Traduzione originale:
9th AvenueTraduzione ita: Haidée
Betaggio: Nana
Cap.2: Un inizio tranquillo
Indice casi (Primo esempio scoperto)
Maschio, 31 anni. Impiegato presso una ditta di biotecnologia.
Ingegnere. Già deceduto al momento del ritrovamento. Indirizzo confermato...
L'uomo si lasciò cadere su di una panchina del parco forestale e sospirò. Si chiese quante volte aveva già sospirato quella mattina. Sospirò e guardò il cespo di lattuga che aveva in mano. Questo lo fece sospirare ancora una volta. Attorno al cespo di lattuga erano saldamente avvolte delle foglie fresche e verdi - per quanto riguardava la qualità, era roba di prima classe. Strappò una foglia e la portò alla bocca. Aveva un gusto delicato e la consistenza era eccellente. Davvero roba di prima qualità. Allora perché non vendeva?
La lattuga era prodotta da quest'uomo. Aveva lavorato a lungo nello sviluppo delle biotecnologie per la produzione di prodotti freschi, vale a dire degli ortaggi a foglia. Egli credeva che queste sicure, economiche e deliziose bio-verdure sarebbero state la soluzione alla crescente crisi alimentare e che sarebbero presto diventate un pilastro nel settore della distribuzione alimentare. Lo credeva davvero. Ma le vendite sul mercato non andavano come si era aspettato e l'uomo stava perdendo le speranze. Gli acquirenti sembravano preferire prodotti trasportati dai campi dei blocchi del sud-est, piuttosto che le sue bio-verdure. La tendenza era particolarmente forte per quanto riguardava le verdure a foglia verde come i cavoli e le lattughe. Il suo capo gli aveva detto che avrebbero dovuto iniziare a pensare alla sospensione della produzione, se le cose fossero proseguite in questo modo.
La base del collo gli prudeva. Gli prudeva già da un po'. L'uomo era soggetto a sfoghi cutanei quando era stanco. Entro quella sera stessa ne avrebbe probabilmente avuta uno diffuso per tutto il corpo. Gli erano accadute troppe cose spiacevoli quel giorno. Sospirò di nuovo. La lattuga che teneva in mano era diventata pesante.
Dal taschino proveniva un segnale acustico. Il display del telefono cellulare sulla sua carta d'identità si era illuminato e apparve il viso di una giovane donna.
"Saluti dal Sistema d'Informazione Comunale. La chiamiamo per notificarle i risultati dell'esame sui bambini per il quale ha una registrazione. Per confermare il suo account, inserisca il numero di cittadinanza …". L'uomo cominciò a comporre il proprio numero ancor prima che la donna avesse finito di parlare. Oggi era stato il giorno dell'esame di sua figlia di due anni. Era una bambina intelligente ed adorabile. Non aveva mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce ma segretamente nutriva la speranza che lei potesse entrare a far parte della classifica dei dotati.
"Grazie. Abbiamo confermato la sua impronta digitale ed il numero di registrazione. Le sue informazioni sono le seguenti...". Apparve il nome di sua figlia seguito da una serie di dettagliati numeri. Peso, altezza, misura del busto, condizione di salute, condizioni nutrizionali, fase di sviluppo, graduatoria delle diverse competenze... tutte le valutazioni variavano in media dalla A alla C. Non era né troppo indietro né straordinariamente brillante.
Era così. L'uomo guardò lo schermo per un attimo e poi si rimise la carta in tasca. Pensò al sorriso di sua figlia.
Oh beh.
L'uomo parlò fra sé e sé e sorrise al cespo di lattuga che aveva in mano. Dotata o meno, sua figlia era sempre sua figlia. L'amava e l'adorava. E questo era sufficiente.
All'improvviso una sensazione si affacciò alla sua mente. Era forse troppo ossessionato dall'idea del “migliore”, del “più perfetto”? Era così, non c'era niente di cui lamentarsi su quella lattuga. Ma forse la (ricerca della) sua perfezione era stata anche la sua rovina. L'accatastamento riga per riga di quegli identici e perfetti cespi di lattuga non rendeva i consumatori inclini all'acquisto. Che sarebbe successo se quella perfezione fosse effettivamente stata la causa dello scoraggiamento dei consumatori?
Si stava avvicinando un robot addetto alla pulizia. Sul suo corpo metallico si trovava una testa rotonda e due braccia estensibili raccoglievano la spazzatura e la buttavano dentro la pattumiera situata al centro del suo corpo. Già. La lattuga era come quel robot. Pulita ed ordinata ma troppo artificiale. Le verdure che i consumatori volevano erano più uniche, più naturali... La lattuga gli scappò di mano. L'uomo subito si chinò per raccoglierla e corrugò la fronte.
--- Eh?
Le sue dita si erano irrigidite. La sua vista offuscata. Gli era difficile respirare. Il robot raccolse la lattuga e si fermò. Una giovane voce maschile lo interrogò.
“Devo considerarla spazzatura?”
L'uomo aprì la bocca per parlare e fu preso da un attacco di tosse. Insieme ad essa, dalla sua bocca, venne fuori qualcos'altro di bianco. Denti. I suoi denti stavano cadendo.
"Ne è sicuro? Allora ora la smaltirò." La lattuga venne buttata nella pattumiera e il robot si allontanò.
--- Aspetta, aiutami...
L'uomo allungò la mano e cacciò un grido di orrore. Il suo braccio era ricoperto di macchie per tutta la sua lunghezza. Il suo corpo si fece pesante. L'uomo, sconcertato, crollò a terra tra la panchina e le siepi.
“Sion da' un'occhiata qui.”
Erano passate le sei quando Sion fu chiamato dal suo collega, Yamase. Loro erano le uniche due persone presenti presso l'Ufficio Amministrativo del Parco. Insieme gestivano ed eseguivano la manutenzione di tre robot addetti alla pulizia che pattugliavano il parco. I robot operai come quelli erano ancora dei prototipi perché anche dei semplici robot addetti alla pulizia erano soggetti ai guasti. Anche la loro gestione era una seccatura perché non erano in grado di distinguere la spazzatura. Dopo aver registrato la prima volta un oggetto come spazzatura nella memoria del computer avrebbero dovuto riconoscerlo automaticamente le volte successive. Ma i robot restituivano un errore di "oggetto indistinguibile" ogni volta. Infatti c'era stato anche una mezz'ora prima. L'immagine che gli veniva restituita sembrava quella di un cespo di lattuga e Sion aveva esitato per un momento sul da farsi. Si era già imbattuto altre volte in cose che non sapeva se considerare spazzatura, come un pulcino che era caduto da un albero o un cappello con una decorazione di piume piuttosto stravagante. Era la prima volta però che si imbatteva in una lattuga.
"Qualcosa non va?". Se ne stava in piedi dietro a Yamase che era seduto al pannello di controllo.
"Mh... Sampo si comporta in modo strano."
A Yamase piaceva chiamare i tre robot con i loro soprannomi. Sampo era il robot n°3. Oggi lavorava in un angolo nei recessi più profondi del parco. Sampo era lo stesso che aveva raccolto il cespo di lattuga. Lo schermo di fronte a loro mostrava un errore rosso lampeggiante che li informava di un oggetto indistinguibile.
“A che somiglia l'immagine?”
“Ecco... è questo il problema. Non è chiaro ma... è strano.”
“Strano?”
Yamase aveva vent'anni - quattro in più di Sion - ed era silenzioso per natura, raramente si agitava per qualcosa. La natura calma del suo collega era uno dei due motivi per cui a Sion piaceva il suo posto di lavoro. L'altro motivo era perché il suo lavoro aveva a che fare per lo più con le macchine e quindi non c'era bisogno di parlare con la gente.
“Da' un'occhiata qui”, disse Yamase trasmettendo sullo schermo le immagini della telecamera.
“Puoi mettere un altro po' a fuoco?”
“Certo”, fu la risposta e le mani di Yamase si spostarono rapidamente sul pannello di controllo. L'immagine era diventata più chiara.
"Quello che...". Sion si avvicinò con il fiato fermo in gola. Piedi? Un paio di gambe di pantaloni sporgevano da dietro la panchina. Poteva vedere anche un paio di scarpe marroni che completavano il tutto.
“Pensi stia dormendo...?”. La voce di Yamase tremava.
“Ci sono segni vitali?”
“Eh?”
“Puoi alzare i sensori di Sampo al massimo livello?”. Sampo era dotato di diversi sensori che potevano percepire il calore, il suono e la consistenza. La voce di Yamase tremò più violentemente.
"Ossigeno ed emissione di calore... zero. Nessun segno di vita".
“Vado a controllare”, disse Sion all'improvviso.
“Vengo anch'io”.
Balzarono sulle proprie biciclette e pedalarono più forte che poterono. Le biciclette era diventate molto popolari negli ultimi anni e le statistiche mostrarono che il cittadino medio possedeva 1,3 biciclette. Anche le scarpe da jogging vendevano bene. Sembrava che sempre più persone scegliessero di camminare, pedalare e utilizzare comunque il proprio corpo piuttosto che i comodi e "senza sforzo" mezzi di trasporto. Qualcosa di così conveniente, facilmente manovrabile e senza costi di carburante era più che una necessità per uno studente come Sion, che fosse popolare o meno.
All'interno del parco c'erano limiti di velocità anche per le biciclette. Sion pedalò a tutto gas attraverso un percorso che di solito faceva a piedi. Oggigiorno la maggior parte dei veicoli è dotata di un meccanismo di moderazione che si innesca automaticamente quando il veicolo supera una certa velocità. Le biciclette non fanno eccezione e il meccanismo era generalmente inserito nella leva del freno. Ma la bicicletta di Sion era un vecchio modello e non era dotato del limitatore di velocità. Se l'Ufficio Trasporti l'avesse scoperto avrebbe dovuto pagare una multa ma, in quel momento, era contento di poter andare più veloce che poteva.
Raggiunse una tranquilla zona isolata fra gli alberi. Sampo era ancora immobile sotto un tetto composto di foglie sibilanti. La sua testa incastrata e leggermente inclinata di lato, lo faceva sembrare sia pensoso che perplesso.
“Sampo”. Nei suoi occhi si accesero due led verdi in risposta alla voce di Sion. Sion sbirciò dietro la panchina e si raggelò.
“Sion, che succede?”. Yamase arrivò leggermente in ritardo ed emise un rumore soffocato in gola.
L'uomo giaceva dietro la panchina, come se si stesse nascondendo dietro di essa. La bocca era aperta e gli occhi sbarrati e fissi. La sua espressione sembrava sorpresa, piuttosto che impaurita o addolorata. Sembrava che avesse visto qualcosa di scioccante un attimo prima di morire. I suoi capelli erano bianchi come la neve e sulle guance vi erano delle macchie che sembravano placche senili. Le rughe erano pronunciate. Era molto in là con gli anni.
--- Questa camicia è parecchio appariscente per uno della sua età però.
Sion sottolineò fra sé e sé guardando la camicia rosa chiaro che l'uomo indossava.
"Yamase-san, puoi contattare il Dipartimento di Sicurezza?"
“Eh? Oh... oh sì, naturalmente. Certo. Dammi solo un minuto... Pronto? Umh, qui è l'Ufficio Amministrativo del Parco...”. Mezz'ascoltando la voce tremolante di Yamase che spiegava la situazione, Sion si abbassò con cautela per toccare l'uomo. Il rigor mortis era diffuso in tutto il corpo.
“E' impossibile”, mormorò incredulo quasi automaticamente.
--- E' troppo presto.
Il rigor mortis di solito inizia ad avere effetto almeno un'ora dopo l'orario della morte, due o tre nella maggioranza dei casi. Inizia dalla mascella e si diffonde gradualmente verso il basso fino ad arrivare alle gambe. A giudicare da questo, l'uomo sarebbe dovuto essere morto da diverse ore. Ma 30 minuti fa il corpo lì non c'era. Se ci fosse stato, Sampo l'avrebbe notato. Sapeva che c'era stata una persona viva, seduta sulla panchina. Dopo aver confermato la lattuga i sensori di Sampo avevano registrato la presenza di un essere vivente. Naturalmente non aveva prove per dimostrare che i due fossero la stessa persona. No, non avrebbero potuto esserlo in alcun modo. Era impossibile che una persona viva fino a 30 minuti prima potesse essere in uno stato di completo rigor mortis in un così breve lasso di tempo. Quindi... c'era qualcun altro seduto su questa panchina che non si è accorto del morto?
--- Impossibile.
Sion lasciò andare il braccio dell'uomo che stabilì essere più rigido e freddo di quello meccanico di Sampo. Era impossibile. Anche se l'uomo fosse rimasto lì morto e inosservato, Sampo lo avrebbe raccolto. Infatti Sampo aveva reagito alla sua presenza inviando un errore di "oggetto indistinguibile" pochi minuti prima. Ciò significava che 30 minuti prima lì non c'era nessun morto.
Sion credette di vedere il corpo muoversi. Naturalmente si era trattato solo della sua immaginazione. Ma... Sion soffocò un grido di orrore. La mascella dell'uomo, rigida fino a pochi minuti prima, stava iniziando a sciogliersi. Pensò persino di sentire odore di putrefazione. L'uomo era a faccia in giù e dietro le sue orecchie Sion vide una macchia nero-verde che cominciava a diffondersi. E prima non c'era di sicuro. Perlomeno non visibile ad occhio nudo. Sion si sporse avvicinandosi.
“Stanno arrivando”, disse Yamase tirando un sospiro di sollievo. Una macchina del Dipartimento di Sicurezza si stava avvicinando silenziosamente.
"Così, nello spazio di dieci minuti e rotti, hai visto un rigor mortis completo... e ha cominciato a marcire subito dopo? E' impossibile", concluse Safu semplicemente, dopo aver ingoiato un boccone di ciambella al cioccolato. Il fast-food dove erano seduti, situato vicino alla parte più antica della città, era animato di gente di ogni razza e colore.
"E se dici di aver sentito anche odore di marcio, significa che la decomposizione ad opera dei batteri era già iniziata, giusto? E non può essere. Anche nel bel mezzo dell'estate ci vorrebbero almeno 30 ore - giusto? - perché il rigor mortis scompaia completamente".
"Fissate un insieme di condizioni, ci vorrebbero 36 ore in estate, 3-7 giorni in inverno e 60 ore con il tempo che stiamo avendo ora. Questo è ciò che dice il libro di testo”, replicò Sion lasciando cadere il suo sguardo sul viso di Safu e prendendo un sorso dalla sua tazza di tè. Si sentiva malinconico e stanco.
"Il Dipartimento di Sicurezza vi ha fatto penare?". Safu scrutava il suo viso. I corti capelli le incorniciavano il viso delicato e gli occhi grandi donandole una sorta di misterioso fascino androgino. Anche Safu si era classificata fra le prime durante l'esame per bambini dotati di due anni. Lei era uno dei tanti compagni di classe con cui aveva studiato nella stessa scuola fino all'età di dieci anni. E attualmente, all'età di sedici anni, era l'unica con la quale Sion avesse uno stretto rapporto. Si era specializzata in fisiologia ed era stato stabilito che presto sarebbe andata a studiare presso un'altra città.
"Dopotutto è stata una morte innaturale perciò devono essere stati sospettosi. Probabilmente vi avranno interrogati fino allo sfinimento per questo motivo, no?"
Safu, per come la conosceva Sion in classe, era una ragazzina tranquilla. E probabilmente lo era tuttora in laboratorio. Ma quando era sola con Sion, Safu sorrideva spesso, mangiava molto e si rilassava abbandonando il suo tono formale. Sion aveva finito il suo tè e lentamente scosse la testa.
“Nah, non è stato così male come pensavo”. A dire la verità, l'interrogatorio del Dipartimento di Sicurezza era stato sorprendentemente breve. Si erano limitati a prendere i dati che Sampo aveva immagazzinato nel proprio corpo ed a domandare ad entrambi una spiegazione sull'accaduto. Il funzionario si era espresso bruscamente quando aveva scoperto che Sion abitava nel vecchio distretto della città, vicino al blocco occidentale, ma Sion era abituato a simili comportamenti e aveva fatto finta di niente.
"Allora perché sei così giù di morale per questo? Sei l'immagine di un giovane uomo preoccupato in questo momento".
“E' che... c'è qualcosa di sbagliato in tutto questo”.
“Il rigor mortis e il tempo che ci ha messo a dissiparsi?”
“Già. L'hai detto anche tu, Safu. Non è possibile. Ed hai ragione. Non c'era presente nessuna condizione che avrebbe potuto accelerare il rigor mortis e la dissipazione fino a quel punto”.
“Vuoi dire nessuna condizione in termini di temperatura o umidità o qualche altra influenza esterna, giusto? Fino a quando non si esegue l'autopsia non si può sapere se ci sono state delle cause interne che l'hanno accelerato”.
“Cause interne, eh... tipo quali?”
“Per esempio, se quella persona fosse stata gravemente debilitata, non si sarebbe irrigidita così tanto e (il rigor mortis) non sarebbe durato così a lungo. Nelle persone morte per avvelenamento da fosforo o nei bambini, dicono che è quasi inesistente...”.
“Certamente non era un bambino, questo te lo posso assicurare”.
Safu arricciò il naso indignata e guardò Sion.
“Era solo un esempio. Sarcastico come al solito, eh? In questo non sei cambiato affatto. Ma credo che non ci sia molto altro che possiamo fare non avendo alcun dato”.
“Già...”. Sion annuì vagamente ed inconsciamente si morse il labbro inferiore. Dati, libri di testo, manuali... ci sono momenti in cui diventano completamente inutili. Quello che una volta credeva essere così certo e assoluto si era facilmente capovolto e sbriciolato davanti a lui. L'aveva già sperimentato quattro anni prima.
"Sion". Safu puntò i gomiti sul tavolo ed incrociò le mani una sull'altra. Ci appoggiò sopra il mento e guardò Sion.
“Voglio chiederti una cosa”.
“Cosa?”
“Quattro anni fa... perché non sei entrato nel corso per ragazzi dotati?”. Era come se la sua domanda gli avesse visto giusto attraverso. Sion staccò un pezzo della poco dolce torta di mele con le mani. La farcitura colava sul piatto.
“Perché me lo chiedi proprio ora?”
“Perché voglio sapere. Anche da un punto di vista oggettivo, eri uno studente bravissimo. Assimilavi benissimo le informazioni e sapevi come applicarle. Tutti gli insegnanti avevano elevate aspettative nei tuoi riguardi”.
“Mi stai sopravvalutando”.
“E' la verità. I numeri lo provano. Vuoi che ti mostri di nuovo i risultati del test di abilità di quattro anni fa?”
“Safu”. Aveva un sapore amaro in bocca. Sentiva come se fosse nato dall'esatto centro del suo corpo.
“Per quale motivo me lo chiedi ora? Quattro anni fa hanno deciso che non ero qualificato per il corso dei ragazzi dotati così ho perso tutti i privilegi speciali. Non è che ho scelto di non iscrivermi, non ho potuto. Ora lavoro per l'Amministrazione del Parco per pagarmi le lezioni e seguo dei corsi commerciali al Dipartimento del Lavoro. Ma la mia frequenza non è alta quindi non sono nemmeno sicuro di potermi laureare. Questa è la realtà. Questa è la verità di cui parli, Safu”.
“E perché hai perso i tuoi privilegi?”
“Non ne voglio parlare”.
“Ma mi piacerebbe se lo facessi".
Sion finì di leccarsi la crosta della torta dalle dita e chiuse la bocca con decisione. Non voleva parlarne. O meglio, non poteva pensare a nessuna spiegazione che avrebbe permesso a Safu di capire.
La ragione era semplice: aveva dato asilo ad un VC per la notte e l'aveva lasciato scappare. Il Dipartimento di Sicurezza l'aveva scoperto. Avevano ritenuto sospetto il fatto che sua madre Karan avesse lasciato spento l'allarme sicurezza e che Sion avesse disabilitato il sistema di rilevazione intrusi nella sua stanza. I sistemi di sicurezza di ogni casa sono collegati al sistema informatico del Dipartimento Centrale Amministrativo e possono essere facilmente monitorati.
Non era passata nemmeno un'ora dalla scomparsa di Nezumi quando i funzionari del Dipartimento di Sicurezza avevano bussato alla sua porta. Fu l'inizio del loro interrogatorio lungo e persistente.
Allora sapevi che si trattava di un VC?
Sì.
Perché non hai chiamato immediatamente la polizia?
Beh...
Rispondi alla domanda. Senza fretta. Dammi solo una risposta chiara ed accurata.
Perché sembrava avere circa la mia età ed era seriamente ferito. Mi dispiaceva per lui...
Così hai simpatizzato per questo VC, non hai contattato la polizia e hai invece curato
le sue ferite e l'hai aiutato a fuggire.
E' andata così, sì.
L'ufficiale delle indagini ed interrogatori del Dipartimento di Sicurezza si chiamava Rashi. Parlò con dolcezza per tutto l'incontro, senza mai alzare violentemente la voce o il pugno. Quando la loro estenuante due giorni d'indagine finì e Sion fu rilasciato, lui gli diede una pacca amichevole sulla spalla dicendo: "E' stata dura, lo so. Grazie." Ma gli occhi di Rashi non avevano sorriso mai nemmeno una volta e Sion l'aveva notato. Anche ora, a distanza di quattro anni, quegli occhi senza gioia entravano nei suoi sogni, perforandolo con lo sguardo. Al mattino si svegliava scosso e madido di sudore.
Ha nascosto un criminale e favorito la sua fuga. Sion non è stato condannato per questo ma era stato considerato gravemente carente in competenze di giudizio e abilità di prendere provvedimenti e, di conseguenza, tutti i suoi privilegi speciali erano stati revocati.
Una volta passato l'uragano, Sion e Karan furono gettati in mezzo ad una strada sotto un accecante cielo azzurro. Non avevano un posto in cui stare né alcun mezzo per guadagnarsi da vivere. Il corso per ragazzi dotati di Sion in ecologia era diventato qualcosa di più lontano ed irraggiungibile delle nuvole che galleggiavano nel cielo sopra di loro.
La sicurezza e la determinatezza che solo ieri, solo un attimo prima, aveva a portata di mano erano scomparse. Si erano disperse nel vento, più deboli delle foglie che aveva visto portare via dalla tempesta. Era un senso di perdita che provava per la prima volta nella vita.
N°6 non aveva un sistema di previdenza sociale. Ce n'era solo uno di assicurazione gerarchica basata sul livello di collaborazione che un numero selezionato di cittadini doveva offrire alla città. Sion e Karan, lungi dal contribuire alla città, erano stati trattati come persone che non erano riuscite ad adempiere alle loro responsabilità come cittadini. Si trovavano nel ceto più basso possibile. Ciò significava avere il permesso di rimanere in città ma essere esclusi da qualsiasi tipo di aiuto o assicurazione.
Intellettuali sotto vetro. Quella notte Nezumi ci aveva definiti così e aveva ragione. Si rese conto della gravità della cosa solo dopo essere stato buttato fuori dal suo contenitore chiuso e protetto. N °6 non era nient'altro che una società basata sulle caste. La dinamica verticale della popolazione era chiaramente ordinata in una struttura piramidale. Una volta caduto dai livelli più alti, non era facile fare marcia indietro.
“Guarda come ti sei fatto serio”, rise Safu. “Ho capito. Se è difficile da spiegare allora non chiederò”.
“Scusa”. Sion alzò una mano e chinò la testa in segno di scusa. Fu sollevato nel sapere che lei non gli avrebbe più domandato niente. Gli eventi erano abbastanza facili da spiegare. Avrebbe voluto parlarne con Safu, metterla a parte dei drammatici eventi che avevano completamente sconvolto la sua vita. Ma ciò che Sion non poteva comprendere, per cui non riusciva a trovare le parole per spiegarsi, erano i suoi sentimenti. Il poco rimpianto che provava, sorprendeva anche se stesso. Si sentiva sconvolto per la fragilità della sua posizione e più di una volta si era ritrovato raggomitolato, incapace di confrontarsi con il suo senso di perdita. Ma poi, dopo quattro anni in cui aveva vissuto passando tutto questo, aveva riflettuto. Cosa avrebbe fatto se avesse potuto tornare indietro nel tempo a quel giorno, quello del suo dodicesimo compleanno? Avrebbe chiamato la polizia? Avrebbe acceso il suo sistema di sicurezza? La risposta era sempre "no".
Anche se avesse avuto la possibilità di tornare a quella notte, avrebbe fatto la stessa cosa. Avrebbe fatto entrare il vento, la pioggia e l'intruso che era arrivato con essi. Lo sapeva con certezza e questa sua certezza lo metteva a disagio. Non è che ora trovasse la sua vita più soddisfacente rispetto a prima. Aveva ancora un profondo attaccamento verso l'ecologia, il suo moderno ambiente di apprendimento, la sua vita confortevole... e, come se non fosse abbastanza vergognoso, anche verso i riconoscimenti, le parole di elogio e di incoraggiamento e gli sguardi di ammirazione che gli venivano rivolti. Ma, nonostante tutto questo, avrebbe sempre fatto la stessa cosa. Se accettare Nezumi significava la sua stessa distruzione, allora sulla distruzione ci avrebbe camminato ancora e ancora. Non aveva rimpianti per quello che aveva fatto. Ma non poteva spiegarsi il perché. Dopo quella notte, altri uragani andarono e venirono. Ascoltando i mormorii agitati delle foglie nel vento, Sion non provava rimpianti ma un senso di nostalgia. Era desideroso di poterlo rivedere.
Sion non era sicuro di poter spiegare per bene a Safu tutto questo. Non aveva altra scelta che rimanere in silenzio.
“Allora vogliamo andare Sion?”, Safu si alzò. Il ristorante si era fatto molto più affollato ed ora potevano a malapena sentire l'uno la voce dell'altra.
“Ti accompagno alla stazione”, si offrì Sion.
“Mi pare ovvio. Dovresti essere davvero indelicato per lasciare che una ragazza torni a casa da sola, no?”
"Oh, forza", replicò Sion, "sappiamo entrambi quanto sei forte, anche se puoi sembrare piccola e gracile. E sei veloce. In realtà ho sempre pensato che tu fossi più portata per le arti marziali che per la fisiologia".
“Sai cosa, hai ragione. Mi è stato già fatto notare una volta quanto emozionale possa diventare tutto d'un tratto, quando invece di solito sono così calma. Forse non sono destinata al lavoro di laboratorio dopotutto”.
Camminarono fianco a fianco lungo la strada per la stazione. Escluso in certi ristoranti, lavorare a tarda notte è vietato in città. Nel giro di poche ore, la folla di gente che cammina su e giù per le strade in questo momento, sarebbe scomparsa. Sion diede una lieve spinta sulla schiena di Safu. Le sue ultime parole gli erano arrivate alle orecchie come scoraggiate.
“E questo è il tono di voce che ha qualcuno che ha superato gli esami e sta per andare a studiare all'estero?”
Safu sollevò il viso e sorrise.
“Geloso, eh?”
“Già”.
“Terribilmente onesto da parte tua”.
“Siate fedeli a voi stessi, siate gentili con gli altri. E' stato il mio motto in questi giorni”.
“Bugiardo”.
“Eh?”
“Non sei per niente geloso di me”.
Sion si fermò. Safu lo stava fissando in modo provocatorio. Proprio nel momento in cui stava per dire il suo nome, fu improvvisamente afferrato da dietro per le spalle.
~TBC~
P.S. E un altro mezzo capitolo è andato :D