Titolo: How sad to think this was not destiny
Fandom: Originale
Beta:
cialy_girlGenere: Sovrannaturale (... e romantico? Yep.)
Personaggi: Aurora, Celio Adamas [appare anche
Bianca Ceolipro, e una certa Alice con gemello che prima o poi avranno una loro one-shot]
Rating: PG13
Parole: 3.130 (W)
Prompt:
"Ho freddo..." @
Michi Note: Titolo da Goodbye (Poem) di Emilie Autumn
- +___+
- Non sono nemmeno riuscita a infilarci una slinguazzata e a usarla per la Crittycombola... .___. sigh
Disclaimer: MIOOOH *mwahahah*
Aurora cammina a passo spedito, con le braccia strette al petto nel tentativo di riscaldarsi un po’. Non che sia semplicissimo, con solo una maglietta a maniche lunghe, ma di stoffa leggera, e un paio di jeans, nel bel mezzo di una serata di Dicembre. Il freddo, però, è l’ultima cosa di cui dovrebbe curarsi: capire come tornare a casa, invece, sarebbe un ottimo modo di cominciare ad usare il cervello, cosa che si è dimenticata di fare nell’ultima ora. Non c’è nessuno, per il viale, e sta ricominciando a nevicare. Sente le lacrime premere per uscire.
«Aurora?» si blocca improvvisamente, voltandosi verso il suono della voce che l’ha chiamata. Nel giardino di una villetta, pieno di neve come tutte le altre, c’è Celio che la guarda stupito. Celio lo conosce dalle elementari, è il suo migliore amico e confidente; la fa sentire stupida il fatto di aver dimenticato che lui abiti nello stesso quartiere di Emanuele-Testa-Di-Cazzo.
«Aurora, che diavolo stai facendo?» domanda, aprendo il cancelletto e venendole incontro. A quel punto il labbro di Aurora comincia a tremare.
«Emanuele. Mi ha lasciato!»
«Oh.» alza gli occhi al cielo e le posa una mano calda sul braccio. «E questo cosa c’entra con il fatto che stai girando senza cappotto, con addosso una maglia leggera, in pieno inverno?»
«Mi sono arrabbiata! Sono uscita fuori di casa sbattendo la porta, ma mi sono dimenticata il maglione e il giubbotto dentro, perché lì c’era l’aria condizionata e non ce la facevo a stare con il maglione e…» singhiozza: «Ho freddo…»
Celio scoppia a ridere. È una di quelle sue risate cristalline che molte sue amiche hanno definito “da stupro”, come se una risata possa generare istinti sessuali, ma obbiettivamente Aurora capisce cosa intendono. Celio è stupendo.
«Sì, beh, era ovvio Miss Furbizia.»
«Tu sei con una maglietta a mezze maniche! E poi cosa ci facevi in giardino con questo tempo? Non mi pare che tu sia molto più furbo di me.» replica, infastidita. Ma il ragazzo alza le spalle: «Sì, ma io non ho freddo. E stavo solo controllando le piante.»
Aurora si stringe ancora di più con le braccia: «Ce l’hai il cellulare? Devo chiamare casa. Sono venuta con l’autobus.»
La mano che Celio non ha mai spostato dal suo braccio comincia ad accarezzarla, e questo le dà un conforto non da poco, per qualche ragione. Il ragazzo si guarda un attimo intorno, e poi: «Entra in casa, dai.»
Lei spalanca gli occhi. Conosce Celio dalle elementari ed è il suo amico più caro, ma le volte che è stata invitata a passare qualche tempo in casa sua le si possono contare sulle dita di una mano. Quando è capitato era tutto… gelido, ogni azione e parola, come se stesse succedendo qualcosa di assurdo e incredibile, da lasciare i familiari di Celio senza parole adatte. La madre e il padre del ragazzo erano sempre a disagio in sua presenza, anche se cercavano di mascherarlo, per non dire nervosi. Non l’avevano mai trattata male né sembravano considerarsi superiori, solo… c’era qualcosa. Ecco tutto. Qualcosa.
Celio non attende nemmeno la sua risposta, le afferra la mano e si avvia dentro il giardino.
Un altro aspetto curioso della casa di Celio è l’arredamento. Aurora ne ha un vago ricordo e pensava di aver lavorato un po’ con la fantasia, da piccola, ma effettivamente sembra che lei abbia ragione. Benché i mobili dai colori chiari siano comuni, soprammobili e quadri - come la maggior parte degli oggetti presenti - la lasciano perplessa. Ci sono statuine di legno raffiguranti donne paffute che paiono provenire dal neolitico, o con in mano qualche arma e pronte all’attacco ma dall’espressione serena, strani contenitori trasparenti con dentro polverine di vario colore, e questo solo all’ingresso. Il profumo di incenso, poi, così forte. Lavanda, forse?
«Siediti in sala, ti preparo una cioccolata calda e chiamo i tuoi, ok?»
Aurora annuisce.
Le passa una coperta e il telecomando prima di rifugiarsi in cucina; la cosa sorprendente è che per ogni sua azione Aurora non riesce a smettere di fissarlo.
Dieci minuti dopo le cose hanno preso una piega diversa: i genitori di Aurora hanno detto che non possono venirla a recuperare - la madre fa il turno di notte e il padre è fuori città per lavoro. E ovviamente Aurora ha lasciato le chiavi a casa, quando la madre era già uscita. Uh, mondo, ti supplico, regala a me il Nobel per l’Idiozia. Me lo merito, vedi che me lo merito? Aveva pensato, con l’umore che da incazzato-depresso stava scivolando verso il depresso-depresso
«Possiamo ospitarti noi. Insomma…» fa Celio, stringendosi nelle spalle ed evitando di guardarla in faccia: «Devo solo spiegarlo ai miei. Loro… oh, sono sicuro che capiranno.»
Aurora guarda la tazza di cioccolata: «Mi dispiace.»
«Cosa? No, figurati, è colpa no-» si zittisce, le accarezza la guancia: «È solo una notte.»
La ragazza tossisce.
«Ehi, sei calda.»
«Sì, beh, grazie per il complimento. Sto gelando.» eppure si rende conto che la temperatura in casa non è per niente bassa. Celio sembra pensare un po’ a qualcosa, poi le afferra una mano da sotto le coperte e si avvicina, fino a toccare la fronte con la sua. Ecco, Aurora sa benissimo che a questo punto dovrebbe ribellarsi in qualche modo - anche solo dicendogli “Che fai?” - ma, imbarazzo a parte, quel contatto fisico non le spiace. Non le spiace mai il contatto fisico, quando si tratta di Celio.
«Chiudi gli occhi.»
E lei obbedisce. Ma quello che riceve non è un bacio, e se ne rende conto immediatamente.
Dalla mano che Celio sta stringendo inizia a propagarsi un forte calore che le pare entrare nel sangue, spargersi per tutto il corpo, e le porta una sorta di sollievo e calma. Quando riapre gli occhi - Celio si è allontanato lentamente - Aurora si rende conto di sentirsi benissimo, che non le importa più di Emanuele-Testa-Di-Cazzo e che sta meglio anche fisicamente. Se stava per prendersi un febbrone, ora certamente è guarita.
«Ma cosa mi hai fatto?» gli domanda, e a quel punto Celio le lascia la mano e scivola un po’ più in là sul divano, spostando lo sguardo sulla televisione.
«Sì, beh, sai. Non credo di potertelo spiegare in italiano. Non ci sono le parole adatte, non esistono neppure… comunque non preoccuparti. Dimenticherai tutto.»
Aurora resta immobile per qualche istante, mentre nella sua mente tutto conquista una chiarezza assurda. È come se avesse vissuto sempre in un baco di nebbia che solo ora ha deciso di diradarsi.
«Ma io ti amo.» afferma, ed è sinceramente sconvolta.
«Uh, ecco, sì.» il ragazzo si gratta la testa.
«Io… io ho lasciato Emanuele perché mi ha detto che dovevo smettere di vederti. Gli ho gridato contro e gli ho dato del maschilista… e lui aveva ragione?!»
Finalmente Celio torna a guardarla, ed è evidente, nei suoi occhi, una certa dose di dolore: «Non si può. Tra di noi, non si può.»
«Perché?»
«Perché… perché se non funzionasse te la farebbero pagare, Aurora. La farebbero pagare a te.»
Il rumore della serratura fa scattare Celio in piedi, appena i suoi genitori entrano.
«Oh, ciao cara.» la saluta la mamma, mentre il padre si limita ad un cenno con la mano. Stringono delle buste di plastica.
«Ciao!» li saluta di rimando il figlio, avvicinandosi. Poi la donna gli bisbiglia qualcosa ed è palese la preoccupazione sul suo volto, al che Celio risponde stringendosi nelle spalle. L’uomo posa le borse e mette una mano sulla spalla del ragazzo, per guardare la moglie e dire qualcosa. Lei fa un lungo sospiro e si avvia in cucina.
«Mi dispiace per il disturbo…»
«Oh, povera cara.» la madre di Celio le posa una mano sulla fronte per controllare la temperatura: «Non è certo colpa tua! È solo…» fa un vago gesto con le mani. «Sai…» dice, ma non continua.
Si è offerta di aiutare a sistemare la spesa, anche se risulta un po’ difficile non sapendo bene dove mettere la roba. Almeno fa compagnia alla signora, che pare apprezzare il gesto e parla tranquillamente di cose frivole.
«Vedi, oggi c’è una festa di famiglia piuttosto importante. Tra poco cominceranno ad arrivare i parenti, e quindi siamo tutti un po’ nervosi. Per questo ci comportiamo in modo strano, è una famiglia un po’ così, la nostra.»
«A me non dispiace.»
La donna le regala un sorriso sincero e Aurora non può fare a meno di sentirsi sollevata.
Rallenta quando sente le voci. Clelia l’ha mandata a chiamare il marito per farsi aiutare, e il ragazzo sta parlando con il padre, a quanto pare.
«Non deve…» bisbiglia l’uomo, ma Aurora non capisce cosa si stiano dicendo d’altro: «È pericoloso.»
«Lo so!»
Ancora sussurri e quando arriva di fronte alla porta semi-aperta bussa.
«Permesso?»
I due uomini si voltano verso di lei.
«Sua moglie mi ha mandata a chiamarla.»
«Oh. Bene. D’accordo. Grazie, Aurora.» si allontana velocemente e chiude la porta, uscendo.
«Quanto sono nei guai?»
«Non sei nei guai.»
«I tuoi genitori non vedono l’ora di sbattermi fuori di casa.»
«No, ma che dici, è solo…»
«La festa.»
«Esatto. La festa.»
Celio, come suo padre, è più alto rispetto alla media, ha degli occhi azzurri e i capelli rossicci, lisci. È sempre in forma per colpa degli allenamenti di calcio - sì, per colpa, non dovrebbe essere così bello un migliore-amico - e tutto questo ben di Dio ce l’ha avuto sotto gli occhi per anni e anni. Il suo prendersi cura di lei, il fatto che ci fosse sempre, la capacità di dire la cosa giusta al momento giusto…
Si lascia scappare un gemito di dolore: «Ma si può sapere come ho fatto a…»
«Aurora, no.» le afferra le mani ed è evidente che, fosse per lui, non si limiterebbe a quello. L’ha sempre guardata in quel modo?
«È molto pericoloso, è molto stupido, e stiamo per passare la notte più lunga dell’anno con i miei parenti. È una cosa molto nociva. Dobbiamo risparmiare tutte le energie.»
«Beh, intanto che aspettiamo potresti spiegarmi due cose o tre, no?»
Il rosso scuote la testa.
«Oh, insomma! Se non ti amassi vorrei vederti morto!»
La sorella di Celio le presta un vestito. «Dovrebbe andar bene…» borbotta. Le avrà rivolto sì e no due parole in tutta la sua vita, e nemmeno questa volta fa un’eccezione, anche se muore dalla voglia di sapere che diavolo sta succedendo e chi siano loro.
Ma con Eleonora le cose non sono mai andate molto bene - diciamo che non andavano e basta. Diciamo che non si sono mai rivolte la parola, anche perché, con quei vestiti da metallara un po' la spaventava. Il fatto che le abbia prestato un abito azzurro pallido, privo di teschi e di schizzi di sangue la lascia perplessa.
«Ma è una festa di gala o una riunione tra parenti?»
«A saperlo, ragazza mia, mi sarei evitata un sacco di crisi isteriche.» replica, per poi invitarla ad uscire dalla sua camera.
Celio la tiene per mano mentre scendono giù per le scale dove un vociferare avvisa che gli altri parenti sono finalmente giunti a destinazione. La lascia, però, appena rischiano di farsi vedere dagli altri.
Sono arrivate più famiglie e stanno tutti salutando i padroni di casa che sembrano non solo a loro agio, ma addirittura contenti. Eleonora è di fianco ai genitori, saluta con calore e affetto chiunque le capiti davanti, e sembra davvero sincera e felice... nonostante l'abito nero con tanto di finti schizzi di sangue e il trucco pesante.
«E questa chi è?»
Aurora si volta con tutte le intenzioni di replicare in modo poco gentile, però rimane spiazzata nel ritrovarsi davanti Bianca Ceolipro.
«Ma lei è la figlia degli illusionisti!»
«Una mia amica, Bianca... una compagna di scuola.»
«Tu conosci Bianca Ceolipro e non mi hai detto niente?!»
«Sono sua cugina, in realtà. Mia madre e suo padre sono fratelli. Gli Adamas. I famosi Adamas.»
Aurora passa lo sguardo da Bianca a Celio senza capire.
«Per favore.» sibila il ragazzo: «Non è divertente.»
«Per te forse.» ghigna lei: «Oh, sono stata giovane anch'io, ti capisco... ma non è il caso. Se vuoi continuare, però, sappi che avrai tutto il mio appoggio.»
«Non di certo perché mi vuoi bene.»
«No di certo! Semmai perché aiutare chi infrange le Leggi è un mio preciso dovere morale.»
«Bianca, sparisci!»
La ragazza alza le spalle senza smettere di sorridere e si allontana.
«Celio... di cosa stavate parlando?»
«Del motivo per cui non dovrei essere innamorato di te, Aurora.» sospira lui.
Il silenzio regna sovrano nella tavolata a cui lei è stata assegnata - ovvero l'over 18 - i cugini di Celio la fissano senza nemmeno curarsi di fingere il contrario.
«Allora... tu sei Aurora.» a parlare è Alice Adamas, seduta di fianco al fratello gemello. E' strano essere fissata da due paia di occhi identici.
«Uhm, sì.»
«...»
«Buono il polpettone, vero?» chiede Celio, facendo più rumore possibile con le forchette.
«Una meraviglia.» replica qualcuno, ma a parte Celio nessuno ha toccato cibo.
Non è neanche mezza notte che Aurora sta cercando un posto dove nascondersi o magari auto-seppellirsi viva.
«Aurora...»
«Oh, senti! Non ne posso più! Quando se ne vanno, quelli?» domanda quasi ringhiando, sul balcone. Celio ovviamente l'ha seguita per accertarsi che stia bene, questo perché Celio è perfetto.
«Staranno qui tutta la notte. E' questo il, come dire, tema della festa. Stare svegli.»
«Per fare che?»
Lui si limita a stringersi nelle spalle, ed effettivamente Aurora non si aspettava nient'altro che quella risposta.
Sono le due di notte e ora la maggior parte dei presenti è semi-ubriaca, compresi i cugini di Celio. È riuscita a mostrarsi per un po' adorabile e gentile, e questo ha avuto i suoi frutti: hanno smesso di trattarla come un'appestata e di parlare di cose ai limiti dell'assurdo, cominciando a considerarla e ad apprezzare la sua presenza - o almeno a non esserne orripilati.
«Sei brava a rigirarti le persone, mh?» le domanda Bianca, divertita, e chissà dove Aurora trova la forza di ignorarla. Forse dagli occhi di Celio che la seguono costantemente in ogni sua mossa, come a volerla difendere.
Alle cinque del mattino ovviamente non ce n'è uno che abbia voglia di cominciare liti o discorsi seri; dentro i loro abiti eleganti la maggior parte di loro è seduta in modo scomposto ma comodo da qualche parte. Nessuno che si sia addormentato, però, e Aurora non vuole certo essere da meno. In una stanza ascoltano la radio, in un’altra trascinano discussioni vuote che però tengono il cervello attivo, nell'altra la televisione intrattiene. Per lei però sarebbe soporifera, quindi prova ad ascoltare con attenzione tutto quello che stanno dicendo le persone, replicando di tanto in tanto. Poi Celio la raggiunge e si siede al suo fianco, il che la fa sentire ancora più sicura.
«È ora!» urla qualcuno, e alle sette e mezza la gente comincia a stiracchiarsi i muscoli ed uscire nel giardino.
«Vieni.» le bisbiglia Celio all'orecchio, trascinandola per i corridoi.
Dal tetto della casa si vede il sole sorgere, e per quanto possa sembrare assurdo Aurora pensa che quella è l'alba più bella che il pianeta Terra abbia mai visto.
Si appoggia con la testa sulla spalla di Celio, senza provare freddo - lui glielo impedisce.
«Sarebbe stupido, capisci. Finirei con l'usare i miei poteri su di te, con il privarti del libero arbitrio.»
«Tu non lo faresti mai.»
«Non sono perfetto, Aurora.»
«Ci conosciamo da quando avevamo sei anni. So tutto di te. O almeno lo pensavo.» sbadiglia: «Dio, conosco persino la marca delle tue mutande e non riuscivo a capire che sei uno stregone!» ride, e, miracolosamente, anche Celio ride.
«Non è colpa tua, non ti avremo permesso di capirlo.»
«Però lo sapevo di amarti...» mormora: «L'ho sempre saputo, altrimenti non avrei mandato a puttane ogni mia storia.»
«Sì.» annuisce Celio.
«Che si fa, Celio?»
«Un bel sonno?»
«Oh, sì, mi piace. Bella idea.» afferma la ragazza, gli occhi già chiusi.
La mattina si tengono per mano mentre attraversano il giardino, nonostante le occhiate preoccupate dei signori Adamas e di Eleonora.
Per tutto il tragitto in macchina non fanno altro che guardarsi negli occhi, e Aurora spera che il viaggio non finisca mai.
Il suo desiderio non viene realizzato: la macchina si ferma e devono scendere. L'accompagna fino alla porta.
«La cosa peggiore sarà vederti tutti i giorni, temo.»
Celio le prende il viso tra le mani e: «No. Non lo sarà.»
«Arr... arrivo.» la madre di Aurora è appena tornata da una nottata di lavoro e benché si fosse ripromessa di aspettare la figlia in piedi proprio non ce l'ha fatta. Per miracolo riesce a raggiungere l'entrata.
«Ciao, tesoro.» le dice, accarezzandole i capelli.
«Ciao...» farfuglia lei, la testa bassa.
«Ehi, cos'è successo?» domanda, guardandola entrare.
«Quel... Emanuele! Mi ha mollata!»
La donna la guarda incuriosita: «Oh. Beh, ma almeno ti sei trovata bene da Celio?»
Aurora alza le sopracciglia: «Da chi?»
«Ma come da chi... da... uh...» si passa una mano tra i capelli: «Non lo so, tesoro, sono molto stanca. Ho bisogno di riposare.»
«Lo so.» e le bacia la guancia.
Si era ripromesso tante cose. Con una magia così ben riuscita e su un così gran numero di persone, poi - roba che hanno dovuto scomodare i più forti componenti delle famiglie - non poteva certo permettersi degli errori per una mera questione di sensibilità, no?
Si era ripromesso di non guardarla, di non parlare, di cambiare strada quando la intravedeva. Ma alla fine dei giochi si ritrova sempre a lanciarle un'occhiata - giusto per controllare che stia bene, che sia ancora in sé, che non si manifesti chissà quale controindicazione a causa della magia.
Si trascinano in questo modo i mesi, gli anni, e solo quando la scuola finisce sente che lei è davvero fuori pericolo. Sarebbe stato più facile se non fosse stato così straziante vederla ogni giorno, e ogni giorno dover far finta di niente. Ma ora sarà facile, pensa. Adesso che le loro strade sono divise tutto andrà per il verso giusto.
Celio ha ventotto anni, una relazione assolutamente instabile che gli sta esplodendo tra le mani, un lavoro che non gli piace e dei doveri familiari che lo rendono un mezzo schiavo.
Sta passando il periodo peggiore della sua vita e quel bicchiere di whisky, davanti al suo naso, promette di essere solo il primo della serata, e certamente non l'ultimo. Se lo rigira tra le dita quando, al suo fianco, si siede una ragazza che ha addosso un profumo buonissimo, alla lavanda.
Lei, appena sente il suo sguardo su di sé, si volta e ricambia l'occhiata.
«Ehi, ciao!» lo saluta Aurora, per poi lasciar scorrere qualche secondo, mentre Celio si domanda se stia sognando o meno: «...ma lo sai che hai un aspetto familiare? Ci siamo già visti?»
E Celio sorride.