[Heroes] You can sleep while I drabble

Nov 24, 2007 00:00

Titolo: You can sleep while I drabble (4 drabbles + 1 flashfic)
Autore: fiorediloto
Fandom: Heroes
Coppia: Nathan/Peter
Avvertenze: Sesso con minorenni, incesto... ideale?, infinita tristezza dell'esistenza
Spoiler: 1x20, "Five years gone"
Note: Seguito più o meno ufficiale di You can sleep while I drive, che va letta per prima. I drabbles sono praticamente indipendenti l'uno dall'altro, tranne il #5 che presuppone il #2.
Ringraziamenti: Naturalmente a eryslash, che ha gettato le fondamenta di questo pazzo pazzo camionverse e mi impedisce di tirarmene fuori. E ovviamente a enfasi, che mi legge e mi incoraggia anche se questa non è la sua tazza di tè.

#1

Word count: 100
Rating:: G
Nota:: Prequel di You can sleep while i drive

A volte tu e Bennet bevete insieme. È una condivisione silenziosa in qualche bar del centro, spalla a spalla seduti al bancone o faccia a faccia al tavolo senza guardarvi; vi ritrovate per caso, o forse no. Non avete molto in comune, e se ve lo chiedessero direste che non vi siete neppure simpatici - ma a volte le cicatrici tirano e bruciano ed è come se non ci fosse nessun altro in grado di capire.
«Birra? Avrei detto whisky.»
«Ho chiuso col whisky. Dieci anni fa.»
Bennet tace. La televisione chiacchiera e l’alcool ti ripulisce la testa dai cattivi pensieri.

#2

Word count: 200
Rating:: PG-13
Nota:: Una settimana dopo You can sleep while i drive

Bennet ti fa cenno di sederti e ti allunga un fascicolo e due fiale azzurrine sopra il tavolo.
«Peter Petrelli da Boston. Si è trasferito a Odessa dopo la morte della madre. Una storia toccante. Fagliela imparare bene, dentro ci sono tutti i riferimenti.»
«Sarebbe mio figlio?»
«Fratello. Fratellastro.»
Tu annuisci, guardando il nuovo passaporto e la carta d’identità di Peter. La storia della parentela ti disturba vagamente, ma è la scusa più semplice per giustificare il fatto che viva con te.
«È anche maggiorenne. Nel caso vi scoprissero.»
Alzi lo sguardo. «Cosa?»
«Nel caso scoprissero che te lo porti a letto.» La luce del neon si riflette sul taglio degli occhiali di Bennet. La sua espressione è impassibile e al tempo stesso sottilmente beffarda. «Stai attento. Con quel potere il ragazzo è una mina vagante.»
Peter ti aspetta fuori dalla stanza, teso e pallido come un lenzuolo. Solo quando siete in macchina, fuori dalla Primatech, accenna a rilassarsi.
«Che c’è che non va?»
«Bennet. Me lo sono ricordato all’improvviso.»
«Cosa?»
«Aveva gli occhiali diversi, ma era lui.»
«Peter?»
Lui scosta il bordo della felpa. È allora che noti per la prima volta i due graffi neri sulla sua spalla.

#3

Word count: 300
Rating:: PG-13
Nota:: Due settimane dopo You can sleep while i drive

A Peter non piace che tu beva.
La questione è iniziata il secondo giorno, quando ti ha visto stappare la decima birra del pomeriggio e ti ha chiesto se bevi sempre così tanto. Hai scrollato le spalle, i contorni del campo visivo leggermente sfumati e ristretti. Non eri ubriaco - non ancora. Quella volta Peter si è accontentato della tua non-risposta, ma avevi il sospetto che non sarebbe andata sempre così.
I cambiamenti non ti piacciono. Non li sai affrontare. Peter è un cambiamento gradevole, ma la verità è che non sei abituato ad avere qualcuno tra i piedi. Non sei abituato a contare le birre che bevi quando sei in casa - a fermarti prima di quell’una di troppo.
«Così ti scassi il fegato, lo sai?»
«Poi mi donerai un pezzo del tuo.»
«Non posso» ti risponde serio. «Non abbiamo lo stesso gruppo sanguigno.»
Nella nebbiolina ancora rada della quinta birra, ti chiedi come faccia Peter a conoscere il tuo gruppo sanguigno.
«Pazienza.»
«Potresti bere qualcos’altro. Caffè?»
«Così mi scasso il cuore. Anche se quindici anni di pratica legale mi hanno insegnato che si può vivere senza, preferisco non rischiare.»
«Facciamo un patto.»
«No.»
«Tutto quello che bevi tu lo bevo anch’io.»
«Non credo.»
«E se non vuoi che bevo ti basta smettere.»
«Sicuro.»
«Passami la bottiglia, dai.»
«Quando compirai ventun anni.»
Finisce con Peter che ti strappa la bottiglia dalle mani e versa tutto sulla moquette, tu che gli ordini di ripulire, lui che ti ignora e decide che gli è venuta voglia di scopare.
Così il motivo ufficiale per cui non puoi bere troppo è che devi controllarlo. Senza controllo, Peter potrebbe farti saltare in aria la casa, e un’esplosione nella vita ti è bastata.
Il motivo non ufficiale è che il sesso da ubriaco non è un granché.

#4

Word count: 400
Rating:: (light) R
Nota:: Tre settimane dopo You can sleep while i drive

È sempre piacevole avere Peter a cavalcioni sulle gambe, con le ginocchia puntate sul divano ai lati delle tue cosce e il viso vicino al tuo, così vicino che il suo respiro ti riscalda la guancia. L’espressione intenta gli spinge delle rughe graziose sulla fronte, e per la concentrazione Peter trattiene il fiato così a lungo che ogni respiro è quasi un ansimo, con la lingua stretta tra i denti e le guance accaldate.
Solo che di solito non ha un rasoio in mano.
«Non hai detto che stavo meglio con la barba?»
«Ho mentito.»
Ciocche su ciocche ti cadono sul collo e sulle spalle, mentre la lametta passa, taglia e fruscia contro la tua faccia. Peter ti piega la testa di lato per attaccare la curva della mascella e tu aspetti a occhi socchiusi lo sfregio. Poco male, hai già una cicatrice da quel lato.
«Tra i miei capelli e la tua barba c’era troppo pelo in ballo.»
«Per questo eravamo d’accordo che ti saresti tagliato i capelli.»
«Mi servono.»
«A che?»
«Nascondermi quando attacchi con la paternale. E poi hai detto che ti piacevano.»
«Ho mentito.»
Peter ti passa il pollice sulla guancia liscia e vi depone un bacio. Le sue labbra sono calde contro la tua pelle umida e fresca, sensibile dopo la rasatura. Gli appoggi le mani sui fianchi.
«Secondo me aveva assunto vita propria.»
«Sì, ormai era una di famiglia.»
«Le avevi dato anche un nome?»
Peter ti posa una mano sulla guancia destra, ancora soffice di barba, e ti bacia senza lasciarti rispondere. Per un po’ lo lasci fare, rispondendogli con pigri bacetti sulle labbra, poi dischiudi le tue e gli accarezzi lentamente il labbro inferiore con la punta della lingua.
Lo senti rilassarsi con un mugolio contento, le ginocchia che scivolano più a fondo verso lo schienale e le braccia che ti circondano il collo mentre approfondisce il bacio. Gli scarti pian piano la maglietta come una caramella.
Poi dalle tue spalle ti arriva alle orecchie un rumore improvviso, scricchiolante e sospetto. Peter si solleva di scatto, spalmandoti il cavallo dei jeans contro la pancia, e lancia uno sguardo dietro il divano.
«Se l’hai rotto comincia a pregare, perché non ne ho un altro.»
«No, è solo saltata la lametta.»
«Quella era l’ultima.»
Peter torna giù sulle tue gambe, studiandoti con aria seria.
«Magari, se cammini solo di profilo…»
«… sei morto, Peter. Morto.»

#5

Word count: 800
Rating:: PG-13
Nota:: Un mese dopo You can sleep while i drive

In un mese, hai cominciato a pensare che la tua vita possa riprendere a muoversi. Hai cominciato a sperare che ci sia qualcosa anche per te; che non tutto sia finito nel momento in cui la bomba s’è portata via Nathan Petrelli e tutto ciò che lui aveva. Hai cominciato a credere che a volte il caso o Dio o chi per Lui offrono una seconda opportunità.
È allora che Peter te lo dice.
«È fuori questione.» Continui a mangiare, ma il tuo roastbeef ha improvvisamente perso sapore. Ti sembra di masticare l’imbottitura del divano.
«Ho già parlato con Bennet. Non mi ha detto di no» insiste Peter, nervoso.
«Me ne frego di quello che dice Bennet.»
«Ma…»
Lo guardi negli occhi. «No, okay? È ‘no’, Peter. Non se ne parla.»
«Ma non è pericoloso! Aiuterei Hana con i documenti e roba del genere. L’ha detto anche lei che con le mie abilità posso essere d’aiuto. E Bennet era d’accordo. Anche se non l’ha detto chiaramente me l’ha fatto capire.»
«Non hanno bisogno delle tue abilità per documenti e roba del genere. Se hai voglia di lavorare con le scartoffie prenditi un diploma e trovati un posto da segretario.»
Peter sospira. «Voglio essere utile a qualcuno, Nathan. Voglio fare qualcosa.»
«Trovati un lavoro. Quello sarebbe qualcosa. E sarebbe utile.»
«Hana mi ha detto che mi darebbero un lavoro di copertura alla Primatech. Pagato. Sarebbe un lavoro a tutti gli effetti. E non avrei bisogno di diplomarmi, non gliene importa niente.»
«Senti, Peter.» Lasci cadere le posate nel piatto. Ti è passata la fame. «Non ho voglia di litigare, okay? Possiamo continuare a parlarne all’infinito, tanto la mia risposta sarà sempre no. Non farai questa cosa. Fine. Non c’è altro da dire.»
«Ma perché?» scatta Peter, saltando in piedi. «Perché non puoi lasciarmi provare? Qui non sono utile a nessuno, non…»
«Sei utile a me!» rispondi, e non te ne accorgi ma stai alzando la voce. «Sei utile a me, okay? Sei l’unica, l’ultima cosa che ho, e non ti manderò a farti ammazzare perché una mattina hai deciso di salvare il mondo. Il mondo se ne può andare al diavolo, tu resti qui.»
Spingi indietro la sedia, facendola stridere contro il pavimento, e sei quasi sulla soglia della camera da letto quando ti arriva la voce di Peter, bassa e contrariata:
«Non puoi dirmi cosa fare. Sono maggiorenne.»
«Tu non sei maggiorenne. Peter Petrelli è maggiorenne. Tu non…»
La luce si spegne dalla faccia di Peter. «Io non sono Peter Petrelli. Non sono nessuno. Capito.»
Sospiri, ma Peter ti ha già voltato le spalle e sta sparecchiando la tavola. Dopo tre giorni fuori casa avresti preferito un’accoglienza un po’ più calorosa.
Vi ignorate per tutto il giorno, muovendovi l’uno intorno all’altro in circolo, come equilibristi, senza incrociarvi mai. È snervante e doloroso e nuovo, perché è la prima volta che litigate e tu avevi dimenticato come fosse vivere sotto lo stesso tetto di qualcuno a cui non rivolgi la parola. Con Heidi capitava, e a volte durava giorni.
Cenate in silenzio, senza guardarvi, ai lati opposti del divano. In qualche modo, nonostante la barriera siete riusciti a comunicarvi che nessuno dei due aveva intenzione di cucinare; verso sera sei uscito silenziosamente e hai comprato da mangiare a un takeaway.
Avete finito di cenare da mezz’ora, coi cartoni e le bottiglie appoggiati sul pavimento e in televisione una vecchia replica del Padrino, quando Peter inizia a muoversi verso la tua parte. Tu appoggi il braccio sullo schienale, seguendolo con la coda dell’occhio, e quando Peter infine appoggia la testa contro la tua spalla lo abbracci e lo attiri più vicino.
«Pensavo che fossi andato via.»
Ci metti qualche secondo a capire. «E dove?»
«Non lo so. Via.»
Gli posi un bacio sulla fronte. «Non vado da nessuna parte» mormori. «Da nessuna parte.»
Peter si stringe un po’ più a te e sospira, continuando a guardare la tv. Tu aspetti che riprenda il discorso.
«Non voglio fare questa cosa se tu non sei d’accordo.» Alza il mento per guardarti. «Ma tu ci puoi pensare? Per favore?»
Annuisci.
«E parli con Bennet?»
«Va bene.» Sai quello che ti dirà Bennet. Ci hai già parlato, più di una volta.
Peter ti sorride leggermente e si tira su per posarti un bacio sul collo, vicino all’orecchio. È un contatto caldo e brevissimo, ma basta a cancellarti il malumore e la stanchezza.
«Andiamo a letto? L’ho già visto questo film.»
Annuisci, con buona pace dei Corleone e della mafia newyorkese che non sa di essere destinata a esplodere di lì a cinquant’anni.
Dopo, nel letto, trovi difficile ricordare perché avete litigato. Il problema è lì, solo rimandato - ma quando chiudi gli occhi pensi che questa è la tua seconda possibilità, e stavolta non la butterai via.

fic, drabble, language: italian, fic: heroes, series: you can sleep, pairing: nathan/peter

Previous post Next post
Up