Titolo: Mi Dispiace
Fandom: Tru Callig
Personaggi: Sorpresa x°D se guardate le tag ve la rovinate, se siete arrivati qui appunto con le tag non so che dirvi... *ride*
Parte: 1/1
Parole: 857 (
ContaparoleCriticoni)
Disclaimers (torno a dirlo all'americana XD): No miei, no lucro!
Note: Salvata direttamente da EFP.
- Si ringrazia
izzieanne per l'approvazione e il consiglio *_*
-
hikarylexy, ti voglio bene <3
Siamo sicuri che ci sia un cattivo?
Numb3rs, telefilm
Guardò l’orologio con preoccupazione crescente, la Vittima sarebbe passata di lì a momenti. Un ragazzo giovane, di circa venticinque anni - un bel ragazzo; e lo vide, tra folla, dall’altra parte della strada. Si mise a correre nella sua direzione. Non aveva tempo, non aveva tempo! Non c’era mai Tempo nelle giornate come quelle - quando tutto tornava indietro e le persone chiedevano il suo aiuto. Appena attraversata la strada, cadde a faccia in giù.
<< Dovresti guardare dove vai. >> disse la voce del Gran Bastardo, sbattendo le palpebre, come a volerla prendere in giro. Ecco, la Morte che come al solito provava a rovinarle i piani. Facendole lo sgambetto. Era così squallido. Afferrò il polso portandolo al petto, come se si fosse ferita.
<< Ehi, fatta male? >> domandò il Gran Bastardo, chinandosi su lei. Con la mano “ferita”, gli diede un pugno dritto sul naso, e senza nemmeno voltarsi, tornò a correre.
Il Gran Bastardo, dietro di lei, si era già rialzato, e cercava di pulire il sangue che usciva con un fazzoletto di stoffa, imprecando contro la Cretina. Perché non voleva capirlo? Era tutto Destino. Cambiare le cose era sbagliato. Vero?
Lei intanto stava per raggiungere il ragazzo, quando accadde. Venne spintonato sulla strada, una macchina in folle corsa; si sarebbe volentieri buttata, avrebbe preso il posto del ventenne senza pensarci un attimo, ma il Gran Bastardo era riuscito ad afferrarle la mano.
<< Attento! >> riuscì a urlare. La Vittima si voltò verso di lei, con occhi curiosi, prima di venire colpito dall’auto, finire sopra il cofano, sbattere la testa contro il vetro. Cadde sull’asfalto senza vita.
<< No… >> mormorò Lei, ora senza forze. Si voltò furente verso il Gran Bastardo. << Hai vinto, contento? >> le lacrime agli occhi, riuscì a liberarsi dalla presa e a scappare via. Il Gran Bastardo non replicò nulla.
Sotto le coperte, si rifiutava di uscire. Ignorava le chiamate degli amici (anzi, aveva staccato il telefono) e restava lì, a chiedersi perché aveva tardato, perché non aveva fatto di più, perché il Potere era stato dato a lei e non a un’altra, perché era così debole.
E soprattutto: perché il Gran Bastardo non si faceva i cazzi suoi e la lasciava lavorare in pace?!
Sospirò sotto le coperte, prima di sentire la porta aprirsi.
<< Fuori, non voglio vedere nessuno! >> urlò, ricordandosi mentalmente che doveva trovare un posto migliore per la chiave di scorta. Tenerla sotto il tappeto era troppo semplice.
<< Questo mi urta. >> disse il Gran Bastardo, entrando. Scattò a sedere come una molla. Una molla dagli occhi infuriati.
<< Che cosa ci fai qui?! Esci subito da casa mia! E come fai a sapere dove abito? E… >>
Lui ridacchiò.
<< Conosci il tuo nemico, e avrai la vittoria in pugno. >> le lanciò la chiave di scorta. << Ma dovresti trovare davvero un altro posto per la chiave. È troppo patetico. >>
<< Grazie, anch’io ti trovo in forma. >> replicò. << Adesso esci da casa mia. >>
Per risposta, si sedette di fianco a Lei, sul letto, sistemando i cuscini per poi appoggiarvi la schiena.
<< Non ho detto “mettiti comodo”, ho detto “esci da casa mia”. Oltre che stronzo, sei pure sordo? >>
<< Tu non hai voglia di restare sola. >> la liquidò semplicemente. La Cretina si azzittì per qualche secondo, prima di imitare l’uomo e quindi sedersi.
<< La mia compagnia è così terribile? >> domandò, la voce senza tono. Senza emozione. Come sempre, Lui assomigliava al ghiaccio: incapace di provare qualsiasi sentimento, freddo e calcolatore. Eppure, c’era qualcosa, in Lui… qualcosa di davvero affascinante. Probabilmente il fatto che difendeva con le unghie e con i denti - esattamente come Lei - la sua opinione, la sua idea, il suo Credo. Era questo a renderli uguali. Difendevano quello in cui credevano.
<< Sei un assassino. >> mormorò, in risposta.
<< Non è vero, e tu lo sai. >> la rimproverò.
Sì… lo sapeva.
<< Penso che quello che tu faccia sia sbagliato. >>
<< Lo penso anch’io di te. >>
<< La tua è… omissione di soccorso! E l’omissione di soccorso è un reato grave quanto l’omicidio! >>
<< Non per il Destino. >>
<< Ma chissenefrega del Destino! >>
<< Io. >>
<< … >>
<< … >>
<< Ma stiamo facendo la cosa giusta? >> chiese, in un sussurro incerto. Stavano facendo la cosa giusta? Il loro Credo, i loro Ideali, erano veri? Il loro Potere… perché a loro? Perché non qualcun altro, maledizione?
<< Forse. >>
Forse. Non si può vivere di “forse”.
<< Certe volte vorrei abbandonare tutto. >> sussurrò Lui.
<< Vorrei non avere il Potere, e tutte le responsabilità che questo comporta. Vorrei non essere io il “Prescelto”. >>
<< Lo so. >>
<< Non rivivere più i giorni. >>
<< Avere una vita normale. >>
<< Smetterla di lottare. >>
<< Tornare a quando eravamo… >>
<< Normali. >> finì Lui, per Lei.
Vorrei. Non si può vivere di “vorrei”.
Quasi senza volerò posò la sua testa (sua di lei) sulla sua spalla (sua di lui) e quasi senza volerlo lui non disse nulla, ma accettò quel contatto, con silenziosa comprensione.
<< Elise? >>
<< Mh? >>
<< Mi dispiace che sia tu la mia nemica. >>
<< Anche a me dispiace che tu sia il mio, Richard. >>