Titolo: I grattacapi di un capitano
Fandom: Crossover Haikyuu!!/Free!
Rating: verde
Personaggi: Daichi Sawamura, Koushi Sugawara, Makoto Tachibana, Haruka Nanase.
Pairings: Daichi/Suga, Makoto/Haruka
Riassunto: "«In ogni caso ci tengo ad informare questo Daichi-san assolutamente non geloso che Tachibana-san ha una ragazza. »"
Disclaimer: Haikyuu!! e tutti i suoi personaggi appartengono a Furudate Haruichi. Free! e tutti i suoi personaggi appartengono a Kouji Ouji e alla Kyoto Animation.
Note: Un piccolo crossover post diploma per i ragazzi del terzo anno.
Beta:
mystofthestarsWord count: 2138 (fdp)
Quando aveva deciso di trasferirsi a Tokyo per proseguire gli studi, Daichi aveva messo in conto di smettere con la pallavolo. Dopotutto aveva ottenuto già molte soddisfazioni come capitano della Karasuno ed era orgoglioso di quello che era riuscito a fare. Quando Sugawara lo informò di aver scelto a sua volta un’università della capitale, l’idea di affittare un piccolo appartamento e dividere le spese d’affitto nacque spontanea in entrambi. In quel modo non sarebbero stati soli nella grande città e sarebbe stato più facile per entrambi ambientarsi nelle nuove facoltà sapendo che qualcosa di familiare li avrebbe attesi a casa. L’idea iniziale era stata quella e così era stata anche la versione ufficiale fornita ad amici e parenti per giustificare quella scelta, ma la realtà a volte si evolve più velocemente di quanto si possa pensare e il passaggio da semplici coinquilini a qualcosa di più per loro era stato quasi scontato. Daichi aveva sempre ammirato Koushi in silenzio, con una devozione che solamente l’imbarazzo gli aveva impedito di esprimere pienamente. Sugawara, in qualche modo, lo aveva sempre saputo ed era sceso a patti con quel sentimento da tempo, al punto da non permettere nemmeno a Sawamura di terminare la sua dichiarazione prima di rispondere.
La loro avrebbe potuto essere la semplice vita di due ragazzi a Tokyo, tra casa, studio e una nuova dimensione del sentimento appena sbocciato da imparare a conoscere insieme, se non fosse stato che le cose non vanno mai come si potrebbe pensare.
Era stato il ragazzo che lavorava part-time alla caffetteria dell’università di Daichi ad introdurre il discorso. Gli erano giunte all’orecchio voci che parlavano del giovane come ex capitano della Karasuno, quella squadra all’apparenza decaduta, ma che era addirittura giunta alle finali dell’Inter High primaverile, e si trattava, a suo dire, proprio della persona che stava cercando. Il tipo in questione, infatti, gestiva insieme al fratello il centro sportivo del quartiere ed era da sempre appassionato di pallavolo; purtroppo però non era mai riuscito a mettere insieme una squadra vera e propria a causa della mancanza di membri. Di solito gli studenti universitari non s’impegnavano in attività del genere, troppo presi dai loro corsi, e nell’associazione di quartiere gli unici abbastanza bravi erano il figlio del fruttivendolo e il commesso della pescheria.
«Abbiamo bisogno di almeno altri due, se possibile tre membri, capisci? » fu quello che Daichi si sentì dire una mattina mentre ordinava il suo consueto caffè. «Quindi mi chiedevo se tu non fossi interessato e se non conoscessi qualcuno. »
Da quella semplice domanda al rimettere piede in campo, seguito a ruota da Sugawara, il passo fu estremamente breve, così come lo fu la sua seguente nomina a capitano. Sembrava che tutti lo ritenessero il più adatto, per il semplice fatto che aveva già rivestito quel ruolo.
«Sei adatto perché sai mantenere alto il morale della squadra. » aveva detto invece Sugawara con un sorriso. «Sai capire le persone, incoraggiarle quando serve e mantenere la disciplina. L’hanno capito anche loro, per questo ti hanno scelto. »
Non era stato necessario aggiungere altro poiché, da quando avevano lasciato la scuola, il suo più grande desiderio era stato quello di giocare di nuovo con Suga sotto la stessa rete, un sogno a cui mancava davvero solo un passo per essere realizzato: trovare l’ultimo membro. Quindi da quel momento era iniziata la ricerca spasmodica della persona adatta.
L’associazione di quartiere avrebbe partecipato alle imminenti manifestazioni sportive estive, quindi il tempo stringeva.
Una sera, mentre cenavano, Sugawara giunse inaspettatamente in suo aiuto.
«C’è una matricola, che frequenta alcuni dei miei stessi corsi, che secondo me potrebbe fare al caso nostro. É un tipo tranquillo, ma dal fisico che ha si capisce che è uno sportivo, e poi è alto. Se riusciremo a convincerlo potrebbe addirittura diventare in nostro asso. »
Per Daichi non poteva esserci notizia migliore: volendo avrebbero potuto giocare anche in sette, loro due, il barista, il fratello, il figlio del fruttivendolo, il commesso della pescheria e uno studente d’ingegneria dell’università vicina che era un ottimo libero, ma se avessero avuto almeno una riserva sarebbe stato molto meglio. Inoltre non avevano un asso e l’idea che capitasse loro tra le mani qualcuno del calibro di Asahi, era elettrizzante.
«Perfetto, allora devi assolutamente convincerlo! »
Da lì erano cominciati gli appostamenti di Sugawara per persuadere la matricola ad unirsi a loro, anche se, sulle prime, ebbe scarso successo. I suoi resoconti erano pieni di: «Dice che non lo sa, ha sempre fatto un altro sport e conosce poco della pallavolo. », «Pensa di non essere in grado e di crearci dei problemi. » e «Vuole dedicare il suo tempo allo studio. »
Daichi iniziava a pensare che non fosse stata una buona idea, dopotutto non potevano obbligare qualcuno ad unirsi a loro contro al sua volontà, e non poteva nemmeno pretendere che fosse sempre Suga ad occuparsi di quella faccenda. Per questo motivo decise di recarsi lui stesso all’università di Koushi per parlare con la matricola in questione, dopotutto era il capitano ed era suo preciso dovere farlo. Il suo ragazzo gli aveva detto che in quel periodo era solito trascorrere il tempo tra una lezione e l’altra all’ombra di un albero nel cortile interno, e fu lì che Daichi si diresse per prima cosa, sperando di avere fortuna. Lo trovò dopo parecchio girovagare, seduto sul prato con un libro sulle ginocchia. Stava già per avvicinarsi quando si rese conto che non era solo: accanto a lui si trovava un bel ragazzo dall’aria gentile, i capelli castani leggermente in disordine e una camicia a scacchi sulle spalle.
«Certo che anche per te dev’essere dura, Tachibana. » stava dicendo Sugawara, mentre l’altro annuiva con un mezzo sorriso.
Daichi, incuriosito, aggirò l’albero e i cespugli che dividevano i due dal vialetto e si avvicinò in modo da poter ascoltare ancora un paio di battute prima di mostrarsi.
«Ma no. » stava dicendo l’altro ragazzo. «Haru non è affatto un problema, non potrebbe mai esserlo. É solo che… beh, è il tipo di persona che fatica ad adattarsi alle novità. É la prima volta che stiamo lontani da casa per così tanto tempo, è difficile per entrambi. »
«Daichi invece ha una capacità di adattamento eccezionale. » rispose Koushi. «Io ancora non oso uscire di casa senza cartina e lui già conosce Tokyo come le sue tasche. »
«É incredibile. »
«Già, ma anche un po’ frustrante. »
Daichi, alle loro spalle, s’irrigidì: dunque Suga lo trovava frustrante? E dire che aveva fatto il possibile per essere un buon coinquilino e un bravo fidanzato.
«A volte ho l’impressione che non abbia bisogno di me. » sospirò ancora Sugawara. «Per fortuna che ho trovato qualcuno con cui confidarmi. »
«Siamo stati fortunati entrambi, Koushi-san. »
Sentendo quelle parole pronunciate in tono dolce, e il nome di Sugawara sulle labbra di quel ragazzo all’apparenza perfetto, Daichi decise che ne aveva abbastanza.
«Ehi! » esordì sbucando dai cespugli alle loro spalle e facendoli sobbalzare entrambi.
Non avevano l’aria di qualcuno colto sul fatto in una situazione sconveniente, ma la cosa lo infastidì lo stesso.
«Devo parlarti. » disse a Sugawara prendendolo per un braccio e inducendolo ad alzarsi.
Quello gli restituì un’occhiata perplessa e si scusò con il compagno prima di seguirlo.
«Che succede? » chiese quindi, quando giunsero a ridosso di un muro appartato. «Non è mai capitato che venissi fin qui, la tua università è piuttosto distante. »
Davanti a quello sguardo limpido Daichi iniziò a sentirsi stupido: aveva agito d’impulso, spinto dal fastidio che la confidenza dell’altro ragazzo gli aveva suscitato, ma ora iniziava a pensare di aver fatto una sciocchezza. In ogni caso doveva dare a Suga una giustificazione, non poteva rimanere lì a fissarlo in silenzio.
«Ho cambiato idea, penso che potremo giocare anche senza riserva. » buttò fuori alla fine, ricevendo in risposta un’occhiata dubbiosa.
«Non mi sembra una grande pensata. Se dovesse succedere qualcosa a qualcuno di noi, dovremo ritirarci. E poi è un peccato, ero appena riuscito a convincere Tachibana. »
Lo sguardo di Daichi si assottigliò, mentre correva nelle direzione dove avevano lasciato l’altro ragazzo.
«Forse è proprio per questo che non mi va…» borbottò a voce bassa, ma Sugawara lo sentì ugualmente e, a giudicare dalla sua espressione, rimase anche piuttosto perplesso.
Da una parte poteva capirlo, dopotutto era stato lui ad insistere perché convincesse l’altra matricola, ma certo non si era aspettato che fosse un tipo così, insomma, prestante. Avrebbe dovuto trovare una scusa convincente per giustificare il suo cambiamento di prospettiva e sperava che Koushi non facesse troppe domande. Tuttavia avrebbe anche dovuto immaginare che il ragazzo non gliel’avrebbe fatta passare liscia così facilmente.
«Non dirmi che sei geloso? » esclamò infatti come se fosse la domanda più ovvia da fare in quel momento e non quella in assoluto più fuori luogo.
Daichi per poco non stramazzò al suolo.
«Certo che no!! » si ritrovò a strillare, alzando la voce senza rendersene conto.
«Ah, no? Che strano, avrei scommesso il contrario. In ogni caso ci tengo ad informare questo Daichi-san assolutamente non geloso che Tachibana-san ha una ragazza. Si sono trasferiti a Tokyo insieme dal loro paese natale e se ancora non vivono insieme, è solo questione di tempo. Sta anche cercando di convincerla a venire a vedere la nostra partita perché pare sia un po’ restia verso gli sport diversi da quello che pratica. »
Daichi non si chiese che sport praticasse la suddetta ragazza, era troppo sollevato anche solo dalla sua semplice esistenza, nonché troppo impegnato a non darlo a vedere. Cosa probabilmente abbastanza inutile perché di certo Suga aveva già capito tutto. Da questo a tornare al discorso precedente il passo fu estremamente breve, così come la sua approvazione ad avere quel Makoto con loro già dai prossimi allenamenti.
«Con un capitano come te e uno come lui sotto rete, la vittoria è assicurata! » esclamò Sugawara prima di congedarsi, richiamato dal suono della campana che annunciava la ripresa delle lezioni.
Non raggiunse però nemmeno l’angolo del vialetto prima di tornare indietro, gettare un’occhiata in giro e stampare un bacio sulla guancia di Daichi.
«Che non ti passino più per la testa strane idee, ok? » disse, prima di regalargli un sorriso luminoso e allontanarsi di nuovo lasciandolo solo e sconcertato.
Koushi sapeva essere spaventoso.
La prima partita del torneo cittadino estivo arrivò fin troppo presto, ma Daichi era fiducioso che gli allenamenti a cui si erano sottoposti avrebbero dato i loro frutti. La squadra era motivata e capace, i nuovi membri si erano integrati alla perfezione e, anche se non sarebbe mai stato come giocare con la Karasuno, era sicuro che avrebbero avuto dei buoni risultati. Inoltre Makoto si era rivelato un ottimo elemento di difesa, una volta compresi i meccanismi del gioco: era veloce e con la sua altezza diventava molto difficile superarne il muro. Certo, andava fin troppo d’accordo con Sugawara, ma in fondo Daichi non si era pentito di averlo accolto in squadra.
«Bene, ragazzi! Questa è la nostra occasione di tornare a vincere. Facciamo vedere chi siamo e rimaniamo in campo il più a lungo possibile! » esclamò per incoraggiare i compagni, rendendosi conto di aver usato parole molto simili a quelle con cui spronava i suoi “corvi” solo quando vide Sugawara ridacchiare.
Non stavano certo per partecipare ad un torneo nazionale, ma certe abitudini erano dure a morire, e forse era anche un bene: tutti attorno a lui sembravano più motivati e questo lo rallegrò. Solo Makoto sembrava distratto e, dai primi gradini della breve scala che li avrebbe condotti all’interno del palazzetto, continuava a voltarsi indietro e a scrutare il cortile e la strada. Era chiaro che stesse aspettando qualcuno e Daichi ne ebbe la conferma quando lo vide illuminarsi ed esclamare: «Haru!» alzando il braccio in segno di saluto.
Sugawara sorrise e lo pungolò con il gomito.
«É la sua ragazza. Finalmente la vedrai, così sarai più tranquillo. »
Daichi avrebbe voluto rispondere che non era affatto preoccupato, non ne aveva motivo, ma i commenti di entrambi morirono sulle loro labbra quando videro Makoto tornare verso la squadra in compagnia di un bel ragazzo moro e dallo sguardo sfuggente.
«Ragazzi, questo è Haruka, l’amico di cui vi parlo sempre. » lo presentò Makoto, e l’altro sollevò su di loro due occhi incredibilmente azzurri mentre ribadiva con voce tendenzialmente inespressiva: «Nanase Haruka, piacere.»
I due rimasero a scrutarlo per diversi istanti, increduli di quello che stavano vedendo, Daichi chiedendosi come avessero potuto fraintendere e pensare che quella fosse la ragazza di Makoto. O magari lo era davvero, fatto sta che non era di certo una donna.
A spezzare il silenzio imbarazzato, giunse Sugawara che s’illuminò battendosi un pugno sul palmo della mano per poi indicare il nuovo venuto.
«Ma certo, ecco dove ti ho già visto! Nanase Haruka, l’astro nascente del nuoto giapponese! »
Per tutta risposta quello sviò lo sguardo borbottando qualcosa d’intellegibile e Makoto sorrise sprizzando scintille d’orgoglio mentre annuiva.
Koushi sembrava entusiasta, Makoto non stava più nella pelle e Daichi comprese che, a quanto pareva, i suoi grattacapi da capitano erano appena ricominciati.