[Hetalia] Il richiamo della magia (tra te e la mia vita)

Sep 12, 2011 00:33

Titolo: Il richiamo della magia (tra te e la mia vita)
Fandom: Axis Powers Hetalia
Rating: verde
Personaggi: Arthur Kirkland (Chibi-Inghilterra), Alfred F. Jones (Chibi-America)
Riassunto: In un mondo in cui la magia è bandita, il piccolo Arthur viene invitato dalle fate sue amiche a partecipare ad un loro girotondo. Nessuno dovrebbe vederlo operare la magia, ma l'amico Alfred lo segue...
Disclaimer:  Hetalia e tutti i personaggi appartengono a Hidekaz Himaruya.
Note: Questa fic è direttamente collegata a quella di masuko "Il richiamo della magia (ma non volevo dirti addio)" che descrive la scena dal punto di vista di Alfred ed entrambe fanno da antefatto ad una role dove i personaggi si ritrovano da adulti, che potete leggere qui.
Beta: masuko


Che la sua non fosse una famiglia comune, Arthur lo aveva già capito da parecchio tempo. Le mamme comuni, come quella di Alfred ad esempio, rimproveravano spesso i loro figli con frasi come: “Non camminare scalzo, ti prenderai un raffreddore!” o “Non rotolarti nell’erba, ti sporcherai i vestiti!”. Erano parole talmente comuni che all’inizio non ci aveva fatto caso, solo più avanti si era accorto che a lui nessuno le aveva mai rivolte. La sua, di mamma, gli diceva sempre che passeggiare a piedi nudi permetteva di sentire il battito della Terra e che sdraiarsi in mezzo a un prato era il modo più semplice per entrare in sintonia con gli Spiriti della Natura. Gli altri bambini venivano sgridati se solo si avvicinavano al bosco ai limiti del villaggio, a lui non sarebbe mai stato impedito di addentrarvisi. I suoi genitori sapevano che là nessuno gli avrebbe fatto del male: gli Spiriti erano gentili con chi possedeva il Dono, molto più gentili degli esseri umani loro simili. Arthur aveva dovuto impararlo in  fretta. In un mondo dove la magia era bandita e bollata come eresia, l’unico modo che quelli come lui avevano per sopravvivere era nascondersi, fingere di essere come tutti gli altri. Se qualcuno li avesse scoperti, la loro vita sarebbe stata in pericolo.

Quella sera le ombre erano calate lentamente, la cena era stata tranquilla e, successivamente, Arthur era salito nella sua piccola stanza sotto il tetto che si affacciava sul bosco. Le cicale frinivano e in lontananza si poteva sentire un gufo lanciare il suo lugubre richiamo. Era una notte particolarmente chiara, che permetteva di osservare le stelle senza che nessuna nuvola fastidiosa oscurasse la visuale. Fu proprio grazie a questa limpidezza che Arthur poté vedere la fatina giungere da lontano ed era già affacciato alla finestra quando la piccola creatura magica lo raggiunse.
«Buonasera. » la salutò il bambino con la cortesia che si doveva riservare ad una signorina.
Il lieve tintinnio che ricevette in risposta lo fece sorridere
«Un girotondo? Oh, sì, mi piacerebbe tanto venire! » esclamò entusiasta. Un attimo dopo, tuttavia, la sua espressione si rabbuiò. «Non so se la mamma mi lascerà venire, è un po’ tardi…»
Di nuovo il dolce scampanellio giunse alle sue orecchie.
«Glielo chiederai tu? Fantastico! Grazie! »
Neanche dieci minuti più tardi stava correndo verso il bosco, circondato da piccole luci intermittenti che ad un osservatore distratto sarebbero apparse come lucciole.
Arthur era felice: fino a poco prima la sua si prospettava una serata noiosa visto che Alfred, il suo migliore amico tra gli esseri umani, non sembrava intenzionato a farsi vivo. Ora invece era stato invitato addirittura ad un girotondo di fate! Ne aveva visti solo pochi nel corso della sua breve vita, ma a sufficienza per amare il tripudio di magia, suoni e colori scintillanti che quella danza emanava.
Era davvero un peccato che Alfred non potesse assistervi, era certo che si sarebbe divertito tantissimo e, fino a poco tempo prima, aveva tentato di chiedere il permesso ai suoi genitori per invitarlo. Ma poi la gente era diventata strana, avevano iniziato a guardasi l’un l’altro in modo più sospettoso del solito ed una parola inquietante aveva cominciato a circolare di bocca in bocca: eresia. Da allora i suoi genitori gli avevano categoricamente proibito di mostrare o anche solo parlare della sua magia a chiunque. Quando si era sparsa la voce sui roghi delle streghe, Arthur aveva capito il perché. Tuttavia, anche se potevano nasconderla, non avrebbero mai potuto rinnegare la loro natura: il Dono scorreva nelle loro vene, non avrebbero potuto rinunciarvi.
Quando raggiunsero la radura nel bosco, Arthur non stava più nella pelle per l’eccitazione. Lo spettacolo che si apriva davanti ai suoi occhi era incantevole e rimpianse che il comune occhio umano non potesse vederlo. Ogni ramo, ogni foglia, ogni filo d’erba risplendeva d’argento alla luce della luna, che, da quella prospettiva, appariva più grande e luminosa che mai. Mille luci colorate danzavano a mezz’aria, materializzandosi a poco a poco in graziose fanciulle alate vestite di veli fluttuanti. Formavano un cerchio perfetto che si muoveva a pochi centimetri dai fili d’erba, senza sfiorarne le estremità se non con una dolce brezza.
La fata che lo aveva accompagnato si staccò da lui per raggiungere il gruppo festante e lo invitò ad unirsi a loro. Avrebbero danzato tenendolo al centro del girotondo, facendo di quel bambino a metà tra i due mondi l’ospite d’onore della loro celebrazione gioiosa.
Arthur non se lo fece ripetere due volte: sfilò le scarpe ed avanzò a piedi nudi nella radura. Non appena posò a terra il piede, si sentì travolgere da un’energia incredibile, che gli trasmise una gran voglia di ridere e ballare. Poteva sentire la Terra pulsare di vita e magia sotto di lui, ed era una sensazione talmente intensa che anche volendo non avrebbe potuto restare indifferente.
«È bellissimo, siete bravissime! » esclamò alla volta delle figure che lo circondavano. «Voglio fare qualcosa anch’io! »
Annuì alla giovane fata che lo aveva invitato e tese in avanti le mani, come a voler offrire un dono alle magiche creature. La punta delle sue dita s’illuminò prima di un debole bagliore, che crebbe via via finché una sfera di luce azzurrina si levò dalle sue mani raggiungendo le altre nell’aria. La loro danza era incantevole e ipnotica e Arthur sarebbe rimasto a fissarle per sempre, mentre lo avvolgevano in spirali colorate e la magia permeava ogni fibra del suo essere.
«ARTHUR! »
L’improvvisa esclamazione, pronunciata con voce infantile, mandò in mille pezzi l’incantesimo e il mondo intorno a lui piombò nel buio. Sgranando gli occhi e con la sensazione che un secchio d’acqua ghiacciata gli fosse appena stato gettato addosso, il bambino si voltò verso il margine della radura, giusto in tempo per vedere Alfred, l’amico di sempre, avanzare verso di lui con espressione stupita.
Era appena successo quello che mai, mai, sarebbe dovuto succedere: Alfred lo aveva visto fare una magia. Mentre il panico cresceva, alimentato da parole come “eresia” e “rogo”, e si scontrava con la voce della ragione che gli suggeriva che Alfred era suo amico e non gli avrebbe mai fatto del male, vide la figura di suo padre emergere dalle ombre del bosco e posare una mano sulla spalla del ragazzino. Non c’era rimprovero negli occhi dell’uomo, solo una profonda tristezza e un’ancora più profonda rassegnazione: lui sapeva che prima o poi sarebbe successo.
«È tardi, ti accompagno a casa, Alfred. » disse con voce gentile. «Arthur, andiamo. »
Mentre ripercorrevano il piccolo sentiero, Arthur avvertì spesso su di sé lo sguardo pieno di domande dell’amico e a sua volta avrebbe desiderato fargliene.
Cos’aveva visto esattamente? Aveva capito tutto? Li avrebbe denunciati? Era spaventato? Forse lo odiava?... Non lo considerava più suo amico?
A quell’idea sentiva una dolorosa stretta al petto. Loro due erano compagni, condividevano tutto, ma lui aveva tradito, aveva tenuto un segreto solo per sé. Forse meritava di essere odiato.
Per questo non alzò lo sguardo per tutto il tragitto e solo quando ormai si trovavano sulla porta di casa Jones cercò disperatamente con gli occhi quelli dell’amico.
«Non odiarmi. » tentò di trasmettergli con lo sguardo. «Non odiarmi, ti prego. Ti prego! »
Tuttavia la porta si chiuse senza che nessuno dei due fosse riuscito a dire nulla.
Per tutta la notte Arthur assistette impotente alla frenetica raccolta di poche cose indispensabili in piccoli bagagli e prima ancora che il chiarore dell’alba illuminasse i tetti di Summer Hill, i Kirkland abbandonarono velocemente il villaggio come fantasmi in fuga dalla luce del giorno.

«La magia è la mia vita. Dovevo scegliere tra te e la mia vita. Non odiarmi. »

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