Titolo: Mors omnia solvit
Fandom: RPF (storiche)
Beta:
cialy_girlPersonaggi: Cleopatra (nominati: Cesare, Marco Antonio, i figli di Cleopatra e gli Dei Anubi, Plutone, Neith e Iside).
Rating: PG14
Parole: 694 (W)
Prompt: Cleopatra - veleno @
Settimana Nera IINote: Per leggere questa fanfic bisogna conoscere gli avvenimenti principali (basta un giro su wiki, tranquilli XD). È ambientata tra il 48 a.c. e il 30 a.c., quando i nostri vanno a rompere le balle in Egitto (i soliti impiccioni xD).
- Solo Linda poteva portarmi a scrivere di RPF storico. Solo. Lei. Quindi è sua y_y
- Il titolo latinoso significa “la morte dissolve tutto” *O*
- Il bello di questa fic è che la parola veleno non appare MAI. Ma boh. Non so nemmeno io come ho interpretato il prompt X°D velo pietoso, sì?
- L’altra cosa bella di questa fic è Anubi, ma lì non è assolutamente colpa mia.
- Lo so. Questa non è Cleopatra. Ci ho provato X°D
Disclaimer: x°D Cleopatra e co. Appartenevano solo ed esclusivamente a loro stessi, io non voglio insultarmi ma solo ricoprirli d’ammmmore profondo. Non cerco nemmeno vagamente di dare una reale riproduzione dei fatti (figuriamoci!) né tantomeno di guadagnarci sopra.
Cleopatra era certa che Anubi fosse il Dio che vegliava sulla sua famiglia. I Re passati amavano parlare di Ra e di Dei splendenti e vittoriosi, ma se c’era un Dio che mai li aveva abbandonati era quello della morte.
La convinzione si intensificò quando Tolomeo XII morì - o forse un po’ prima, forse da quando le sue sorelle maggiori furono strappate alla vita, con la sensazione pressante che a commettere qualche errore avrebbe potuto essere la terza regina mancata -, e non riuscì mai a liberarsene. Poteva quasi sentire il lieve respiro di Anubi sul collo, a volte.
La furiosa battaglia che si scatenò contro le sue sorelle e suo fratello non portò a nulla di buono, se non l’intrusione di quello sciocco Impero Romano, che desiderava solo mantenere il predominio assoluto sull’Oriente.
(ma bisognava tenerseli buoni, gli stupidi occidentali. Se proprio Anubi bramava qualche altra anima di Re o Regina, certamente non gli avrebbe reso facile il compito di prendersi la propria)
(quindi lasciò che Apollodoro stringesse maggiormente il dannato tappeto, chiedendosi a che punto fosse disposta ad arrivare)
I cambiamenti la lasciavano spiazzata. Era felice di avere qualcosa in mano, pur rendendosi conto che si trattava soltanto di polvere: Anubi era un Dio molto paziente, poteva aspettare. Lo riusciva quasi vedere, con quella testa da sciacallo nero, appollaiato sul suo trono, sprezzante.
Ma cosa importava? Ora aveva l’alleanza di Cesare e un matrimonio con il fratello - il regno ai suoi piedi.
Poi tornò la guerra a confondere ogni cosa. E Anubi si prese tutte le vite che desiderava, di egizi e romani - non aveva mai fatto distinzione di sorta, nonostante la sua predilezione per giovani regine - arrivando a sfiorare addirittura Cesare.
Era il suo modo di riderle in faccia.
E la paura andava intensificandosi, anche nascondendo agli altri quella sciocchezza; se decise di trasferirsi a Roma fu per tentare di allontanarsi da Anubi, almeno un poco. E infatti visse bene, distante dall’Egitto.
Perché semplicemente il Dio dei Romani, Plutone, non poteva avvicinarsi così tanto a lei.
In compenso si prese Cesare.
(Doveva esserci stata una sorta di alleanza, nell’Oltretomba, con Plutone e Anubi a scambiarsi anime e favori, oltre ai sorrisi complici)
Si scrollò di dosso le idee che aveva su Roma, sull'Egitto, sul mondo; senza fratello e senza amante si sentiva potente: poteva regnare e custodire la sua terra - ora era un suo diritto che nessuno le avrebbe tolto, nessuno ne era più in grado.
Marco Antonio era solo un'assicurazione sulla vita e una distrazione piacevole. Trovò ironico, in futuro, che fosse lui il sacerdote di Anubi-Plutone, mandato a trascinarla nella tomba.
I figli non le regalarono l’immortalità, di questo ne era consapevole, non cambiò atteggiamento con i nemici o con gli uomini diventando più docile, ma guardava ai propri bambini con occhi diversi. Era contenta che ci fossero.
(Si chiedeva solo per quanto tempo sarebbe riuscita a tenere Anubi lontano da loro e quanto, esattamente, avrebbe dovuto avvicinarlo a sé).
Quando le cose presero una piega particolare, le persone cominciarono a confrontarla con la Dea Iside. Cleopatra aveva sempre ammirato Neith e preso lei ad esempio, Dea forte e coraggiosa; non amava l’idea di dover raccogliere parti di cadavere per riuscire a ricomporre qualcosa che aveva amato - voleva che fosse tutto intatto, prezioso e bello.
(Ma era un paragone azzeccato. Era da una vita che cercava pezzi del proprio corpo per creare qualcosa di sensato, dopo aver passato quella precedente a farsi a pezzi.)
Anubi vinse, ovviamente. Era una battaglia persa in partenza. Ma perlomeno la sua sarebbe stata una morte dignitosa, una morte pulita nel candore delle sue stanze, senza sangue o lacrime.
Osservava attentamente gli schiavi, cercando di scegliere il modo meno traumatico e doloroso di andare incontro al Dio - era una mezza vittoria, comunque: non più lui a strapparla dalla vita, ma lei a liberarsene, come uno straccio troppo usato.
Alla fine riuscì a decidersi, la vipera scivolò sul suo corpo dolcemente, come una carezza.
(Nell’esatto istante in cui venne morsa, guardando nell'angolo della stanza, ebbe come l'impressione che, per la prima volta, Anubi le sorridesse dolcemente)