Title: Arcana
Rating: NC-17
Pairing: Sergio Ramos/Fernando Torres - Daniel Agger/Martin Skrtel
Warnings: alternative universe, slash
Disclaimer: This is a work of complete fiction.
Summary: Arcana. A story of love, magic, blood and tears.
Era oramai mattino quando si ritrovarono nella bolla.
Mentre attendevano Blue e gli ultimi ritardatari, gli uomini e le donne della compagnia si guardavano intorno incuriositi e pieni di meraviglia.
Si erano smaterializzati nelle grotte diretti verso un posto ignoto, nei loro pensieri probabilmente angusto e soffocante, invece si erano ritrovati sulla spiaggia di una meravigliosa, enorme, isola bagnata da un mare cristallino.
La lunga spiaggia di fine sabbia rosa era un incanto, ma la cosa davvero incredibile era la foresta che avevano di fronte: lussureggiante, rigogliosa, viva. Artemide vibrò quando si mise in contatto con la natura di quel posto: sentiva gli animali correre, gli uccelli cantare, il vento suonare la sua melodia tra i rami degli alberi.
Blue non aveva lasciato niente al caso, quella non era una bolla: era una fetta di Olimpo, dove sarebbe stato possibile vivere per sempre senza sentire la mancanza di nulla: animali da cacciare, pesci da pescare, frutta sugli alberi, acqua pura, mare, sole e, visibile dalla spiaggia su un’altura poco distante, un Reggia.
Blue apparve e con lui Ares, Daniel, Re Brendan e Helda.
Ares andò subito a parlare con Haxa, Blue raggiunse gli altri, mentre Daniel cercò Martin ma non fece a tempo a dire nulla, perché Helda lanciò un urlò e scattò verso Martin
“bambinoooooooooomiooooooooooooooooo”
Martin, che aveva temuto la reazione di Helda nel vedere la sua trasformazione, le andò incontro e quando la donna si lanciò tra le sue braccia, lui la sollevò da terra felice facendole fare un giro tondo
“mamička”
la donna gorgogliava ridendo felice
“oh bambino mio come sei diventato forte”
quando la mise giù, lei gli rimase attaccata abbracciandolo con forza
“sei bellissimo bambino mio, bellissimo”
“non ti faccio paura mamička?”
la donna si scostò con lo sguardo severo e l’inseparabile cuffia bianca che portava in testa tutta storta
“perché mai dovresti farmi paura?”
lui allargò le braccia e la guardò come per dire
“bhè dai, non è che sia normale che io sembri il gigante delle Skarp Kant tutto tatuato”
ma la donna sistemandosi la cuffia gli sorrise orgogliosa
“sei solo diventato quello che avresti dovuto sempre essere”
“scusatemi”
una voce li interruppe e quando si voltarono Haxa era accanto a loro che guardava Helda con curiosità. Appena Helda la vide si inginocchiò nella sabbia
“mia Signora Haxa che onore incontrarvi”
la Dea si avvicinò alla donna e la fece alzare
“io ti conosco”
“si mia Signora, io sono Helda, la sorella di Samia”
gli occhi di Haxa si sgranarono e le labbra le tremarono leggermente
“Samia … tu … tu sei la sorella della balia di Martin?”
Helda annuì
“si mia Signora”
“mi dispiace per tua sorella. Mi dispiace tanto”
sembrava davvero addolorata e Helda si commosse
“grazie mia Signora, lei vi era così fedele e vi amava davvero tanto”
“lo so. Quindi tu sei la donna che ha allevato mio figlio?”
Helda osò avvicinarsi a lei un po’ di più, la guardava con venerazione e affetto
“si mia Signora. Quando mia sorella è fuggita con il vostro bambino, sapeva di non avere scampo, allora è andata da mia madre, le ha affidato Martin e poi è fuggita per attirare su di sé i cani infernali” la voce di Helda tremò a quei ricordi dolorosi “Ha chiesto a mia madre di portarmi il bambino, e mi ha fatto giurare che non avrei mai rivelato ne a lui, ne a nessun altro, la sua identità fino a quando Voi mia Signora, non foste venuta a riprenderlo. E così ho fatto. L’ho amato come se fosse mio figlio, l’ho cresciuto come meglio ho potuto, l’ho tenuto al sicuro e ho atteso che voi arrivaste”
Haxa fu così rapida nell’abbracciarla, che Helda si lasciò sfuggire un gridolino, prima di paura e poi di sorpresa, un “AAAAHHH - OOOHHH” che fece sorridere Haxa, ma qualcuno accanto a loro non aveva nessuna voglia di sorridere
“Tu sapevi che lei era mia madre???”
la voce di Martin fece sobbalzare Helda, che si allontanò di colpo da Haxa e vedendo il volto scuro di Martin, si strinse le mani dispiaciuta
“mi dispiace bambino mio, non potevo dirtelo, non potevo, l’ho giurato, era per il tuo bene”
Martin era confuso e arrabbiato
“mi hai mentito mamička? Per tutti questi anni mi hai mentito?”
“NO!” gridò la donna “non ti ho mai mentito, ti ho solo protetto. Lo sai quanto ti ho amato, lo sai”
Helda cominciò a piangere, Daniel si avvicinò a Martin e gli posò una mano su un braccio
“Martin, pensi davvero che Helda avrebbe fatto qualcosa per farti del male? Probabilmente tenere quel segreto ha fatto più male a lei che a te”
Martin guardò ancora la donna che lo aveva allevato, e ricordò ogni cosa che lei aveva fatto per lui, ricordò l’amore con cui lo aveva cresciuto e la rabbia svanì subito, ci era già passato con Daniel e aveva imparato la lezione, un piccolo sorriso spuntò sulle sue labbra
“no, la mia mamička non mi farebbe mai del male”
si fece avanti e abbracciò Helda che scoppiò a piangere ancora più forte
“perdonami mamička, non piangere”
“se avessi potuto ti avrei detto la verità da subito, te lo giuro bambino mio”
“lo so. Mi devi perdonare, ma sono successe così tante cose in questo viaggio, che a volte la verità mi confonde invece di aiutarmi a capire”
“avrei tanto voluto essere con te quando lo hai scoperto per aiutarti bambino mio”
“mi basta che tu sia qua ora”
mentre lo diceva guardò Haxa, la Dea annuì e gli sorrise, non era dispiaciuta per quel legame che univa suo figlio ad Helda, si vedeva, e Martin gliene fu immensamente grato.
Blue si avvicinò
“scusate l’interruzione, ma Apollo ha bisogno di un posto dove poter continuare a curare Misa, potrete continuare a parlare alla Reggia”
Helda sgranò gli occhi
“Apollo? Il Dio del sole?”
Martin rise sciogliendo l’abbraccio
“si mamička, Apollo il dio del sole, e quello che era con voi a Dromi era Ares, il dio della guerra e poi qui c’è anche Artemide ….”
mentre Martin continuava a parlare, si incamminarono lungo la spiaggia seguendo gli altri, e quando Fernando portò loro Lys, ad Helda per poco non venne un colpo dalla gioia scoprendo che era la bambina di Martin e Daniel.
Dietro di loro intanto Re Brendan, che ne Martin, ne Haxa, avevano degnato di uno sguardo, ascoltava e rimuginava.
Lungo il sentiero verso il castello poterono ammirare la bellezza dell’isola e una volta giunti, Blue, dopo aver mostrato ad Apollo dove erano le camere da letto, fece vedere al resto della compagnia la dimora che aveva creato
Era una Reggia di una bellezza squisita, Blue si era ispirato alle case elfiche nel crearla: un grande salone li accolse appena oltre il portone d’ingresso e la prima cosa che notarono tutti, fu il profumo che impregnava l’aria: era l’aroma di diversi tipi di legno e resine mischiato al profumo di fiori. Un aroma fresco e rilassante. Il salone dove si trovavano aveva una porta a destra che conduceva ad un altro salone, una porta a sinistra che conduceva alla sala da pranzo, uno scalone centrale che portava al piano superiore dove c’erano le camere da letto e due porte sul fondo che si aprivano su due lunghi corridoi.
Lungo il corridoio di sinistra si accedeva alle cucine, collegate con la sala da pranzo, dal corridoio di destra invece si accedeva alla sala da ballo, a fare da divisorio tra i due corridoi c’era la biblioteca, attraversandola si poteva passare da un corridoio all’altro senza bisogno di tornare al salone principale, entrambe i corridoi sfociavano su un giardino sul retro, che era di una bellezza da togliere il fiato, ai lati del quale c’erano gli ingressi delle due torri posteriori della Reggia.
Per ultime, Blue mostrò loro le camere da letto al piano superiore, invitando ognuno a scegliere la sistemazione che preferiva.
Erano tutti stanchi e scombussolati, quindi scelsero le loro stanze e si ritirano per riposare.
◊◊◊●◊◊◊
Apollo appoggiò finalmente Misa sul letto e sospirò, il suo piccolo prescelto dormiva ancora, ma tutto quella storia della bolla e della Reggia, aveva ritardato la sua guarigione.
Con delicatezza gli sfilò la tunica bianca che gli aveva messo quando avevano dovuto lasciare l’Olimpo, poi si spogliò anche lui e si sdraiò al suo fianco sul letto. Il pallore della pelle di Misa gli faceva stringere lo stomaco e i lividi sul suo corpo lo facevano infuriare, dovette fare uno sforzo immane per tenere a freno la rabbia e concentrarsi, respirando profondamente ritrovò la calma, poi appoggiò una mano sul petto di Misa e chiudendo gli occhi, lasciò che il suo potere fluisse dentro il prescelto.
Apollo non aveva poteri di guarigione e infatti non stava guarendo Misa, stava facendo molto di più: stava condividendo la sua divinità con lui.
Un Dio che condivide il suo potere, lo fa sapendo che si sta unendo inscindibilmente ad un'altra persona. Non è un semplice dono: è una fusione.
E Apollo aveva capito di voler fare parte di Misa più di ogni altra cosa al mondo.
Lo aveva capito alla Rocca, quando aveva creduto di averlo perso, in quei momenti terribili Misa era divenuto il centro del suo mondo, l’unico per cui valesse la pena combattere e l’unico che volesse davvero difendere.
La vera simbiosi tra Apollo e Misa si era creata li, mentre Misa urlava per il dolore e Apollo agonizzava con lui, mentre Misa chiamava il suo nome e Apollo impazziva perché non poteva aiutarlo. Il dio del sole aveva fatto un giuramento: se fossero sopravvissuti, nessuno li avrebbe più separati ed era esattamente quello che stava facendo ora: stava rendendo lui e Misa inseparabili.
D’ora in poi lui e Misa avrebbero sentito le emozioni dell’altro, provato il dolore dell’altro, avrebbero avuto la forza dell’altro, avrebbero condiviso l’immortalità e se fosse accaduto, anche la morte. Ma soprattutto, avrebbero condiviso l’amore: un amore unico.
Misa si sarebbe rigenerato e le ferite sarebbero sparite, avrebbe avuto in dono anche i poteri di Apollo, in frazione ridotta certo, ma li avrebbe avuti, e Apollo non vedeva l’ora di insegnare al suo gattino come usarli, perché era certo che si sarebbe divertito un sacco.
Era il suo dono d’amore al suo Prescelto, l’unico che potesse veramente chiamarsi così.
Al pensiero dell’eternità insieme a Misa, Apollo sorrise e continuò a far fluire il suo potere, attendendo con ansia il momento in cui si sarebbe svegliato.
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“Sei stato magnifico alla Rocca Nando” Sergio gli strappò la casacca e lo baciò lasciandolo senza fiato “ho visto il fuoco che bruciava nei tuoi occhi quando hai infilato la spada nella schiena di Ade”
gli slacciò i calzoni muovendo le mani freneticamente “se non fossi stato già innamorato di te, mi sarei innamorato sicuramente in quel momento”
Fernando non riusciva a rispondere, perché Sergio lo stava facendo impazzire e lui non desiderava altro che farsi scopare selvaggiamente
“Sese …”
miagolò cercando di strusciarsi contro di lui in cerca di più attrito mentre la bocca di Sergio lo divorava, aveva la pelle che bruciava, il cuore che gli galoppava con la forza di un uragano, voleva disperatamente essere preso e Sergio ringhiò perché lo sapeva.
C’era qualcosa di animalesco nella brama che avevano uno dell’altro, un bisogno impossibile da ignorare, le loro anime si chiamavano, gridavano la voglia di fondersi, di marchiarsi, di possedersi.
I vestiti volarono via, strappati con una brutalità da fare quasi male, ma era un dolore così dolce, che non faceva altro che aumentare il bisogno di averne ancora, sempre di più.
Avevano rischiato di morire quella notte e lo sapevano, ora avevano bisogno di sapere che erano vivi, ancora insieme.
La stanza sembrava aver preso fuoco insieme a loro, Sergio si staccò dalla bocca di Fernando solo per prenderlo per i capelli e girarlo, non c’era spazio per la tenerezza, non in quel momento, Fernando lo sapeva e tremava per l’attesa di quello che stava per accadere, sentì una pressione dietro le ginocchia e si ritrovò carponi sul pavimento, Sergio subito dietro di lui che lo obbligò ad allargare le gambe e ci si infilò in mezzo con forza, schiacciando l’erezione contro le sue natiche senza mai lasciare la presa sui suoi capelli.
Frenando inarcò la schiena con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa mentre Sergio affondava i denti nella carne della sua spalla e il dolore lo fece quasi venire
“Seseee”
un richiamo, una richiesta alla quale Sergio rispose lubrificandosi due dita con la saliva e spingendole nella sua apertura.
Fernando gridò, sgroppò mentre Sergio lo scopava con le dita, in fondo, sempre più velocemente, lo preparava e lo scopava allo stesso tempo, Fernando si spingeva contro la sua mano chiedendo molto di più mentre Sergio lo mordeva, lo baciava, lo faceva implorare e alla fine le dita sparirono e Fernando finalmente ebbe quello che voleva.
Con un ruggito Sergio entrò dentro di lui e a Fernando si mozzò il fiato in gola, strozzando un grido che non riuscì ad uscire, poi le dita di Sergio affondarono nella carne dei suoi fianchi e strinsero mentre cominciava a scoparlo come non aveva mai fatto.
Selvaggio, crudele, divino.
Il sudore che li ricopriva era un olio che faceva scivolare i loro corpi con ancora più foga, Sergio si chinò sulla sua schiena e morsicò Fernando sulla nuca, come un leone che tiene ferma la sua leonessa mentre la domina, ed era esattamente questo che Fernando voleva, sentirsi suo
“ti amo” gridò “ti amo Sese”
e Sergio spinse ancora con più forza, martellandolo fino a scopargli l’anima e Fernando godeva, gemeva e godeva senza ritegno, dominato dall’uomo che amava più di ogni altra cosa, più di se stesso e lo faceva sapendo che anche Sergio lo amava allo stesso modo.
Sergio sentiva Nando sciogliersi sotto di lui, creta nelle sue mani della quale poteva fare quello che voleva e non aveva più niente da chiedere alla vita, perché quello era tutto quello di cui aveva bisogno.
Sentì l’orgasmo arrivare, il formicolio alla base della spina dorsale si intensificò
“Nando …”
ringhiò e Fernando, come rispondendo ad un comando buttò la testa indietro, inarcandosi ed esplodendo senza che lui lo toccasse, il suo calore aumentò, Sergio sentì la propria erezione avvolta da una morsa infuocata e spingendosi con ancora più forza venne dentro di lui ruggendo.
Crollarono uno sopra l’altro sul pavimento e stravolti, cedettero al sonno senza nemmeno rendersene conto.
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Natanian salì sul tetto della torre di destra e Akry atterrò poco dopo
“va tutto bene amico mio?”
gli chiese l’elfo accarezzando il collo del drago
“si, la magia di Blue è forte ma non mi infastidisce. Tu sembri stanco Natanian”
“un po’, stavo per andare a riposare ma volevo sapere come stavi”
il drago gli diede una piccola spinta affettuosa con il muso
“sto bene. Vai dal tuo compagno”
Natanian sorrise
“Calad sta già dormendo, è crollato sul letto come un sasso”
“e dovresti già dormire anche tu, è stata una notte faticosa e meritate tutti un po’ di riposo”
l’elfo sbadigliò
“si credo che ascolterò il tuo consiglio”
accarezzò ancora una volta il drago e poi se ne andò, lasciando anche lui al suo meritato riposo.
Quando entrò nella camera che avevano scelto, fece il meno rumore possibile per non svegliare Calad, si spogliò e lentamente si infilò sotto le coperte con lui.
Appena gli fu vicino Calad si spostò e appoggiò la testa sul suo petto
“Akry sta bene?”
la sua voce impastata dal sonno fece sorridere Natanian che gli baciò la testa
“si sta bene”
“ottimo”
rispose Calad, poi il suo respiro si fece subito regolare, segno che si era già riaddormentato, stringendolo a se Natanian sospirò felice e dopo poco si addormentò anche lui.
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Ares gattonò sul letto e quando fu accanto ad Elettra appoggiò la testa al suo pancione
“mi siete mancate”
disse dolcemente ed Elettra sorrise infilandogli una mano nei capelli facendogli una carezza
“anche tu ci sei mancato papà. Eravamo preoccupate per te e Fernando”
Ares le accarezzò la pancia
“mi dispiace. Tutto questo non vi fa bene”
Elettra rise
“Ares, sono più forte di così, lo sai”
“si lo so, ma non avrei mai voluto farvi trovare in questa situazione”
Elettra lo accarezzò ancora
“la colpa è di Kronos e Ade, non tua”
il suo tono serio e deciso fece sollevare gli occhi ad Ares che la guardò pieno di adorazione
“ti amo mia Regina lo sai?”
lei gli sorrise
“si lo so e anche io ti amo”
Ares si arrampicò fino a lei e la baciò dolcemente attento a non schiacciarla, poi la prese tra le braccia e Elettra si sistemò contro di lui
“ha combattuto bene Fernando?”
Ares rise
“bene? lui e Sergio ci hanno salvati tutti. Sapevi che tuo figlio sa smaterializzarsi?”
Elettra alzò gli occhi verso di lui sorpresa
“davvero? No, non lo sapevo”
Ares annuì pieno di orgoglio
“è stato magnifico. Nessuno sapeva che fosse in grado di farlo, lui e Sergio hanno mantenuto il segreto e questo ci ha salvati perché Kronos li ha sottovalutati lasciandoli liberi. Invece loro lo hanno fregato”
rise di gusto poi si fermò di colpo
“dovranno darmi delle spiegazioni quei due! Non si tengono segreti con me!”
fu Elettra a ridere questa volta
“ma se hai appena detto che quel segreto vi ha salvati”
Ares si imbronciò
“si bhè ma almeno a me potevano dirlo …”
Elettra scosse la testa
“dormi brontolone che io e tua figlia abbiamo sonno”
Ares si imbronciò ancora di più
“speriamo che almeno lei assomigli a me, tre contro uno non vale”
“non sperarci”
sussurrò Elettra e Ares sorrise perché in realtà preferiva mille volte che la sua bambina somigliasse alla sua dolce amata Regina.
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“Mi dispiace”
Dae si fermò sulla porta del bagno ancora gocciolante, era appena uscito dalla vasca, si stava asciugando i capelli e si bloccò così, con l’asciugamano in testa, Blue era seduto sul bordo del letto e fissava il pavimento
“ti dispiace per cosa Blue?”
“per averti costretto a seguirmi qui”
Dae si tolse l’asciugamano dalla testa e nudo, si incamminò verso di lui, quando gli fu di fronte si inginocchiò ai suoi piedi e con due dita lo obbligò a sollevare il mento e a guardarlo negli occhi
“tu non mi hai obbligato a fare niente amore. Io ti seguirei ovunque, anche tra le fiamme dell’Ade se fosse necessario”
le labbra di Blue si strinsero fino a divenire una linea rugosa e pallida e una lacrima scivolò sulla sua guancia, Dae si avvicinò di più e la asciugò con un dito
“non piangere”
“come posso non piangere se invece di darti tutto quello che vuoi, ti costringo a nasconderti per sempre in questo posto?”
Dae gli appoggiò una mano sulla nuca e lo tirò verso di se, inizialmente Blue fece un po’ di resistenza ma poi si lasciò andare e appoggiò la fronte alla sua spalla, Dae gli baciò la testa
“cosa vuoi che mi importi dove staremo? A me basta che tu sia con me Blue. Ho rischiato di impazzire quando te ne sei andato, e non voglio più vivere senza di te. Questo posto è meraviglioso perché ci sei tu, anche la Rocca sarebbe stata meravigliosa con te al mio fianco”
Blue lo abbracciò schiacciando la faccia contro la sua pelle
“davvero?”
“si amore mio, davvero”
“mi amerai per sempre Dae?”
“si”
“e sarai soltanto mio?”
“solo tuo amore mio”
rimasero abbracciati per un po’ così, poi Dae si allontanò e cominciò a spogliarlo.
Il divino lo lasciò fare, poi si lasciò portare a letto e si rannicchiò fra le braccia del suo amato Dae, il loro futuro era incerto e buio, ma se fossero riusciti a restare insieme, allora tutti i sacrifici avrebbero avuto un senso.
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In piedi di fronte alla finestra aperta, Martin guardò Daniel e Lys dormire nel grande letto a baldacchino della loro stanza e gli mancò l’aria, si voltò e prese a respirare a grandi boccate nel tentativo di riempirsi i polmoni.
Un velo di sudore gli imperlò il labbro superiore, si appoggiò al bordo della finestra e lo strinse con forza, fino a farsi sbiancare le nocche, una morsa gelida gli stringeva lo stomaco e il cuore accellerò fino a salirgli in gola.
“respira Martin, respira e passerà subito”
se lo ripeteva per aiutarsi e dopo un po’ funzionò.
Cominciò a calmarsi e riuscì a staccare una mano per asciugarsi il sudore dal labbro, il cuore cominciò a rallentare, la sua mente smise di vorticare furiosamente, l’attacco di panico se ne stava andando e lui chiuse gli occhi respirando profondamente un ultima volta.
La paura l’aveva trovato e ora sembrava non volerlo lasciare andare più.
Dopo quello che era successo alla Rocca, ogni volta che guardava Lys e Daniel, la paura lo assaliva e lo schiacciava, il rischio che avevano corso di perdersi per sempre era stato così grande, che lo aveva segnato indelebilmente. Non era stato in grado di proteggere Daniel, e Kronos si era quasi preso anche Lys. Chiuso in quella rete si era sentito inerme e debole, incapace di difendere la sua famiglia, completamente in balia di quei due Dei folli e crudeli.
E ora era dovuto fuggire, invece di infierire su di loro con tutta la sua furia, si era dovuto nascondere e il suo orgoglio era stato ferito a morte.
La rabbia prese il posto della paura, ma era una rabbia inutile, perché non poteva essere diretta contro Kronos o Ade e questo lo fece sentire ancora più male di come già stava.
Un braccio sbucò dall’oscurità e si avvolse intorno alla sua vita, un corpo caldo si appoggiò alla sua schiena nuda
“ti stai allontanando ancora da me”
il fiato caldo di Daniel sulla pelle lo fece rabbrividire, chiuse ancora gli occhi e non rispose, Daniel lo strinse un po’ più forte, come per paura che fuggisse davvero
“non tagliarmi fuori, parla con me”
“io …”
probabilmente lo avrebbe fatto, se fosse stato capace di tradurre in parole i pensieri, avrebbe detto tutto quello che provava a Daniel, ma non sapeva come fare e tacque. Ci fu un lungo silenzio e Martin pensò che Daniel avrebbe frainteso, che si sarebbe allontanato, invece Daniel gli diede un bacio dolce sulla spalla
“la paura è difficile da descrivere a parole”
Martin si irrigidì leggermente e Daniel lo baciò ancora
“insieme amore, la paura la possiamo sconfiggere solo insieme. Io mi prendo cura di te e tu ti prendi cura di me. Me lo hai detto tu Martin, è la lezione che ho dovuto imparare per non perderti. Non sei solo amore”
baciò ancora la sua schiena, una, dieci, cento volte e continuò a ripetergli la stessa cosa
“non sei solo”.
Martin sentì il peso che aveva sul cuore alleggerirsi, Daniel era riuscito a dire le uniche parole che lui aveva bisogno di sentire, tremando leggermente gli accarezzò il braccio che teneva intorno alla sua vita e arrivò fino alla sua mano, intrecciò le dita alle sue e quando Daniel lo ripetè ancora una volta, la paura scivolò via.
Martin si voltò attento a non sciogliere l’abbraccio di Daniel e quando si trovò faccia a faccia con lui lo baciò. Un bacio appassionato, dove trasmise tutto l’amore che aveva dentro all’uomo che amava, Daniel aveva davvero capito di cosa lui aveva bisogno e glielo aveva dimostrato. Si baciarono a lungo, stretti uno all’altro, innamorati più che mai e ora, anche sicuri di essersi lasciati alle spalle tutti gli ostacoli che li avevano separati in passato.
◊◊◊●◊◊◊
Nella Reggia era sceso il silenzio.
Tutti riposavano tranquillamente mentre il sole splendeva alto illuminando l’isola incantata.
Tutti tranne Helda.
In piedi, davanti all’ingresso della Reggia, si guardava intorno mentre la sua mente assimilava gli avvenimenti delle ultime ore e tutte le notizie di cui era venuta a conoscenza.
La scoperta di quello che Re Brendan aveva fatto, era stata la cosa che l’aveva sconvolta di più, aveva lavorato al servizio di quell’uomo per 20 anni, e non lo avrebbe mai fatto capace di un atto così vile e spregevole. Daniel era stato troppo buono con lui, se fosse stato per lei gli avrebbe strappato il cuore, non certo portato al sicuro, ma non dipendeva da lei, quindi doveva accettare la decisione di Daniel e appoggiarlo.
Ma una cosa era certa, ora avrebbe tenuto gli occhi ben aperti e non avrebbe più permesso a quell’uomo di fare del male ai suoi bambini.
Lei li aveva allevati, lei li aveva amati e cresciuti come una madre, e lui non doveva osare mai più toccarli in nessun modo.
Sistemandosi la cuffia prese un gran respiro: era ora di tornare a prendersi cura dei suoi bambini, e tanto che c’era avrebbe pensato anche a tutti gli altri.
Si voltò verso il portone d’ingresso della Reggia, il suo sguardo deciso e il suo sorriso dicevano tutto: Helda era pronta per prendersi cura dell’Esercito dell’Oracolo.
Entrò dentro e per prima cosa ispezionò la Reggia da cima a fondo, non ci fu stanza, anfratto o torrione dove non entrò. Poi passò alle cucine: accese i fuochi dei forni e poi andò ad ispezionare la dispensa. Il cibo non mancava di certo e cominciò a portare in cucina frutta, verdura, carne e tutti gli ingredienti che le occorrevano per dare vita alla sua magia culinaria.
Ben presto la Reggia si riempì dei profumi del pane caldo che cuoceva e dei dolci che aveva sfornato. Mentre le sue pietanze cuocevano lentamente sul fuoco, lei andò in cerca di spezie.
Le trovò nel giardino sul retro e le colse portandole in cucina, poi tornò e colse dei fiori che mise nella sala da pranzo, in onore delle donne che dormivano nelle stanze di sopra.
Un tocco femminile tra tutti quei guerrieri muscolosi non faceva certo male.
Pulì, riordinò, organizzò, preparò. In poche ore la Reggia fu in suo potere e lei ne divenne la Regina.
Quando tutto fu pronto e sistemato come lei voleva, andò in biblioteca e dopo aver scelto un libro che le poteva piacere, si sedette su una poltrona e attese che la grande famiglia si svegliasse.
◊◊◊●◊◊◊
Misa aprì gli occhi lentamente.
La luce che entrava dalle finestre gli mostrò una camera che lui non conosceva, si guardò intorno confuso
“ti sei svegliato finalmente”
si voltò e vide Apollo accanto a lui che, girato su un fianco, gli accarezzava dolcemente i capelli
“Febo …”
Apollo gli sorrise
“buongiorno gattino”
Misa sbattè le palpebre, la sua memoria era lacunosa e offuscata, non riusciva a rammentare niente
“Dove siamo? cosa è successo?”
Apollo gli accarezzò dolcemente una guancia
“siamo in un posto sicuro, non ti ricordi niente di quello che è successo alla Rocca?”
sentendo nominare la Rocca, una porta nella mente di Misa si spalancò e quando i ricordi affiorarono tutti insieme, lui cominciò a tremare
“Kronos … Ade …”
Apollo lo abbracciò e Misa si rannicchiò contro di lui terrorizzato
“stai tranquillo, non ci sono più. Sei al sicuro adesso”
“mi hanno fatto male, tanto male Febo”
il dio del sole lo strinse più forte
“lo so amore, ma non te ne faranno mai più. Te lo giuro”
sentire Misa tremare a quel modo straziava Apollo, ma allo stesso tempo, averlo di nuovo tra le sue braccia sano e salvo, gli riempiva il cuore di gioia.
Misa si rannicchiò ancora di più contro di lui spingendo forte come se volesse entrargli nel petto, Apollo lo accarezzò e lo cullò fino a quando non sentì che si rilassava, la paura stava scivolando via, strusciò il mento sulla sua testa e Misa sospirò solleticandogli la pelle con il suo fiato caldo
“va tutto bene amore”
sussurrò e Misa sollevò gli occhi per guardarlo, quando i loro sguardi si incontrarono accadde qualcosa, il potere che Apollo aveva riversato nel suo piccolo prescelto prese vita e cercò quello del dio del sole, per completare quella fusione che era cominciata ore prima.
Misa si irrigidì sgranando gli occhi mentre la sua pelle si illuminava del colore dell’oro
“Febo … cosa mi succede?”
Apollo gli sorrise dolcemente mentre anche la sua pelle si illuminava
“non avere paura Misa”
Misa cominciò a sudare e ad ansimare
“sento caldo Febo, tanto caldo, perché?”
“è il mio sole che sta nascendo dentro di te”
il cuore di Misa cominciò a galoppare furiosamente a quelle parole
“cosa … cosa hai fatto Febo?”
ma conosceva già la risposta, perché i Sacerdoti gli avevano insegnato anche quello, Apollo si chinò su di lui
“dimmelo tu Misa, cosa ho fatto?”
Misa cominciò a piangere, questa volta per la gioia
“mi hai donato il tuo cuore”
Apollo gli sorrise
“si amore mio, ti ho donato il mio cuore”
e mentre si chinava a baciare Misa, anche il cuore del Dio del Sole prese a battere velocemente, l’emozione profonda di quel momento coinvolse anche lui, a tal punto, che si lasciò sfuggire un gemito mentre assaporava le labbra del suo piccolo prescelto.
Misa allacciò le braccia intorno al collo di Apollo e affondò le mani nei suoi lunghi capelli biondi mentre il loro bacio diventava rovente come il potere che scorreva nei loro corpi, un bagliore sfolgorante li avvolse completamente, divennero luce e si fusero insieme, poi tornarono carne e quando la luce svanì, lasciò due corpi ma un anima e un cuore solo.
“Febo …”
Apollo vibrò guardando Misa
“dimmi amore”
“i tuoi occhi … sono del colore dell’oro, non sono più verdi”
“anche i tuoi amore”
quello era il marchio della loro unione, il segno di ciò che ora erano diventati, ora tutti avrebbero visto e saputo che loro erano una cosa sola, legati per l’eternità.
Misa dovette riprendere fiato prima di riuscire a parlare, e anche allora, la sua voce risultò solo un sussurro
“sei mio ora?”
“si”
“e io sono tuo?”
“si”
fu Misa a baciarlo questa volta e Apollo gemette ancora nella sua bocca, sentiva tutte le emozioni che attraversavano Misa e sapeva che, anche Misa, ora poteva sentire le sue.
Una simbiosi totale, un desiderio e un amore reciproco sconfinati e indissolubili, che con il tempo avrebbero imparato a conoscere.
Rimasero accoccolati a letto a sussurrarsi cose che poterono udire soltanto loro fino a quando, un leggero bussare alla porta, non li riportò con i piedi per terra (o almeno lo fece in parte)
“avanti”
disse Apollo con un tono serafico e quando Kyara entrò stava già sorridendo
“chiedo scusa, volevo sapere come stava Misa”
Misa alzò la testa e quando l’Oracolo vide i suoi occhi dorati, sorrise ancora più largamente comprendendone il significato
“sta bene ora”
le disse Apollo e Kyara annuì
“oh lo vedo! Ne sono felice, molto felice, per tutto intendo. Se nel caso vi andasse di uscire dal letto” e con un occhiata maliziosa fece avvampare Misa “Helda ha preparato da mangiare per un esercito”
Apollo annuì e Kyara si voltò senza aggiungere altro e se ne andò.
Misa nascose la faccia contro il suo petto
“Febooo, ora tutti penseranno che noi … che abbiamo …”
non riusciva a finire la frase e Apollo lo aiutò
“che abbiamo fatto l’amore?”
Misa annuì furiosamente
“e ti dispiacerebbe così tanto che lo pensassero?”
“no. Cioè si. Io sono il Prescelto Febo. Devo essere puro”
Apollo gli accarezzò i lunghi capelli rosa dolcemente
“lo so e io ti prometto che, fino al giorno in cui non ti reclamerò davanti ai Sacerdoti, tutti penseranno che sei puro”
Misa sollevò la testa un po’ perplesso
“Perché devono solo pensarlo? Io sono puro”
gli occhi di Apollo si infiammarono togliendo il fiato a Misa
“certo amore mio, fino a stanotte lo resterai di sicuro.”
poi si lanciò sulla sua bocca e Misa sprofondò in un mare d’amore e di cuscini.
◊◊◊●◊◊◊
Era pomeriggio inoltrato quando la casa cominciò a riprendere vita.
Facce assonnate vagavano un po’ spaesate per stanze e corridoi che ancora non avevano imparato a conoscere, ma avevano tutti una meta ben precisa: il posto da cui proveniva quell’incredibile profumo di cibo.
Chi prima e chi dopo, riuscirono tutti a trovare la sala da pranzo che lentamente cominciò a riempirsi. I commensali si accomodarono al grande tavolo rettangolare di legno massiccio al centro della stanza e Helda cominciò a portare loro ogni sorta di leccornia che aveva preparato.
I guerrieri, reduci dalle razioni non certo eccezionali del periodo passato nel deserto, si avventarono sul cibo e non alzarono la testa sino a quando il loro stomaco non fu in parte riempito. Più svegli e soddisfatti cominciarono a chiacchierare e finalmente qualcuno si rese conto che non tutti erano scesi a mangiare
“dove sono Apollo e Misa?”
chiese Ares e subito cominciò a serpeggiare la preoccupazione che le ferite del piccolo prescelto fossero peggiorate, quando Sergio si offrì di andare a controllare, Kyara prese la parola
“non è necessario che tu vada a controllare Sergio, Misa sta bene. Apollo ha guarito le sue ferite”
Artemide la guardò stupita
“mio fratello non ha il potere di guarire”
l’Oracolo sorrise
“lo so. Infatti Apollo non ha usato i suoi poteri per guarirlo. Apollo gli ha donato una parte del suo potere e Misa è guarito da solo”
nella sala calò il silenzio più assoluto.
La guardavano tutti: qualcuno confuso, qualcun altro incredulo, lei con tutta la calma del mondo si portò alla bocca una fragola e la morsicò con gusto
“il piccolo Misa ha ottenuto ciò che tanto desiderava. Apollo lo ha scelto come suo compagno per l’eternità”
“mio fratello ha … ha condiviso il suo potere con Misa?”
chiese Artemide con la voce tremolante per lo shock e Kyara annuì
“si, Apollo lo ha reso immortale”
si sollevò un brusio di voci, sopra le quali si udì distintamente quella di Daniel, che era decisamente più confuso di tutti gli altri
“ma come è possibile? Misa è umano, non può diventare immortale”.
Daniel aveva posto la domanda che i più giovani seduti a quel tavolo si stavano ponendo come lui, ma era l’unico veramente interessato alla risposta, perché lui era l’unico umano tra tutti i presenti (fatta eccezione per suo padre, ma lui non contavisto che sta sulle palle a tutti).
Lui era l’unico destinato ad invecchiare e a morire. Si, anche gli elfi non erano immortali, ma vivevano centinaia di anni e avevano la magia che li aiutava a guarire, lui invece no. Lui sarebbe invecchiato presto, sempre che non fosse morto prima in battaglia, lui si sarebbe spento a differenza di tutti gli altri, a differenza di Martin.
Era il suo destino, era inevitabile.
O almeno era quello che si era detto ogni volta che aveva pensato che Martin invece era un Dio, che sarebbe sopravvissuto a lui, che avrebbe continuato a vivere la sua vita senza di lui.
Era un pensiero che lo tormentava, che gli scioglieva le budella come acido, ma lo aveva accettato, era la vita.
Perché per Misa era diverso? Perché Misa si e lui no?
La voce di Haxa lo strappò a quel vortice di pensieri
“Un Dio può donare una parte del suo potere ad un umano Daniel, così facendo lo rende immortale. E’ una cosa che è accaduta così raramente, che le uniche persone che mi ricordo lo abbiano fatto, sono in questa stanza”
e si voltò a guardare Ares ed Elettra.
Il dio della guerra prese per mano la sua regina, le sorrise e lei ricambiò con gli occhi pieni d’amore, Fernando e Sergio li guardarono a bocca aperta e Kyara finì il discorso di Haxa rivolgendosi direttamente a Daniel
“credo però,chequello che Daniel volesse realmente sapere,erase questo dono sia qualcosa che meritano solo pochi eletti, o se anche lui possa magari sperare di ricevere un giorno quel dono da un certo Syn.Giusto Daniel?”
Daniel annuì arrossendo e Kyara gli sorrise
“si Daniel, è un dono che può essere fatto anche a te, perché è un gesto d’amore. Non si tratta solo di donare il potere o l’immortalità, si tratta di condividere anima, mente e cuore con la persona a cui si fa questo dono. Due persone diventano una, per sempre, quindi se un Syn a caso, mettiamo Martin, ti amasse davvero, potrebbe farti questo dono”
Daniel rimase in silenzio, e mentre nella sala il discorso si spostava di nuovo sull’unione di Apollo e Misa, una mano calda si posò sulla sua nuca e con delicatezza, ma anche decisione, lo obbligò a girarsi.
Martin era li che lo guardava, con gli occhi che bruciavano
“sei uno stupido lo sai?”
Daniel sbattè le palpebre confuso e Martin appoggiò la fronte alla sua
“credi che io non abbia pensato al fatto che tu sei mortale? Ogni volta che combattiamo o che facciamo progetti per il futuro ci penso”
Daniel non riuscì a dire niente e Martin strusciò il naso contro il suo
“Non avrai pensato che sarei rimasto a guardarti morire vero? Avrei fatto qualsiasi cosa per impedirlo. Gholem mi aveva già parlato di questa possibilità di donarti il mio potere, aspettavo solo il momento giusto per parlarne con te”
le labbra di Daniel cominciarono a tremare e Martin gli afferrò il viso con le mai
“si, sei uno stupido” gli diede un bacio “proprio stupido” gliene diede un altro “stupido” il terzo bacio li fece vibrare entrambe “io e te vivremo per l’eternità o moriremo insieme”
Daniel deglutì a fatica
“preferisco la prima”
rispose con voce strozzata e Martin scoppiò in una fragorosa risata prima di baciarlo ancora e questa volta con una passione tale da togliergli il fiato.
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Dall’altra parte della sala, in fondo al tavolo, Re Brendan aveva osservato la scena e trattenuto a stento la rabbia: suo figlio che baciava un uomo in pubblico, era una cosa inaccettabile, un abominio. Quella sala era piena di uomini che si accoppiavano fra loro, non si stupiva che fossero a malapena sopravvissuti allo scontro con Kronos e Ade.
Erano tutti effeminati e deboli. Suo figlio compreso.
Strinse con forza l’elsa della spada fino a farsi sbiancare le nocche, lui sapeva di chi era la colpa della debolezza di suo figlio: era di Martin, lui aveva corrotto Daniel, facendolo diventare quello che era ora e meritava di morire per questo.
Ma non ora, Re Brendan aspettava l’occasione giusta, sapeva che sarebbe arrivata e questa volta non avrebbe fallito.
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Gholem ringhiò sottovoce, lo fece così piano che solo Haxa, seduta alla sua destra, lo sentì
“lo so Gholem … lo so”
gli sussurrò la Dea, e il piccolo demone infilò gli artigli nel legno della sedia su cui era seduto
“mia signora sento l’odio di quell’uomo per il Syn, lo vedo, la sua anima è nera. Lasciatemelo uccidere”
Haxa gli sorrise
“non ancora Gholem, ma ti prometto che quando sarà il momento, lascerò un pezzo anche a te”
Gholem ringhiò ancora e Martin, che sedeva alla destra di Haxa sporse la testa
“che succede Gholem?”
il piccolo demone cambiò subito espressione e gli sorrise
“niente mio Syn, perché?”
“mi sembrava di averti sentito ringhiare”
“erano ricordi mio Syn, pensavo alle pozze di pece infuocata dell’Ade e ne sentivo nostalgia”
Martin sollevò un sopracciglio
“nostalgia?”
“si … ripensavo a quando ci immergevo le anime nere degli uomini cattivi e gongolavo da solo”
Haxa si lasciò scappare un risata e Martin la guardò male
“voi due non me la raccontate giusta. State tramando qualcosa”
Haxa e Gholem negarono vigorosamente e questo non fece che aumentare i sospetti di Martin
“vi tengo d’occhio”
li minacciò e Haxa e Gholem gli mostrarono le zanne sorridendo
“anche noi”
gli risposero in coro e questo fu abbastanza inquietante da convincere Martin a voltarsi verso Daniel fingendo di non aver sentito.
◊◊◊●◊◊◊
Il primo giorno nella bolla passò così per la Compagnia, tra esplorazioni, ozio, buon cibo e riposo.
Ne avevano bisogno tutti e nessuno si lamentò.
Quando giunse la notte, tutti si ritirarono nelle loro stanze e il silenzio cadde nella Reggia.
◊◊◊●◊◊◊
Daniel uscì dall’acqua e cominciò ad asciugarsi con calma, Martin era andato ad accompagnare Lys a dare la buonanotte ad Haxa, e lui si stava godendo quel momento di relax in solitudine.
Lys era una bambina meravigliosa, ma era faticoso reggere il suo ritmo e a volte, c’era la necessità di prendersi una pausa dall’energia che quella piccola creatura sprigionava.
Daniel sorrise pensando a Lys, era entrata nelle loro vite all’improvviso, ed era stata una benedizione
“spero che quel sorriso sia per me”
sorpreso Daniel si voltò e trovò Martin che, appoggiato allo stipite della porta, lo guardava sorridendo
“Non ti ho sentito entrare,da quanto sei li?”
“da qualche minuto. Mi piaceva guardarti sguazzare nell’acqua”
“guardone …”
Martin si staccò dalla porta e andò da lui
“bhè è difficile non voler guardare te” gli prese l’asciugamano dalle mani e cominciò ad asciugarlo “sei troppo bello per non volerti guardare”
Daniel arrossì leggermente, era così tanto che non avevano un momento di intimità come quello che un po’ di ansia si annidò nel suo stomaco
“dov’è Lys?”
chiese e Martin gli sorrise mentre si fermava ad accarezzare con la salvietta i suoi addominali “stanotte dorme con Haxa”
il cuore di Daniel accelerò e quando le mani di Martin scesero più in basso e sfiorarono il suo sesso, lui tremò.
Si guardavano negli occhi ed entrambe potevano leggere le emozioni dell’altro, senza veli o menzogne
“ti amo”
disse Martin e Daniel sentì nel profondo del suo cuore che era vero, che quell’amore era sincero, chiuse gli occhi mentre Martin lasciava cadere l’asciugamano e lo baciava.
Senza staccare mai le labbra dalle sue, Martin lo afferrò per le natiche, lo sollevò prendendolo in braccio e lo portò fuori dal bagno fino al letto, dove lo adagiò sdraiandosi su di lui.
Continuò a baciarlo, a divorargli la bocca, mentre le braci della passione che avevano covato nascoste fino a quel momento, riprendevano fuoco, divampando in un incendio indomabile.
Troppo tempo lontani. Troppo.
Martin avrebbe voluto fare le cose con più dolcezza, lentamente, per gustarsi ogni attimo, ma non riusciva a resistere al corpo di Daniel che si contorceva sotto di lui, ai suoi gemiti, al modo in cui strusciava l’erezione contro la sua, ancora imprigionata nei pantaloni. Sentì le zanne allungarsi e ferì un labbro a Daniel, si staccò per non graffiarlo di più, ma Daniel lo afferrò per la nuca e lo tirò giù, in un bacio ancora più vorace del primo.
Era affamato Daniel e lui aveva tutta l’intenzione di sfamarlo fino a farlo scoppiare. Riuscì a staccarsi dalla sua bocca e afferrandolo per una spalla lo girò con forza a pancia sotto, schiacciandolo contro il materasso con il suo corpo
“non sarò gentile”
gli sussurrò all’orecchio mentre si strappava la casacca e si slacciava i calzoni, per tutta risposta Daniel spinse il sedere in fuori.
Martin ringhiò e portò una mano alla bocca di Daniel spingendoci dentro due dita e obbligandolo a leccarle, quando fu soddisfatto le tolse e le portò alla sua apertura, infilò il primo dito, ma non lasciò il tempo a Daniel di abituarsi, e infilò subito il secondo facendolo sibilare per il dolore, ma fu solo un breve momento, perché subito dopo Daniel cominciò a spingersi contro la sua mano ansimando
“dimmi quello che vuoi Daniel”
e Daniel glielo disse
“Voglio te.Dentro di me. Adesso”
Martin tolse le dita e senta troppe cerimonie lo penetrò con forza mozzandogli il fiato
“sono abbastanza dentro di te?”
gli chiese mentre si tirava fuori lentamente, quasi del tutto, e poi sprofondava ancora dentro di lui, più a fondo. Daniel riuscì ad emettere solo dei gemiti, ma allargò di più le gambe e spinse il sedere in fuori, si, era abbastanza dentro di lui, ma ne voleva ancora e Martin fu più che felice di accontentarlo.
Lo scopò selvaggiamente e Daniel si concesse a lui totalmente, “di più” e “più forte” furono le cose che ripetè più spesso e che mandarono Martin oltre i limiti.
Si ritrovarono finalmente, dopo molto tempo furono ancora pelle contro pelle, uno dentro l’altro, i loro respiri tornarono ad essere di nuovo ossigeno uno per l’altro, i loro cuori ripresero a battere allo stesso ritmo. Gli affondi martellanti di Martin li portarono all’apice dell’estasi e quando esplosero, fu come se ogni distanza, ogni rancore, ogni problema che ci fosse stato fra loro, schizzasse via insieme al loro orgasmo.
Martin, con il corpo che tremava per lo sforzo, si appoggiò su Daniel che miagolò facendolo ridere.
Ansimavano troppo per poter parlare, ma in quel momento, sinceramente, non avevano bisogno di dirsi niente; così rimasero in silenzio, abbracciati ad ascoltare il battito dei loro cuori che lentamente tornava normale, e non c’erano parole al mondo che avrebbero mai potuto sostituire quel suono: il suono dell’amore.
◊◊◊●◊◊◊
Nella camera di Apollo e Misa regnava la pace, la brezza che entrava dalla finestra portava con se il profumo del mare e faceva tremolare le fiamme delle candele accese facendo danzare le ombre sui muri.
Erano stati a letto tutto il giorno, sonnecchiando, chiacchierando, ridendo, ma soprattutto imparando a conoscersi.I sentimenti che li univano erano forti, ma avevano bisogno di essere coltivati; Apollo conosceva a malapena Misa, e Misa, anche se aveva passato anni a venerare Apollo e ad essere istruito su ogni cosa lo riguardasse, doveva far combaciare la realtà con le cose che gli avevano insegnato.
I primi momenti, dopo il risveglio di Misa, erano stati carichi di emozione, un po’ confusi anche, poi era subentrata una sorta di placida estasi, che aveva permesso ad entrambi di rilassarsi e vivere quel momento per quello che era: l’inizio della loro vita insieme.
“Febo… le senti le onde che si infrangono sulla spiaggia?”
Misa accompagnò la domanda con una carezza leggera sul petto di Apollo che stava sonnecchiando sdraiato accanto a lui
“si”
“possiamo andare in spiaggia domani? mi manca il mare,quando ero a casa ci passavo ore a nuotare e a sognarti”
Apollo rise
“ahsi? E cosa sognavi?”
Misa ridacchiò arrossendo un po’
“non te lo dirò mai”
Apollo non seppe resistere alla tentazione di torturarlo un po’
“ooh … quindi significa che erano sogni sconci”
Misa lo colpì piano ad un fianco
“io non faccio sogni sconci! I miei erano sogni pieni d’amore”
“e di sesso …”
“no!” fece una pausa “bhè … magari un pochino si”
“un po’ tanto”
Misa, oramai rosso come un peperone, schiacciò la faccia contro il suo fianco
“sognarti era l’unico modo che avevo per sentirti vicino a me, ti desideravo così tanto Febo …”
Apollo lo adorò, amava quella fragilità, quell’ingenuità, quella purezza
“ora non hai più bisogno di sognare, mi puoi avere quando vuoi”
gli sussurrò maliziosamente e Misa,nonostante l’imbarazzo,sollevò la testa per guardarlo; Apollo vide chiaramente quanto in quel momento, il suo piccolo prescelto, desiderasse afferrare al volo quell’opportunità,era desiderio puro quello che vedeva nei suoi occhi, e quel desiderio risvegliò il predatore che era in luirendendoil suo sguardo così intenso,cheMisa si sentì bruciare e si scostò.
Apollolo vide indietreggiare e rapido, gli bloccò ogni via di fuga chiudendogli un braccio intorno alla vita e stringendoselo addosso
“dove vai?”
Misa lo guardava con occhi grandi come la luna, spaventato ma anche eccitato dalla fame che leggeva negli occhi di Apollo e dalla sua forza
“Febo …”
miagolò poi sussultò, lasciandosi sfuggire un gemito strozzato quando Apollo lo sollevò di peso costringendolo a sdraiarsi su di lui.
Ora, faccia a faccia, pelle a pelle, Misa provò la differenza tra lo stare nudoaccanto ad Apollo, come avevano fatto quel pomeriggio, teneramente, dolcemente, e lo stare nudosopra ad Apollo, con la pelle che bruciava e la carne che fremeva.
I Sacerdoti gli avevano detto molte cose, ma non gli avevano mai parlato del calore che sentiva ora, della potenza che sprigionava il corpo sotto il suo, dei muscoli che lo stringevano fino a fargli mancare il fiato, del profumo della pelle che gli annebbiava i pensieri, nessuno lo aveva preparato a questo.
Tremò guardando le braci che bruciavano negli occhi di Apollo, annaspò quando la mano che gli accarezzava una coscia si spostò e gli accarezzò il solco tra le natiche, dal basso verso l’alto, passando sulla sua apertura e soffermandosi proprio li, accarezzandola lentamente, promettendo cose che Misa comprese chiaramente, e che gli strapparono un gemito mai uscito prima dalle sue labbra. La passione gli esplose nel ventre, ogni freno cedette sotto le mani esperte di Apollo e, con la fame di chi, ha sempre sognato, ma non ha mai provato la soddisfazione dei sensi, si lasciò travolgere completamente.
Apollo vide il momento esatto della resa di Misa e lo colse al volo, afferrò la sua nuca e lo attirò a se schiantando le loro labbra insieme.
Prese possesso della sua bocca, trasformando quella danza sensuale e appassionata di labbra e lingue, in una dimostrazione di dominio assoluto. Lui era il padrone, lui l’unico e il solo che avrebbe goduto di tutto quello che Misa aveva da offrire.
Sentì Misa tremare ancora, lo sentì miagolare nella sua bocca, lo sentì sciogliersi come neve al sole, lo sentì offrirsi totalmente in segno di sottomissione e questo fece espandere il suo ego oltre ogni limite.
Ringhiando rotolò di lato portandolo consè, gli scivolò sopra coprendolo completamente con il suo corpo possente,lo baciò ancora, divorò la sua bocca e a stento si trattenne dal prendere subito quello che tanto desiderava; voleva sapere quanto flessibile fosse il corpo del suo prescelto, voleva sapere come avrebbe accolto i suoi affondi quando sarebbe sprofondato dentro di lui, perché era certo che, per quanto sembrasse fragile, Misa invece avrebbe sopportato i ritmi della sua passione, era certo che Misa fosse stato creato apposta per lui, solo per lui.
Ad Apollo sfuggì un altro ringhio e Misa si strusciò contro di lui, aveva il corpo in fiamme, il calore che era divampato tra le sue gambe gli aveva incendiato il sangue e confuso la mente. Si sentiva stordito e una smania insopportabile gli faceva mancare il fiato e gli faceva galoppare il cuore fin quasi a farglielo scoppiare. Le labbra di Apollo scivolarono sul suo collo, sentì la sua lingua, umida e calda, leccargli la pelle lasciando una scia bagnata al suo passaggio, il suono delle sue labbra che succhiavano gli faceva desiderare di essere divorato; gemette con forza quando Apollo si attaccò ad un capezzolo, si contorse sotto di lui mentre lo torturava con i denti e la lingua; infilò le mani nei suoi capelli quando scese ancora più giù; poi la bocca di Apollo si chiuse intorno alla punta della sua erezione, la succhiò, la ingoiò, la leccò e lui credette di morire mentre un universo di luci gli esplodeva nella testa.
Un fiotto caldo scese in gola di Apollo, poi un altro, Misa stava gridando il suo nome mentre gli riversava in bocca il primo orgasmo della sua vita, e questo bastò quasi a fare venire anche lui.
Era bastato poco per regalare a Misa il primo orgasmo della sua vita, ma Apollo sapeva che quello era solo l’inizio, il suo prescelto sarebbe diventato più esigente, più sfrenato, più affamato ora che aveva provato il piacere. E lui non desiderava altro che soddisfarlo.
E insegnargli a soddisfare.
Misa ansimando riuscì faticosamente ad aprire gli occhi, lentamente mise a fuoco e vide Apollo, che si stava leccando le labbra
“Febo …”
miagolò e Apollo scivolò di nuovo sopra di lui, avvicinando il viso al suo
“sono qui”
Misa sbattè le palpebre nel tentativo di ritrovare un po’ di lucidità
“è stato … io …. mi sembrava di … di esplodere”
Apollo ridacchiò
“non avrei saputo descriverlo meglio”
Misa chiuse gli occhi per un attimo cercando di respirare lentamente
“è sempre così bello Febo?”
“no, è anche meglio di così”
Misa spalancò gli occhi
“più di così?”
Apollo rise ancora, strusciando il naso contro il suo
“molto più di così”
“morirò allora”
sussurrò e la risata di Apollo risuonò in tutta la Reggia