N°6: vol.1 cap.2 (parte 2)

Nov 24, 2011 21:26

Traduzione originale: 9th Avenue
Traduzione ita: Haidée
Betaggio: Nana

Cap.2: Un inizio tranquillo



“Mi scusi.” Sion si voltò. Un uomo stava in piedi, sorridendo. Era circa una testa più basso di Sion e indossava la divisa del Dipartimento di Sicurezza. Era blu scuro da cima a fondo e fatta di un materiale speciale chiamato superfibra che aveva qualità impressionanti nonostante il suo aspetto insignificante. Con una resistenza dieci volte superiore a quella dell'acciaio, assolveva bene al suo compito di giubbotto antiproiettile e, al tempo stesso, non bloccava il passaggio dell'aria in modo che il vestito potesse respirare. Più ci si avvicinava al blocco occidentale, maggiore era la presenza di questi agenti delle forze dell'ordine del Dipartimento di Sicurezza in uniforme. Sion si tolse con calma la mano dell'uomo dalla spalla e parlò.
“Posso aiutarla?”
“Beh... volevo solo rivolgervi un paio di domande... quanti anni avete?”
“Sedici”.
“Entrambi?”
“Sì”.
“Sapete che a coloro che sono al di sotto dei diciotto anni è proibito stare fuori casa dopo le nove?”
“Sì, ma non sono ancora le otto”.
“Sion”, sussurrò bruscamente Safu. Gli stava chiedendo di non discutere. Ma la divisa del Dipartimento di Sicurezza in piedi davanti a lui gli aveva riportato alla memoria gli occhi del funzionario degli interrogatori che rispondeva al nome di Rashi. Invece di sentirsi intimidito, Sion si era sentito costretto a reagire.
“Per piacere favoritemi entrambi le vostre carte d'identità”. Forse aveva preso nota dell'atteggiamento ribelle di Sion. L'uomo aveva cancellato il sorriso dalla sua faccia e chiesto loro le carte d'identità senza alcuna espressione. Safu gli passò la sua carta d'argento e Sion fece silenziosamente lo stesso.
“I vostri numeri di cittadinanza, rispettivamente”.
“SSC 000124GJ”.
“QW 55142”.
L'uomo tirò fuori le carte dal suo lettore portatile e si rivolse con un lieve inchino a Safu.
“Una studentessa del corso per ragazzi dotati come lei non dovrebbe aggirarsi da queste parti a così tarda ora. Le consiglio di tornare a casa”.
“Ci stavo andando... mi stavo dirigendo alla stazione”.
“Lasci che ce l'accompagni”.
“No, grazie. Lui stava venendo con me”. Safu si aggrappò al braccio di Sion.
“La accompagno io”, disse Sion brevemente. “Era lì che eravamo diretti dal principio. Andiamo, Safu”.
Strappando le carte dalla stretta dell'agente, Sion afferrò la mano di Safu e allungò rapidamente il passo. Quando si voltò alcuni momenti dopo, l'uomo era già scomparso tra l'animata folla.
"Mi sono spaventata". Safu si strinse il petto. "Non sono mai stata rimproverata da un'agente del Dipartimento di Sicurezza".
“Succede spesso”, replicò Sion. “Se tu non avessi avuto la tua carta d'identità del corso per ragazzi dotati, ci avrebbe torchiati anche di più”.
“Davvero?”
“Davvero”, disse Sion con tono grave. “E' come per il treno che stai per prendere. Con quella carta d'identità puoi evitare le carrozze comuni e andare in classe speciale. Questo è il tipo di città in cui noi tutti viviamo. Siamo tutti suddivisi per categorie basate sulle competenze, la ricchezza e altri fattori del genere”.
“Non parlare così”, protestò Safu. "Non si “suddividono” le persone come lo si fa per la spazzatura o la merce. Le persone sono persone. Sono esseri umani".
"Safu, in questa città non importa se siamo persone o meno. Importa quanto utile sei alla città. Questo è tutto".
“Sion...”
“Prima mi hai chiamato bugiardo. Non lo sono. E' normale che sia geloso. Hai tutti i tuoi privilegi e ti è permesso di studiare e sperimentare a tuo piacimento. Sono invidioso, Safu. E sono anche infastidito da te. Perché hai tutto ciò che io non ho”.
Sion si fermò ed emise un lungo respiro. Si era spinto troppo oltre. Era stato vergognoso. E meschino, imbarazzante, patetico. Fece schioccare la lingua per la frustrazione.
Safu sospirò a sua volta.
“Continui a mentire”.
“Eh?”
“Cos'è, non ci senti? Sei un B-U-G-I-A-R-D-O. Posso anche aggiungere “gran”, se vuoi. Stai solo facendo finta di essere invidioso di me. O non ti rendi nemmeno conto che stai mentendo? Che ragazzo ottuso mi è capitato per le mani!”
“Safu ma che-”, cominciò Sion esasperato.
“Se tu fossi davvero invidioso e pieno di risentimento nei miei confronti, non saresti stato in grado di uscire a mangiare fuori con me. Ma tu hai riso, mangiato, fatto conversazione e scherzato come se niente fosse”.
“Ehi, mi rimane un po' di orgoglio. Ovviamente non ho intenzione di essere apertamente geloso”.
"Sion", disse Safu con fermezza. "La mia specializzazione è in funzioni cognitive, attività del cervello e loro rapporto con gli ormoni".
“Lo so”.
"Bene, perché se così non fosse, sarei diventata matta. Non avrei continuato a dirti tutto questo per niente. In ogni caso", continuò vivacemente, "dici che stai nascondendo il tuo risentimento e fingendo di divertirti per tutto il tempo che stai con me. Dovrebbe essere stressante, no?"
“Immagino di sì...”, replicò dubbiosamente Sion.
“Lo sarebbe. E quando si è stressati, le ghiandole surrenali rilasciano ormoni steroidei chiamati corticosteroidi che influenzano il cervello. E quello che succede all'attività cerebrale è che-”
“Ok Safu, ho capito”. Sion la interruppe. “E' sufficiente. Conserva la tua lezione per la prossima volta e io ti ascolterò attentamente-”
“Ascoltami. Tu non stai provando alcuno stress. E non sei risentito nei miei confronti. Sion, cos'è che vuoi fare?”
“Eh?”
“Potresti avercela con me nel caso tu desiderassi continuare gli studi. Ma non lo sei. Hai detto che ho tutto quello non hai. Allora cos'è che hai? Non puoi dire di non avere niente”, aggiunse di fretta. “Le persone che non hanno nulla - no - le persone che credono che non gli sia rimasto nulla, non possono sorridere come invece fai tu. O parlare come te. Per fare in modo che le tue emozioni non influenzino le tue azioni ed avere un simile livello di controllo, dovresti avere una formazione specifica. E tu non stai ricevendo alcun addestramento speciale. Non penso che tu sia una persona molto emotiva ma non penso nemmeno che tu abbia la capacità di controllare al 100% le tue emozioni. L'unica ragione per la quale puoi avere con me una conversazione normale e ridere in mia presenza è perché hai un certo livello di sicurezza emotiva”.
"Safu, quello che hai appena detto è tutta teoria imparata a memoria. Gli esseri umani hanno delle emozioni complesse, non sono come i topi da laboratorio. Io non credo che tu possa spiegare così facilmente come le emozioni influenzino le azioni delle persone. E' arrogante credere che la scienza possa spiegare tutto sulla natura umana".
Safu si strinse nelle spalle. Si stavano avvicinando alla stazione.
"Non sapevo volessi diventare uno scrittore".
“Safu”, disse Sion stancamente.
"Allora lo userò per un contesto letterario. Sicurezza emotiva... quindi parlerò di speranza o sogni. Tu li hai. Ecco perché non senti il bisogno di avercela con me. Sion, in che cos'è che speri?"
Speranza. Ripeté silenziosamente quella parola. Era una parola che non usava da anni. Non era né dolce né amara, ma lo scaldava lentamente dal profondo del cuore.

Speranza. Cos'è che spero?

Il suo futuro promesso era crollato. Tutto ciò che ora gli era rimasto era sua madre, i magri salari del suo lavoro e il suo corpo da sedicenne. Quale speranza risiedeva in tutto questo? Non ne era sicuro. Ma era anche sicuro di non avere del tutto perso la speranza.
Entrarono nella stazione. Il distretto della vecchia città in cui viveva Sion era adiacente al blocco occidentale e al confine della città e funzionava come una sorta di zona cuscinetto tra il centro della Città ed il blocco occidentale. Si chiamava Lost Town (NdH: città perduta). Era qualcosa di diverso dalla tranquillità del centro della Città, un luogo squallido, pieno di gente. Anche la stazione era molto affollata. Nell'aria si diffondeva l'odore del cibo fritto e dell'alcol.
“Va bene qui”. Safu si fermò. C'era un alato insetto nero sulla sua spalla. Mandandolo via Sion le chiese con disinvoltura, “Fa' attenzione. Ah, quand'hai detto che parti per lo scambio?”
“Fra due giorni”.
“Due giorni?!”, esclamò Sion. “Perché non me l'hai detto prima?”
“Perché non ho voluto. Mi avresti organizzato una festa d'addio altrimenti?”
Safu sporse il mento con aria di sfida.
“Sion, c'è una cosa che voglio chiederti”.
“Certo, se posso procurartela per tempo...”
“Il tuo sperma”.
Safu guardò Sion negli occhi mentre pronunciava quelle parole. Non batté ciglio. Sion la guardò a bocca aperta.
“Mi hai sentito? Voglio il tuo sperma”.
“Eh... cosa? Safu... uhm-”
"Fra tutte le persone che conosco, tu saresti probabilmente il donatore di sperma migliore. Il tuo sperma e il mio ovulo. Non pensi che potrebbero produrre il più perfetto dei bambini? Lo voglio, Sion. Voglio il tuo sperma".
"Per l'inseminazione artificiale c'è bisogno del permesso della Città," rispose Sion con cautela.
"Ottenere il permesso non sarebbe un problema. La città favorisce l'inseminazione artificiale tra le persone che possiedono DNA eccellenti e capacità superiori".
Sion inghiottì e si voltò. L'insetto alato attraversò la sua linea visiva, ronzando incessantemente. Dentro di lui affiorò dell'irritazione.
"Safu, non so se te l'ho mai detto, ma io non ho mai conosciuto mio padre. Non conosco la sua personalità, la sua statura o se abbia avuto delle malattie".
"Lo so. Ma i genitori non contano. Il 99% del genoma umano è stato già decodificato. Posso sapere tutto quello che c'è da sapere dalla tua informazione genetica".
"E poi... se ottieni le informazioni e c'è qualcosa che non ti sta bene, che cosa hai intenzione di fare?"
“Beh...”
"Safu, dove vuoi arrivare? Pensi che un essere umano sia tutto ciò che la sua sequenza base di DNA dice di essere? Certo, puoi guardare nel mio DNA, analizzare i miei geni, ma tutto questo cosa ti dirà realmente su di me? Parli di avere figli come se fosse facile, ma-"
“Su di te so molto di più di quello che pensi!”
La voce stridula di Safu lo interruppe. Le persone che passavano si voltarono.
“Siamo sempre stati insieme da quando avevamo due anni. So che tipo di persona sei, cosa ti piace fare... lo so. Lo so e ti continuerò a dire: sei tu quello che non capisce niente”.
“Cosa?”
Safu borbottò qualcosa ma non riuscì a capire. Si chinò un po' verso di lei in modo da poter sentire meglio.
“Voglio fare sesso con te”.
Le sue parole suonarono chiaramente nelle orecchie di Sion.
“Safu...”
“Non voglio il tuo sperma. Non voglio fare l'inseminazione artificiale. Non m'importa avere figli o meno. Voglio solo fare sesso con te. Questo è tutto”.
“Aspetta, mh... aspetta un minuto... Safu, io-”
“Ora”.
Sion inspirò. Il profumo del grasso di frittura si diffuse nelle narici. L'orologio suonò le otto.
“Non ora”.
“Perché no? Non ti interesso? O non ti interessa il sesso?”
“Mi interessano entrambi. Ma... non voglio farlo con te, non ora”.
“Perciò è perché sono io?”
“No... probabilmente il mio corpo risponderebbe senza problemi. Anche ora io sono... m-ma è per questo che non voglio. Non voglio venire a letto con te per l'impulso di un momento”.
“Sai che questo è come dire che non mi hai mai vista sotto quell'aspetto?”
“Già. Ti ho sempre considerata un'amica”.
"Non ci posso credere". Safu sospirò esasperata. "Perché sei un tale bambino? Pazienza. Vado a casa".
“Safu, fra due anni...”
“Mh?”
“Il tuo viaggio di studi finisce fra due anni, giusto? Quando tornerai sarò io a chiedertelo”.
“Se voglio fare sesso?”
“Già”.
"Sei un autentico idiota, se mai ne avessi visto uno. Non so come tu possa arrivare a tanto in maniera così rilassata".
“Stammi bene. Non lavorare troppo”.
"Ah, ci puoi contare che lavorerò sodo! Lavorerò così tanto che tutti i ragazzi mi terranno a distanza".
Con un gesto casuale della mano in segno di saluto, Safu si voltò e cacciò un piccolo grido. Un minuscolo animale grigio passò fra i piedi di Safu precipitandosi verso Sion.
“Un topo!”
Un topolino delle dimensioni del mignolo di Sion sedeva sulla sua spalla, contorcendo il proprio muso.
"Sono sorpresa di vedere i topi in questa città. Ma è carino a modo suo", rifletté Safu.
“Ed anche piuttosto amichevole”.
Il topolino avvicinò il muso all'orecchio di Sion.
“Sei rimasto un idiota”, sussurrò.
Sentì una scossa elettrica corrergli per tutto il corpo. Afferrò il topolino ma gli scivolò fra le dita e poi andò lungo il bordo della spalla e si catapultò verso l'uscita della stazione. Certo, quello era un vecchio distretto ma Lost Town si trovava comunque nei confini della città e i topi erano rari. Il Dipartimento di Igiene e Sanità si era occupato della completa rimozione di tutti gli animali o insetti nocivi. Le persone non erano abituate a vedere il topo che sfrecciava accanto ai loro piedi. Dalla folla si sollevarono urla di sorpresa e scoppi di ronzii ansiosi.
E alla fine di essa Sion vide un paio di occhi grigi. Fu solo per un fugace attimo. Una scossa gli trafisse di nuovo il corpo.
“Nezumi!”
“Sion, che succede?”
“Safu, da qui puoi andare a casa da sola, vero?”
“Come? Certo che sì. In fondo stavo per farlo, no? Ma che succede? Perché sei così agitato?”
“Scusa-”
Una volta che si fossero separati lì, non avrebbe più rivisto Safu per due anni. Sapeva che le doveva un arrivederci appropriato. O, come minimo, osservarla indietreggiare fino a scomparire tra la folla che spintonava. Che avessero intenzione di fare sesso o meno, non cambiava il fatto che Safu fosse importante per lui. Sapeva bene che questo non era minimamente l'arrivederci appropriato che meritava. Lo sapeva. Ma ciò che credeva di conoscere così bene gli era stato portato via in un attimo. Il suo corpo si mosse da solo, disobbedendo al suo pensiero razionale. Sì, l'aveva sperimentato già quattro anni fa, anche se sapeva che la ragione aveva sempre la risposta giusta.
Accendere il sistema di sicurezza. Informare il Dipartimento di Sicurezza. Rimuovere la presenza estranea. Aveva disobbedito a tutto. Ed ora era lo stesso. Stava lasciando che le sue emozioni controllassero le sue azioni.
Fuori aveva cominciato a piovere. Gocce di pioggia gli colpirono la guancia. Nella folla di persone che camminava svelta avanti ed indietro, non vide alcun volto familiare.

“Sion!” Karan salutò il figlio davanti alla porta e spalancò gli occhi. "Sei tutto bagnato! Che stavi facendo?"
“Una passeggiata”.
“Sotto questa pioggia? Da dove?”
“Dalla stazione”.
“E perché diavolo ti sei inzuppato dalla testa ai piedi?”
“Per rinfrescarmi”.
"Per rinfrescarti, eh? Rilassato come sempre, vero?”
Safu aveva usato la stessa parola solo pochi attimi prima. Sion ridacchiò fra sé e cominciò ad asciugarsi i capelli. Si era improvvisamente fatto parecchio freddo da quando aveva cominciato a piovere; il vecchio termoventilatore al cherosene stava ronzando per mantenere la stanza calda. Karan sbadigliò. Per lei era già tempo di dormire. Al sicuro in un angolo di Lost Town, Karan gestiva un modesto panificio. Era piccolo, con una sola vetrina, ma la gente sembrava essere attratta dal profumo del pane appena sfornato che ogni mattina aleggiava fuori dall'ingresso e gli affari andavano a gonfie vele. Apriva presto e per questo andava anche a dormire presto. Erano circa le 9 ma per Karan era come fosse mezzanotte.
"Sto pensando di aumentare l'infornata di panini al burro domani. E forse essere un po' avventurosa e provare a vendere dei dolci semplici, oltre ai muffin che già vendiamo. Che ne pensi?"
“Tipo la torta alle ciliegie?”
"Potrebbe essere un'idea. Pensavo a qualcosa che la gente possa comprare per uno spuntino ma di fascia un po' più alta rispetto al pane o ai muffin. Un piccolo ricordo per un giorno speciale o qualcosa del genere".
“Sembra fantastico”, si entusiasmò Sion.
“Lo credi davvero? E poi penso che avere delle torte in vetrina potrebbe ravvivare un po' l'atmosfera”.
Sion annuì e si avviò a lasciare il salotto. In questa casa non avevano il lusso di camere da letto singole. Karan dormiva in un angolo del salotto e Sion nel deposito.
“Sion”, lo chiamò sua madre. Egli si voltò.
“E' successo qualcosa?”
“Eh?”
“E' successo qualcosa per cui hai sentito il bisogno di rinfrescarti?”, Karan continuò senza aspettare la risposta di Sion. “Quando sei tornato a casa mi sei sembrato un po' stordito. Non ti eri nemmeno accorto di essere zuppo. E... anche ora-”
“Ora?”
“Mi sembri assente e poi di nuovo un po' agitato... hai una strana espressione in viso. Vuoi che ti porti uno specchio?”
Sion inspirò brevemente.
“Oggi al Parco qualcuno è morto”.
“Cosa? Nel Parco Forestale? Non ne hanno parlato al notiziario”.
Niente al notiziario? Voleva forse dire che l'uomo era morto per cause naturali? Anche se improvviso, forse era spiegabile. Non abbastanza da fare notizia, solo una morte naturale... Sion scosse la testa. Certo che no. Il tempo che il corpo aveva impiegato a diventare rigido, l'espressione del suo volto, la macchia verde. Era tutto troppo anormale.
Al Dipartimento di Sicurezza aveva solo spiegato quello che aveva trovato sulla scena. Aveva fatto finta di non aver notato il rigor mortis o la macchia ma sentiva che avrebbe dovuto. Non sapeva il perché ma una voce dentro di lui gli aveva detto di fare lo gnorri, di mentire. Il suo istinto l'aveva avvertito proprio come un piccolo animale che è in grado di avvertire il pericolo e nascondersi. Istinto, eccolo di nuovo. Non aveva agito basandosi sulla ragione ma per capriccio. Si era allontanato dalla logica e dal buon senso anche troppo facilmente per soccombere invece all'istinto delle emozioni. Sion sospirò profondamente. Respirare era diventato un po' più difficile.
“E' per questo che sei agitato?”
“Beh, sì. Non avevo mai visto un cadavere prima”.

Mamma, sto mentendo. Oggi ho rivisto quegli occhi. Ho rivisto Nezumi. Ed ho il presentimento che stia per succedere qualcosa. E' per questo che-

Karan sorrise e gli augurò la buona notte. Era un sorriso gentile. Le augurò anche lui la buona notte ed uscì dal salotto.
La figura di Karan era ancora grassottella ma sembrava molto più giovane di prima. Sembrava come se non avesse preso troppo a male il passaggio da Chronos a Lost Town. Sorrideva spesso mentre parlava di come fosse piacevole cuocere il pane e come fosse esaltante che la gente lo comprasse. Non era solo per gentilezza o per il desiderio di rassicurare il figlio. Karan non era affatto dispiaciuta della loro vita lì. A Chronos gli era stato dato tutto ma la loro vita a Lost Town era qualcosa che Karan aveva costruito con le sue mani. Ecco perché Sion non voleva distruggerla. Non voleva sradicare di nuovo tutta la vita di sua madre come aveva fatto quattro anni prima. Non voleva coinvolgerla di nuovo nei suoi guai.
Sion si lasciò cadere sul letto. Sentì un debole brivido seguito da un leggero dolore alla nuca. Quando chiuse gli occhi, una moltitudine di immagini si presentò dietro le sue palpebre. La macchia verde, la lattuga abbandonata, la camicia rosa, il volto di Safu. Voglio fare sesso. Il topolino che correva lungo il suo corpo. Sei rimasto un idiota. La temperatura del suo corpo si alzò. Il suo battito cardiaco accelerò. Non era un sogno. Non era stata un'illusione. Nezumi era esistito lì, nella folla di persone alla stazione. Quella che hai fatto è stata un'apparizione piuttosto vistosa. "Stupido", mormorò sottovoce. Che cosa ti aspettavi da quella breve apparizione? Che cosa stava progettando di fare Nezumi?
Sion si sedette sul letto. Safu a parte, il cadavere nel Parco e Nezumi erano in qualche modo collegati? Nezumi era riapparso lo stesso giorno in cui aveva scoperto il corpo. Era stata una coincidenza? Se fossero correlati, in che modo-
Una suoneria interruppe i suoi pensieri. Il cellulare della sua carta d'identità stava suonando. Non poteva essere. Sapeva che non poteva essere Nezumi ma il suo cuore batteva forte. Le sue dita tremarono mentre afferrava la carta. Delle lettere bianche lampeggiavano sul display: Safu. Premette il pulsante per parlare e sullo schermo apparve il viso di Safu.
“Sion, stavi dormendo?”
“Ah- Umh, no.”
Se n'era dimenticato. Avrebbe dovuto chiamarla lui per finire di darle l'arrivederci che era rimasto in sospeso.
“Safu, mi spiace per quello che è successo prima. Io-”
“Quella persona era molto importante per te, eh?”
“Eh?”
Il viso di Safu si aprì in un sorriso ironico. Era sia sereno che bello.
“Non ti avevo mai visto con una simile espressione prima. Sai che faccia hai fatto?”
“Eh? Aspetta... era tanto brutta?”
"E' stata molto interessante. Mi ha fatta divertire per tutto il tempo. All'inizio era di stupore e poi - beh, vediamo - come si può chiamare? Gioia? Estasi, forse. Abbastanza da eliminare qualunque altra cosa dalla tua mente. E poi ti sei precipitato fuori dalla stazione, lasciandomi indietro tutta sola. Che storia triste, eh? Lo so".
“Mi dispiace. Non potrò mai scusarmi abbastanza”.
“Te l'ho detto. Ti perdono. Almeno sono riuscita a vedere questo nuovo lato di te, non ti ho mai visto con una faccia simile prima. Allora, Sion, chi è che ha reso possibile una simile espressione? Era così importante da lasciarti mollare tutto per correrle dietro?”
“Sì”.
Si sorprese egli stesso per la risposta pronta che aveva avuto.
“Uhm, Safu, non fraintendere. Non è la mia ragazza né niente del genere. Uh... non so nemmeno come spiegarmi bene ma...”
"E' anche la prima volta che ti vedo incespicare per cercare di spiegare qualcosa. Va benissimo se hai una ragazza. Non mi importa se hai già qualcuno che ti piace. No, è una bugia. Guardami, cerco sempre di sembrare forte in qualsiasi situazione. E' una mia cattiva abitudine".
“Non è vero”, replicò Sion. “Sei sempre onesta con te stessa”.
“Solo di fronte a te”, Safu continuò mentre la sua espressione si faceva seria. “Davvero non te ne sei mai accorto?”
“Safu, davvero, mh... prenditi cura di te. Quando ci rincontreremo fra due anni...”
“Ti amo Sion. Più di chiunque altro”.
La linea si chiuse senza aspettare la sua risposta. Poteva sentire lo scrosciare della pioggia. Gli sembrò di vedere muoversi qualcosa nell'angolo della stanza.
“Nezumi?”
Tra i sacchi di farina e zucchero accatastati nel deposito si sentiva solo l'eco del suono della pioggia. Sion si abbracciò le ginocchia e si sedette in silenzio nel buio, prestando orecchio al continuo piovigginare. La pioggia non mostrò segni di peggioramento o diminuzione ma continuò per il resto della notte.

* Fine Cap.2 *

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