Titolo: Asteria dagli occhi acquamarina (1/2)
Fandom: nessuno, è un racconto originale
Rating: verde
Personaggi: Richard, Amil, Asteria, vari comprimari
Riassunto: Il giovane Richard sbarca sulle coste del regno di Antara alla ricerca di fortuna e del suo destino. Non può immaginare a cosa lo porterà questo viaggio in quella che è nota come "la terra degli stregoni".
Disclaimer: "Antara" is mine! Tutto, ambientazione, personaggi e trama.
Note: Fantasy sul genere della saga di Darkover di Marion Zimmer Bradley, se qualcuno sa di cosa parlo. Si tratta del prologo della saga che consta diversi raccoglitori e mooolte pagine di materiale che dubito pubblicherò mai on-line. L'ho scritto però dopo aver già narrato le vicende principali quindi quelli dell'ultima parte sono spoiler sugli altri racconti. Sì, il futuro di Richard e di tutta la sua famiglia è già scritto. XD Ho riflettuto parecchio prima di postarlo, poichè si tratta di materiale originale che mi seccherebbe molto se finisse in mano a qualcuno che potrebbe farne uso senza il mio permesso. Quindi si prega di non toccare.
Beta: nessuno. Si tratta di roba vecchia che sono troppo pigra per rileggere completamente. Infatti ci saranno sicuramente in mezzo dei "bhè" al posto di "beh" e altre amenità del genere...
Morbidi riccioli ramati
che ombreggiano occhi dolci e profondi.
La figura esile avvolta dal pesante abito regale.
Asteria dagli occhi acquamarina.
Mai vidi creatura più incantevole.
1.
Quando Richard Gray sbarcò dalla nave mercantile che lo aveva condotto sulle coste del regno di Antara ancora non poteva sapere quale sarebbe stato il futuro di maestosità ma anche di grandi dolori che lo aspettava. Per il momento era solo un giovane delle Terre al di là del Mare partito in cerca di fortuna e giunto in quello che considerava il luogo del suo destino.
Il porto in cui era attraccato il mercantile prendeva il nome dal vicino villaggio di Orissa e, come Richard seppe da alcuni marinai, distava quasi due giorni di cavallo dalla capitale Antar, sua meta finale. Il denaro che aveva con sé era sufficiente per affittare una stanza e acquistare un cavallo quindi decise di pernottare al villaggio e partire tranquillamente l’indomani. L’ostessa dell’unica pensione del paese lo accolse con una smorfia ma quando vide il luccichio delle monete che il giovane le porgeva cambiò espressione e gli mostrò una piccola stanza.
“Purtroppo non ho altre camere libere.” si scusò. “Il Nobile Lamor si trova in visita al porto e alloggia qui con la sua scorta.”
“Il Nobile Lamor?” chiese Richard. “E chi sarebbe?”
“Si vede che siete uno straniero.” commentò l’ostessa ritrovando la smorfia di poco prima. “I Lamor sono il ramo cadetto della famiglia reale Delleran e come tali la nobiltà più alta del regno. Una delle guardie della scorta mi ha detto che ad Antar è giunta voce della presenza di contrabbandieri ad Orissa e il Nobile Lamor è stato inviato a controllare la situazione.”
L’ostessa uscì dopo averlo informato sull’ora della cena e Richard si lasciò cadere sul letto lanciando uno sguardo distratto fuori dalla finestra. Il vociare del porto giungeva chiaramente anche con le imposte socchiuse ma poco più in là delle vele che affollavano le banchine si stendeva il mare azzurro, immenso e silenzioso. Il viaggio dalla sua terra natia fino al porto di Antara era durato un paio di settimane e anche se aveva dovuto lavorare per pagarsi la traversata, era stato abbastanza piacevole. Non appena aveva posato i piedi sul suolo del porto si era sentito attraversare da una scarica di adrenalina che lo aveva lasciato euforico: quello era il luogo del suo destino. Il regno di Antara di cui si parlava tanto e sul quale si narravano innumerevoli leggende di stregoni, avrebbe fatto la sua fortuna!
E ora si trovava sotto lo stesso tetto con un nobile di altissimo rango. Un’opportunità che non aveva osato immaginare nemmeno nei suoi sogni più sfrenati. Per un attimo fu tentato di alzarsi e correre ad offrire i sui servigi al nobile, ma la poca razionalità rimastagli lo fermò appena in tempo.
“Solo un pazzo si fionderebbe da questo Lamor senza sapere niente di lui!” si disse. “Non è il momento di fare colpi di testa, Dick!”
Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra spalancando le imposte. La brezza salmastra gli scompigliò i capelli scuri.
“Chissà com’è questo Nobile Lamor?” si chiese. “Un nobile di alto rango… Come minimo sarà uno dei soliti vecchi e insopportabili parrucconi…”
Stabilì che prima di decidere il da farsi avrebbe aspettato di saperne di più, non aveva intenzione di servire un funzionario noioso.
Giunta l’ora in cui veniva servita la cena, Richard lasciò la stanza e scese al piano inferiore. La sala comune era illuminata da numerose lampade e in un angolo un largo focolare contribuiva a riscaldare l’ambiente. Non appena Richard entrò, la sua attenzione venne attirata da una lunga tavolata che occupava un intero lato della stanza. Da essa provenivano un continuo chiacchiericcio, esclamazioni e allegri scoppi di risa. La maggior parte degli occupanti portava un’uniforme grigia dal taglio militare, alcuni vestivano in blu scuro e dalle spalliere delle loro sedie pendeva il fodero di una spada. A capotavola sedeva un giovanotto biondo vestito di rosso intento a scherzare allegramente con il vicino.
“Dev’essere la scorta del nobile.” pensò Richard dal suo tavolo solitario invidiando il cameratismo del gruppo.
Si guardò attorno ma non notò nessuno che corrispondesse all’idea di “vecchio parruccone” che si era fatto e pensò che una persona importante come quella si sarebbe fatta servire la cena in camera. Scoraggiato, terminò di mangiare e dopo aver ringraziato l’ostessa uscì nel piccolo cortile a prendere una boccata d’aria. La sera era scesa rapidamente e l’aria si era fatta frizzante, tanto che rimpianse di non avere un mantello.
“Sarà la prima cosa che comprerò con i soldi che guadagnerò!” si ripromise. “Un bel mantello bordato di pelliccia come quelli dei ricchi!”
Una risata allegra alle sue spalle interruppe quei pensieri incoerenti e Richard si voltò per trovarsi davanti il giovanotto che aveva visto alla tavolata. Vista da vicino la sua tunica rossa rivelava preziosi ricami dorati e la luce proveniente dall’interno della stanza metteva in risalto i capelli biondi lunghi fino alla spalle creando l’illusione di un’aura d’oro.
“I mantelli di pelliccia sono pesanti e scomodi. Senza contare che pizzicano e si rovinano facilmente. Meglio la lana, se posso permettermi un consiglio!” esclamò il ragazzo.
L’espressione di Richard era sbalordita. Che avesse inavvertitamente parlato ad alta voce? Davvero una bella figura davanti a uno sconosciuto.
Il giovane ignorò il suo disagio e sorrise.
“A proposito, io mi chiamo Amil.”
“Io sono Richard Gray, piacere di conoscervi.” rispose tendendogli la mano, ma poiché l’altro non accennava a stringergliela abbassò il braccio chiedendosi se non rientrasse nelle usanze del luogo.
“Richard Gray? Un nome bizzarro. Siete straniero, vero? Da dove venite, se non sono indiscreto?” chiese Amil.
“Da quelle che qui sono conosciute come le Terre al di là del Mare. Per me è il vostro nome ad essere bizzarro.”
Amil ridacchiò.
“Avete ragione, vi chiedo scusa. Per farmi perdonare vi darò un consiglio: fate attenzione a come vi comportate. Gli stranieri sono mal sopportati in Antara, specialmente nella capitale dove ci sono stati degli attentati ad alcuni membri della famiglia reale. Lo dico per il vostro bene, finire inavvertitamente nei guai potrebbe essere spiacevole.”
“Vi ringrazio, farò attenzione.” rispose Richard. “Devono amare molto i loro governanti se la popolazione reagisce in questo modo…”
“Già, la famiglia reale è molto amata.” disse Amil annuendo tra sé. “Il vecchio re è morto lo scorso anno, sua moglie non se l’è sentita di tenere il trono da sola e ha abdicato in favore della figlia. Il popolo adora la Signora Asteria Delleran.”
In quel momento si udì un trambusto provenire dall’interno e entrambi i giovani si voltarono verso la porta. Le guardie e i cavalieri stavano lasciando la tavolata per ritirarsi al piano superiore e un uomo in uniforme blu si stava dirigendo verso di loro allacciandosi la spada al fianco.
“A quanto pare devo andare. E’ stato un piacere parlare con voi, Richard.” disse Amil e voltandogli le spalle raggiunse il cavaliere.
Richard rimase solo con i suoi dubbi: chissà per quale motivo Amil gli aveva parlato della famiglia reale? In fondo non gli aveva chiesto niente.
“Forse aveva solo voglia di chiacchierare, o voleva avvertirmi di non fare sciocchezze.” si disse. “Ad ogni modo io non ho nessuna intenzione di avere a che fare con la loro Signora.”
2.
Il mattino seguente Richard si alzò di buon’ora intenzionato a partire al più presto per Antar, prima arrivava prima poteva iniziare a darsi da fare. Quando scese al piano inferiore si rese conto che la locanda era piuttosto silenziosa e ne approfittò per chiedere informazioni all’ostessa già occupata in cucina.
“Il Nobile Lamor e la sua scorta hanno lasciato le loro stanze questa mattina molto presto e a quest’ora saranno già in viaggio.” spiegò la donna.
Richard si lasciò sfuggire una smorfia di delusione: aveva perso l’occasione di saperne di più sul nobile. Non potendo fare altro chiese all’ostessa dov’era possibile acquistare un cavallo e dopo aver ricevuto le indicazioni necessarie si congedò da lei. Non appena mise piede sulla strada venne avvolto da un turbinio di colori e di voci. L’attività del porto fremeva e lungo le vie spuntavano numerose bancarelle che la sera precedente non aveva notato. La merce esposta a favore dei viaggiatori che giungevano in visita ma anche dei marinai che rientravano in patria andava dai generi alimentari tipici del luogo, pesce soprattutto, a stoffe di ogni tipo o preziose lame riccamente lavorate. Più di una volta Richard si fermò ad osservare un coltello dall’impugnatura d’oro, un mantello finemente ricamato o deliziosi manufatti di legno, ma ogni volta si costrinse a proseguire per la sua strada ricordando a sé stesso che il poco denaro rimasto gli era necessario per recarsi ad Antar.
Seguendo le indicazioni dell’ostessa raggiunse l’estremità est del paese dove si trovava un piccolo allevamento di cavalli il cui proprietario a volte vendeva alcuni animali ai viaggiatori. Mercanteggiò il prezzo e quando gli sembrò di aver raggiunto un buon accordo allungò una mano per ricevere le redini dal proprietario.
“La pena prevista per il reato di truffa è la reclusione nelle carceri di Antar!” esclamò una voce alle sue spalle.
Richard si voltò di scatto e incrociò lo sguardo limpido di due occhi color del cielo.
“Amil, siete voi?” mormorò.
“Buona giornata, Richard.” lo salutò il giovane. “Vi suggerisco di fare attenzione, quest’uomo vi sta imbrogliando. Quel cavallo è vecchio e malandato e non vale nemmeno la metà di quello che avete pattuito.”
Ancora prima che Richard potesse rispondere, il proprietario si fece avanti con aria irritata.
“Come vi permettete di accusarmi di truffa? I miei animali sono i migliori della regione e…”
Improvvisamente si bloccò e seguendo il suo sguardo Richard si rese conto che stava fissando lo stemma ricamato in oro sulla tunica di Amil: un grifone rampante. L’uomo impiegò qualche secondo a ritrovare l’uso della parola.
“… e non vedo per quale motivo non darne uno più giovane al vostro amico, signore. Posso esservi utile in altro, signore?”
Era impallidito visibilmente e il suo atteggiamento si era fatto deferente. Probabilmente quello che aveva visto era uno stemma nobiliare, pensò Richard, e quindi era molto probabile che anche Amil appartenesse alla scorta del nobile in visita.
“Che ne pensate di quella bella cavalla fulva, Richard?” chiese il giovane. “ Per quanto mi riguarda uno degli animali della mia compagnia si è ferito a una zampa e preferisco non fargli percorrere lunghe distanze.”
“Vi darò il mio miglior stallone, signore, e per il vostro amico la cavalla che avete scelto con i miei migliori auguri di un piacevole viaggio.”
Quando tornarono sulla strada Richard notò che la compagnia di guardie e cavalieri attendeva in fondo alla via e si chiese dove fosse il loro padrone.
“Ora vi devo lasciare.” disse Amil montando sullo stallone appena acquistato. “Vi auguro buona fortuna.”
Richard accarezzò il muso della cavalla.
“E io la auguro a voi. Vi ringrazio per essermi stato d’aiuto.”
”Dovere. Addio!”
Così dicendo spronò il cavallo e raggiunse la compagnia che lo accolse con esclamazioni allegre.
“Beato lui!” pensò Richard. “In quel gruppo sembra avere un sacco di amici.”
Solo quando la strada fu di nuovo deserta si rese conto di aver perso l’ennesima occasione di chiedere informazioni sul Nobile Lamor.
Varcare le porte di Antar dava l’impressione di entrare in un altro mondo, o almeno questo fu quello che Richard pensò dopo due giorni di viaggio in aperta campagna con la sola compagnia del suo cavallo e degli uccelli che ogni tanto sorvolavano i campi. La capitale era più affollata e caotica di quanto si fosse aspettato, tanto che si trovò a chiedersi se non fosse capitato nel bel mezzo di qualche celebrazione di cui non conosceva l’esistenza. Le bancarelle del porto di Orissa gli parvero ben misera cosa dopo aver attraversato il grande mercato nella piazza principale e le allettanti proposte dei commercianti rendevano ardua la sua decisione di non acquistare oggetti superflui finché non avesse guadagnato qualcosa. Le vie erano percorse da un continuo viavai di mercanti, spesso con animali da soma e carri al seguito e tutti quelli che si allontanavano dalla piazza sembravano avere un’aria soddisfatta, cosa che rincuorò molto Richard poiché significava che era facile fare buoni affari.
Essendo primo pomeriggio cercò una locanda dove affittare una stanza e posare i bagagli per poter dare un’occhiata in giro con tutta calma e trovò nella “Locanda del Leone di Fuoco” quello che faceva al caso suo. Il posto sembrava pulito e accogliente e il fatto che il pagamento richiesto fosse più che ragionevole lo convinse del tutto. Dopo essersi rinfrescato e cambiato uscì di nuovo, più deciso che mai nel suo intento di “fare fortuna”. Mentre si incamminava, questa volta a piedi, lungo la strada polverosa lanciò un’occhiata all’insegna della pensione e si chiese il perché della rappresentazione di un animale tanto esotico. Il pensiero però si perse insieme a mille altri nel senso si esaltazione che gli dava l’essere finalmente giunto nel luogo del suo destino.
Dopo un paio d’ore che vagabondava senza meta la sua eccitazione iniziò a scemare e svanì del tutto quando si rese conto di non avere la più pallida idea di come tornare alla locanda. La strada su cui si trovava, a differenza della altre che aveva percorso, era lastricata e chiaramente in salita. Nella speranza di poter ritrovare la direzione giusta seguendola da un punto sopraelevato della città, continuò a camminare fino a quando giunse in un grande spiazzo vuoto al di là del quale si ergevano le mura imponenti di un grande palazzo di pietre bianche che sembravano scintillare alla luce del sole. Rimase a fissare incantato la maestosa costruzione fino a quando udì un grido alle sue spalle e qualcosa di terribilmente pesante lo scaraventò a terra. Quando si riprese a sufficienza per capire cosa stesse succedendo si rese conto di avere un uomo seduto sulla schiena e una spada minacciosamente puntata alla gola.
“Cosa… cosa state tentando di fare?” protestò.
“Silenzio, straniero sovversivo!” tuonò la voce sopra di lui.
“Ma quale sovversivo?! Io sono appena arrivato in città!” tentò di spiegarsi Richard, ma l’altro lo sollevò afferrandolo per il collo della tunica.
“Ho detto silenzio! Ho visto benissimo come ti aggiravi per la via che porta al palazzo! Non è ancora nato il ribelle assassino che può farla in barba al capitano dei Cavalieri di Antara!”
“Certo che mi aggiravo! Mi sono perso!” tentò di spiegarsi Richard sull’orlo della disperazione ricordando le parole di Amil. La gente della capitale era diffidente verso gli stranieri a causa dei recenti attentati ma non immaginava che fossero così paranoici. Inoltre quella reazione poteva significare solo che era andato a infilarsi dritto dritto nell’unico luogo dove non doveva mettere piede se non voleva guai: il palazzo reale.
L’uomo alto in uniforme blu e oro ignorò le sue proteste e lo trascinò oltre un massiccio portone protetto da una pesante grata, ora sollevata.
“Grandioso.” pensò Richard tra sé. “Un pazzo fanatico era proprio quello che ci voleva per iniziare bene quest’avventura! Ma chi me l’ha fatto fare di venire quassù?”
3.
Stavano attraversando un ampio cortile quando Richard incrociò per la prima volta il suo sguardo e rimase per alcuni secondi a fissarla prima che il Cavaliere lo strattonasse bruscamente. La ragazza, che stava passeggiando tranquillamente, portava un abito verde smeraldo e i lunghi capelli rosso ramato le ricadevano sulle spalle come una morbida cascata lucente. Lei lo notò a sua volta e si avvicinò rivolgendo un cenno interrogativo all’uomo che lo trascinava. Quello scattò immediatamente sull’attenti lasciando Richard che finì miseramente a terra.
“L’ho fermato mentre si aggirava con aria sospetta sotto le mura, mia Signora.” spiegò.
“Vi preoccupate troppo, capitano.” disse la ragazza allegramente. “La banda di sicari è stata sgominata dai vostri uomini la settimana scorsa e credo che almeno per un po’ non avremo problemi. Non potete arrestare ogni persona che si trova a passare nei pressi del palazzo, oltretutto questo non sembrerebbe nemmeno un malintenzionato.”
Si rivolse a Richard.
“Come ti chiami?”
Al giovane balenò un’idea mentre si spolverava i pantaloni e mentre alzava lo sguardo rispose: “Richard Gray. Sono un semplice viaggiatore in cerca di fortuna e mi chiedevo se qui, al palazzo reale di Antara…”
“Io sono Asteria Delleran, nuova Signora di Antara.” lo interruppe la ragazza alzando una mano. “Impara ad avere più rispetto quando parli con me.”
Da vicino il suo abito verde apparentemente semplice rivelava la ricchezza dei pizzi e dei ricami argentei. Non portava nessun tipo di gioiello tranne un medaglione d’oro con incisa l’immagine di un leone dalla criniera fiammeggiante che ricordava vagamente l’insegna della locanda. Alzando lo sguardo Richard incontrò quello dei suoi occhi di uno straordinario color acquamarina e rimase a fissarla per alcuni secondi senza riuscire a ribattere. Quando, dopo un attimo, il suo cervello ricominciò a funzionare riuscì a pensare solo: “Oh, no! Che guaio! Proprio la Signora dovevo disturbare? Però… com’è bella!”
“Bella” non era l’aggettivo adatto per descriverla, gli suggeriva una vocina, in realtà Asteria Delleran di Antara era la creatura più incantevole che avesse mai incontrato.
La ragazza davanti a lui si lasciò sfuggire un risolino e arrossì leggermente, rispondendo allo sguardo interrogativo di Richard con un cenno che avrebbe dovuto congedare il suo custode. Ovviamente il Cavaliere protestò.
“Mia Signora, non è prudente che restiate sola con questo individuo. Nonostante la sua aria innocua sono sicuro che potrebbe rivelarsi molto pericoloso.”
“Via, capitano, non siate paranoico. Il nostro ospite è certamente un innocente visitatore. In caso contrario vi assicuro che sono perfettamente in grado di difendermi.” rispose Asteria tranquillamente.
“Non intendevo mettere in dubbio il vostro Potere, mia Signora, solo mi preoccupavo per…”
“Lo so benissimo, ma ora non è necessario. Prendete qualche ora di permesso e riposatevi, capitano, credo che ne abbiate bisogno.”
A quelle parole l’uomo si esibì in un saluto militare e si allontanò con aria abbattuta, lasciando solo Richard in compagnia della Signora.
“Non è cattivo, sai?” disse lei. “Solo in questi giorni è stato molto in ansia.”
Richard continuava a fissarsi le punte degli stivali senza trovare nulla di adatto da dire, sopraffatto da un momentaneo imbarazzo. Nella sua mente frullavano ancora le parole del capitano: di quale potere parlava? Si trattava forse del potere politico, o di quello che derivava dal rango? In questo caso come avrebbe potuto difenderla? Quasi senza che se ne rendesse conto gli erano tornate in mente le leggende che venivano raccontate nella sua terra sugli stregoni di Antara. Che Asteria possedesse una sorta di potere magico?
“Sciocchezze!” si rimproverò. “Sto volando troppo con la fantasia!”
Stava ancora cercando qualcosa di sensato da rispondere quando la sua attenzione venne attirata da qualcuno che attraversava il cortile avvolto in un mantello rosso sgargiante montando un cavallo a lui familiare. Nello stesso momento Asteria prese ad agitare allegramente una mano per attirare la sua attenzione e la figura si avvicinò a loro. Richard non credeva ai propri occhi.
“Sembra passato un secolo anche se in realtà sono state solo un paio di settimane!” esclamò la ragazza. “Quando sei tornato, Amil?”
Era lo stesso giovane biondo che aveva incontrato al porto di Orissa e che faceva parte della scorta del Nobile Lamor.
“Questa mattina presto, mia Signora. Sarei venuto a salutarvi in serata ma mi fa piacere incontrarvi…” scoccò un’occhiata a Richard e il suo sguardo si illuminò di sorpresa. “… e in buona compagnia a quanto pare!”
Asteria sorrise e li presentò.
“Questo è Richard Gray. Richard, lui è il mio parente Amil Lamor.”
“Sì, ho già avuto il piacere di… Che cosa?! Lamor?!” gridò quasi Richard realizzando l’ultima parola.
La sua costernazione era palese e Amil sembrò intuire l’equivoco.
“Voi credevate che facessi parte della scorta, vero? Un paggio o qualcosa del genere…” disse tentando di non apparire troppo divertito. “Vi chiedo scusa ma di questi tempi non è buona abitudine sbandierare l’appartenenza alla famiglia reale.”
Richard ricordò gli attentati, ma ancora non poteva credere che il Nobile Lamor, che lui stesso aveva definito “vecchio insopportabile parruccone”, fosse quel giovanotto dall’aria solare.
“Mi fa piacere vedere che siete giunto ad Antar sano e salvo.” continuò Amil. “Mia Signora, pensavate forse di offrire un impiego al nostro comune amico?”
Asteria sembrò riflettere per un momento poi disse: “Non mi sembra che ci sia ostile. Tu hai qualche suggerimento?”
“E’ curioso e un po’ spaventato, ma certo non ostile.” rispose Amil. “Se mi permettete, ho saputo che il vecchio mastro stalliere si è ritirato dal lavoro alcuni giorni fa e laggiù hanno bisogno di una mano.”
“E’ una buona idea. Richard, da questo momento sei il nuovo mastro stalliere del castello!” esclamò Asteria.
Il giovane quasi non sentì quelle parole. Effettivamente era un po’ intimorito dal nuovo ambiente, molto curioso di scoprirlo e certamente non ostile a coloro che abitavano a palazzo ma… come faceva Amil a saperlo? Come poteva esserne così sicuro? Con la mente che ancora turbinava di mille interrogativi ringraziò sentitamente la Signora per l’opportunità concessa e seguì Amil verso il luogo del suo nuovo impiego.
4.
Dopo solo un paio di settimane di lavoro nelle scuderie del palazzo reale di Antara, Richard si era reso conto che badare ai cavalli non era esattamene un’occupazione adatta a lui. In primo luogo non aveva una grande dimestichezza con quegli animali e in secondo luogo tenere pulite le stalle con il solo aiuto di Kerdis, un ragazzino smilzo e dall’aria sveglia che gli avevano affidato come assistente, era un lavoro lungo, faticoso e terribilmente noioso. A compensare questa situazione non proprio rosea vi erano le frequenti visite di Amil con il quale aveva presto fatto amicizia, tanto che entrambi avevano deciso di lasciare da parte i precedenti formalismi. Oltre al giovane poche altre persone del palazzo frequentavano le scuderie, tra cui Allina Delleran, una graziosa ragazza di due anni più giovane di Richard e sorella minore della Signora, e Doria Lamor, sorella di Amil. Proprio da lei aveva saputo che di lì a poco tempo sarebbe giunto ad Antar anche il primogenito dei Lamor, Marvin, per il quale si stava progettando un matrimonio. Amil non parlava mai dei fratello maggiore, anzi si comportava come se la sua unica parente fosse la giovane Doria e Richard si chiedeva spesso se non avesse guai in famiglia. Questa possibilità lo rattristava ma del resto era un semplice stalliere e difficilmente avrebbe potuto essergli d’aiuto. A suo parere Amil era una grande persona, sempre sorridente e gentile con tutti non dava nessun peso alle differenza di rango così che chiunque si trovava bene con lui. Una cosa però non riusciva a capire: com’era possibile che sempre più spesso rispondesse a domande che lui non aveva pronunciato, o sapesse intuire alla perfezione il suo stato d’animo. Richard si stava convincendo che le leggende sugli stregoni di Antara fossero vere.
Era immerso in uno di questi ragionamenti quando Kerdis entrò nella scuderia correndo e rischiando di scaraventarlo a terra dalla balla di fieno su cui era seduto.
“Dick! Cosa ci fai lì impalato?!” esclamò. “La Signora sta venendo qui e dobbiamo preparare il suo cavallo!”
Per un attimo Richard fu colto dal panico. Non aveva più rivisto Asteria da quel giorno e ora lei stava venendo proprio lì mentre lui era in maniche di camicia, coperto di paglia e tutto era terribilmente in disordine. Dopo un minuto rise di sé stesso: quella era una stalla, non il salone delle feste.
Avevano appena finito di sellare il cavallo quando la videro avanzare verso di loro nel cortile assolato, circondata da tre dame di compagnia.
“Buona giornata, mastro stalliere, e anche a te, Kerdis.” esclamò.
Il ragazzino si inchinò rispettosamente ma Richard non riuscì a spiccicare parola: gli sembrava, se possibile, ancora più bella della prima volta che l’aveva vista.
Asteria sorrise e congedò le dame.
“Mia Signora!” osò protestare una. “Non è prudente che usciate da sola.”
“Non sarò sola. Pensavo di chiedere al mastro stalliere di accompagnarmi.” si rivolse a Richard. “Cosa ne pensi?”
Ancora prima che il giovane potesse rispondere la dama continuò: “E’ uno straniero, non dovete fidarvi di lui! Cosa ci garantisce che non sia una spia infiltrata allo scopo di farvi del male?”
La guance di Asteria avvamparono e quando parlò la sua voce vibrava di colera trattenuta.
“Ora basta! Le vostre eccessive attenzioni mi soffocano! Andatevene! Ho detto andate via!”
In un attimo le tre dame si dileguarono. Richard si accorse che gli tremavano le mani e anche Kerdis era impallidito: sembrava che l’intero cortile fosse stato attraversato da una folata di vento gelido che aveva cancellato il calore del sole. Entrambi rimasero immobili e in silenzio finché la Signora non tornò a rivolgersi a loro.
“Allora, vogliamo andare? Puoi prendere il cavallo di mia sorella, mastro stalliere.” disse e il suo tono mostrava ancora tracce della precedente freddezza.
Richard, non osando contraddirla, si affrettò a fare quello che gli era stato detto. Aveva la netta impressione che, solo volendolo, quella ragazza all’apparenza fragile, avrebbe potuto fargli del male se avesse perso il controllo. Era una sensazione del tutto irrazionale ma non era intenzionato a rischiare, senza contare che si trattava della regina del Paese di cui era ospite.
Poco dopo uscirono entrambi dal portone principale delle mura diretti al boschetto che si trovava dietro il castello, alla base della collina. Richard era indeciso: sapeva che doveva mantenere una rispettosa distanza dalla Signora, ma essere troppo lontano da lei non sarebbe stato prudente, dopotutto si era affidata a lui. Era anche vero però che non voleva irritarla con attenzioni indesiderate. Mentre si dibatteva nel dubbio Asteria si voltò verso di lui.
“Non è necessario che tu mi segua in silenzio e a testa bassa.” disse. “Coraggio, vieni qui.”
Richard le si affiancò mentre scendevano dalla collina lasciandosi la città alle spalle.
“Ti prego di scusarmi per la mia brusca reazione di poco fa.” continuò la ragazza. “E, se puoi, perdona anche la mia dama per averti insultato in quel modo. Non sa di cosa parla.”
“No, mia Signora, non dovete scusarvi!” si affrettò ad assicurare Richard. “In una situazione come questa è normale avere reazioni del genere.”
“Le sue parole mi hanno infastidita molto. Come si permette lei, che mi sta vicino solo per suo tornaconto personale, parlare in questo modo di una persona sincera come te? Sono stanca di essere circondata da ipocriti, vorrei poter scegliere personalmente chi frequentare.”
Richard avvertì chiaramente la nota di tristezza nella sua voce. Era una regina, possibile ce la sua libertà fosse così limitata?
“Non merito così tanta cieca fiducia, Signora.” mormorò.
“Oh, non si tratta affatto di cieca fiducia. Io so che sei una persona buona. O forse… sei davvero un sicario?”
“Che cosa?!” esclamò Richard.
Alla vista della sua espressione scandalizzata Asteria scoppiò in una ristata argentina.
“Sei davvero buffo, mastro Dick!” esclamò. “Oh… perdonami, forse questo soprannome non ti piace.”
Questa volta fu Richard a sorridere.
“Potete chiamarmi come volete, Signora, e comunque tutti mi chiamano Dick.”
“Molto bene, allora voglio che tu mi chiamo Asteria.”
“Non posso! Non mi permetterei mai e se mi sentisse qualcuno a palazzo che parlo con voi con tanta confidenza mi butterebbero fuori!” protestò Richard.
“Non lo permetterei mai. Comunque se la cosa ti preoccupa tanto potrai chiamarmi per nome solo quando saremo da soli.”
Avevano raggiunto il margine del boschetto e una fresca penombra si stendeva davanti a loro.
Richard era sbalordito dalla parole della ragazza.
“Volete dire che…”
“Esatto!” esclamò lei spronando il cavallo e correndo avanti. “Ho intenzione di vederti di nuovo!”
5.
Quando Richard e Asteria rientrarono il sole stava ormai tramontando. Appena varcarono la soglia delle mura, la Signora venne circondata da una piccola folla di dame dall’aria preoccupata e nonostante ne fosse palesemente infastidita non ci fu modo di allontanarle. Per questo motivo Richard decise di defilarsi velocemente con la scusa di riportare entrambi i cavalli alla scuderia. Quando la raggiunse notò, nell’ampio spiazzo davanti all’ingresso, il giovane Kerdis che discuteva con una ragazza gesticolando imbarazzato, e riconobbe Allina Delleran.
“Oh, per fortuna!” esclamò il ragazzino quando lo vide arrivare. “Dov’eri finito? La Nobile Allina desiderava vedere il suo cavallo e tu non tornavi più!”
“Perdonate, principessa, ma la Signora mi ha dato il permesso di prendere il vostro cavallo per accompagnarla.” rispose Richard chiedendosi per quale motivo Kerdis si fosse imbarazzato tanto per una spiegazione così semplice.
Inaspettatamente il viso di Allina si illuminò di un sorriso radioso.
“Oh, e così sei uscito con mia sorella? Voi due da soli? Fantastico, mastro Dick! Davvero fantastico!” esclamò. “Quando è per uscire con lei usa pure il mio cavallo senza problemi!”
A quelle parole Richard arrossì leggermente e mentre Allina si allontanava lanciò uno sguardo obliquo a Kerdis che sembrava sul punto di scoppiare a ridere. Il ragazzino si esibì in un teatrale sospiro di rassegnazione.
“E’ dura la vita di noi comuni mortali innamorati di una delle principesse Delleran!”
“Ma che cosa vai dicendo?” esclamò Richard con un tono di voce fin troppo alto.
Il ragazzo prese per la briglia il cavallo di Allina e lo condusse all’interno.
“Voglio dire che si vede lontano un miglio che ti stai prendendo una cotta per la Signora. Appena qualcuno la nomina ti agiti e poi è innegabile che sia bella come il sole. Benvenuto nel gruppo!”
Richard lo seguì borbottando e a quell’ultima affermazione non poté trattenersi dal mandarlo al diavolo. Prese a strigliare il cavallo di Asteria, ben deciso a non pensare a quelle sciocchezze ma quando notò che Kerdis aveva finito e se ne stava andando, gli sfuggì una domanda.
“Perché hai detto gruppo?”
Kerdis si voltò con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“Ti è venuta voglia di parlarne?”
“No! Solo che… mi chiedevo se anche tu…” mormorò Richard senza sbilanciarsi.
“Io? La Signora? Oh, no! No! Io vivo per la Nobile Allina, mio solo e unico amore, regina incontrastata del mio cuore!”
Quel tono melodrammatico fece sorridere Richard, che tirò un sospiro di sollievo chiedendosene subito dopo il motivo.
“Ma la Nobile Allina avrà almeno cinque anni più di te.”
“L’amore non ha età!” sentenziò Kerdis.
“Se lo dici tu… Comunque hai parlato di gruppo. Chi…?”
Il volto di Kerdis si incupì e il ragazzo si sedette su una balla di fieno di fronte a lui.
“E’ una brutta faccenda, non dovrei parlartene perché anch’io l’ho saputo da una domestica che aveva promesso di non parlarne. Conosci la Nobile Mira?”
Richard scosse la testa: l’aveva sentita nominare ma non aveva mai avuto occasione di incontrala.
“La Nobile Mira è davvero una bella ragazza ed è la cugina di primo grado della Signora, pertanto una principessa Delleran. Si dice che già da qualche anno abbia una specie di relazione illecita, non so bene perché i padroni tendono a non parlarne in presenza dei domestici. Per questo motivo sembrano intenzionati a combinare un matrimonio di convenienza con il Nobile Marvin Lamor e mettere fine alle voci. Sai cosa significa questo? Che c’è in giro un’altra persona che ha perso la testa per una Delleran e rimarrà fregato!”
“Mi auguro vivamente che non sia così!”
A quell’esclamazione si voltarono entrambi e scorsero Amil sulla soglia.
“Non dovreste spettegolare sul lavoro, Kerdis, Dick, se fosse entrato qualcun altro al mio posto sarebbe potuta finire male.” continuò il giovane. “Comunque vi consiglio di non immischiarvi nelle faccende private della famiglia reale se ci tenete al posto.”
Richard si alzò per andare incontro all’amico.
“Hai ragione, ti chiedo scusa.”
Quella sera Richard rimase nella scuderia fino a tardi, anche dopo che Amil e Kerdis se ne erano andati. Non si sentiva per niente stanco e sapeva che se si fosse coricato sarebbe rimasto per ore a ripensare agli eventi della giornata, prima l’uscita con Asteria e poi le chiacchiere di Kerdis. Per questo motivo rimase a spazzare il pavimento e a raccogliere il fieno fino a notte inoltrata, quando crollò in uno stato di dormiveglia appoggiato a una balla. Lo svegliò il rumore della porta che si apriva scricchiolando. Chi avrebbe potuto venire nella stalla a un’ora così tarda? Non Kerdis che sicuramente dormiva della grossa. Forse qualche nobile insonne? Improbabile. Era molto più plausibile che si trattasse di un ladro. Ancora assonnato Richard afferrò il forcone rimasto a terra accanto a lui e si sfregò gli occhi per schiarirsi la vista. Tese le orecchie e sentì la paglia scricchiolare sotto i piedi di qualcuno che stava entrando furtivamente. Ormai completamente sveglio balzò fuori dal nascondiglio stringendo la sua arma improvvisata e dirigendo le punte acuminate verso la figura nell’ombra. Quella strillò spaventata e cadde a terra con un tonfo. Richard approfittò di quel momento di smarrimento per accendere una lucerna e vedere bene in faccia il suo avversario. Quale non fu la sua sorpresa quando la debole luce dorata illuminò una giovane donna seduta a terra in un groviglio di gonne celesti, i capelli biondi pieni di fili di paglia.
All’espressione di sgomento sul volto della sconosciuta se ne sostituì subito una di profonda irritazione.
“Cosa credevi di fare?” esclamò. “Volevi infilzarmi con quell’arnese? Si può sapere chi sei e cosa ci fai qui?”
“Mi chiamo Richard Gray e sono il nuovo mastro stalliere, signora. Mi ero appisolato quando vi ho sentita entrare e ho pensato che fosse un ladro.” disse il giovane in tono di scusa.
Non aveva mai visto quella ragazza ma dalla ricchezza del suo abbigliamento era chiaro che si trattava di una nobile che abitava nel palazzo.
“Posso esservi utile in qualche modo, signora?” chiese mentre lei si rassettava le gonne e si guardava attorno con aria ansiosa.
“No!” rispose seccamente la ragazza. “Anzi, è per caso venuto qualcuno prima di me?”
“No, signora, ero sveglio fino a poco fa e me ne sarei accorto. Strano orario per darsi appuntamento. Chissà chi è?”
“Non sono affari tuoi! Oh, al diavolo, tanto lo verresti a sapere comunque. Sono Mira, Mira Delleran.”
Detto questo se ne andò lasciando Richard molto turbato: era successo di nuovo, una persona aveva risposto ad un suo pensiero! Inoltre quella era nientemeno che la Nobile Mira Delleran, la principessa di cui gli aveva parlato Kerdis. Che la persona con cui aveva appuntamento fosse il suo amante segreto? Sempre più incuriosito Richard decise di rimanere ad aspettare per vedere se si fosse presentato qualcuno ma nessuno si fece vivo e Kerdis lo trovò il mattino dopo addormentato dietro la balla di fieno.
6.
A quella prima passeggiata a cavallo ne seguirono molte altre e Richard era sempre più felice di trascorrere del tempo in compagnia di Asteria. Quando era con lui le Signora si mostrava sempre allegra e sorridente e lo riempiva di domande sul suo Paese natale e sul lungo viaggio dalle lontane Terre al di là del Mare. Dal canto suo Richard non chiedeva niente di meglio che poter parlare con lei e la accontentava ben volentieri. Spesso, durante quelle lunghe cavalcate, la ragazza progettava di invitarlo negli appartamenti reali ma ogni volta al loro rientro trovavano una piccola folla di domestici ad attenderli e la proposta doveva essere accantonata con grande disappunto di Asteria e altrettanto grande delusione di Richard. Ormai ne era sicuro, era profondamente affezionato a lei, anche se forse dire che ne era innamorato era troppo, e la ammirava perché nonostante la giovane età era in grado di amministrare un regno prospero come Antara. Eppure, durante le loro passeggiate, deponeva la maschera e il rigido ruolo di regina per lasciar trasparire quello che era in realtà: una ragazza solare, spontanea e assolutamente meravigliosa. Richard la adorava e si chiedeva chi mai potesse desiderare la scomparsa di una creatura tanto splendente.
Fu in un pomeriggio ventoso, mentre il mantello svolazzava furiosamente e i lunghi riccioli ramati le impedivano quasi la vista coprendole gli occhi, che Asteria decise di rientrare prima dall’abituale cavalcata.
“Se passiamo da un portone secondario invece che dal cancello principale non ci sarà nessuno ad aspettarci e potrò mostrarti gli alloggi reali.” disse.
Richard non era molto convinto di quell’idea e aveva la netta sensazione di stare per cacciarsi in un mare di guai, ma la seguì ugualmente. Nella parte di cortile che attraversarono non incontrarono nessuno tranne un paio di guardie al portone che si limitarono ad un saluto militare. Quando entrarono nel palazzo reale vero e proprio l’impatto visivo fu notevole e Richard si trovò quasi inconsciamente a trattenere il fiato. La prima impressione che ne ebbe fu che fosse tutto d’oro ma, dopo essersi guardato attorno per la seconda volta, si rese conto che si trattava del riflesso della luce calda diffusa da decine di candelabri ed elaborate lucerne disposte lungo le pareti dell’ampio atrio. Quel solo, enorme, ingresso poteva contenere almeno una decina di volte il suo alloggio attuale. Le pareti e il soffitto erano rivestiti di affreschi impreziositi da volute dorate scolpite lungo gli spigoli. I dipinti raffiguravano scene di caccia e di battaglia ma anche, notò Richard, strane figure nell’atto di compiere quelli che sembravano prodigi. Su un campo di battaglia un uomo dai capelli d’argento teneva le braccia tese verso il cielo facendo piovere fulmini sullo schieramento nemico. Nelle rappresentazioni a fianco si poteva vedere una donna velata che parlava alla folla con aria profetica e un ragazzo attorno al quale gli oggetti sembravano galleggiare nell’aria, ma quella che colpì maggiormente Richard fu la figura di una giovane donna dai capelli fiammeggianti che con un semplice gesto della mano radeva al suolo le mura di un palazzo. Guardando meglio scoprì altri particolari simili anche in quelle che apparivano come semplici scene di massa, ma non poté fermarsi a studiarle perché Asteria si stava allontanando.
Il pavimento su cui procedevano era ricoperto di piastrelle di colori diversi che formavano un intricato disegno floreale fino alla base del largo scalone di marmo dalla parte opposta della stanza. In cima ad esso, sulla parete di fronte al portone, era appeso uno stendardo sopra due lance incrociate: un leone dalla criniera fiammeggiante ricamato in argento in campo azzurro.
“E’ lo stemma di famiglia.” spiegò Asteria seguendo il suo sguardo e gli fece cenno di seguirla lungo lo scalone.
Attraversarono alcuni corridoi e giunsero davanti ad una grande porta bianca a due battenti al di sopra della quale era dipinto il medesimo emblema. La varcarono e, dopo che Asteria si fu accertata che nessuno li avrebbe disturbati, proseguirono attraverso alcune anticamere. L’ultima porta era coperta di un pesante drappo di velluto blu scuro trapuntato di piccole stelle argentee.
“Questo è il mio appartamento privato.” disse la ragazza scostando la tenda. “Prego.”
Entrarono in un elegante salotto con divanetti foderati di lucida seta rossa e fiori freschi nei preziosi vasi disseminati un po’ ovunque sui raffinati mobili intagliati e decorati in oro. Il pavimento era ricoperto da un soffice tappeto azzurro chiaro e le finestre erano riparate da tendaggi di velluto blu notte che Asteria si affrettò a scostare per lasciar filtrare la calda luce pomeridiana. In un angolo, luccicante nel sole, all’interno di una teca di cristallo, si trovava un diadema d’oro con incastonati diversi zaffiri. Sulla parte frontale spiccavano cinque punte, quattro laterali e una centrale, e una pietra era montata in ciascuna di esse, circondata da decorazioni in oro rosso di fattura squisita. La corona della Signora di Antara. Il simbolo della sovranità. Richard rimase a fissarla incantato finché Asteria non richiamò la sua attenzione invitandolo a sedere accanto a lei su uno dei divanetti. Quando il giovane si voltò verso di lei si accorse che sorrideva radiosamente.
“Sono davvero felice di essere riuscita a portarti fin qui.” disse. “Non riesco ancora a spiegarmene il motivo ma la tua vicinanza mi fa stare bene. Forse perché tra le persone che mi circondano sei uno dei pochi davvero sincero e disinteressato. Non stai tentando di ingraziarti la Signora per ottenere qualcosa.”
Per l’ennesima volta Richard rimase stupito dalla sua sicurezza.
“Mia Signora…” cominciò, ma Asteria lo bloccò agitandogli un dito sotto il naso in segno di rimprovero.
“A-ste-ria! Quante volte te lo devo dire? Sono stufa di quel titolo così freddo.”
“Va bene… allora…” fece Richard piuttosto imbarazzato. “A-Asteria… tu… come puoi avere questa certezza della mia lealtà?”
“Immagino di non poter glissare di nuovo sull’argomento, vero? Bhè, è presto detto: se tu avessi un qualunque tipo di secondo fine o nascondessi qualcosa non saresti mai potuto diventare amico di Amil.”
Richard era, se possibile, ancora più confuso di prima. Cosa c’entrava Amil con la sua lealtà alla Signora? Sentì una piccola fitta di gelosia ma subito si diede dello stupido. Asteria e Amil erano parenti! Tuttavia non riusciva proprio a capire.
Quasi senza rendersene conto si alzò e prese a camminare avanti e indietro, pensando.
Amil era una persona gentile ma a suo modo era strano e sembrava in grado di leggergli dentro, Mira, che aveva incontrato quella notte, aveva risposto a una domanda non espressa e anche Asteria aveva qualcosa di misterioso. Si voltò a guardarla. Misteriosa eppure così schietta… Misteriosa eppure con uno sguardo limpido… Misteriosa… bellissima… avrebbe voluto…
In qual momento la vide alzarsi e avvicinarsi a lui.
“Dick… vorrei che tu mi restassi vicino… sempre…” mormorò. “Vorrei poter godere della tua libertà…”
“Ma… ma voi… tu sei la Signora! Se non sei libera tu chi può dire di esserlo?” protestò Richard spiazzato da quelle parole inattese.
“Sono la Signora, sì. Significa essere sempre sola, isolata dal resto del mondo, impossibilitata a fare qualunque cosa per conto mio e circondata da ipocriti che mi adulano solo per loro tornaconto. Sono stanca… Sono stanca di essere adorata perché sono la Signora. Vorrei essere amata perché sono Asteria.”
Si aggrappò a lui circondandogli il collo con le braccia.
“Ti prego, non lasciarmi da sola, Dick!”
Sorpreso da quel gesto, Richard fece un passo indietro e urtò un basso tavolino alle sue spalle. Un attimo dopo un fracasso di vetri infranti li fece sobbalzare entrambi. Asteria si allontanò da lui come se fosse tornata in sé dopo un sogno.
“Ti… ti prego di scusarmi.” balbettò prima di aggirarlo per controllare il disastro.
Il tappeto era ricoperto di quello che restava della teca di cristallo contenente la corona e il diadema stesso giaceva miseramente pochi passi più in là.
“Accidenti, che guaio. Ora si precipiteranno qui.” disse Asteria, poi mormorò tra sé: “Allina…”
Quasi immediatamente la porta si aprì e Allina Delleran comparve sulla soglia.
“Sono inciampata nel tappeto e ho urtato accidentalmente il tavolino.” spiegò Asteria seguendo lo sguardo interrogativo della sorella. “Saresti così gentile da accompagnare il mio ospite in modo che non abbia noie?”
Richard, che fino a quel momento era rimasto immobile, notò il sorriso malizioso sul volto della nuova venuta e, dopo un rispettoso inchino alla Signora, si affrettò a seguirla.