Titolo: Un Grido Lontano
Fandom: Dc Comics
Autrice:
namidayumeBeta:
cialy_girlAVVISI: SPOILER A TUTTO ANDARE SULLA SERIE "TITANS" DI WINICK NON ANCORA USCITA IN ITALY.
Prompt:
20. understanding (
dcu_freeforall)
Personaggi: Raven (Jacob, Jesse, Jared)
Genere: Introspettivo
Parole: 783 (W)
Disclaimer: Raven e la sua demoniaca famiglia non mi appartiengono, i Titani non mi appartengono, è tutto della DC Comics che ne detiene i diritti. Nulla di ciò è scritto a scopo di lucro, si tratta di puro e semplice divertimento (L).
Anche la canzone citata non mi appartiene, e il titolo l'ho rubato alla canzone stessa. Ringrazio con tutto il mio curicino malvagio
cialy_girl che è tanto buona e lovvosa da sopportare i mie orrori ç_ç
Note: Una piccola, minuscola cosina sul rapporto di Raven con i suoi demoniaci fratellini, sul perchè ha abbandonato (di nuovo) i Titans, e su quanto siano AWWWW i figli di Trigon. Le due frasi in grassetto sono parole dette proprio dai tre fratelli J. *W*
Ho paura che il mio volto sia
Solo un ricordo
Per chi mi conosceva
Un indizio rilevante
Di ciò che si deve perdere
Un grido lontano, Griffin Silver
Non era per i poteri, per l’empatia o che altro. Il fatto di essere differente dagli esseri umani era sempre stato ben chiaro, per lei. Anche se le avessero tolto tutti i poteri, non avrebbe potuto far a meno di sentirsi distante dall’umanità. Non migliore, ma distante, differente. E andava bene così, aveva accettato la cosa con la rassegnazione di chi si sente l’ultimo rimasto della propria razza. Andando avanti questo sentimento era persino passato in secondo piano, per poi svanire nei ricordi d’infanzia, o almeno così credeva. Sperava.
Quando loro erano entrati nella sua vita, il senso di appartenenza l’aveva completamente investita. Voleva bene a tutti i Titani.
Ma quelli, quelli, erano i suoi fratelli, erano suoi simili, erano i figli di Trigon, erano come lei.
Precisamente come lei.
Un regalo da nostro padre
Doveva essere stato quell’utilizzo del termine nostro. O forse il senso di colpa. O ancora, normale amore fraterno. Non lo sapeva. Semplicemente le loro parole, le loro azioni, il loro esistere, avevano cominciato a farla sentire meno sola.
Raven non si era mai resa conto di provare un senso di solitudine così profondo e forte fino ad allora. Aveva i Titani, la sua famiglia, aveva Azarath, sua madre. Era riuscita a creare il mondo perfetto che desiderava - il mondo senza Trigon - e la sua vita non poteva andare meglio. Ovviamente incontrare i suoi fratellastri l’aveva sconvolta, era logico, giusto, umano. Ma c’era qualcosa di assolutamente sbagliato - demoniaco - in quello che aveva iniziato a provare per loro. In quello che loro avevano cominciato a risvegliare in lei. Qualcosa stava cambiando sotto la sua pelle, lo percepiva chiaramente, tanto da avere paura. Era sempre stata spaventata da se stessa, da quello che avrebbe potuto fare, ma era anche sempre stata consapevole dei suoi stati d’animo e delle sue azioni.
Ora… ora c’era qualcosa di diverso. Non era consapevole di un bel niente.
Qualcosa stava cambiando, ma cosa? In meglio o in peggio?
E perché, dannazione, perché?
Era l’unica domanda con una risposta. Per loro.
Non aveva mai osato pensare a quale potesse essere la sua vita senza Azarath. Senza i monaci che la proteggevano, senza qualcuno che le insegnasse la differenza tra giusto e sbagliato, senza che nessuno le indicasse la strada da prendere.
Senza che nessuno la mettesse in guardia da Trigon.
Loro avevano vissuto così.
Adesso lo stava facendo. Cominciava a chiedersi se quel che realmente lei voleva era anche quello che i monaci le avevano insegnato a volere - ad essere. Cominciava a chiedersi se realmente era quel demone innocuo che i monaci si erano sforzati di renderla. Cominciava a chiedersi se realmente voleva stare dalla parte dei buoni.
Non si era mai chiesta “Cosa desidero”, prima di allora.
Tutte le cose belle che aveva fatto - sconfiggere Trigon, salvare il mondo - le sembravano avessero motivazioni assolutamente crudeli, demoniache - vendetta. Superbia. Rabbia - avevano perso valore, ai suoi occhi. Era tutto sbagliato.
Era sbagliata lei,
da sempre.
Siamo qui perché tu ci hai chiamato.
Quella cosa era esplosa durante il discorso con Beast Boy. Durante il suo continuo aggrapparsi a quello che Raven aveva dimostrato di essere nel corso degli anni, ma che forse non era. Di sicuro non era più la ragazza arrivata da un’altra dimensione per salvare il mondo. Si sentiva incredibilmente diversa, spaventata e confusa, terribilmente sola. Si sentiva malvagia.
Il continuo pensare di uccidere i suoi amici non era qualcosa di giusto, e non erano pensieri che altri le stavano mandando. Era qualcosa di suo. Voleva distruggerli perché non avevano mai dubitato di lei, perché le erano sempre rimasti accanto nei momenti difficili, senza chiedersi se fosse davvero Raven, quella. Voleva ucciderli per eliminare tutte le menzogne dalla sua vita. Voleva ucciderli perché le sembrava divertente.
Ad Azarath l’avevano costretta a diventare buona per il senso di colpa - che non provava, era solo rabbia, la sua, era solo desiderio di vendetta - per ciò che Trigon aveva fatto a sua madre, per quello che avrebbe fatto al mondo intero.
Sulla Terra, i Teen Titans le avevano trasmesso valori di amicizia e famiglia, cercando di avvicinarsi a lei - quante volte li aveva respinti? - per salvarla. Per renderla simile a loro. Umana.
Una parola che cominciava ad odiare.
Solo che lei non era così. Si era semplicemente adeguata al mondo circostante. E quella cosa si era nascosta per anni e anni, fingendo di non esistere.
Ma era lì.
Stava solo aspettando il momento giusto per uscire.
Stava aspettando loro.
Il cambiamento.
Quella cosa dentro di lei che urlava, supplicava, di poter emergere e respirare. Vivere. Davanti a Beast Boy… lui non avrebbe capito, non poteva capire. Perciò, senza rendersene conto, li aveva chiamati.
E loro…
Non l’avevano abbandonata.
[fine]