Titolo: What the hell
Fandom: Axis Powers Hetalia
Rating: verde
Personaggi: Arthur Kirkland (Inghilterra), Alfred F. Jones (America)
Riassunto: Il racconto di un incontro fortuito che ha cambiato la vita di due persone.
Disclaimer: Hetalia e tutti i personaggi appartengono a Hidekaz Himaruya.
Note: E' un flash back ambientato prima che Arthur conoscesse Francis e i suoi inquilini, quando la sua storia con Alfred non era ancora iniziata. Questi due mi piacciono un sacco e, proprio perchè mi piacciono, faccio un po' fatica a scrivere su di loro, ho l'impressione di sminuirli. Dedicata a
masuko_rothlien per il suo compleanno, mi spiace che sia corta, insignificante e pure angst! Spero di riuscire a produrre qualcosa di decente la prossima volta!
Beta:
ginkokite All my life I’ve been good, but now
Oh I’m thinking what the hell
Era successo in un attimo. Si era voltato per pagare il tassista e quando era tornato a chinarsi per recuperare la borsa, questa semplicemente non c’era più.
Arthur si guardò attorno stralunato finché non individuò un tipo che si allontanava di corsa con la sua ventiquattrore.
Fuck!
Dimenticandosi completamente della mancia che si era ripromesso di dare al conducente del taxi, si gettò all’inseguimento del ladro, consapevole che se la valigetta fosse andata persa sarebbe stato un disastro, un disastro di cui lui avrebbe dovuto rendere conto.
Dannato, dannatissimo ladruncolo americano!
Se solo avesse avuto un minimo di cervello si sarebbe accorto che una borsa del genere non poteva contenere niente di valore ma solo documenti, nello specifico i suoi sudatissimi documenti, che gli erano costati settimane di lavoro: statistiche, conteggi, movimenti di borsa, valutazioni dei titoli azionari e tutto quello che gli era stato richiesto dopo il trasferimento dalla filiale di Londra a quella di New York.
«W-Wait! Wait! Fermat…» ansimò già senza fiato svoltando un angolo.
Arthur non era mai stato un tipo particolarmente atletico, preferiva di gran lunga starsene tranquillo a bere tè piuttosto che sfiancarsi in palestra. Solo in casi come quello malediceva la sua scarsa resistenza.
Tuttavia, quando alzò lo sguardo con il fiato corto per la corsa, si rese conto che qualcuno aveva già fermato lo scippatore. Un giovanotto in divisa stava seduto sulla schiena di quel tipaccio, ridendo sguaiatamente e farneticando qualcosa a proposito di aver compiuto il suo dovere da eroe.
Arthur si avvicinò respirando profondamente per recuperare il ritmo normale.
«Ehm… Thank you. » iniziò, subito interrotto dal giovane poliziotto che, senza preavviso, gli lanciò la borsa.
«Dovere, amico! » rispose mentre Arthur, preso alla sprovvista dalla forza del lancio, indietreggiava di un paio di passi e incespicava nella grata di un tombino, finendo a terra con un’imprecazione piuttosto colorita.
L’americano balzò immediatamente in piedi, correndogli accanto.
«Ehi, tutto bene? » chiese sollecito, ma lo sguardo di Arthur era rivolto verso lo scippatore che, vistosi improvvisamente libero, non aveva esitato a darsi alla fuga.
«Lascia perdere, idiota! Sta scappando! » urlò quindi allarmato.
L’altro si voltò, raggiunse il rapinatore in un paio di balzi e lo ammanettò, spingendolo poi nell’autopattuglia parcheggiata lì accanto.
«Portalo tu alla centrale, Matt. Flagranza di reato. » spiegò brevemente.
Dal punto in cui si trovava, ancora seduto sul marciapiede, Arthur non poteva vedere la reazione del collega sull’auto ma, dall’espressone del giovane, era chiaro che non ne fosse entusiasta. Partita l’auto, il poliziotto tornò verso di lui.
«Adesso mi permetterai di occuparmi di te? » chiese con un sorriso luminoso, decisamente troppo luminoso per i gusti di Arthur. «Mi chiamo Alfred F. Jones e, siccome sono un eroe, va contro la mia etica abbandonare fanciulle in difficoltà. »
«What…?! Non sono una maledetta fanciulla in difficoltà! Sei cieco?! » sbottò Arthur balzando in piedi.
Avrebbe voluto urlarne di tutti i colori a quello screanzato, e l’avrebbe fatto se non fosse stato per una fitta alla caviglia destra che lo costrinse a piegarsi su sé stesso. Maledizione, evidentemente ad essere ferito non era solo il suo orgoglio di gentleman e freddo azionista.
Neanche il tempo di dire una parola, che si trovò sollevato tra le braccia di Alfred.
«Ecco, lo sapevo che ti eri fatto male. Visto che sei sotto la mia responsabilità ti porto al pronto soccorso e, se non vuoi che continui a chiamarti fanciulla, ti conviene dirmi come ti chiami. »
L’inglese sgranò gli occhi con tutte le intenzioni di protestare vivacemente ma, quando si rese conto che sarebbe stato totalmente inutile, si limitò a ringhiare con rabbia.
«Ngrrrthur. »
«Che? Non ho capito nulla! » esclamò Alfred continuando imperterrito a camminare.
Non ottenendo risposta, continuò: «Ti dispiacerebbe essere più chiaro? Ehi! Ehi, fanciulla? »
«ARTHUR! Mi chiamo Arthur Kirkland! E ora falla finita! »
Strillando in quel modo si era agitato finendo per mettere in difficoltà Alfred che tuttavia, invece di lasciarlo lì in mezzo alla strada, gli stava di nuovo rivolgendo quel sorriso luminoso.
«Arthur! Fantastico! È un piacere conoscerti! »
Bastarono quelle poche parole e Arthur capì che, in un futuro neanche troppo lontano, avrebbe combinato delle grosse sciocchezze per quegli occhioni azzurri e quel sorriso.
Quello che non poteva sapere era che Alfred sarebbe piombato nella sua vita ordinata sconvolgendola allegramente e facendogli capire per la prima volta il vero significato di parole come amore, passione, gelosia e abbandono.
Quello che non immaginava era che quella girandola di emozioni si sarebbe infranta contro una porta chiusa, mentre lui stesso si lasciava cadere, in lacrime e completamente svuotato, sul pianerottolo di una casa estranea.
Quello che mai, mai, avrebbe saputo era che, ogni volta che metteva piede al pronto soccorso con un ferito, ad Alfred tornavano in mente due occhi verdi che lo fissavano alternativamente con irritazione, smarrimento e la totale devozione che solo l’amore può dare, e che una stretta dolorosa finiva inevitabilmente per chiudergli lo stomaco.