N°6: vol.1 cap.3 (parte 1)

Jan 02, 2012 21:31

Traduzione originale: 9th Avenue
Traduzione ita: Haidée
Betaggio: Nana

Cap.3: Fuga per la vita


Sion inserì la sua carta d'identità nel lettore di schede dell'Ufficio Amministrativo del Parco. La porta si aprì senza fare rumore e si avviò il sistema di filtraggio e controllo della temperatura dell'aria. All'interno dell'ufficio non c'era ancora nessuno. Era strano che Yamase non fosse già lì. Sion premette l'interruttore che avviava il Sistema di Amministrazione del Parco. Così cominciò un'altra giornata di lavoro.
“Buon giorno”. Assieme al saluto apparve un'immagine del Municipio, il Moondrop. "La vostra incrollabile lealtà alla città-"
Mise la propria mano sull'immagine del Moondrop e lentamente recitò: "Prometto, d'ora in avanti e per sempre, la mia lealtà incrollabile alla città di N°6".
“Grazie per la sua lealtà. Impegni la sua giornata lavorativa con sincerità e orgoglio da buon cittadino di N°6”.
Il Moondrop scomparve e fu sostituito da un rapporto sulle condizioni di vita di tutti gli organismi del Parco. Sion tirò un sospiro di sollievo. Il quotidiano rituale di lealtà era diventato fonte di disagio per lui. Anche se faceva parte dei rami più lontani, l'Ufficio Amministrativo del Parco aveva uno stretto legame con la Città. Tutte le mattine ogni dipendente era tenuto a giurare fedeltà alla Città. In caso di rifiuto avrebbe perso il suo lavoro.
Non era poi un gran problema. Tutto quello che doveva fare era mettere la mano sopra il display e recitare le stesse parole. Sion aveva cercato di ignorarle ma le logore e banali parole del giuramento e l'assoluta ridicolaggine del rituale in se stesso, lo riempivano sempre di disgusto. Ripetere questo insulso ed assurdo rito ogni mattina faceva male all'orgoglio ferito di Sion. Ricordò che anche Safu si era lamentata della stessa cosa. Anche il laboratorio dove lavorava lei operava sotto le direttive della Città quindi anche lì il rituale di lealtà era obbligatorio.
Sion soffiò leggermente sul palmo della sua mano. Era inutile lamentarsi. Finché fosse stato un cittadino di N°6, fino a quando avesse continuato a vivere lì, sarebbe stato inutile preoccuparsi dell'orgoglio. O almeno questo era quello che continuava a ripetersi.
La porta dell'ufficio si aprì ed entrò Yamase. Dietro di lui c'era una donna che sembrava avesse intorno ai vent'anni. Yamase la chiamò dolcemente ma lei scosse la testa, si inchinò leggermente e andò via in fretta. Era una donna minuta con i capelli lunghi.
“Capisco...”. Sion fermò le sue mani sui tasti di controllo e si girò a guardare lo squadrato e spigoloso viso di Yamase.
“E' raro vederti in compagnia di una donna Yamase-san. E' possibile che lei fosse-”. Stava per dire “la tua ragazza” ma subito si interruppe. Yamase era seduto di fronte al suo pannello di controllo e recitava il giuramento di lealtà alla Città. La sua espressione era tesa. Sion capì dalla sua faccia che non era il momento giusto per prenderlo in giro.
“Yamase-san, è successo qualcosa?”
“Sion, quella signora...”, Yamase si fermò e si volto verso Sion, “era la moglie del cadavere di ieri”.
“Eh?”
Questo li rendeva una coppia con un'enorme differenza d'età. N°6 non aveva un regolamento rigido in fatto di matrimoni, fin quando si trattava di due regolari cittadini consenzienti almeno. Neanche il non aver ottenuto un certificato ufficiale di matrimonio era un grosso problema. Lo era di più il fatto di essere in grado di preparare un ambiente appropriato per dei figli, se ne avessero avuti. Alle persone che non soddisfacevano i criteri standard della Città, infatti, non era consentito mettere al mondo dei figli. Ma Sion non conosceva quali fossero quei criteri. Tuttavia la gente era libera di sposarsi e una coppia o due con così tanta differenza di età non era niente di straordinario.
“Ha detto che avevano solo tre anni di differenza”, disse con calma Yamase. Sion non capì. “Lui era tre anni più vecchio della moglie”, ripetè Yamase.
“Tre anni... ma-”
Yamase annuì. “Quel cadavere aveva solo 31 anni”.
“Impossibile!”, esclamò Sion incredulo. “Non può essere. Quello era il corpo di una persona anziana, da qualunque parte lo si guardi!”
“Già”, disse Yamase gravemente. “Sono rimasto sorpreso anch'io. Ma il corpo non è stato restituito alla signora. Lo trattengono ancora al Dipartimento”.
“Lo trattengono? Perciò mi stai dicendo che l'autopsia non è stata sufficiente ad accertare la causa della morte?”
“Credo sia proprio così”.
Non riuscivano a stabilire la causa della morte. Sion non poteva immaginare ad una causa di morte che nemmeno la miglior tecnologia medica di N°6 era in grado di decodificare. La medicina aveva da tempo supporti completi per l'analisi dell'organismo su scala nanometrica. Una cellula media misurava circa 20 micrometri. Un micrometro è 1000 volte più grande di un nanometro. Qualsiasi malattia a livello cellulare dovrebbe essere facile da trovare e analizzare.
Shion sentì un brivido. Il rigor mortis anormale, il suo dissolvimento e il corpo rimasto che era inequivocabilmente quello di un uomo anziano: che stava a significare tutto ciò? Non lo sapeva. Nel presente, la voce bassa di Yamase parlò di nuovo.
“Alla signora è stato detto che è morto per un incidente nel Parco e di aspettare ulteriori notizie per quando si capirà la causa della morte. E' venuta qui oggi per chiedere almeno di vedere dov'è avvenuto l'incidente”.
“Incidente? Stronzate!”
“Hai ragione, sono un mucchio di stronzate. Dirle che si è trattato di un incidente è un'enorme balla”, replicò Yamase, grattandosi vigorosamente il collo per l'irritazione.
“Yamase-san, perché mai il Dipartimento dovrebbe mentire? E non è strano che non siano in grado di trovare la causa della morte?”
“Già... questo incidente è pieno di domande senza risposta”.
“Se il Dipartimento non è in grado di spiegarla, è possibile che la causa della morte non abbia altri precedenti?”
“Nessun precedente?”
“Quell'uomo è morto a causa di qualcosa di sconosciuto fino ad oggi, qualcosa di cui nessuno ha sofferto prima... è possibile, no?”
“Sion! Ma che stai...”, Yamase si interruppe. Il suo viso era pallido. Sion immaginò che il proprio doveva apparire molto simile.
“Prendiamoci un caffè, ok?”. Yamase all'improvviso si alzò come se non potesse sopportare un minuto di più la tensione che c'era nell'aria. Sion si alzò di fretta dopo di lui.
“Oh, lascia fare-”
“No, lo faccio io. A te piace aggiungerci parecchio latte, vero Sion?”
“Grazie”, Sion si fermò. “Però... chiunque guardi il corpo può dire chiaramente che non si è trattato di un incidente, no?”
Yamase si girò verso di lui. Il suo solito viso gentile era ora stranamente contratto.
“Yamase-san?”
“Sion, i corpi possono essere modificati”.
“Eh?”
“Io-”, Yamase balbettò. “Prima di cominciare qui, lavoravo all'Ospedale Municipale Centrale. Il mio compito era quello di modificare i cadaveri”.
“Modificare... cosa intendi dire?”
“Non avrei dovuto parlarne con nessuno, ma...”, Yamase esitò. “Sion, hai mai visto un cadavere?”
“Una volta, al funerale di mio nonno materno. Alla veglia ho visto il suo corpo in una bara”.
“E com'era?”
“Com'era...? Sembrava in pace. Non sono tutti così?”
“Lo pensi davvero?”
“Stai dicendo di no?”
La tecnologia medica ha fatto enormi progressi, non solo nel campo del trattamento delle malattie e della prevenzione ma anche nella soppressione del dolore. La tecnologia del giorno d'oggi potrebbe occuparsi di qualsiasi cosa: che si tratti di un incidente o di una malattia, del dolore per un intervento chirurgico ai problemi di respirazione, dal dolore intenso alle convulsioni fino al momento che porta alla morte. Le persone finiscono la propria esistenza senza soffrire e tutti muoiono con delle espressioni pacifiche sui propri volti. Questo è ciò che era stato detto a Sion.
Yamase gli porse una tazza di caffè. Abbassò lo sguardo ed inclinò il collo per grattarlo, come se volesse evitare lo sguardo di Sion.
“Tutto questo parlare di tecnologia medica mi ha dato alla testa”, disse lentamente Yamase. “Ma tutto ciò che so è che... non importa quanto la tecnologia sia sviluppata, è impossibile che tutti abbiano una morte serena. Di questo sono piuttosto sicuro”. Il viso di Yamase si contrasse ancora di più. La mano con la quale teneva la tazza tremò leggermente.
“Ho lavorato a lungo nei sotterranei dell'Ospedale Centrale. Il mio lavoro consisteva nel modificare i cadaveri che venivano portati lì”.
“Yamase-san, cosa intendi per modificare i cadaveri?”
“Era un lavoro semplice. Quando il corpo era stato certificato come morto e veniva portato lì, dovevo cospargerne il volto con una speciale sostanza chimica e ricoprirlo con una macchina. E poi-”
“E poi?”
“Poi avrebbe sorriso. Lo facevano tutti. Tutti avevano il volto di qualcuno che sta facendo un bel sogno”.
Sion cacciò quasi un grido. Era proprio come aveva detto Yamase. Aveva nove anni quando vide il volto del suo defunto nonno e stava sorridendo.“Sembra quasi che stia facendo un meraviglioso sogno”, ricordò che sua madre l'aveva sussurrato mentre piangeva.
“Naturalmente”, proseguì Yamase, “la maggior parte dei cadaveri non ha bisogno di modifiche. Sono tutte persone che hanno potuto avere cure adeguate e hanno avuto davvero una morte tranquilla. Ma è solo la maggioranza... non l'intera popolazione. C'è anche un ridotto numero di persone che però muore tragicamente e i loro volti sono trasfigurati dal dolore”.
“Per esempio...?”
“Eh?”
“Che tipo di persona può morire in questo modo, Yamase-san?”
Yamase esalò un breve respiro e finì il suo caffè. “Non lo so. Il mio compito era solo quello di cospargerne i volti con una sostanza chimica e ricoprirli con una macchina. Non sapevo perché quelle persone erano morte con quell'espressione triste e sofferente sui loro volti e nessuno me l'avrebbe detto”, si fermò. “Ma... c'è stata una volta in cui portarono un uomo di mezza età... dovevo pulire i loro volti prima di cospargerli con la sostanza e notai che l'uomo aveva ancora il volto segnato di lacrime e pensai che forse aveva pianto fin poco prima di morire. Poi un pensiero mi attraversò la mente... che quell'uomo si fosse tolto la vita da solo”.
“Un suicida? Un cittadino di questa città...?”
“Pensi che sia impossibile?”, chiese Yamase con decisione.
“Fra tutte le cause di morte degli ultimi 10 anni, il suicidio raggiunge solo lo 0,05%. E la maggior parte sono stati impulsi causati da psicosi temporanee perciò, in pratica, non sono nemmeno da considerarsi tali. Ad ogni modo questo secondo le statistiche della città”.
“Secondo le statistiche cittadine, certo”, riformulò Yamase.
A N°6 la disperazione non esiste. Tutti i cittadini conducono una vita sicura e ospitale. Non c'è fame, né guerra, né angoscia, né dolore nel momento in cui giunge la morte.
Siete stati tutti programmati per bene a pensare che questo ammasso di falsità pieno di buchi sia l'utopia perfetta. Nezumi aveva detto queste parole quattro anni prima. Ora Sion ne stava sperimentando la verità parola per parola. Lost Town era piena di persone che avevano perso la speranza. Avevano abbastanza da mangiare e per continuare a vivere. Ma non avevano nessuna speranza per il futuro. E Lost Town non era l'unica... forse lo stesso si poteva dire di Chronos. Quante persone potrebbero morire con un vero sorriso sul volto e vantare di aver vissuto una vita appagante?
“Yamase-san, stai dicendo che il Dipartimento sta manipolando le informazioni?”
“Sion!”, lo ammonì Yamase aggrottando le sopracciglia e scuotendo la testa con violenza. ”Non dire cose del genere a voce alta. Noi siamo stati assunti dalla Città. Abbiamo giurato lealtà. Non dovremmo parlare dei nostri sospetti. Non so cosa mi sia preso. Dimentica tutto ciò che ho detto. Dimentica”.
“Come vuoi”, replicò incerto Sion.
“Bene allora, azioniamo Sampo e gli altri. Quali sono le regioni di oggi?”
“Dall'area JK02 alla ER005. Compito principale: raccolta del fogliame”.
“Ok, mettiamoci al lavoro”.
“Hai ragione”. Cominciarono a toccare i tasti di controllo per i robot. Yamase emise un breve grugnito di dolore.
“Yamase-san?”
“Ah, non è niente. E' solo che... le mie dita sono strane”.
“Ti sei fatto male?”
“No, no... è come se si fossero irrigidite...”. Si alzò in piedi barcollando e poi improvvisamente si accasciò al suolo con il viso tra le mani.
“Stai bene?”
“I miei occhi... vedo... tutto sfocato...”
Mentre stava per portare soccorso a Yamase, Sion si raggelò. Non riusciva a muoversi. I capelli di Yamase erano diventati bianchi. Delle macchie cominciarono a diffondersi sulle mani che gli coprivano il volto.
“Sion, cosa... cosa mi sta succedendo?”
Atterrito dalla paura, Sion vide Yamase invecchiare di fronte ai propri occhi con straordinaria velocità. Si raggomitolò lì dove giaceva a terra e la sua schiena fu scossa da spasmi violenti. Stava avendo problemi respiratori. Sion si lanciò verso l'interfono di emergenza.
“Abbiamo un'emergenza. Serve un'ambulanza, presto!”
Yamase tossì debolmente. Cosa stava succedendo? Sion non poteva credere a quello che stava accadendo di fronte ai propri occhi. Sembrava tutto così surreale. La sua mente era in preda al panico: non sapeva cosa fare né come comportarsi. Ma un'altra parte di lui era rimasta inquietantemente calma. Osserva, analizza, guarda, non distogliere lo sguardo da lui. Prendi tutto ciò che puoi e rendilo conoscenza.
Sion inghiottì e prese Yamase fra le sue braccia. Dopo qualche altro debole spasmo, il corpo di Yamase si immobilizzò.
“Yamase-san?”. Il suo volto era inconfondibilmente quello di un anziano. E non era più quello di una persona viva. Sion gli controllò il polso e le pupille. Il corpo di Yamase diventò sempre più freddo con il passare dei minuti. La sua bocca era aperta per lo stupore, come quella dell'uomo del giorno prima.
Sion, com'è potuto succedere? Non ci credo. Sion potè quasi immaginare quelle parole uscire da quelle labbra socchiuse.
Devo almeno chiudergli gli occhi. Sion premette le proprie dita sulle palpebre di Yamase. Non si chiusero. Il rigor mortis aveva già cominciato a fare il suo corso.
Sion si accovacciò accanto a Yamase, strinse i pugni e continuò a fissare il suo collega con il quale stava avendo una conversazione solo fino a pochi attimi prima. Sentimenti come la paura, il dispiacere o il dolore erano stranamente assenti. Era come se tutti i suoi sentimenti si fossero intorpiditi.
Osserva, analizza, guarda, non distogliere lo sguardo da lui. Prendi tutto ciò che puoi e rendilo conoscenza. E memorizza tutto. Memorizza, memorizza...
Cessazione dell'attività respiratoria e cardiovascolare. Diminuzione della temperatura corporea. Rigor mortis. Macchie causate dalla morte. Dissipazione del rigor mortis. Fenomeni post-mortem che di solito impiegano decine di ore a manifestarsi, si stavano compiendo in soli quindici/sedici minuti. Gli sembrava di star guardando un film con l'avanzamento veloce.
Sion osservava immobile, con gli occhi spalancati, mordendosi il labbro durante la concentrazione. Avrebbe potuto prevedere quello che sarebbe accaduto dopo. Stava sudando. Una goccia di sudore caldo scivolò dalla sua tempia giù lungo la guancia. Il suo calore lo rassicurò che era ancora vivo.
Le persone vive sono calde. Avevi proprio ragione Nezumi. Le persone sono calde perché sono vive. Tu l'avevi già capito quattro anni fa.
Sul collo di Yamase apparve una macchia. Era verde scuro, quasi nera. Sion si morse le labbra più forte. Nella sua bocca si diffuse il sapore del sangue. Eccolo, era iniziato... quel qualcosa di sconosciuto fino ad allora e che nessuno aveva mai sperimentato. Si sporse in avanti. La macchia si mosse. La pelle in quel punto si gonfiò leggermente e si mosse.
Suonò un allarme. Sampo stava mandando un segnale di “oggetto indistinguibile”. Ignari dei cambiamenti che stavano avvenendo in ufficio, sembrava che Sampo e gli altri stessero proseguendo nei propri doveri di pulizia come al solito. Sion lo ignorò. Non aveva tempo da perdere. Tutti i nervi nel suo corpo erano concentrati sulla macchia. I suoi occhi erano incollati ad essa e non riusciva a distogliere lo sguardo.
Sion si lasciò sfuggire un soffocato grido di orrore. Si strinse nel petto e sentì il battito del proprio cuore contro i palmi. Fece un balzo indietro. Un insetto si era aperto una via d'uscita da sotto la pelle del collo di Yamase e si dimenava per liberarsi. Era dello stesso colore della macchia da cui era venuto fuori. Aveva sottili ali d'argento, sei zampe, le antenne e un ovopositore a forma d'ago.
“Un'ape...”
Un'ape era appena uscita da un corpo umano mangiandone la pelle. Com'era possibile che-
L'insetto volò via. Lo seguì con lo sguardo e notò l'ambulanza del Dipartimento Medico accostare davanti all'ufficio. Un improvviso buio gli velò gli occhi.
Stava svenendo per lo shock.
L'insetto nero gli sfrecciò davanti mentre la vista gli si oscurava. Sion gemette e si rannicchiò sul pavimento.

Sion si svegliò con una luce accecante a trafiggergli gli occhi. Udì una tranquilla voce maschile parlare.
“Sei sveglio?”
La luce filtrò attraverso la finestra contro la quale l'uomo aveva la schiena appoggiata. Il suo volto rimase in ombra. E quell'ombra parlò di nuovo.
“Alzati. Ho alcune domande da farti”.
Era una voce che aveva già udito prima di allora. Sion si sollevò e notò di essere sdraiato sul divano dell'ufficio. Yamase, avvolto in un panno bianco, veniva portato fuori dalla stanza. Capì di aver perso i sensi per pochi minuti.
“Yamase-san”.
Sion chiamò il nome del proprio collega quasi senza pensarci. Il volto sorridente di Yamase gli attraversò la mente. Frammenti di ricordi - quanto amasse il caffè e ne bevesse moltissime tazze al giorno, il suo comportamento tranquillo, la sua abitudine di guardarsi timidamente i piedi - gli esplosero nella mente tutti in una volta.
Non erano particolarmente intimi. Per Sion era solo un collega più anziano. Non aveva mai fatto confidenze a Yamase, né avevano mai avuto una conversazione più sul personale. Ma a Sion Yamase piaceva. Yamase non si era mai impicciato invadendo lo spazio personale di qualcuno ma questo non significava che fosse un tipo disinteressato. Era una persona buona che non c'era più.
“Yamase-san...”. Gli occhi gli cominciarono a pungere. Fu leggermente colpito sulla spalla.
“Lasciamo le lacrime a dopo, ok?”, disse l'uomo pigramente e con una voce priva di emozioni. Il cuore di Sion ebbe uno sgradevole sussulto.
“Potresti spiegarci la situazione?”. Quella voce, quelle parole. Le aveva già sentite.
“Lei è...”
“E' passato un po' di tempo, no? E' bello sapere che ti ricordi ancora di me”.
Era Rashi, l'ufficiale addetto agli interrogatori del Dipartimento di Sicurezza. Aveva lo stesso modo dolce di parlare e gli stessi occhi severi di quattro anni prima.
“Ci dirai tutto quello che sai, non è vero?”
Sion si ritrovò ad annuire automaticamente. Sentiva la sua mente cominciare lentamente a dipanarsi. La sua testa e il suo corpo erano pesanti e sentiva la sua stessa voce come provenire da lontano.
Così non va.
Un segnale di pericolo suonò in un remoto angolo della sua mente. Ma non riuscì a moderarsi così bene come aveva fatto il giorno prima. Ad ogni domanda rivoltagli da Rashi, parole impotenti sgorgavano dalla sua bocca.
“Un'ape?”. Rashi aggrottò la fronte. Diede uno sguardo in giro per la stanza e piegò perplesso la testa da un lato. Nella stanza non c'erano né insetti, né api né nient'altro.
“Non me la bevo”.
“Controllate il collo di Yamase-san, ci dovrebbe essere una cicatrice-”, inghiottì le sue stesse parole. Ci dovrebbe essere una cicatrice. E ce ne dovrebbe essere una identica sul collo dell'uomo di ieri. Il Dipartimento aveva indagato su quel corpo morto innaturalmente, era impossibile che avessero trascurato una cosa simile. L'avevano vista ma avevano detto alla moglie in lutto che si era trattato di un incidente. Non volevano che la vera causa della morte diventasse di dominio pubblico, ecco qual era il punto.
Sion girò la testa di lato, come per evitare lo sguardo di Rashi. Aveva parlato troppo. Aveva detto tutto ciò che sapeva, anche qualcosa che il Dipartimento non voleva raggiungesse orecchie esterne: informazioni classificate che stavano cercando di insabbiare. Se fosse davvero così...
“Avresti dovuto specializzarti in ecologia, giusto?”
“Sì ma non l'ho mai fatto. Ora non ci ho più niente a che fare”.
“Ed eri interessato anche alla biologia degli insetti per caso?”
“L'ecologia comprende tutto ciò che ha a che fare con le interazioni delle specie con il loro ambiente. Gli insetti non erano l'unica cosa a cui ero interessato”.
“Ah, è così? E, nello specifico, cosa vuoi dire parlando di rapporto tra organismi e loro ambiente?”
“Beh...”
Sion si sentì sudare freddo. Mentre parlava, sulle sottili labbra di Rashi era comparso un sorriso, le sue parole diventarono più leggere e il suo tono più colloquiale. Ma il suo sguardo non si distolse nemmeno una volta da Sion. Due funzionari del Dipartimento di Sicurezza entrarono e uno di loro sussurrò qualcosa all'orecchio di Rashi. Un attimo dopo Rashi parlò.
“Spero non ti dispiaccia seguirci al Dipartimento di Sicurezza per un po'”.
“Come?”
“Non preoccuparti, vogliamo solo sentire ancora una volta il tuo racconto. Sarà tutto finito in pochi minuti. Ti prometto che non ruberemo molto del tuo tempo se ci seguirai”.
“Io-”
Suonò un allarme. Sampo stava inviando un errore di “oggetto indistinguibile”.
“Mi spiace ma devo occuparmi dei robot per le pulizie...”
“Disattivali pure. In ogni caso non avresti lavorato molto oggi”.
Sion lo ignorò. Sul display ridusse ad icona l'errore e si posizionò sulla schermata delle telecamere. Sullo schermo apparve un piccolo topolino grigio. Faceva su e giù sul braccio di Sampo. La sua bocca era spalancata e sembrava bisbigliare incessantemente qualcosa. Sion si portò le cuffie alle orecchie e accese il sensore acustico.
“Sion”, la voce di Nezumi fluì in tutto il suo essere, “esci subito di lì. Sei in pericolo”.
Cosa?
“Esci”.
Click. Udì un rumore alle sue spalle. Sion si voltò e si trovò a fissare un paio di canne di pistola. Non riusciva a distinguere di che modello fossero ma sapeva che non erano pistole stordenti ad alta tecnologia, no, niente del genere: erano vecchi modelli altamente efficaci per uccidere. Amavano usare questo tipo di armi coloro che per hobby praticavano la caccia sportiva. Sion lentamente fece scattare l'interruttore che azionava l'altoparlante di Sampo. In questo modo Nezumi sarebbe stato in grado di sentire la sua voce.
“Mi sta arrestando?”
“Credo la si possa mettere anche così. In ogni caso, tu vieni con noi”.
“Non dovreste avere un motivo per arrestarmi?”
“Un motivo? Assolutamente no. Ma se insisti... facciamo per la tua bicicletta?”
“La mia bicicletta?”
“Ne utilizzi una senza limitatore di velocità. E' una violazione della legge e un motivo più che sufficiente per metterti agli arresti”.
“Cioè - ma che?! - per un motivo così ridicolo, senza nemmeno passare attraverso le normali procedure e con la violenza? È così che arrestate un cittadino di N°6? Che fine hanno fatto i miei diritti?”
“Un cittadino? Diritti?”. Rashi sogghignò. Un violento brivido corse giù lungo la schiena di Sion.
“Pensi davvero di averne?”
Poteva sentire schioccare la lingua di Nezumi. Tsk.
“Credo proprio di non aver fatto in tempo”.
Sion espirò e cominciò a spegnere il sistema operativo. Appena prima di spegnere udì chiaramente il breve messaggio di Nezumi.
“Sion, non farti prendere dal panico. Verrò ad aiutarti”.

Aveva ragione. Niente panico. Calmati. Resta sano di mente. Guadagna un po' di tempo. Sion si calmò.
“Vi prego solo di non usarmi violenza”.
“Certo che no. Finché coopererai almeno”.
“Non avrebbe senso per me reagire, no?”
“Fa parte del tuo modo di essere non fare cose inutili? Sei un bravo ragazzo che sa quello che dice. Che spreco però”.
“Spreco? In che senso?”
“Per te”.
“Non capisco a cosa si riferisce”.
“Lo saprai presto. Sei sempre stato intelligente e di veloce comprensione, proprio come quattro anni fa”.
Affiancato da due funzionari del Dipartimento, Sion venne fatto salire in macchina. Sopra di loro c'era un enorme cielo autunnale limpido e azzurro. Il Sole era abbagliante. Gli uccellini cantavano. Una leggera brezza soffiò loro vicino. C'era un tempo pacifico e tranquillo.
L'auto procedeva.
“Che bel tempo c'è oggi”, commentò Rashi dal sedile del passeggero senza nemmeno voltarsi. Il funzionario seduto accanto a Sion annuì in risposta. “Sembra proprio che abbiamo avuto più giornate calde del solito ultimamente”.
Rashi si voltò verso Sion e sorrise.
“E tu? Ce l'hai un'auto?”
“No. Di solito uso la bici oppure cammino”.
“Questa è un'ottima cosa. I giovani come te dovrebbero muoversi di più. A proposito quella su cui siamo ora è un'auto a batteria. Abbastanza comoda, non credi?”
"Penserei che è eccellente, se non mi trovassi nella situazione in cui sono ora", rispose sarcastico Sion. Per tentare una minima reazione, era il meglio che gli fosse venuto in mente. Rashi si strinse nelle spalle con leggerezza.
"Come stavo dicendo, questa vettura viene alimentata da batterie. Hai idea di come funzionino? Noi non siamo troppo portati per il lato scientifico delle cose, temo."
“Non ne so niente nemmeno io”.
“Che tipo di cose conosci allora?”
“Non molte... cioè, non ho tutta questa conoscenza scientifica in fondo”.
I funzionari ad entrambi i suoi lati si mossero insieme. Lo afferrarono saldamente per le braccia. Il tono di Rashi tornò quello dell'interrogatorio.
“Dicci semplicemente quello che sai”.
“Come ha già detto, ciò che so... sono solo conoscenze di base”.
“Del tipo?”
La conversazione fu breve, priva di frivolezze, ma Sion sentì come una sorta di pesante soffocamento. Si sentiva come se qualcuno lo stesse lentamente privando dell'aria con un pezzo di stoffa morbido ed umido. Gli venne la nausea.
“Quindi... attraverso l'elettrolisi, l'alcol si separa in ossigeno e idrogeno e, fondendoli insieme ancora una volta, l'energia è-”
“L'energia cosa?”
“Dove stiamo andando?”, chiese Sion all'improvviso. Fece per alzarsi ma venne tirato indietro e spinto al suo posto.
“Non stavamo andando al Dipartimento di Sicurezza? Non è da questa parte”. Il Dipartimento è situato accanto al Municipio. Partendo dall'Ufficio Amministrativo del Parco, bastava solo tagliare attraverso quest'ultimo per arrivarci. In auto era una distanza di pochi minuti. Ma il paesaggio fuori dal finestrino gli diceva che l'auto si stava dirigendo nella direzione opposta.
“Dove pensi che siamo diretti?”
“E' proprio quello che le stavo chiedendo io”, disse Sion con tono seccato.
“Non hai il diritto di fare domande”.
“Che... come può... perché...?”
“Non te l'ho già detto? Tu sei il primo sospettato in questo caso”.
“Che caso?”
“Dei decessi di oggi e ieri. Sei sospettato di omicidio”.
Sion perse la voce. Sentì affluire il sangue nelle orecchie man mano che si prosciugava dal suo volto.
“Sei un sospettato pericoloso. Hai elevate conoscenze e l'intelligenza per metterle in pratica. Posso affermarlo anche solo dalla nostra conversazione. E per finire, sei insoddisfatto della tua situazione e provi una forte resistenza nei confronti della Città. Capacità superiori ed ostilità verso la Città. Prese singolarmente non sono di alcun interesse ma tu hai entrambe le cose. Davvero pericoloso”.
“Queste sono delle false accuse”.
“False? Mi permetto di dissentire”. La mano di Rashi si allungò verso un pulsante argenteo accanto al volante. Nelle casse cominciarono a risuonare le voci di Sion e Yamase.
“Yamase-san, perché mai il Dipartimento dovrebbe mentire? E non è strano che non siano in grado di trovare la causa della morte?”
“Già... questo incidente è pieno di domande senza risposta”.
Sion chiuse gli occhi. Era la conversazione che aveva avuto solo poco prima. Erano stati spiati per tutto il tempo. Avevano nascosto un microfono nel pannello di controllo? Ma a quale scopo?
“Yamase-san, stai dicendo che il Dipartimento sta manipolando le informazioni?”
“Sion!”.
Rashi sfiorò di nuovo il pulsante. Le voci cessarono. Per un istante nell'auto cadde un freddo silenzio come se l'aria si fosse ghiacciata.
“Vorresti proseguire nell'ascolto?”
“La prego... la smetta... non ci posso credere”.
“No?”
“Non ho ucciso nessuno”, disse Sion con un tono piatto.
“Quindi tu affermi che il vero assassino sia questa ape di cui parli?”
“Sì”.
“Assurdo. Una storia piuttosto forzata per una persona della tua intelligenza”.

~TBC~

traduzione ita, novel, nezumi, sion, no.6, N°6

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