Titolo: Tre foglie nel vento
Autore:
haruka_lantisFandom: originale
Rating: NC-17
Note: ambientanta in Giappone nel 1687, ovvero durante l'era Tokugawa, ad Edo (l'attuale Tokyo). Chiari riferimenti a rapporti omosessuali anche con minori (ma era una prassi comune a molte civiltà del passato e avere sedici anni nel XVII secolo non è come averli al giorno d'oggi).
Scritta per: la mia tabella su
24ore prompt Prompt 14:00 Sensazioni uniche
Disclaimer: mia l'idea, miei i personaggi, mia la storia, siete pregati di ricordarvelo, nel caso fosse in cerca di ispirazione!
Anno 1687, aprile
Casa dei lillà, kagemaya a Hakone
Ora della Capra
Ito Sojiro era rimasto sveglio tutta la notte, nonostante si fosse ripromesso di non aspettare in piedi il ritorno del maestro, ma quando all'alba non lo aveva visto rientrare, si era preoccupato. Lo aveva cercato nel tempio, alle terme, alla fine si era risolto a tentare presso la Casa da tè dove soggiornavano gli attori della compagnia kabuki Chikamatsu, appena arrivata a Hakone da Edo.
“Il vostro maestro è ancora a letto” gli aveva detto con un sorriso malizioso la vecchia padrona e poi gli aveva servito il conto da saldare: una cifra astronomica, il suo stipendio di due mesi. La vecchia aveva alzato un sopracciglio mentre si riempiva la pipa “E se non vi sbrigate a portarlo via, credo che dovrete impegnare le spade per pagarmi”.
Sojiro represse l'istinto di staccarle la testa di netto e le consegnò la borsa senza aprirla.
“Il resto lo avrete in serata, non ho tutto quel denaro con me”. La donna pesò il contenuto ad occhio con fare professionale e sorrise al ragazzo. “Vi farò uno sconto, visto che il vostro maestro è un uomo dagli appetiti sostanziosi, potrebbe tornare a trovarci e mi piace avere un occhio di riguardo per i buoni clienti” Un'occhiata torva di Sojiro la convinse a non dire altro, ma a farlo scortare da una serva al piano superiore.
La donna s’inginocchiò davanti ad uno shoji in fondo al corridoio: a quell'ora non c'era quasi nessun cliente e gli artisti o dormivano o facevano esercizi nel cortile sottostante; il piano era per lo più deserto.
“Samurai-sama, il vostro allievo chiede di voi”
Si sentirono rumori di vesti stropicciate, una risatina trattenuta e poi la voce del maestro, bassa, roca, di chi si era appena svegliato “Ditegli che non ci sono”. La donna si rivolse verso il ragazzo incerta sul da farsi, e allora Sojiro decise di prendere la situazione in mano.
“Sato-sensei, temo che non sia possibile nascondermi la vostra presenza”
La voce di Sojiro lo raggiunse oltre gli shoji, mentre Ranmaru, divertito, cercava di svestirlo dello yutaka che Masanori continuava a tirare sulle spalle. Non si aspettava di vederselo piombare nell'okaya e lo innervosì il fatto d’essere ancora in compagnia del kagema, aggrovigliati come se la notte potesse nascondere i loro giochi. Si avvide di colpo che il sole era alto, che un nuovo giorno aveva avuto inizio da tempo e che era ora di tornare alla vita di tutti i giorni.
“Sojiro-kun, aspettami di sotto: ti raggiungerò a breve”
“Maestro, non per fare i conti della serva, ma ho dovuto dare alla padrona tutti i risparmi del nostro viaggio: se non vi sbrigate ad uscire dovrò pagarla in natura, la vegliarda!”
“Che ore sono?” disse rivolgendosi a Ranmaru, ma questi scrollò le spalle nascondendo una risata dietro la mano candita.
“E' passata l'ora della capra, sensei. Siete sicuro che vada tutto bene?”
“Aspettami in strada, Sojiro-kun: fa’ quel che ti dico, per la miseria!” ruggì Masanori; detestava esser colto in fallo, da quel moccioso poi, ma detestava ancora di più che il giovane attore non la finisse di ridere “Falla finita” sussurrò dandogli un pizzico doloroso sulla gamba, tanto che questi ritrasse di scatto con un finto “Ahia!”. Intanto poteva udire i passi del suo allievo e della cameriera allontanarsi.
“Arrabbiato perché il tuo bambino è venuto a riprenderti? Oh, com'è divertente! Abbiamo perso la cognizione del tempo, non capita spesso: i clienti, di solito, fanno attenzione a quanti koto(1) vengono consumati!”
Masanori si stava rivestendo alla bene e meglio e non lo degnò della minima attenzione “Non ti farò pagare tutte le ore, te lo prometto” continuò Ranmaru abbracciandolo da dietro “Parlerò con la okasan, mi deve un favore, sai? In fondo è colpa mia, sono io che ti ho convinto a restare. Non volevo che tu andassi via, non volevo che il sogno finisse. Non avevo mai amato nessuno come te, ho provato come una vertigine di felicità, che mi ha stordito e lasciato pazzo d'amore. Di’ pure che sono uno sciocco, ma stanotte è stata unica, mai prima di ieri sera avevo sentito le farfalle agitarsi nello stomaco, o i brividi lungo il collo solo udendo una voce chiamare il mio nome.”
“Questo non è il palcoscenico” gli rispose sprezzante Masanori, cacciandolo con una spinta “E tu non stati recitando la parte della dama abbandonata all'alba dal suo amante. Tu hai lavorato per me e io ho pagato, né un soldo in più, né uno in meno di quanto avevo pattuito all'inizio”
“I germogli di lino nei campi
ora sono carichi di rugiada.
Starò con te fino all'aurora
anche se i tuoi genitori verranno a saperlo” (2)
Era un'antica poesia: un giovane amante non voleva abbandonare la sua bella dopo una notte d'amore, anche a rischio di esser scoperto dai genitori di lei. Era una citazione molto colta, degna di un uomo di qualità.
“La rugiada da tempo è stata asciugata dal sole e non credo di dover temere l'ira di tuo padre e di tua madre. Le cose belle, come le rose, durano solo un giorno”
Ranmaru sorrise e lo aiutò ad indossare il kimono sopra la veste notturna, quando fu pronto si accomiatò con un fugace bacio sulla guancia “Il tuo bambino ti aspetta”.
“Non facciamolo aspettare” Lasciò la stanza senza voltarsi. Ranmaru si precipitò alla finestra, stringendo la veste al petto e rimase a guardare finché il samurai non sparì dietro l'angolo.
“Sojiro-kun, perdonami...” Masanori aveva già preparato una scusa di ferro quando il ragazzo gli venne incontro con un'aria fintamente preoccupata.
“Maestro, vi siete sentito male? Perché non mi avete fatto chiamare? Sarei subito accorso. E' stato forse perché siete rimasto troppo a lungo nell'acqua calda delle terme? Non sapete che spavento a non vedervi rientrare stanotte e poi stamani non vi trovavo da nessuna parte. Quella donna odiosa ha preteso una cifra assurda e non si sono neanche presi cura di voi in modo accettabile, o eravate troppo indisposto per radervi e fare un bagno?” Sojiro lo sommerse di domande, senza dargli tempo di rispondere.
Masanori fu colto alla sprovvista, non si aspettava un'accoglienza simile, anzi era pronto per affrontare una scenata di gelosia in piena regola, invece, lo sguardo divertito che gli lanciò lo indusse a credere che il suo allievo stava, neanche troppo velatamente, prendendosi gioco di lui.
“E' stato il troppo sakè, Sojiro-kun, e non volevo che tu mi vedessi ubriaco”
“Credevate forse che la mia stima nei vostri confronti sarebbe diminuita se vi avessi visto alticcio? Maestro, mai nulla potrebbe far diminuire la fiducia che ripongo in voi!”
“Io sono un uomo crudele, ragazzo mio”
“Dovrò vigilare che non eccediate più nel bere, maestro, perché la sbronza vi fa un brutto effetto... E non giova alle vostre finanze!”
Sato scoppiò a ridere e seguì Sojiro lungo la strada verso il tempio. Era stata una notte magica, unica e irripetibile, ed era giusto che fosse così.
“Domani hai voglia di fare un po' d’esercizio? Potremmo arrampicarci lungo i sentieri del Fuji e praticare il kendo”.
“E' un'ottima idea, Sato-sensei”.
Note:
1) la tariffa di una geisha si regolava ad orario, calcolato in base al tempo di combustione di un bastoncino di incenso detto koto
2) antica poesia giapponese del Manyo Shu