[Voltron] I stayed in the darkness with you

Feb 15, 2017 22:00

Titolo: I stayed in the darkness with you
Fandom: Voltron: Legendary Defender
Rating: verde
Personaggi: Keith Kogane
Pairings: Keith-centric
Disclaimer: Voltron e tutti i suoi personaggi appartengono a Dreamworks & Netflix.
Note: Questa storia partecipa al contest “Baci rossi e blu - corsa di San Valentino” a cura di Fanwriter.it e La Torre di Carta. Prompt: “I took the stars from our eyes, and then I made a map/And knew that somehow I could find my way back/Then I heard your heart beating, you were in the darkness too/So I stayed in the darkness with you” (Cosmic Love, Florence + The Machine).
Beta:
Word count: 1216 (fdp)


“I took the stars from our eyes, and then I made a map
And knew that somehow I could find my way back
Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you”
(Cosmic Love, Florence + The Machine).
L'enorme hangar era buio e silenzioso, nessuno vi aveva più messo piede da quando erano tornati e questo non faceva che aumentarne l'aspetto spettrale. Keith sapeva che non avrebbe dovuto essere lì, sapeva che il suo dovere sarebbe stato quello di aiutare gli altri nelle ricerche e negli studi - o, per lo meno, sapeva che in quel momento avrebbe dovuto seguire il loro esempio e riposare nel tentativo di recuperare le forze. Tuttavia non gli era possibile, non riusciva chiudere occhio decentemente da quando erano rientrati e questo era il motivo per cui era tornato lì di nuovo.
L'ansia che gli opprimeva il petto si stava trasformando, con il trascorrere delle ore e dei giorni, in una rassegnata disperazione: una sensazione troppo simile a quella già provata tempo prima, e che aveva portato a pessime conseguenze.
Seduto a terra, chiuse gli occhi e appoggiò la testa all'indietro, contro una delle zampe del leone nero. Il nodo che sentiva allo stomaco gli impediva quasi di respirare, mentre la mente tornava indietro ripercorrendo ricordi che avrebbe preferito cancellare.
« L'ho già perso una volta... »
Shiro era stato l'unico ad avvicinarsi a lui quando frequentava l'accademia, il carattere apparentemente freddo e scostante di Keith teneva tutti alla larga. Inoltre l'essere considerato il miglior pilota del suo corso non era d'aiuto. Le malelingue erano all'ordine del giorno e più di una volta si erano sfiorati episodi di bullismo da parte degli allievi delle classi superiori che mal vedevano le lodi riservate ad un novellino. La vita in accademia non era stata semplice per lui eppure, da quando aveva conosciuto Shiro, tutto era diventato più sopportabile. Era un suo superiore, sì, ma era gentile nei suoi confronti, era amichevole e non lo squadrava con diffidenza solo per i suoi buoni risultati. Dai saluti nei corridoi erano passati alle chiacchiere amichevoli in mensa. Nessuno parlava o pensava male di Shiro, era una persona estremamente corretta su cui nessuno poteva avere nulla da ridire e questo, in qualche modo, aveva migliorato anche la situazione di Keith. La tensione attorno a lui si era allentata e, per la prima volta da quando aveva messo piede in accademia, si era sentito accettato da qualcuno. Quello con Shiro era diventato un legame importante, molto più importante di quanto lo stesso Keith fosse disposto ad ammettere, aveva infranto la sua corazza e la sua convinzione di poter fare tutto da solo e gli aveva insegnato l'importanza di fidarsi dei compagni. Gli allenamenti con Shiro erano sempre quelli in cui riusciva meglio, che gli procuravano i punteggi più alti e rinnovavano l'ammirazione dei superiori. Il tempo trascorso con lui gli dava gioia, sia quello di studio che quello di svago. Era stato Shiro, una sera in cui Keith era particolarmente nervoso, a mostrargli il modo per sfuggire ai controlli e salire indisturbato sul tetto dell'accademia ad osservare le stelle. In poco tempo era diventato un appuntamento abituale ed uno dei pochi momenti in cui Keith era completamente a proprio agio con sé stesso e con il resto del mondo. Le stelle, quei milioni di stelle che li sovrastavano, erano ciò che li univa, rappresentavano il sogno più grande di loro, apparentemente da bambini, di esplorare la miriade di mondi che si trovavano lassù, oltre tutto ciò che era conosciuto. Un sogno semplice, infantile e immenso allo stesso tempo, che li aveva legati come nient'altro era riuscito a fare. Keith sapeva, sentiva, che le stelle erano la risposta, che li avrebbero portati a ritrovarsi ancora e ancora.
La partenza di Shiro per la missione Cerbero era stata la prima realizzazione di questo sogno, un passo importante per l'esplorazione spaziale e un ancora più importante passo verso ciò che desideravano. Aveva seguito con passione ed entusiasmo ogni trasmissione che veniva inviata dalla navicella e che la Galaxy Garrison rendeva pubblica, ogni singola immagine, ogni singola parola, fino al drammatico comunicato che aveva messo fine a tutto.
Schianto.
Errore del pilota.
Morti.
La prima sensazione che aveva provato era stata di gelo. Non era possibile, doveva esserci un errore, Shiro non avrebbe mai fatto schiantare la sua nave, era il pilota migliore dell'accademia. Doveva esserci stata un'interferenza nelle comunicazioni, presto sarebbe arrivata la smentita.
No, non era possibile che fossero tutti morti, che Shiro fosse morto. Le stelle non potevano averli traditi in quel modo.
Ma la smentita non era mai arrivata e quella di Keith era diventata un'ossessione. Richiedere in continuazione spiegazioni ai superiori era l'unico modo per tenere a bada il dolore, per convincersi che non era finita. Lui sapeva che Shiro era ancora vivo, non poteva dire come né perché ma ne aveva la certezza e i superiori non potevano liquidare la faccenda nascondendosi dietro le parole “errore del pilota”, abbandonandolo al suo destino.
Quando era trapelata la notizia che la giovane sorella di Matt Holt si era infiltrata nel sistema carpendo informazioni, Keith ne era rimasto sconvolto. Esistevano verità che non erano state rese pubbliche, il fatto che non ci fossero prove effettive dello schianto era stato occultato anche a chi aveva chiesto disperatamente notizie dei propri cari e questo era inammissibile. Di fronte all'ennesimo rifiuto del comandante e alla seguente minaccia di ritorsioni, aveva perso la testa e l'aveva aggredito. Il passo da lì all'espulsione era stato breve, e la sua vita era finita in pezzi.
Tornare in quella casa vuota, in mezzo al nulla, solo e lontano da tutti non aveva fatto altro che inasprire la sua ossessione: scoprire cos'era successo a Shiro e alla nave era diventata la sua unica ragione di vita, l'unico modo per andare avanti e convincere sé stesso di avere ancora uno scopo. In mancanza di quello, il dolore, la disperazione e il senso di perdita l'avrebbero distrutto.
Ma alla fine Keith aveva avuto ragione, Shiro era tornato e la sua testardaggine era stata ciò che li aveva condotti al leone blu prima e al castello su Arus dopo.
Ora però, tutto quello costruito finora sembrava non avere più senso. La mappa che aveva tracciato tra le stelle, quelle stesse che avevano guardato insieme e che era convinto li avrebbero sempre riuniti, non sembrava altro che un ammasso di linee ingarbugliate e senza significato. Non l'avrebbe riportato a casa, non gli avrebbe restituito la persona più importante.
L'aveva perso di nuovo e non sapeva nemmeno perché, nessuno sapeva cosa fosse successo all'interno della cabina di pilotaggio del leone nero. Tutto quello che aveva potuto constatare era che fosse irrimediabilmente vuota e sentire il proprio cuore spezzarsi.
Voltarsi e premere la guancia contro il freddo metallo della zampa fu un gesto automatico, la ricerca di un conforto che non sarebbe mai giunto.
Un leader, un amico, un fratello, colui che gli era stato vicino nei momenti più difficili alla ricerca della propria identità: Shiro era tutto questo e senza di lui si sentiva perso, precipitato nel baratro dell'angoscia e messo a forza di fronte a responsabilità che non poteva prendersi, che non voleva prendersi. Nessuno lo avrebbe accettato, lui per primo.
« So che ci sei... » mormorò a voce bassa, rivolto al buio che lo circondava. « Sei lì da qualche parte... e so che stai lottando per tornare. Black, prenditi cura di lui, ti prego, aiutalo. Io starò qui e ti aspetterò. Ti aspetterò sempre... Shiro. »

pg_keith kogane, fandom_voltron: legendary defender

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