Fandom: Doctor Who/Supernatural.
Pairing/Personaggi: Eleventh Doctor, Conton, Rory/Amy (Mr. & Mrs. Pond ♥), Castiel/Dean, Sam.
Rating: Pg-13.
Beta:
koorime_yu .
Character: 2/2.
Genere: Angst, Comico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Crossover, Pre-Slash, Spoiler!
Words: 3541/8354 (
fiumidiparole ).
Summary: Post Doctor Who 6x02/Supernatural 6x15 - Dean e Sam stanno investigando sulla scomparsa di tre persone che non hanno nulla in comune, tranne il fatto che nei luoghi dove sono sparite sono presenti delle statue di angeli piangenti. Mentre indagano, appare davanti a loro una strana cabina blu.
Note: Scritta su
questo prompt richiesto da
lady_house per il
Festival del Crossover di
destiel_italia .
Capitolo Precedente:
Prima Parte DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù
The Appearance of What We Need
Seconda Parte
29 Aprile 2011, Concordia, Kansas - America; ore 10,22 A.M.
La casa era un vecchia villa fatiscente risalente al diciannovesimo secolo, originariamente proprietà di ricchi possidenti, era stata trasformata in albergo negli anni ’20 del nuovo secolo, quando i padroni avevano perso tutto, ed era infine stata chiusa a seguito di un’epidemia di febbre gialla.I ragazzini s’intrufolavano spesso all’interno per delle prove di coraggio, visto che la si credeva infestata; si raccontava che vi fossero sparite delle persone all’interno, senza lasciare traccia. In realtà la voce era stata sparsa dopo gli anni ’40 per tenere lontano i curiosi, dato che l’edificio era già allora pericolante, ma Sam aveva visto un angelo piangente vicino all’ingresso.
Ora la statua non era più in quel punto, però qualcosa diceva loro che quelle creature avevano fatto della casa la loro base segreta.
«Quanti dovrebbero essere?» gli domandò Rory.
«Ne abbiamo visti tre finora, in diversi punti della città, anche se all’inizio qui ce n’era solo uno» rispose lui.
Dean, invece, era concentrato su un altro tipo di angelo, che scrutava senza espressione le finestre impolverate della villa. «Stai bene?» gli chiese.
Castiel si voltò a guardarlo, inclinando il capo nella sua innocente posa usuale. «Sì. Perché?» rispose perplesso.
«Non abbiamo avuto modo di parlare, l’ultima volta» osservò il ragazzo. Ricordava ancora quella bizzarra imitazione che lui e Sam avevano incontrato nella dimensione parallela in cui li aveva spediti Balthazar e poi la fuggevole comparsa del loro amico, quando Raphael aveva tentato di attaccarli. «Come vanno le cose lassù, fra le nuvole?» aggiunse allora.
L’angelo chinò il capo. «È complicato» rispose semplicemente.
Dean si chiese se Cas avesse davvero il tempo si stare lì con loro, se non lo stessero trattenendo con questioni troppo futili. «Ehi, siamo qui se ti serve aiuto per spiumare qualche culo, lo sai, vero?» si limitò a dire e Castiel gli rivolse un pallido accenno di sorriso, ma non replicò. Il cacciatore avrebbe voluto essere in grado di fare qualcosa di più.
«D’accordo, andiamo!» li incitò il Dottore, sfregandosi le mani. «Ricordate: se li incontrate, non guardateli dritto negli occhi, ma non perdeteli di vista. Guardateli ovunque, ma non negli occhi».
«Cosa succede se lo facciamo?» lo interrogò Conton.
«Ti entrano nella testa» spiegò Amelia «E non è piacevole, credimi» concluse rabbrividendo.
«Hai un piano?» chiese Rory al Signore del Tempo, accigliandosi al suo silenzio. «Tu hai un piano, vero?»
«Certo. Entriamo e troviamo gli angeli piangenti» rispose l’interpellato.
«E poi?» rintuzzò Mr. Pond.
«A quello non ci ho ancora pensato» ammise l’alieno sfuggendo il suo sguardo.
«Splendido» concluse l’altro.
«Adoro questo piano» ghignò Dean, abituato a gettarsi nelle situazioni senza ragionare troppo. «Andiamo a fare il culo a quei sassi ambulanti!»
La villa aveva una planimetria molto vasta, costruita su tre livelli: pianterreno, primo piano e mansarda. I Winchester l’avevano visitata la sera prima, per cercare tracce del ragazzino scomparso - o di qualunque cosa l’avesse preso - ed avevano già appurato quant’era grande. Quindi, con una certa esitazione, decisero di dividersi per esplorarla più in fretta.
«Rory, Amy, voi con me» decise subito il Dottore, segretamente preoccupato per l’amica. Quella faccenda della gravidanza non gli era ancora chiara, inoltre per Pond affrontare gli angeli era stato un incubo e non aveva nessuna intenzione di lasciarla di nuovo sola, anche se ora c’era l’ultimo centurione con lei. «Voi due» chiamò poi i due cacciatori «fate molta attenzione. Siete punti fissi nel tempo e sbattervi da un’altra parte sarebbe l’equivalente di un vero e proprio banchetto, per gli angeli piangenti» li avvisò.
«Io vado al piano superiore» dichiarò Dean incurante, osservando la scalinata in marmo che un tempo doveva essere stata magnificente.
«Vengo con te» si offrì Conton.
«No, vado io» lo contraddì Sam, deciso a non dividersi dal fratello, ma questi dissentì subito.
«No, Sammy, è meglio non stare assieme. Sarebbe come portare un’insegna al neon che recita “Mangiami”. Tu vai con Cas» ordinò, poi si rivolse all’amico. «Non perderlo di vista» lo pregò, ricevendo un rassicurante cenno del capo.
Sta attento, sembravano tuttavia supplicarlo quegli occhi blu.
«Ehi, sono un osso duro, moccioso» asserì Dean sorridendo. «E se anche dovessi fare un viaggetto altrove, tu mi sentiresti comunque, no?»
«Verrei a prenderti anche all’inizio dei tempi» asserì il suo angelo.
«Allora a noi resta la mansarda» concluse Sam, interrompendo il loro intenso scambio di sguardi. Forse fu una sua impressione, ma gli parve che Conton stesse scuotendo il capo con aria di compatimento e, quando gli rivolse un’occhiata perplessa, l’agente federale sogghignò, scuotendo una mano come per scacciare una mosca, prima di seguire Dean su per le scale.
Castiel e Sam fecero lo stesso, continuando a salire quando loro si fermarono al primo piano. Il maggiore dei Winchester non smise d’osservare il fratello ed il loro angelo finché non sparirono dalla vista, ricevendo una nuova intesa occhiata dall’amico ed un sorriso rassicurante dell’altro cacciatore.
«Destra o sinistra?» lo riscosse l’agente federale e lui scrollò le spalle, indifferente.
Entrarono nella prima porta in fondo al corridoio, esplorando le camere una per una. Trovarono tracce di attività recente, lattine di birra e sigarette lasciate dai ragazzini e graffiti sui muri, oltre a reti sgangherate e divani sfondati. Su tutto regnava un pesante strato di polvere e le finestre erano così luride che la luce del sole vi passava a malapena attraverso, gettando sull’ambiente una penombra costante.
Ad un certo punto, lo sguardo di Dean venne attirato da alcune vecchie litografie appese alle pareti. «Ehi, guarda qua» richiamò l’altro uomo. «È David Kent, il ragazzino scomparso in questa casa due giorni fa!» esclamò allibito.
«Sei sicuro?» domandò Conton sorpreso.
Il cacciatore annuì. La foto, essendo antica e macchiata d’umidità, non era molto chiara, ma ritraeva un ragazzino dai capelli scuri vestito da stalliere, accanto a quella che doveva essere la figlia dei proprietari della villa ed i suoi fratelli maggiori.
«Quel tuo amico, il Dottore - il Dottore chi, poi? - può viaggiare nel tempo, giusto? Voglio dire, quel trabiccolo su cui siamo saliti va avanti e indietro, vero? Allora potrebbe andare a riprenderlo» osservò.
«Non credo sia il caso» replicò l’agente federale, indicandogli una cornice poco più distante, in cui David, un po’ più vecchio, era vestito in abito da cerimonia e portava al braccio la ragazza della foto precedente, vestita di bianco. «Si è rifatto una vita, nel passato».
Dean pensò ai Kent, i genitori del ragazzino, con cui aveva parlato la sera prima, distrutti e pallidi come fantasmi. Non avrebbero mai più visto il figlio e non avrebbero mai saputo quanto era stato felice. «Muoviamoci» incitò l’altro, stringendo la mascella, deciso più che mai a far fuori quelle fottute statue.
Conton lo seguì in silenzio nell’esplorazione dell’ennesima stanza e notò lo sguardo che il cacciatore lanciò verso la tromba delle scale, quando la superarono per dirigersi dall’altra parte del corridoio.
«Il tuo ragazzo è davvero carino» osservò allora.
Ma l’altro gli rivolse un’occhiata stranita. E anche piuttosto scioccata. «Chi?!» esclamò allibito.
«Occhioni Blu. Non è il tuo ragazzo?» specifico l’agente federale, come se fosse ovvio. Poi si dipinse in viso un espressione costernata. «Mi era sembrato... ma mi sarò sbagliato» concluse, proseguendo con indifferenza, come se non avesse insinuato alcun che.
«È un amico» chiarì Dean «Solo un amico» specificò accigliato.
«Okay» rispose serafico l’uomo, con sommo disinteresse. Il cacciatore rimase zitto, ma lo fissò di traverso, diffidente, quindi - dopo qualche secondo - l’altro gli rivolse un sorrisetto e continuò: «È tutto okay, Mr. Winchester. Noi... come si dice, di questi tempi? Giochiamo nella stessa squadra».
«Sì, l’avevo capito» replicò l’interpellato. «Ma no, amico, non giochiamo nella stessa squadra» spiegò, rifilandogli un’altra occhiata di traverso.
«Okay» ripeté quello, con la medesima aria incurante.
Dean si agitò innervosito. Non aveva nulla contro gli omosessuali - gli piaceva pensare di essere una persona di mentalità aperta, specie verso le lesbiche, erano così sexy! - o più nello specifico contro quel tizio, anche se era il sosia di Crowley. L’aveva tenuto d’occhio e gli sembrava un tipo pacato, che sapeva il fatto suo; uno a posto, insomma. E non si sentiva a disagio in sua presenza, che era molto più di quanto potesse dire della maggior parte degli sconosciuti. Ma questo non cambiava il fatto che l’Agente C avesse preso un grosso granchio. [10]
«Non che ci sia nulla di male» si sentì quindi in dovere di specificare «ma, non nuoto su quella sponda del fiume, tutto qui». Lui era etero e felice di esserlo, grazie tante.
«D’accordo» rispose l’uomo, aprendo un’altra porta, senza nemmeno badare troppo a lui.
«Mi stai facendo fesso e contento?» chiese il cacciatore, dopo una breve pausa, sentendosi preso in giro.
«Non mi permetterei mai» rispose educato Conton e, se possibile, lui si sentì ancor più preso per il culo.
«Non sarà che sei interessato a Cas?» domandò sgranando gli occhi verdi, colpito da un’illuminazione improvvisa.
L’agente si voltò a guardarlo con un sopracciglio inarcato. «Il tuo cervellino etero funziona in modo interessante, Mr. Winchester» ironizzò. Poi, vedendo che il ragazzo non era soddisfatto, aggiunse: «Sono felicemente fidanzato» e si accorse benissimo del piccolo sospiro di sollievo che l’altro rilasciò. Sorrise non visto.
«Buon per te, amico» concluse Dean. Trascorsero forse un’altra manciata di secondi, poi perplesso domandò: «Ma sembro gay?»
Conton quasi rise, ma si trattenne egregiamente. «Non vuoi sapere la risposta» replicò. Poi ponderò: «Pensavo che in questo secolo le persone fossero di vedute più ampie» senza lasciar trapelare troppo la delusione.
«Lo sono. La maggior parte, almeno. I matrimoni gay sono permessi in quasi tutti gli stati, così come le adozioni» rivelò il maggiore dei Winchester. «Ma, sai, o lo sei o non lo sei».
«Non è esatto, Mr. Winchester. C’è una larga fascia di persone definite bisessuali, sa?» rispose ironico. «E, comunque, Occhioni Blu è un angelo, no? Questo non implica che sia asessuato?»
«Sta occupando il corpo di un uomo» gli ricordò il ragazzo.
«La gente ha questa insana convinzione che l’amore abbia una forma» storse la bocca Conton, chiudendo l’argomento, e Dean abbassò lo sguardo, confuso.
*°*°*°*°*
La mansarda era buia e claustrofobica, così piena di polvere che questa s’innalzava in pulviscoli nell’aria. Sam fu costretto a premersi un braccio sulla bocca ed il naso per non starnutire. Accese una pila e quasi gli venne un colpo quando, come prima cosa, il fascio cadde su un manichino da sartoria.
Castiel, imperturbabile al suo fianco, lasciò scivolare lo sguardo sugli oggetti più vicini. Nonostante la soffitta coprisse tutta la planimetria della villa, era incredibilmente ingombra. Sembrava che ogni oggetto diventato inutile a cavallo dei due secoli, mentre la casa era ancora attiva, fosse stato stivato lì, senza alcuna distinzione.
«Inizio a pensare che gli altri abbiano preso la parte facile» ponderò il cacciatore.
Nel mentre, l’angelo individuò una finestra sul soffitto spiovente e fece qualche passo avanti per aprirla, aiutandolo così a respirare e vedere meglio.
«Grazie» sorrise il ragazzo, poi si accigliò «Questo posto è enorme, potrebbero essere ovunque».
«Resta vicino a me» gli raccomandò l’amico e Sammy quasi sorrise di nuovo, stavolta divertito.
«So che Dean ti ha chiesto di tenermi d’occhio, ma era figurativo sai. Non sono un bambino» gli spiegò.
Castiel aggrottò la fronte. «L’avevo capito. Ciò non toglie che questa situazione sia più pericolosa per te, che per me» asserì.
«Touché» sospirò il minore dei Winchester, iniziando ad aggirarsi con lui per l’ambiente enorme, senza spegnere la pila, visto che comunque non c’era molta luce. L’angelo trovò e spalancò ogni finestra, ma non si rivelarono poi così tante e non fecero una sostanziale differenza.
Inoltrandosi fra quella selva di oggetti dimenticati, Sam riconobbe due macchine da scrivere, un paio di mobiletti da toilette, una sedia a dondolo di vimini mangiata dalle tarme, quattro o cinque paralumi di seta tarlata, e perfino due specchi con cornice dorata che sembravano usciti direttamente da una fiaba. E poi librerie, comò, quadri, divani, ed un numero semplicemente indecente di bauli.
«Incredibile. È tutta roba da museo, certi pezzi devono ancora valere una fortuna» considerò, stupendosi che fosse ancora tutto lì. O gli sciacalli non avevano avuto il coraggio di avventurarsi fin lassù, o chiunque l’avesse fatto era stato preso dagli angeli piangenti. Sorrise, a Dean la cosa sarebbe piaciuta; statue di angeli che puniscono i ladri?, avrebbe detto che era una punizione divina. Ma evitò di menzionare a Castiel quel pensiero blasfemo.
Avevano controllato forse metà della mansarda e lui stava togliendo un telo bianco da qualcosa di alto quanto un uomo - che poi si rivelò una statua della Vergine Maria - quando accadde. Sentì l’amico urlare il suo nome e, appena si voltò, trovò un angelo piangente davanti a sé, con le braccia già tese verso di lui e la bocca aperta a mostrare una chiostra di denti affilati, il volto distorto e pietrificato in una smorfia ferina.
«Cazzo!» ansimò aspramente, spostandosi a destra senza distogliere lo sguardo.
«Non guardarlo negli occhi!» gli ricordò Castiel, fissando anche lui la statua e, quando si voltò a guardarlo, Sam sgranò le palpebre.
«Dietro di te!» urlò.
Gli altri due angeli erano comparsi alle spalle dell’amico, e lui e Cas furono costretti a mettersi schiena contro schiena per non perderli di vista. Il cacciatore non si era mai reso conto di quanto fosse difficile evitare di sbattere le palpebre. Chiuse gli occhi appena un attimo e una delle creatura avanzò di due metri verso di lui. Poi la pila cominciò a lampeggiare, minacciando di spegnersi, e Sam notò che uno degli angeli la stava puntando con un dito.
«Merda. Che facciamo?» domandò, affiancando Castiel in modo da poterlo osservare con la coda dell’occhio. Forse fu solo una sua impressione, perché non poteva voltarsi completamente verso di lui e distogliere lo sguardo dall’angelo piangente, ma gli parve che fosse molto più pallido.
«Tu vai via» decise l’amico, toccandogli un polso, e un attimo dopo Sam si trovò al piano di sotto, davanti a Dean e Conton, gli occhi ancora strabuzzati e la pila in mano.
«Sammy! Che ci fai qui?!» esclamò suo fratello, quando lui gli apparve ad un palmo dal naso.
«Castiel. È stato lui a mandarmi qui. Abbiamo trovato gli angeli piangenti, e ora è da solo contro tre di loro» realizzò il più piccolo scioccato.
«Aspetta un attimo,» intervenne Conton «da quello che ho capito, Occhioni Blu non è un infinita riserva di energia pressata in un corpo umano?» chiese conferma.
«Sì, più o meno» annuì Sam e l’altro ragazzo capì cosa l’agente stesse per dire ancora prima che aprisse bocca.
«Allora, se voi due siete un banchetto, per gli angeli piangenti lui è il pranzo del Ringraziamento, figliolo» concluse infatti.
E Dean ringhiò un sentito: «Merda!» prima di correre fuori dalla stanza. Sam e Conton cercarono di stargli dietro, ma lui parve quasi volare su per le scale e, quando raggiunse la mansarda, loro erano diversi metri più indietro. Spalancò la porta e si gettò all’interno, senza accorgersi che quella si richiuse da sola alle sue spalle. Gli altri due cercarono di aprirla, ma era bloccata.
«Che diavolo succede?!» sbottò Sam preoccupato, quando il vecchio infisso tarlato non cedette nemmeno con un calcio ben assestato.
«Devono essere gli angeli piangenti. Oppure il vostro amico sta cercando di tenerci fuori» dedusse l’agente federale. «Ci serve un cacciavite. Sonico, possibilmente. Dottore! DOTTORE!» gridò quindi nella tromba delle scale.
«Ehilà, Canton!» lo salutò la sua faccia da ragazzino, spuntando ai piedi delle rampe.
«Datti una mossa!» gli ingiunse questi «O ti perderai tutto il divertimento!»
*°*°*°*°*
Dean non si preoccupò nemmeno di cercare o accendere la propria torcia elettrica, semplicemente corse. Fece lo slalom fra gli oggetti a terra, inciampo su una cassa, e scavalcò un comò. Poi finalmente li scorse: tre angeli di pietra chinati su una figura in trench rannicchiata a terra.
«Cas!» urlò senza riuscire a trattenersi, ed un attimo dopo s’infilò tra le statue, circondando le spalle dell’amico con un braccio e fissando i tre bastardi sassosi. «Stai bene?» domandò concitato, non potendo appurarlo con i propri occhi.
«Non… non dovresti essere qui» ansò il suo angelo, poggiandosi contro la sua spalla.
Il ragazzo sentì il suo respiro affannato accarezzargli il collo e sorrise spavaldo, soffocando un brivido. «Dove altro dovrei essere?» replicò, aggrappandosi alla stoffa del suo impermeabile.
«Non credo di riuscire a teletrasportare entrambi» gemette Castiel, aiutandolo a tenere d’occhio le creature.
«Non vado da nessuna parte senza di te» ringhiò Dean. «Mi hai capito? Non azzardarti a spedirmi chissà dove!» Forse fu solo un impressione, ma gli parve di sentirlo sorridere contro la sua spalla, mentre un braccio robusto gli cingeva lo stomaco.
Poi un rumore ritmico e lamentoso, diventato ormai familiare, invase l’aria ed il TARDIS cominciò a materializzarsi attorno a loro.
«Non ci credo» soffiò allibito, quando si ritrovarono entrambi all’interno della cabina, ancora accovacciati a terra. Il suo sguardo incontrò gli occhi sollevati del fratello, poi il sorriso soddisfatto del Dottore. «Esibizionista!» apostrofò quest’ultimo, accigliato, e Conton li occhieggiò divertito, gettandolo nell’imbarazzo. Fanculo, Dean non aveva alcuna intenzione di staccarsi da Castiel.
«Bene!» esclamò il Signore del Tempo, battendo le mani e rimettendosi ai comandi.
La nave non si era fermata, aveva imbarcato loro due ed era ripartita immediatamente. Pochi attimi dopo ricomparve a qualche metro da dove era atterrata poco prima. L’alieno spalancò platealmente le porte, mostrando tre angeli piangenti gli uni di fronte agli altri, immobili.
«Si stanno fissando» osservò Amy a bocca aperta «Non potranno mai più muoversi!» comprese entusiasta, andando ad abbracciare il marito.
«Fantastico, abbiamo fatto da esche» borbottò Dean incattivito, approfittandone per controllare con i propri occhi come stesse Castiel.
L’angelo era molto pallido e non era ancora riuscito a rimettersi in piedi, ma gli rivolse un piccolo sorriso. Lui non aveva nessuna voglia di preoccuparsi del fatto che fossero ancora stretti l’uno all’altro sul pavimento di un’astronave.
*°*°*°*°*
29 Aprile 2011, Concordia, Kansas - America; ore 11,57 A.M.
Il parco era ancora tranquillo ed assolato e i vecchietti erano sempre lì, sulla stessa panchina, a discutere del tempo tiranno, beatamente ignari che una cabina blu si fosse materializzata di nuovo nello stesso punto.
«La mia bambina! Dov’è la mia bambina?!» esclamò il maggiore dei Winchester preoccupato, controllando che l’Impala fosse proprio dove l’aveva lasciata, bella come prima.
«Cos’è quello?» chiese intanto il Dottore, fissando il piccolo specchio d’acqua lì vicino.
«Uno stagno per le anatre» rispose Sam divertito; quella l’aveva già sentita.
«Allora perché non ci sono anatre?» replicò l’alieno.
«Che problema hai con i laghetti artificiali vuoti? Saranno migrate per il freddo, no? La primavera sta tornando adesso!» gli gridò Amy da dentro la nave.
Il Dottore sbuffò, poi riportò lo sguardo sul ragazzo. «Quindi…» esordì con le mani infilate nelle tasche e una spalla poggiata contro lo stipite delle porte del TARDIS «è stato divertente» concluse con un brillio divertito degli occhi antichi.
«Ora dove andrete?» chiese il cacciatore, venendo affiancato da loro angelo e dal fratello maggiore, che si degnò di tornare a salutare.
Amelia spuntò da sopra la spalla dell’amico: «Riuscirai a portarci in Giappone, stavolta? Uno moderno» specificò.
«Quello era il Giappone moderno» obbiettò il Signore del Tempo.
«Uno più recente, allora» ribatté lei e l’alieno sbuffò.
«Devi riportarmi a casa per cena, Dottore. Il mio ragazzo mi aspetta» intervenne però Conton.
«Oh, potremmo farlo tutti insieme» propose Rory «Una cena tra coppie».
«Grazie per la considerazione, Mr. Pond» sbuffò il Dottore.
«Possiamo passare a prendere River» sorrise la sua compagna di viaggio.
«Dobbiamo proprio?» replicò lui terrorizzato e lei sogghignò. «Potreste venire con noi» propose allora ai nuovi amici, in cerca di sostegno morale.
«Ma non hai detto che siamo punti fissi nel tempo o quello che è?» domandò Dean perplesso.
«Oh sì, ma se vi riporto indietro a pochi minuti dopo avervi portati via… non accadrà nulla. Sarà come se non ve ne foste mai andati» chiarì il Dottore.
«Meglio di no. Sai, una tizia che si fa chiamare Madre di tutte le cose da rispedire al mittente, angeli piumati a cui badare…» elencò lanciando uno sguardo a Castiel, che si accigliò. «Siamo piuttosto occupati» concluse, in realtà sperando semplicemente di scamparsi l’ennesimo viaggio su quel trabiccolo.
«Be’, se preferite così…» chinò il capo il Signore del Tempo, un po’ deluso, ma Amy lo spinse via per andare a salutare i ragazzi.
«Chiamateci se avete problemi, eh» raccomandò loro, lasciandogli il suo numero e quello del TARDIS, prima di abbracciarli tutti, perfino Castiel, che rimase rigido per lo stupore, pur permettendole di appendersi al suo collo.
«Sa, Mr. Winchester…» esordì Conton rivolgendosi al maggiore, quando fu il suo turno di salutare «l’amore non ha forma, ma a volte - e solo a volte - assume l’aspetto di ciò di cui abbiamo esattamente bisogno» sogghignò, stringendogli la mano.
Lui borbottò qualcosa di inintelligibile che suonava sospettosamente come «Dannato Grillo Parlante» ma ricambiò la stretta.
Quando le porte del TARDIS si richiusero ed i motori si accesero, producendo quel rumore che non avrebbero mai più dimenticato in tutta la loro vita, Dean si voltò per un momento a guardare Castiel, sempre immobile con quell’espressione impassibile. L’aspetto dell’Amore? Non era esattamente così che lui se l’era sempre figurato, però le cose non sono quasi mai come uno se le immagina, no?
Ma venne riscosso dai quei pensieri pericolosi dai motori della nave che si fermarono all’improvviso e dalla porta che si riaprì, lasciando far capolino alla testa del Dottore.
«Vi ho detto che Robert Plant mi aspetta ancora per un tè?» domandò e vide gli occhi del cacciatore più vecchio sgranarsi.
«Robert Plant…?» [11] biascicò questi, voltandosi verso il fratello per rivolgergli uno sguardo sconvolto e terribilmente tentato.
Però Sam non gli fu di grande aiuto, si limitò a scrollare le spalle, come a dire “fa quel che ti pare”, e lui lasciò crollare il capo in avanti, sconsolato.
«Magari solo un viaggetto» ponderò, ma il Signore del Tempo era già sparito all’interno del TARDIS. Lasciando la porta aperta.
FINE.
10. In
Men in Black gli agenti vengono chiamati con una lettera, a volte l’iniziale del nome di battesimo.
11.
Robert Plant - voce e armonica dei
Led Zeppelin.
Potete trovarla anche su:
EFP;