[Originale] Verde è l'invidia (verde è il dolore)

Jun 11, 2010 20:02

Titolo: Verde è l'invidia (Verde è il dolore)
Fandom: Originale Triste
Beta: cialy_girl
Personaggi: Rosa, Margherita, Leonardo, Paolo.
Rating: Pg16
Parole: 2.272 (W)
Prompt: Verde @ FanWorld
Note: Grazie Lena, grazie per avermi dato il kink delle figlie di papà ricche, furbe e potenti che si innamorano della persona sbagliata, grazie tante ._.
- Continuo ad ambientare fics nei boschi XD li adoro, si nota?
Disclaimer: Non si ispira a fatti realmente accaduti, mi appartiene tutto, se plagiate vi ammazzo atrocemente <3


L’invidia ha un colore specifico. Rosa l’ha trovato in quell’immenso possedimento terriero del padre, nel verde che circondava la casa data ai custodi, e negli occhi della loro figlia.
Aveva sette anni quando si erano trasferiti: la villa si trovava sopra una collina, circondata da un boschetto, mentre più in basso, vicino al cancello, vi erano i custodi.

Fino ad allora Rosa aveva vissuto tra i domestici, raramente invitava degli amichetti - non era brava a legare, e aveva imparato presto a farsi bastare i propri giocattoli -, che erano semplicemente figli di papà, esattamente come lei, costretti a frequentarsi a causa dei genitori.
Sinceramente, non pensava che Margherita fosse poi così diversa. Vestiva sciatta, con pantaloni strappati, aveva sempre qualche ferita nelle gambe o sul viso, e un sorrisone idiota stampato in faccia. Non stava ferma un secondo, sebbene riuscisse a sembrare educata, e Rosa, nei suoi abitini di marca, impeccabile, non aveva nemmeno preso in considerazione l’ipotesi che potessero diventare amiche: un semplice “Ciao.” quando i grandi dovevano parlare, il loro rapporto sarebbe stato tutto lì.

Due giorni dopo se l’era ritrovata sul portone di casa. Aveva il fiatone e gli occhi le luccicavano; non c’erano i suoi genitori, di conseguenza doveva essersi fatta tutta la strada a piedi, e non era esattamente poco.
“Ciao!” l’aveva salutata, con quella voce strillante: “Vieni a giocare con me? Possiamo andare nel bosco!”
Erano ancora sulla soglia dell’entrata per il semplice fatto che Rosa non era certa di volerla fare entrare, lei e la terra attaccata alle sue scarpe. Però se c’era una domanda che si aspettava era “Fammi giocare con i tuoi costosi e bellissimi giocattoli.”, non questa. Sbatté le palpebre. Lanciò uno sguardo spaesato verso suo padre.
“Vai pure, tesoro.” Aveva risposto, intenerito, invece di salvarla e prendere a calci la mocciosa. Ancora prima che potesse dire qualcosa, Margherita aveva afferrato la sua mano e la stava portando in mezzo all’erba.

Rosa era decisamente irritata. Quella mocciosa si stava prendendo un sacco di libertà e la stava trascinando chissà dove per fare chissà cosa per chissà quale motivo da almeno un quarto d’ora.
“Si può sapere dove cavolo stiamo andando?” sbottò ad un certo punto.
Margherita, con un sorriso, indicò un albero poco lontano.
C’era un’altalena.

Era tornata a casa ridendo. Marghe aveva detto qualcosa di stupido, e Rosa si era fermata a salutarla davanti all’entrata. Avrebbe voluto tenere il broncio, farle capire che non era la benvenuta, ma era piuttosto difficile - ci aveva provato, però.
“Ci vediamo domani!” urlò la bambina, scappando, e Rosa si sentì stranamente contenta che lo avesse detto.

Margherita le mostrava ogni giorno quei piccoli dettagli del bosco che Rosa non avrebbe mai trovato da sola, perché, semplicemente, non era interessata. Per quale ragione avrebbe dovuto abbandonare la sua confortevole e meravigliosa villa per un pezzo di terra sporca? Invece, stranamente, riuscì ad apprezzare l’odore degli alberi e il paesaggio circostante.
Marghe, al contrario, non era proprio un animale da abitazione: detestava restare rinchiusa nella stessa stanza per più di un’ora, preferiva gli spazi aperti e l’aria fresca. Erano troppo diverse, e Rosa sapeva che prima o poi Margherita si sarebbe arresa, l’avrebbe lasciata in pace a vivere la sua solitudine: rispondere male e fare la snob funzionava sempre. O almeno questo sperava disperatamente, perché quegli occhi verdi erano davvero belli, e c’era qualcosa di fondamentalmente sbagliato in quel pensiero.

“Sei proprio testarda.”
“E tu sei un’orsa che si veste bene!” la prese in giro.
Avevano undici anni, e ormai Rosa si era arresa completamente alla presenza dell’altra.
La bionda roteò gli occhi e sbuffò, abbracciandosi le gambe. Erano sulla terrazza della villa.
“Non mi piacciono i tuoi amici.” Si giustificò.
“Tanto un giorno riuscirò a farti partecipare ad una mia festa, carina.” Le pizzicò il braccio, e Rosa strillò lanciandole un’occhiataccia.
“Pf… senti, ma posso chiederti una cosa seria?”
“Certo, non ho niente contro i miracoli.”
“Oh, smettila!” la fissò per un po’, e con un tono stranamente grave domandò: “Ma dov’è tua mamma? Non l’ho mai vista e non ne parli mai.”
Non era stupita che Marghe non ne sapesse niente: lo aveva intuito. Il suo modo di guardarla non aveva addosso quella compassione di chi-sa, e anche se ne avessero parlato in casa di certo Margherita non era il tipo da ascoltare le conversazioni serie dei grandi.
“È in un ospedale psichiatrico. Un manicomio.” Soffiò in alto per togliere una ciocca di capelli che le era caduta sul viso. “L’hanno rinchiusa poco prima che ci trasferissimo qui… per lo stress, credo.”
Quando si prese la briga di tornare a guardare negli occhi Margherita - quando riuscì a prendere coraggio per farlo - lo stomaco le si contorse. L’amica aveva un’espressione sconvolta e addolorata, sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
“Ma… ma può guarire, vero?” domandò, e la voce era rotta. “Troveranno una cura? Tornerà da te?”
Per un attimo Rosa si sentì arida. Marghe non c’entrava nulla e sembrava soffrire come se fosse lei quella con la madre al manicomio. Improvvisamente non se la sentì di dire la verità - che non c’era assolutamente la minima speranza che la mamma tornasse a casa, che avevano già buttato via i suoi oggetti -, non voleva essere lei a spegnere quella luce accecante negli occhi di Margherita.
“… certo, sì. È un po’ di stress, come ti dicevo prima… troveranno qualche pillola e tornerà a casa.”
Margherita si lanciò contro di lei e la strinse forte.
“EHI!”
“Tornerà a casa e sarete tutti felici, Rosa, vedrai.”
Rosa si morse il labbro. Marghe era così sciocca a credere che la sua fosse l’unica felicità possibile.
Era proprio quello il suo difetto: non sapeva guardare il mondo con occhi diversi. Altrimenti se ne sarebbe accorta da tempo.

Marghe si buttava in acqua sempre a bomba. E prendeva in giro lei, dicendo che era una troietta snob anche quando doveva entrare nella propria piscina senza che nessuno la vedesse.
“Sei solo gelosa perché io ho stile, stolta proletaria!” scherzò, facendole la linguaccia.
“Seee, arriva la figlia di papino!” le spruzzò dell’acqua addosso. “… a proposito, perché papino ti ha mandato in collegio? Si può sapere che hai fatto di male? Un liceo normale non andava bene?”
“Non ho fatto nulla di male, sciocca, si tratta di ricevere un’istruzione migliore, adatta al mio futuro ruolo.”
“Mio dio! Ma che discorso è?!”
“Un giorno erediterò l’azienda di mio padre e-“
“E che te ne fai! Puoi vivere tranquillamente di rendita e lasciare che tuo padre smolli l’azienda a un povero cristo che ha sgobbato per anni e che se la merita!”
Rosa rise: “Ma che fai, mi diventi comunista?”
All’improvviso, con un paio di bracciate, Margherita era davanti a lei, a pochi centimetri dal suo corpo. Posò con noncuranza la mano sul suo petto, ghignando. I capelli a caschetto bagnati erano tutti all’indietro, e lasciavano libero il viso. Rosa si ammutolì e trattenne il fiato. Erano talmente vicine che avrebbe potuto baciarla.
Poi sentì la sua mano afferrare la spallina del costume, tirandola. Capì immediatamente, e il sangue cominciò a scendere dal cervello.
“… non azzardarti.”
“E se mi azzardo?”
“Sei morta.”
La mollò all’improvviso.
Rosa, ovviamente, urlò di dolore e iniziò l’ennesima battaglia di spruzzi.
“Basta così, ragazze.”
Rosa si voltò stupita. Dovevano aver fatto un sacco di chiasso, perché fu il padre di Rosa ad arrivare di persona a bordo piscina, e lui era solito delegare questo genere di cose ai domestici.
“Devi prepararti, Rosa, tra mezz’ora partiamo.”
“Sì…”
Uscì dalla piscina seguita a ruota da Margherita, che salutò educatamente l’uomo. Paolo sorrise in risposta, e si allontanò.
Si voltò a guardare l’amica e trovò irritante il costume che indossava: lasciava poco all’immaginazione. Si rendeva conto che non era un problema suo, prima le piaceva, e tanto, per lo stesso motivo.
“La prossima volta che entri nella mia piscina dovresti essere più appropriata, Marghe.”
La ragazza, che non aveva distolto lo sguardo da dove Paolo era sparito, si voltò, visibilmente stupita: “Eh?”
Rosa si sentì ribollire: “Niente.” Afferrò in malo modo un asciugamano e tornò in casa.

I ragazzi erano noiosi. La maggior parte di loro si limitava ad annuire e guardarle le tette, o a sputare sentenze da un immaginario e delirante altare - da dove avevano una buona visuale delle sue tette. Nessuno che la facesse sentire allegra, o anche solo a suo agio: noia. Era solo noia.
Il suo quinto fidanzato smorzò un attimo la routine. Lui non l’annoiava, lui la spaventava.
Leonardo aveva gli occhi nocciola e sembrava in grado di poter afferrare tutto di una persona con un solo sguardo, così, quando la vide per la prima volta insieme a Margherita, Rosa si rese conto che lui aveva capito. In generale cercava di tenerlo lontano dalla casa, benché suo padre di tanto in tanto lo invitasse a qualche cena. Era ovvio che tra i tanti, Leonardo, con la famiglia che si ritrovava, era decisamente il tanto agognato futuro genero.
Questo, nonostante fosse evidente che a Leonardo di Rosa non importasse nulla.

L’estate in cui rimase con loro fu tragica. Avevano sedici anni e, per una volta, Marghe era riuscita a convincerla a partecipare alla sua festa di compleanno. Leonardo si comportava bene: nascondeva il menefreghismo dietro una facciata di educazione e divertimento. Piaceva, alle persone.
“C’è qualcuno che mi interessa.” Sussurrò all’improvviso Margherita. Rosa dovette controllarsi per non stritolare il bicchiere di plastica che aveva in mano.
“Beh, era ora. Come si chiama? Quanti anni ha?” alzò gli occhi: “Te lo sei già scopata?”
Il viso di Margherita divenne immediatamente rosso come un pomodoro, mentre Rosa impallidiva.
“L’hai fatto!” sibilò, stupita, più a se stessa che alla ragazza. “N-nel senso…” cercò di controllarsi: “Hai perso la verginità prima di me! È assurdo.” Fissava per terra per tentare di distogliere i pensieri, di essere razionale e fredda, finché non notò le lacrime che cadevano sull’erba.
Margherita stava piangendo silenziosamente.
“Che ti prende adesso? G-guarda che fa niente…” le toccò un braccio e si sentì strana - non era mai lei a scherzare, non era mai lei a fare il primo passo, non era mai lei a consolare, non era mai lei a essere quella forte. Margherita, però, cominciò a singhiozzare, e appoggiò la fronte sulla sua spalla. Per fortuna nessuno le aveva ancora notate.
“Marghe, che diavolo succede? Ti ha fatto qualcosa?!” chiese, mentre il panico l’assaliva.
“M-mi dispiace…”
“Di cosa?”
Si allontanò di poco, per guardarla negli occhi. C’era qualcosa di strano e nuovo, in quel verde, come se fosse macchiato dal senso di colpa o dal peccato.
“Giurami… giurami che ci sarai sempre. Che non mi reputerai un mostro… che quando la gente dirà malignità, tu sarai lì.”
Il cuore di Rosa stava perdendo dei battiti perché da troppo tempo aspettava parole simili, ma già in passato aveva fatto l’errore di interpretare male le parole della ragazza, e sapeva di dover dosare le risposte.
“Certo, sciocca.” Sorrise, scostandole una ciocca di capelli.

Ad un certo punto i segni sul suo corpo cominciarono ad essere evidenti. Margherita provava a nasconderli, aveva addirittura smesso di usare il costume, ma alcuni erano semplicemente troppo in vista. Tornare dalle vacanze estive e ritrovarsela così era orribile, Rosa assorbiva da Marghe tutta l’energia vitale che le serviva per affrontare quei nove mesi senza di lei: non riuscire ad essere il centro della sua attenzione, ora, la distruggeva.
Però non osava mai esternare. Pensava che fosse molto meglio dividerla con qualcuno piuttosto che rischiare di perderla per sempre.

Lasciò che passassero gli anni senza mai ribellarsi alla situazione, sopportando il silenzio che Margherita aveva deciso di porre sulla questione - perché non aveva più nemmeno accennato alla cosa.

Fin’ora.

È raggelata. Sente il ghiaccio nelle vene e sul viso, come se fosse diventata seduta stante di… nulla. Vuota. Margherita parla ma lei non riesce ad ascoltarla seriamente. La donna - ormai sono entrambe donne - si agita sempre di più, nel non ottenere una sua risposta. Le afferra una mano.
“L-lo so che può sembrare strano, ma ci amiamo davvero, Rosa. Io… saremo felici. Davvero.”
Rosa non pronuncia una parola. Fa un passo indietro e si allontana.

Leonardo capisce sempre tutto, e glielo ha detto in tempo. Questo non le impedisce di sentirsi stordita e ferita.
Probabilmente, a quest’ora Marghe e Paolo si sono già sposati, probabilmente le ha scelto l’abito da sposa più bello e costoso che c’era. Probabilmente la sua assenza non ha pesato minimamente.
Peserà quando usciranno dalla chiesa e ci saranno i creditori, a pretendere pagamenti dei debiti. Distruggere l’azienda dall’interno in modo di favorire quella di Leonardo - quella del suo futuro… sposo - è stato anche fin troppo semplice. Adesso persino quella villa, immersa nel verde, è sua.
Non dubita che Margherita resterà accanto a Paolo, forse deciderà di tenere anche il figlio che porta in grembo.
Passeggia sul terrazzo, fissando il panorama.
“Cosa ne facciamo di questo posto?” domanda il braccio destro di Leonardo, Oscar, sistemandosi gli occhiali.
“Lo bruciamo.”
“… vuoi bruciarlo?”
Leonardo la fissa senza fiatare, può sentire il suo sguardo sulla schiena.
“Voglio distruggere ogni centimetro di verde. Costruisci qualcosa di grande e imponente… qualcosa di grigio, o di nero… qualunque colore, ma non il verde.”
“Ehm. Scusa, non sei molto chiara.”
“Pretendere chiarezza da una donna col cuore spezzato è da pazzi.” Affermò Leonardo.
“Non sei un po’ superbo a parlare in questo modo? Come se tu avessi un cuore.”
L’uomo alzò le spalle, accennando ad un sorriso, mentre Oscar sospirava.
“Mi arrendo. Vedrò di togliere il verde da questo posto.”
“Grazie.” Disse Rosa, prima di avvicinarsi a Leonardo e andare via, mentre il vento soffiava forte.

fandom: originale, originale: triste

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