mangia-patate ci aspetta di sotto! »
Dopo un attimo qualcun altro gli tolse di mano la bottiglia di birra e fece leva sul bracciolo del divano per aiutarlo ad alzarsi.
«Allez, Gilbèrt! » esclamò Francis, sollecito come sempre. «Questa volta non sarà una gentil donzella ad accompagnarti a casa. »
Accennò a Bella, occhi negli occhi con Matthew, e ridacchiò dolcemente.
Gilbert non ci trovava niente di divertente, voleva solo che lo lasciassero tutti in pace, che lo lasciassero sprofondare in un sonno senza sogni dove potesse dimenticare quanto male gli stesse facendo la vicinanza di Elizaveta e quanto ancora più dolorosa fosse la lontananza di Ludwig. Voleva solo dimenticare, magari tra le braccia di qualche modella sciocca e superficiale, che in lui vedeva solo quello che mostravano i cartelloni pubblicitari e le foto sui giornali. Qualcuno che desiderasse il Magnifico solo per come appariva.
Invece si trovò improvvisamente in strada, senza ricordare come ci fosse arrivato, mentre un vento dispettoso e troppo freddo per i suoi sensi accaldati gli spingeva negli occhi le ciocche argentee.
«Veeeh, Lovi, aspetta! Vai troppo veloce! » si lamentava Feliciano, più appeso al suo braccio che non di sostegno, mentre l’altro italiano li trascinava entrambi sul marciapiede verso una macchina parcheggiata e con i fari accesi.
«Feliciano…»
Una voce calda e sconosciuta lo raggiunse, velata dalla preoccupazione e dallo sconcerto.
«Doitsu! » esclamò l’italiano lasciandolo di colpo per saltellare in direzione dello sconosciuto, abbandonandolo in balia dell’assai meno tollerante fratello maggiore.
Gilbert aveva la netta impressione che, se gli fosse saltata la mosca al naso, per vendicarsi di tutte le volte che lo aveva preso in giro, Lovino non si sarebbe fatto il minimo scrupolo a lasciarlo proprio al centro del viale trafficato che divideva il condominio amministrato da Francis da quello in cui si trovava il suo appartamento. Tuttavia, si disse, in quel momento non aveva la benché minima importanza.
«Doitsu, lui è il fratellone Gilbert. » continuò Feliciano con una vocetta cinguettante. «Ha bevuto troppo e non si sente bene. Io e Lovi non ce la facciamo a portarlo fino a casa sua da soli. »
Il tedesco tentò di alzare lo sguardo per dire che lui stava benissimo, che non aveva bisogno di nessun aiuto, ma la testa gli ronzava e la luce dei fari gli impediva di distinguere la figura che avanzava verso di lui.
«Gilbert? Sei Gilbert… Weillshmidt? » esclamò la stessa voce sconosciuta di poco prima, mentre una presa salda calava sulle sue spalle.
Non riusciva a distinguere nulla, tranne un paio di occhi azzurri, troppo azzurri, puntati su di lui.
«Ja! Sono Gilbert, il Magnifico! » dichiarò, levando un braccio al cielo nella parodia di un gesto solenne che lo sbilanciò, rischiando di fargli perdere l’equilibrio.
Un attimo dopo si trovò con una guancia premuta contro il petto dell’uomo di fronte, mentre un paio di braccia robuste lo stavano stringendo con inaspettato calore.
Cos’era il peso che sentiva sulla spalla?
Perché la sua camicia si stava bagnando anche se non pioveva?
Perché non stava piovendo, vero?
Allora perché sentiva qualcosa di umido scivolargli lungo una guancia?

Quando socchiuse gli occhi nell’alba fumosa che spezzava appena la penombra della sua stanza, Gilbert aveva ben pochi e frammentari ricordi della sera precedente: il sapore della birra, ora diventato acido nella sua bocca; la musica martellante, ora ridotta ad un ronzio insistente nelle sue orecchie; il vento freddo della notte, un dolore sordo, la sensazione di perdita, frustrante, la pioggia (aveva piovuto?), poi tutto si faceva confuso. L’impressione di galleggiare nel nulla, la sensazione delle lenzuola fresche, il rumore di una porta che si chiudeva, lasciandolo solo.
Solo come era sempre stato.
Solo come sarebbe rimasto.
Il suo sguardo appannato vagò lungo le coperte, scivolando sul pavimento e alzandosi lentamente verso l’unica fonte di luce: la finestra con la tapparella abbassata a metà. Nel farlo incontrò la base della sua poltrona preferita e, accanto ad essa, un piede.
Un piede?
Gilbert batté le palpebre e risalì con lo sguardo lungo la gamba fino ad avere una visione d’insieme, seppur ancora piuttosto confusa, del ragazzone biondo che dormiva sprofondato nella sua poltrona.
Il lampo di un paio di occhi azzurri gli attraversò la mente e, mentre le ciglia iniziavano a pizzicargli fastidiosamente, si trovò a chiedersi come fosse possibile che piovesse anche nella sua stanza.

Note:
*si riferisce a Matthew, poliziotto come Alfred
**si riferisce a Kiku, dirimpettaio dei fratelli americani

fandom_axis powers hetalia, hetalia f.r.i.e.n.d.s project, pg_prussia

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