Titolo: Mattutino III
Fandom: Sherlock Holmes
Pairing: Holmes/Watson
Rating: PG-13
Conteggio parole: 2055 (FdP)
Note: Sequel di
questa di
hikaruryu. Holmes è da prendere a badilate, Watson è mestruato. E queste dovevano essere 300 parole. (I vari Mattutino non sono legati tra loro, solo una serie di variazioni sul tema del risveglio.)
Quando mi svegliai, Holmes era al mio fianco con una sigaretta tra le dita e un'espressione che dapprima, annebbiato dal sonno, mancai di notare del tutto, e successivamente notai ma non seppi riconoscere.
"Ben svegliato" disse Holmes, rivolgendomi un breve sguardo prima di tornare a contemplare il soffitto.
"A te" ricambiai allegramente. "Che ore sono?"
"Le otto e mezza, ritengo. Se ne hai voglia puoi tornare a dormire, ragazzo mio. Mrs. Hudson non salirà almeno per un'altra ora."
Ero un po' più sveglio, adesso, e qualcosa nel suo tono mi colpì come una nota stonata. "Hai ragione" mormorai, guardandolo fumare. Lo guardai fumare per un minuto, inseguendo la dissonanza nella mia mente. Il soffitto, forse dovrei sottolineare, era il solito soffitto della mia camera, e a parte una macchia d'umidità vicino alla finestra non offriva nulla di remotamente interessante.
Imbarazzo, decisi infine. Ignorai una fitta allo stomaco: era perfettamente normale, dopotutto. Ciò nonostante non mi aspettavo che Holmes trasalisse al solo appoggiargli una mano sulla spalla. Holmes non era tipo da trasalire, mai.
“Mio caro, che cosa c’è?” dissi alla sua schiena, mentre Holmes metteva via la sigaretta con cui aveva rischiato di dar fuoco al letto.
“Ero sovrappensiero. Ti chiedo scusa.”
“Non ce n’è ragione.” Riportai la mano sulla sua spalla, ma stavolta Holmes era all’erta, e non si mosse. “Holmes, ho l’impressione che tu stia cadendo dal letto. Avvicinati.”
“Dottore, appena sveglio il tuo senso della prospettiva è seriamente fuori scala. Sono perfettamente comodo.”
Ah, ecco di nuovo quell’espressione. Nervosismo, stabilii dopo qualche secondo. Mi ero spesso chiesto che genere di spettacolo potesse offrire Sherlock Holmes se innervosito, in difficoltà o a disagio, ma avrei preferito verificare l’effetto in un altro contesto, uno nel quale non mi avrebbe procurato nauseanti ondate di incertezza.
“Come preferisci.” Avevo il sospetto che l’approccio tattile non mi avrebbe portato da nessuna parte, ma nondimeno gli sfiorai la mascella col dorso delle dita. Come unica reazione, Holmes socchiuse gli occhi. “Mi perdonerai se osservo una cosa ovvia? Data l’ora, potrei essere giustificato.”
Un angolo della sua bocca si sollevò, e Holmes mi pregò di continuare, riuscendo nella non facile impresa di voltarsi dalla mia parte, avere il mio viso a meno di mezzo metro e tuttavia evitare scrupolosamente di incontrare il mio sguardo.
“Siamo svegli entrambi da svariati minuti e non ci siamo ancora baciati” notai. “Ritieni che un bacio sarebbe antigienico, dopo questa notte, o forse troppo tradizionale per i tuoi gusti?”
Holmes si tirò a sedere, appoggiò i gomiti sulle ginocchia piegate e prese a studiare la porta. “Il tuo senso dell’umorismo è peggiore che mai di prima mattina” ribatté, con una risatina sarcastica.
Tutti i miei peggiori sospetti confluirono in un groviglio molto stretto all’altezza della bocca dell’anima.
“Te ne sei pentito” osservai, nel tono più calmo che mi riuscì.
“Non essere ridicolo.”
“Perdonami. Le mie capacità deduttive sono risibili, ne sono certo. Ma non so che altro desumere dal tuo comportamento.”
Holmes non si mosse né parlò, alimentando di attimo in attimo la mia agitazione. Mi sollevai, lo stomaco costretto in un nodo atroce, ma non osai toccarlo. “Holmes, amico mio, sono al tuo servizio. Quello che vorrai che facciamo di questa… di quello che è successo, faremo. Ma devi parlarmi, perché le mie capacità deduttive sono davvero risibili, e tanto più risibili quando tu ne sei l’oggetto. Non posso permettermi di tirare a indovinare.”
Holmes si passò una mano sulla faccia con l’aria di trovare qualcosa insopportabilmente fastidioso. Forse il sottoscritto. “Mi domando: se ti dicessi di dimenticare tutto, lo faresti?”
“Sì” mormorai, impegnandomi a deglutire un groppo dolorosissimo, ma nondimeno infondendovi tutta la decisione che riuscii a raccogliere. “Se fosse quello che desideri, io… Holmes, guardami.” Ottenni il suo sguardo; ma era intento e allo stesso tempo tremendamente distante, immerso in altri pensieri. “Te ne sei pentito” ripetei, “e vuoi tornare indietro. È così?”
“Tu sei innamorato di me” disse Holmes, mettendomi finalmente a fuoco. “Ieri, ricordo di avertelo sentito dire.”
“Holmes, mi stai torturando per un motivo che non capisco” replicai, al limite dei miei nervi. “Ti prego, dimmi cos’è.”
“Watson, ragazzo mio, non c'è ragione di agitarsi tanto. Sto solo…”
“Dimmi cos’è, maledizione. Se mi vuoi bene, se sei mio amico, dimmi cos’è.”
Holmes scosse la testa, tentando di raccogliere le parole due volte e due volte fallendo. “È semplicemente atroce” disse alla fine, con un tono che non riusciva in nessuna maniera a nascondere tutta l’irritazione che provava. “Tutto questo… spazio rubato.” Tutta l’irritazione del mondo.
“Ti riferisci al nostro nuovo… Voglio dire. A quello che è accaduto?”
Fece un gesto infastidito con la mano, cercando altre parole che non gli sovvenivano.
“Holmes, per tutto quello che è buono e sacro, ti sto implorando” gli dissi molto piano.
Questo parve ottenere qualche risultato. Holmes si tese dalla mia parte e mi tolse una ciocca scomposta dalla fronte, un gesto di una familiarità straziante in quel momento di completa confusione. Lo guardai senza riuscire a non tradire l’immenso sconcerto che mi attanagliava. Quando parlò, lo fece con aria ancora irritata, sì, ma anche curiosamente rassegnata, come dopo lunga esasperazione.
“Smetti di trarre conclusioni affrettate, Watson, da bravo. Sto solo ragionando. Tutto questo mi è nuovo, e non soltanto perché non ho mai avuto relazioni carnali con un veterano prima di questa notte. Scoprire di non essere insensibile al fascino virile delle cicatrici non è poi così sorprendente, a conti fatti.”
“Holmes…” tentai, ancora più confuso dal bizzarro preambolo.
“Il problema è ben più grave. È gravissimo. Il problema è che non riesco a pensare a nient’altro. Se davvero sei nella stessa condizione, Watson, allora non so come tu possa stare così tranquillo. Non riesco a concentrarmi su nient’altro. È una specie di… dittatura delle sinapsi. È spaventoso. Come ci si aspetta che lavori in queste condizioni? Ma devo. Non posso passare il resto della mia vita a contemplare la forma delle tue orecchie e il modo in cui - ah, non lo so - quella vena pulsa sulla tua tempia quando sei agitato. Come sta facendo in questo istante. Eppure, Dio mi aiuti, al momento non chiederei di meglio che stare a guardarla per tutto il…”
Non lo lasciai finire. Era essenziale che afferrassi il punto che, con mio sommo scorno, continuava a restare un centimetro al di là della mia portata, e Holmes non stava facendo nulla per aiutarmi. Progettava forse una grande sorpresa finale come per le sue deduzioni più brillanti?
“Vuoi che torniamo alla nostra precedente relazione? È questo? Ti impedisco di concentrarti sul tuo lavoro, dunque preferiresti tornare indietro.”
Holmes mi contemplò con perplessità. “Ma ragazzo mio, chi o cosa ti ha messo in testa questa idea insana? Sto meramente ragionando su un problema di ordine, diciamo così, amministrativo. Naturalmente qualcosa deve essere fatto per arginare l’avanzare del deterioramento cerebrale, ma interrompere dopo un così glorioso principio, francamente…”
Lo tirai disteso sulla schiena piantandogli una mano sulla sua spalla. Con l’altra lo tenni fermo. Gli montai sopra, gettando all’aria le coperte, con in volto quella che senza dubbio doveva essere una smorfia molto truce. Ero furioso.
“Tu” ringhiai - davvero, ringhiai - “credi che questo sia divertente.”
“Al contrario, ragazzo mio, credo che sia devast…”
“Tu” ripetei, “mi hai appena sottoposto ad uno dei risvegli più brutti della mia vita, e Dio santissimo, mi sono svegliato in una tenda a duecento metri da un campo di battaglia in mezzo al deserto, ma tu, orribile essere, per qualche ragione tu hai ritenuto di fare di peggio, e l’hai fatto a me, e oh - forse credi sia un fatto di poco conto svegliarsi accanto alla persona che possiede fino all’ultima infinitesima porzione del tuo cuore e sentirla blaterare di atrocità e cose spaventose e non avere conclusioni da trarre se non che la vostra prima e perciò ultima notte, con ogni probabilità il momento più felice della tua intera vita da adulto, sta per essere archiviata come un terribile errore e non c’è nulla, nulla che tu possa fare se non stare a guardare tutto crollare come un castello di carte. Ah, forse per te l’equivoco è divertente. Forse per te è solo un’altra facezia intellettuale, un simpatico diversivo prima di colazione. Ma per Dio e tutti i santi, Holmes, con che barbaro cora…”
Mi tirò giù con tutta la sua forza, che è considerevole, vincendo di schianto la mia resistenza. Spalla a parte, non mi considero un uomo di scarsi mezzi muscolari, ma Holmes aveva dalla sua la sorpresa e la mia posizione sfavorevole. Quando rotolammo verso un’altra parte del materasso avevo già le sue labbra sulle mie e la sua lingua nella bocca. Per qualche secondo navigai in un mare confuso di lenzuola e membra di Sherlock Holmes, il suo corpo e i suoi capelli ovunque intorno a me.
Riaprii gli occhi sentendolo ridere di cuore.
“Via dal mio letto” ringhiai. “Abominio. Mostro. Con che coraggio…”
“Non ti ho mai sentito imprecare così tante volte nell’arco di cinque minuti” disse Holmes allegramente.
“Vattene e lasciati odiare. A questa distanza hai tutti i vantaggi.”
Holmes mi passò le mani sulla faccia, lisciandomi i capelli all’indietro, e mi baciò di nuovo più languidamente. Le mie mani, di proprio accordo, si piantarono alla base della sua schiena.
“Sei preda di una convinzione tragicamente errata” mormorò. “Non intendevo spaventarti, ragazzo mio, e sono desolato - davvero, sinceramente desolato - di averti fatto agitare così tanto. Ho tentato di rassicurarti, ma…”
“Mi hai chiesto se sarei stato disposto a dimenticare tutto” gli ricordai, corrugando la fronte.
“Era solo un’ipotesi di lavoro. Quello che volevo sapere è se saresti in grado di mettere la cosa da parte per qualche breve tempo, se necessario, e se sì come fare. Devo lavorare, per l’amor del… Perché mai mi guardi così?”
“Non mi guardavi negli occhi” ribattei. “Hai rifiutato di baciarmi. Che cosa ti aspettavi che ne deducessi?”
“Per la cronaca, stavo cercando di pensare, e oggi guardarti sembra annichilire ogni mia altra facoltà. Perdonami se non raggiungo lo stesso livello di poesia che sei solito infliggere alle tue conquiste, ma sono ragionevolmente sicuro che eserciti avrebbero potuto annientarsi per il privilegio di contemplare i tuoi occhi.”
Non mi considero una persona vana, ma sono un uomo di carne e sangue e, come tale, non insensibile all’adulazione - specialmente se giunge prima di colazione, in uno stato di completa nudità, da parte di una persona in particolare e con una prosa forbita. Holmes lo sa, naturalmente. Il modo in cui mi ritorce contro le mie debolezze è pura villania.
“Progetto di punirti per questo orribile risveglio” mormorai, restio a lasciare che la mia irritazione evaporasse così presto.
“Sono a tua disposizione. Ma devo avvertirti che a scuola non ero uno di quei ragazzi che si lasciavano cogliere in flagrante delicto agognando segretamente il castigo corporale.”
“Non mi riferivo a nulla del genere” replicai, ridendo mio malgrado. “E ad ogni modo, se tu fossi così… predisposto, non sarebbe affatto una punizione.”
Holmes mi guardò con singolare dolcezza. Una frazione di secondo dopo l’espressione era svanita, sostituita dalla più usuale ironia, ma io l’avevo vista.
“Temo che prolungare l’esposizione non farà che peggiorare l’effetto collaterale” sospirò platealmente.
“È solo il primo giorno” risposi, sentendo rimontare una vaga inquietudine. “Tra una settimana al massimo avrai scoperto tutto quanto c’è da scoprire sui miei occhi e non sarà più una distrazione.” Tracciai con la punta di un dito la sottile scia di peluria che da sotto lo sterno affondava nell’ombelico e più oltre si infittiva. “Sono una persona molto noiosa, te l’assicuro. Difficilmente in grado di esercitare qualsivoglia dittatura sulla mente di chicchessia.”
Holmes alzò gli occhi al cielo, ignorando le mie obiezioni con la stessa rapidità con la quale metteva da parte le mie osservazioni più banali, e con la stessa aria di ricavarne un dolore quasi fisico. “Di certo non ti sospetterei un simile potere giudicando solo dalla tua conversazione in camera da letto. Ha effetti estremamente deleteri sull’eccitazione di un uomo.”
“Dovrei continuare, mi domando, e risolvere così brillantemente i tuoi problemi di concentrazione?”
“Watson, percepisco qualcosa nella nostra disposizione attuale che mal si attaglia ai rispettivi ruoli di castigatore e castigando. Sarà per questo che nessuna azione concreta è stata ancora messa in atto?”
Si ritrovò sulla schiena prima ancora di finire la frase, e un lento sorriso gli affiorò alle labbra. Sentii le sue gambe sollevarsi a cingermi i fianchi.
“Molto bene” decretò. Giurai solennemente che la prossima ora sarebbe stata dedicata a tramutare quel ghigno compiaciuto in una smorfia estatica, e che nessun mezzo, non importa quanto vile, sarebbe stato risparmiato in vista del fine. “Molto bene” ripeté Holmes, con un brillio indecente negli occhi.