[DC][Titans] Wherever you're going

Apr 20, 2010 13:09



Titolo: Wherever you're going
Fandom: Titans
Beta-Reader: levyrasputin
Personaggi: Donna Troy, Terry Long, Robert Long
Rating: PG
Conteggio parole: 1539 (FDP)
Riassunto:
Quando Donna riconosce la voce all'altro capo del telefono pensa di non essere stata poi così fortunata ad arrivare in tempo, pensa che avrebbe preferito ascoltare un suo messaggio in segreteria, con quello stesso tono rabbioso, lo stesso modo di chiamarla per nome che, adesso, suona come un ordine, un richiamo che non può ignorare e fa più male, nonostante tutto, di quanto avesse immaginato.

Claim: Evil @ comics_tabs
Prompt: Menzogna


Lo sente squillare fin dal corridoio, e la prima sensazione che le da quel lamento regolare e monotono è pessima.
Il telefono la chiama più di una volta prima che Donna riesca ad entrare in casa, di fretta, abbandonando i sacchetti della spesa all’ingresso e precipitandosi sul ricevitore per alzare la cornetta un attimo prima che smetta di suonare.

Qualcuno, non ricorda chi, le aveva raccontato che riuscire a rispondere in tempo a qualcuno che sta per riattaccare porta fortuna, in realtà Donna pensa di essersi affrettata soltanto per risparmiarsi il malumore di ascoltare l'ennesimo messaggio in segreteria al quale, se fosse stata a casa in quel momento, avrebbe voluto rispondere.
Ma stavolta Donna gira velocemente la chiave nella toppa, corre all'apparecchio ed alza il ricevitore, cercando di dissimulare il fiatone e la corsa, e quando riconosce la voce all'altro capo del telefono pensa di non essere stata poi così fortunata ad arrivare in tempo, pensa che avrebbe preferito ascoltare un suo messaggio in segreteria, con quello stesso tono rabbioso, lo stesso modo di chiamarla per nome che, adesso, suona come un ordine, un richiamo che non può ignorare e fa più male, nonostante tutto, di quanto avesse immaginato.
« Donna! »
Lei trattiene il respiro per un istante, si porta la mano alla bocca, come per impedire a quel sentimento che non capisce del tutto di uscire, come per nascondersi. Sono otto giorni che se ne è andato portando via Robert dalla sua vita, otto giorni che non si fa sentire, otto giorni che sembra scomparso nel nulla.
Donna deglutisce, scaccia ogni emozione fatta eccezione per la sorpresa, quella proprio non riesce a nasconderla.
« Terry? »
« Si. » Risponde lui sbrigativo, senza perdersi in ipocriti convenevoli. Donna cerca di respirare in modo tranquillo, per non fargli sentire quanto è agitata attraverso la cornetta, attraverso i chilometri che probabilmente li dividono; se si è abbassato a chiamarla deve essere qualcosa di serio.
« Non ti sei più fatto sentire. » Le dita giocano nervosamente con il filo, aspetta impaziente una risposta, qualsiasi risposta.
« E avrei preferito evitare... credimi. »
Ognuna delle se parole la ferisce inaspettatamente, più di quanto sia disposta ad ammettere; ad ogni parola cerca di ricordare come sono arrivati a quel punto, come è possibile odiarsi così quando ci si è amati tanto.
« Allora perché questa telefonata? » Donna non riesce più a trattenersi, trasforma il dolore in rabbia e lo colpisce più duramente che può. « Potevi benissimo continuare ad ignorarmi. »
Vorrebbe chiedergli di Robert, vorrebbe farlo da quando ha riconosciuto la voce del suo ex marito, ma il timore di sentirsi rispondere che lui non è tenuto a dirle niente è troppo grande.
« Si tratta di tuo figlio, Donna. »
Tuo figlio …lo dice per ferirla, per evitare il pensiero che ci sia stato un tempo durante il quale era di entrambi, ma l’unica cosa che importa a Donna è sapere di Robert, sapere come sta, sapere se chiede di lei, se gli manca la mamma.
« Sta bene? »
E’ l’unica cosa che riesce a domandare, evitando accuratamente di lasciare punti scoperti, allusioni con le quali Terry potrebbe attaccarla ed il pensiero di quanto quella telefonata sia una sfida a chi si fa più male la intristisce terribilmente.
« Sta bene, Donna, ma non riesco a farlo addormentare. » Donna sospira, singhiozza, trattiene di nuovo tutto il dolore in una pallina compatta che le resta in gola. « Di solito fa un qualche capriccio e si impunta per un po’, ma dopo riesco a metterlo a letto. » Si affretta a precisare Terry per non lasciare intendere all’ex moglie quanto manchi a Robert. « E’ che oggi non ne vuole sapere. »
Donna non dice nulla, non azzarda nessuna ipotesi per la stessa paura di sentirsi negare la possibilità di parlare con il suo bambino, anche solo al telefono. Annuisce, lasciando che le sue labbra, strette per lo sforzo di non dimostrare nessuna delle sue emozioni, si stendano in un sorriso al pensiero di suo figlio. Annuisce, anche se Terry non può vederla.
« Mi hai chiamata per questo? » Lo dice piano, impedendosi di desiderare troppo per non rimanere delusa.
« Vuole che gli canti la tua ninna nanna. » Donna sussulta, riporta la mano alla bocca per non farsi sentire. « Gli ho detto che a causa del tuo lavoro non potrete vedervi per un po’, ti prego di non smentire la mia versione dei fatti. » L’immensa gioia provata all’idea di sentire la voce di Robert lascia spazio per un attimo ad una rabbia soffocata, ma feroce.
« Terry, questa è una menzogna, stai cercando di mettermi contro mio figlio. »
Lui resta in silenzio qualche istante e poi conclude, brusco, come se gli stesse facendo una concessione « Vuoi parlare con Robert oppure no? Di questi dettagli potrai discutere con il tuo avvocato, non con me. »
Donna stringe i denti, vorrebbe punirlo, vorrebbe fargli del male, ma sa che se attaccasse adesso ferirebbe solo se stessa.
« Passamelo. » Si arrende.

Improvvisamente, le sembra che la casa sia meno vuota quando sente la voce di Robbie al telefono.
« Mamma! »
Improvvisamente, quando la chiama di nuovo “mamma”, le pare sia trascorsa una vita da quando lo aveva fatto l’ultima volta.
Improvvisamente, pensa di non essere in grado di mentire a quella voce tanto sincera, ma lucidamente conosce i rischi e, soprattutto, conosce quelle che potrebbero essere le conseguenze di una sua qualsiasi azione sconsiderata. Ha già perso troppo e non ha intenzione di mettere in gioco le sue poche possibilità di riavere Robbie con se, anche solo per qualche giorno al mese.
« Robbie, piccolo mio… » Sente la voce spezzarsi in gola, ma riesce a mantenersi calma.
« Mamma quando torni? » E’ una domanda ovvia, scontata, che si aspettava, ma che avrebbe preferito non sentire. Donna non vorrebbe pensare a tutte le risposte che preferirebbe dare a suo figlio: dirgli che tornerà, dirgli che non lo ha abbandonato, dirgli che si rivedranno presto, prestissimo, ma si rende conto che anche queste non sono altro che una serie di bugie e, esattamente come le ha ordinato Terry, continua a mentire.
« A casa tesoro, la mamma ha molto lavoro in questo periodo. »
« Con i Titans? » il suo tono non è più entusiasta come quando un tempo Robbie parlava della squadra di Donna, è diventato cupo, diffidente e lei non può non chiedersi quali storie assurde Terry gli abbia raccontato a proposito dei suoi amici. Donna ingoia quest’ultimo insulto, per il bene e la serenità di suo figlio, per la speranza, in futuro, di poterlo stringere tra le sue braccia.
« Anche, ma soprattutto allo studio fotografico. » Risponde, poi dirotta il discorso per evitare di mentirgli ancora. « Tu come stai, tesoro? Papà mi ha detto che stavi facendo i capricci. »
Lui ride, consapevole di essersi comportato male, ride e si attacca con forza alla cornetta.
« Non voglio andare a dormire. » Proclama con convinzione. Donna sorride, immagina ognuna delle sue espressioni, i suoi gesti, i movimenti della bocca, degli occhi.
« Lo sai che è tardi, dovresti essere già a letto. » Addolcisce il tono della sua voce, si dimentica momentaneamente del rancore e della rabbia. « Non hai sonno? »
« Si. » Ammette lui dall’altro capo del telefono. « Ma volevo una ninna nanna. »
« E papà non può cantartene una? » Le parole le escono senza controllo e per un attimo Donna si stupisce di se, di quel commento quasi affettuoso, di quel commento che, in qualche modo presuppone l’esistenza di un contatto, di una legame ancora intimo.
« Ma io volevo la tua! » Protesta Robbie risentito.
« La mia? »
« Quella del divano! Quella che mi cantavi quando lavavi i piatti e stiravi. »
D’un tratto le sembra tutto molto più chiaro, la canzone, il ricordo di lei che stira le camicie di Terry o lava i piatti della cena canticchiando distrattamente, il ricordo di Robert addormentato sul divano, la tenerezza che suscitava sia in lei che in quello che allora era un marito amato e innamorato, il ricordo di Terry che lo portava in braccio nella sua cameretta e gli rimboccava le coperte ed è tutto talmente forte e imprevisto che Donna deve lottare per trattenere le lacrime.
« Dopo, mi prometti che andrai a dormire? »
« Prometto! » Rispose Robert soddisfatto dalla propria conquista.
« Bravo il mio ometto. » Donna tira un lungo sospiro per farsi coraggio, chiude gli occhi per rafforzare i suoi ricordi e renderli più resistenti e comincia a cantare.
Moon River, a bassa voce.
Sente la risatina sommessa e contenta di Robert dall’altro capo del telefono, dall’altro capo dell’america.
Continua, anche se le fa male, incredibilmente male.
Soffre di un dolore pungente e profondo quando bisbiglia le parole “wherever you’re going I’m going your way”, eppure continua.
Continua fin che non lo sente respirare regolarmente, continua fino alla fine ma sotto la stessa fine dell’arcobaleno Terry riprende in mano il ricevitore.
« Si è addormentato. » Le parole scuotono Donna da quella sorta di ipnosi nella quale era sprofondata. Terry non aggiunge molto altro, ma si risparmia frasi ampollose come “ci vediamo in tribunale” « Mi farò risentire. » Dice, poi saluta e riaggancia e Donna rimane di nuovo più sola di quando è arrivata, le sportine della spesa rovesciate a terra in disordine e la fine dell’arcobaleno le fanno compagnia.

…moon river and me.

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