Il Corpo sa Tutto

Aug 12, 2011 10:55

Fandom: Supernatural.
Pairing: Castiel/Dean.
Rating: NC17.
Beta: koorime_yu.
Genere: Erotico, Introspettivo Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, Spin-off.
Words: 5200 (fiumidiparole).
Summary: Una strega lancia la maledizione delle tre scimmie - non vedo, non sento, non parlo - su Dean, Sam e Cas. Ma questo non è l’unico problema… o, almeno, non lo è per Castiel.
Note: Sequel di “The voice of the touch” di koorime_yu, scritta per la B.I.Bi.T.A. di maridichallenge. Il titolo della storia e la citazione d’apertura sono rubati all’omonimo libro di Banana Yoshimoto, ¹ ma la fic non ha nulla a che fare con esso XD


DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

Il Corpo sa Tutto

L’unica cosa che mi sembra sicura è che il corpo e la mente delle persone ricevono e trasmettono molte più informazioni di quanto le persone stesse non pensino.
Questa colorazione misteriosa a volte mi spaventa, perché mi dà la sensazione di essere completamente esposta, a volte mi conforta e mi stringe il cuore. ¹

L’acqua scrosciante era un rumore puro, capace d’inghiottire tutto il resto, se ci si concentrava solo su di esso. A Dean piaceva cantare, era una di quelle persone che facevano un gran casino sotto la doccia. Ma non aveva più voce. E l’acqua sapeva essere snervante, invitava alla riflessione e all’introspezione, e lui non era proprio il tipo. Non perché fosse superficiale, come preferiva lasciar credere alla maggior parte delle persone, ma perché se avesse iniziato ad esaminarsi, avrebbe cominciato ad urlare e sarebbe fuggito via in lacrime; aveva già visto troppa merda in vita sua. E non si può scappare da se stessi.
In quel momento, Dean seppe che, se fosse rimasto sotto la doccia un momento di più, sarebbe impazzito. Si legò un asciugamano attorno ai fianchi, asciugandosi sommariamente con un altro, e tornò in camera. Si bloccò poco oltre la porta, quando il suo sguardo cadde su una figura in trench seduta ai piedi del suo letto, con le spalle abbassate in una curva così profonda da avere un autentico sapore di sconfitta. Cristo, non si era mosso di un millimetro da quando l’aveva lasciato, realizzò osservando il suo angelo. Quasi non sembrava più Castiel.
Questi alzò appena il capo per rivolgere nella sua direzione - o meglio, in quella dei rumori che aveva prodotto - uno sguardo opaco e vacuo. Per Dean fu l’ennesima sprangata allo stomaco. Non sarebbe mai riuscito ad abituarsi.
Non poter parlare era seccante, osservare Sam sordo era quasi comico, ma Castiel cieco era una vista che spezzava il cuore. Era sempre stato un tipo molto laconico, parlava più con gli occhi che con la bocca, e ora che qualcuno li aveva spenti, sembrava avergli portato via l’unico mezzo che possedeva per interagire con gli altri. Certo, poteva ancora parlare - per fortuna, o non avrebbero potuto usare il telefono e sarebbero rimasti isolati - ma per lui non doveva essere affatto facile esprimersi in una lingua che in fin dei conti non gli apparteneva, in un mondo che ancora non capiva del tutto.
Dean e Sam erano fratelli, avevano un linguaggio privato, tipico della famiglia, delle persone che crescevano insieme e affrontavano le stesse gioie e gli stessi orrori, che permetteva loro di esprimersi anche senza parole. Un linguaggio fatto di sguardi, di gesti, di cose dette e non dette, quindi anche se il primo era muto ed il secondo sordo, riuscivano comunque a capirsi.
Ma Castiel? Lui, che già di solito faceva fatica ad inserirsi tra loro, ora si trovava ad ascoltare solo mezza conversazione, impossibilitato a seguirli con lo sguardo; al loro fianco, ma isolato.
Balthazar aveva risposto alla loro chiamata, poco prima, accettando di dargli una mano. Più per il bene del fratellino che per il loro, ovviamente, ma andava bene lo stesso. E Sam era uscito, incapace di stare ancora con le mani in mano. Probabilmente era andato in biblioteca per cercare qualcosa che potesse invertire il maleficio di quella stronza - la strega che li aveva affatturati.
C’erano solo loro lì, Dean che non poteva parlare e Castiel che non poteva vedere, quindi nemmeno leggere i messaggi che lui scriveva; incapaci di comunicare.
Il cacciatore sospirò e consumò la distanza che li separava in pochi passi, sedendosi accanto a lui. L’angelo si voltò nella sua direzione, quando sentì il materasso abbassarsi, tenendo gli occhi chiusi. Ormai faceva così da ore, quasi volesse illudersi di non vedere semplicemente perché aveva le palpebre abbassate. Dean avrebbe voluto chiedergli di non farlo.
Anche se quelle iridi erano mute, rimanevano blu e bellissime. E, okay, forse non si era mai reso conto di quanto fossero belle fino a che non erano diventate cieche. Anche se si concentrava su di esse la maggior parte del tempo, non aveva mai riflettuto su quanto fossero speciali, perché… be’, era Castiel, no? Questo lo portò a ricordare il fatto che Jimmy Novak, il suo tramite, non aveva mai avuto uno sguardo così intenso, nonostante quegli occhi fossero proprio suoi.
Zittito dall’incantesimo e costretto a fare affidamento sui sensi che gli rimanevano, il cacciatore aveva iniziato ad osservare ed ascoltare molto più del solito, notando dettagli a cui fino a quel momento non aveva mai fatto caso, o che aveva trascurato. Apparentemente, c’erano un sacco di cose del suo angelo a cui non aveva mai rivolto la dovuta attenzione, fino a quel momento. Comportamenti inspiegabili, che in principio aveva considerato figli solo della sua imbranataggine.
Cas alzò una mano alla ricerca del suo viso, accarezzandogli una guancia. Aveva dita affusolate e leggere, molto eleganti e delicate, nonostante nascondessero una forza spaventosa. Il ragazzo si irrigidì appena, impreparato al contatto fisico, ma lo lasciò fare; era da un po’ che l’altro faceva così, e lui aveva compreso che stava cercando di vederlo attraverso il tatto.
«Sei ancora bagnato» realizzò l’angelo in un sussurro, risalendo sulla sua tempia e poi alla fronte accigliata. «Perché sei così seccato?» gli domandò, come se Dean potesse ancora rispondere, dimostrando di saper riconoscere il significato di ogni sua più piccola espressione corporea.
Non sopporto di vederti fare l’emo, avrebbe voluto rispondere. Se solo avesse potuto.
«Cos’è un emo?» domandò Castiel inclinando la testa da un lato, in quella sua stupida posa da moccioso.
Il suo protetto sussultò. Sapeva che lui poteva leggergli nel pensiero e l’aveva sempre trovato maledettamente odioso, ma… be’, non è che avessero molto con cui comunicare, al momento.
Inarcò un sopraciglio, chiedendosi come diavolo fare a spiegarglielo e Castiel ne seguì la curva, poi sorrise appena. All’improvviso parve molto più giovane e allo stesso tempo più vecchio - Dean non era sicuro di come una cosa del genere fosse possibile, ma lo era - fragile e rassegnato.
Quella mano scivolò tra i suoi capelli bagnati, poi sul collo imperlato di gocce d’acqua e si fermò sulla spalla, in un gesto amichevole. «Se non riuscissimo ad annullare il maleficio…» iniziò l’angelo, ma lui lo interruppe, piantandogli un palmo sulla bocca.
Non dirlo!, avrebbe voluto ringhiare, e lo fece davvero, almeno nella propria testa.
«Lasciami finire» lo pregò tuttavia Castiel, prendendogli la mano. «Se dovessi restare così… avrei poche scelte su cosa fare, nessuna particolarmente entusiasmante» continuò quindi. «Potrei cambiare tramite, ma la mia linea di sangue finisce con Claire Novak, la figlia di Jimmy, e gli ho promesso di non toccarla. Potrei tornare in Paradiso, ma lascerei Jimmy cieco e non potrei più tornare da voi. E se restassi qui… sarei solo un peso, e non è di questo che avete bisogno» concluse.
Dean scosse il capo, smarrito, allontanandosi appena, inconsciamente, come se volesse mettere una distanza fisica tra sé e quelle parole. Non vedere più Cas, mai più?
Lo afferrò per il bavero del trench e lo scosse con forza. Tu non te ne vai!, gridò dentro di sé, con più panico di quanto fosse disposto ad ammettere. Faremo il culo a quella stronza, a costo di ammazzarla, e se anche non servisse… ‘fanculo, ci penso io a te!
«No» asserì l’angelo in tono quieto, ma con decisione, chiudendo le mani sui suoi polsi. «No» ripeté, e lui si sentì così male da desiderare di prenderlo a pugni.
Era colpa sua, l’aveva escluso, non l’aveva seguito abbastanza ed ora Cas preferiva lasciarli, piuttosto che trascorrere il resto della vita così.
Cristo, non c’era nessun resto della vita, per Cas era l’eternità, realizzò quindi. Il resto della loro vita - sua e di Sam - così, e poi sarebbe rimasto solo. Poteva biasimarlo?
Si morse un labbro, odiandosi per averlo messo in quella situazione, per non avere voce, per la consapevolezza che sarebbe stato impotente pur avendola. Ma una cosa doveva fargliela capire.
Si accostò fino a posare la fronte sulla sua. Non sei un peso, pensò, pregando che gli stesse leggendo ancora la mente. Non lo sei mai stato, continuò stropicciando il trench tra le dita. Non lo sarai mai, concluse desiderando spingere quel pensiero dentro di lui come se fosse fisico.
«Bugiardo» mormorò Castiel con un nuovo sorriso, minuscolo, ma così tipico di lui.
L’ammazzerò, promise Dean. E se non basterà ad annullare la maledizione, troveremo una soluzione. Milioni di persone hanno qualche senso fuori uso e vivono bene comunque. Possiamo farlo anche noi.
«Puoi essere un cacciatore anche se muto. Un angelo cieco non ti servirebbe a niente» osservò l’amico pragmatico.
Non. Dirlo. Dean lo strattono ancora. Mai più.
Castiel socchiuse gli occhi, due frammenti di cielo al crepuscolo contornati da un pizzo di lunghe ciglia nere, ad un soffio da lui. Non fece niente, non disse niente, ma per lui fu troppo. Divorò quella distanza irrisoria e catturò il suo labbro superiore - morbido, pallido e perfetto - perché, ‘fanculo tutto, Cas era suo.
Ironia della sorte, stavolta fu lui a rimanere senza parole. Socchiuse la bocca come in procinto di dire qualcosa, ma ne venne fuori solo un respiro tremulo, e Dean ne approfittò per affondarvi la lingua.
Che cazzo stava facendo? Non ne aveva idea, ma non pensava avesse molta importanza, non alla luce del fatto che Cas avrebbe potuto non essere più lo stesso, oppure lasciarli per sempre. Era troppo fottutamente retto per infrangere la parola data ad un amico - al suo tramite. E lui non era sicuro che avere il suo angelo nel corpo di una ragazzina, eternamente costretta a quella forma, fosse la stessa cosa. Ma sarebbe stato comunque meglio che perderlo.
E non poteva chiedergli di restare. Castiel era prima di tutto un soldato, costringerlo all’impotenza sarebbe stato contro natura. Non poteva farlo. Non gli avrebbe dimostrato nessun rispetto nel ridurlo all’ombra di se stesso per puro egoismo.
Le mani dell’angelo risalirono sulle sue braccia e sulle spalle, asciugando le gocce che colavano dai suoi capelli, fino ad infilarsi tra di essi. Gli succhiò le labbra e lo attrasse a sé con forza, ed in quel momento Dean seppe che Cas - anche se non l’avevo detto - non voleva separarsi da loro tanto quanto non lo voleva lui. Era come se ciò che lo aspettava in Paradiso, per quanto fosse familiare e casa, non fosse paragonabile a quello che avrebbe lasciato indietro. Sarebbe rimasto, se non avesse pensato di essere una palla al piede, totalmente inutile, sarebbe rimasto comunque.
Dean avrebbe voluto piangere o scappare via urlando. Non lo fece. Preferì lasciar scivolare le mani sul suo petto asciutto ed infilarle sotto il trench beige e la giacca nera, stringendo la sua vita sottile, il calore della pelle che traspirava attraverso la camicia di cotone. Era solido, presente; questo gli bastava.
Lasciare la presa gli costò parecchio; lo fece solo per risalire a sciogliere la cravatta e fargli scivolare soprabito e giacca, insieme, giù dalle spalle, mentre la bocca di Castiel scendeva sul suo collo, distraendolo. Questi tentò di levarsi la camicia, in difficoltà dovendo trovare i bottoncini solo con il tatto, e per aiutarlo il ragazzo sfilò la parte inferiore dai suoi pantaloni ed iniziò a slacciarla dal basso, lasciando che pendesse come due ali bianche sul torace asciutto. Quando l’angelo gli porse i polsi per sbottonare le maniche, parve quasi offrirsi alla sua merce.
Il cacciatore si chiese se Castiel - il suo Cas, quella specie di moccioso piumato nel corpo di un adulto - sapesse cosa stava facendo, cosa gli stesse chiedendo. Sbottonò i polsini e lo liberò anche della camicia, e quando - perfino alla cieca - questi riuscì a salirgli addosso a cavalcioni, ebbe la sua risposta.
Lo circondò con le braccia, ricavando un inaspettato piacere nello stringere a sé quel corpo così magro e privo di curve. Il petto dell’angelo aderì completamente al suo, senza seni morbidi a frapporsi come cuscinetti; riuscì a sentire il suo cuore battere forte contro il proprio, ostacolati solo dalle costole e qualche inutile strato di muscoli e pelle.
Un velo di barba sfatta gli solleticò le labbra quando le passò sulla sua guancia, e la sentì sotto la lingua quando lo succhiò in un boccone appena sotto l’orecchio. Affondò i denti nella giugulare abbastanza forte da farlo gemere e Castiel spinse i fianchi contro i suoi, in un riflesso condizionato, strappandogli un ansito.
L’asciugamano che gli copriva i fianchi era rimasto intrappolato tra loro e l’angelo lo tirò via, lanciandolo da qualche parte. Nessun suono uscì dalla bocca di Dean, quando lui gli afferrò l’uccello, ma avrebbe potuto essere un grido. Il ragazzo pressò la fronte sul suo sterno, mentre Castiel lo accarezzava per tutta la lunghezza, e si chiese se questi volesse davvero masturbarlo o stesse solo cercando di studiarlo attraverso il tatto; aveva ancora gli occhi chiusi e le ciglia corrugate in un espressione concentrata. Dean lo trovò buffo, e bellissimo.
Gli slacciò la cintura e gli aprì la patta, abbassandogli i boxer per liberare il suo pene, e si godette il suo singhiozzo sopraffatto quando lo strinse finalmente in mano. Era già duro, ma lo divenne ancora di più nella sua presa. Lui la trovò una sensazione strana, non spiacevole però, non troppo diversa dal toccare se stesso; sapeva cosa fare e come farlo al meglio. E, dannazione, voleva farlo.
Castiel spinse di nuovo il bacino avanti, cercando di affondare di più nella sua mano, e un gemito sorpreso - a cui il cacciatore fece eco con uno muto - gli sfuggì dalle labbra, quando i loro membri si toccarono. Dean si lasciò spingere giù dal suo peso, riprendendo a baciarlo con bramosia, e l’altro continuò a sfregarsi su di lui, portando entrambi quasi troppo vicini al tracollo.
Spinto dall’urgenza, ribaltò le posizioni, schiacciando l’angelo sotto di sé ed afferrò saldamente i suoi fianchi per impedirgli di muoversi; non aveva nessuna intenzione di lasciargli sprecare il suo primo orgasmo così. Questi si ribellò, vincendo facilmente la sua presa grazie alla propria forza sovrumana, e lui lo morse sul petto, senza gentilezza, indispettito.
Castiel gemette e parve tutt’altro che seccato, ma recepì il messaggio e rimase fermo. Così Dean ne approfittò per sfilargli i pantaloni, portando via insieme anche l’intimo e scoprendo le sue gambe palmo a palmo. Li lasciò ammucchiati alle caviglie, prima di togliergli anche scarpe e calzini, lanciandoli via insieme al resto dell’abbigliamento, spargendoli sul pavimento come coriandoli. Infine rimase lì, immobile, semplicemente a guardarlo.
Sotto i suoi occhi, Castiel era una distesa di pelle quasi troppo pallida, molto più magro di quanto apparisse con i vestiti addosso, che lo infagottavano nascondendo le sue forme - o l’assenza di forme -, ma comunque proporzionato, con muscoli ben definiti anche se non esattamente palestrati. Un corpo normale, comune. Ma allora perché diavolo a lui sembrava di non aver mai visto niente di meglio?!
L’angelo si agitò, non riuscendo più a percepirlo, visto che il cacciatore non lo stava toccando in alcun modo e non emetteva alcun rumore. Probabilmente capiva di non essere solo sul letto, ma non aveva idea di cosa stesse succedendo. «Dean…?» lo chiamò incerto, smarrito.
Questi rimase ancora fermò per una manciata di secondi, aumentando così la sua inquietudine e lui si alzò sui gomiti, aprendo gli occhi ciechi per cercarlo ed abbassando il capo un attimo dopo, ricordando il proprio handicap, mordendosi un labbro per la vergogna e la frustrazione.
Allora Dean sfiorò le sue caviglie, facendolo sussultare, ma comunicandogli la sua presenza, e il sollievo si dipinse a chiare lettere su quel volto familiare. Pensava che se ne fosse andato? Che avesse cambiato idea?
Si stese lentamente su di lui, coprendo completamente il suo corpo con il proprio, pelle contro pelle. L’osservò trattenere il fiato a quella sensazione mai provata e prese il suo viso tra le mani. Non era mai stato a letto con qualcuna alta quanto lui - o quasi. Era incredibilmente intimo; combaciavano palmo su palmo e gli occhi di Castiel erano ad un soffio di distanza dai suoi. Vederli vacui e opachi gli causò l’ormai consueta morsa di dolore e rabbia alla bocca dello stomaco, e baciò le ciglia lunghe e nerissime che li incorniciavano e l’angolo esterno all’ingiù, che con la sua forma insolita aggiungeva malinconia a quello sguardo già di per sé troppo nostalgico.
Il sesso duro di Castiel premeva contro la piega del suo inguine, quasi insopportabilmente vicino al suo; Dean non l’aveva dimenticato, ma all’improvviso non era più sicuro di cosa fare. Avrebbe voluto raccontarsi che era perché quello sotto di lui era un maschio, per quando piumato, ma la verità era che non si sentiva degno. Che diritto aveva di sciuparlo come fosse un cuscino da sprimacciare, dopo tanti secoli - Dio, millenni! - di angelica purezza? E, ‘fanculo, fosse stato chiunque altro, avrebbe pensato di stargli per fare un favore, ma quello era Cas. Il suo ingenuo, imbranato, frustrante, impossibile, irritante Cas.
Quasi avesse percepito, o letto, i suoi pensieri, questi gli cinse il collo con le braccia, posando le labbra sulle sue. «Prendimi, Dean» lo esorto su di esse. «Adesso».
Lui tentò di ritrarsi quando la consapevolezza di cosa gli stesse chiedendo lo raggiunge, ma l’angelo non glielo permise. Farà male, cercò allora di comunicargli attraverso la mente, farà un male cane, continuò più serio e preoccupato di quanto fosse mai stato prima.
«Voglio anche il dolore» rispose Castiel in un sussurro inflessibile.
Perché? Per quale motivo voleva farsi una cosa simile di propria volontà?
«Devo sentirti. Voglio sentire tutto, senza sconti» confesso l’interpellato.
Dean odiò più che mai l’essere muto. Quella era una conversazione che aveva bisogno della voce, per essere sostenuta. E, cazzo, avrebbe fatto male comunque, perfino dopo un’attenta preparazione; era inevitabile.
«Fallo e basta» ordinò l’angelo, con tono che non ammetteva repliche.
Lui scosse il capo, contrariato, e allora l’altro afferrò una manciata di suoi capelli, tirandoli leggermente. «Non sono un fragile umano» gli ricordò «Posso sopportare dolori che tu nemmeno immagini» continuò con accento basso e vibrante, e il ragazzo  tremò.
Percepì orgoglio e potenza nelle sue parole, il rombo di una voce che un tempo portava la collera divina. Sono ancora un angelo, sembrava dire quella voce, anche se menomato, sono ancora un soldato di Dio. C’era bisogno, in esse, la necessità di ricordare di essere capace di spostare le montagne, di affrontare qualsiasi difficoltà, di accettare tutto, tutto ciò che suo Padre gli metteva davanti.
Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza di conoscere la differenza.
Quell’invocazione gli rimbalzò in testa, improvvisa ed inaspettata. La conosceva, l’aveva già sentita, ma non aveva mai pregato, ed in quel momento non comprese se fosse sua o di Castiel.
Questi portò le braccia sopra di sé, strinse le mani alla testata del letto ed aprì le gambe, lasciando che lui vi scivolasse in mezzo, in un chiaro invito. E Dean lo fece. Si sistemò meglio su di lui, gli afferrò saldamente i fianchi e lo prese, strizzando le palpebre quando la morsa strettissima del suo corpo si chiuse quasi dolorosamente attorno a lui.
Un preoccupante scricchiolio di legno risuonò sopra le loro teste e riaprì gli occhi per vedere che le mani dell’angelo avevano quasi divelto una delle assi della testata del letto. Ed ecco perché non lo stava abbracciando, temeva di fargli male, male sul serio.
Il cacciatore lo osservò per bene: Castiel aveva il viso girato di lato e premuto contro il suo stesso braccio, i capelli sudati che ricadevano in ciocche scomposte sulla fronte, ed il petto che si alzava ed abbassava in un respiro sincopato.
Lui lasciò scorrere un palmo sul suo torace, risalendo fino al collo ed accarezzandogli una guancia con il pollice, per farlo voltare ed accertarsi che stesse bene.
L’angelo girò lentamente il viso e disse una sola parola: «Continua». E Dean non ne confuse il senso; era un ordine, non una richiesta.
Si spinse in lui con attenzione, poco per volta, vincendo centimetro dopo centimetro la stretta dei suoi muscoli. Castiel sotto di lui taceva, stoico, non lasciandosi sfuggire nemmeno un gemito, e il ragazzo posò la fronte sul suo stomaco quando finalmente fu tutto dentro di lui, in un bagno di sudore. Dio, era terribile e stupendo.
Concesse ad entrambi un minuto per abituarsi e riprendere fiato, poi resistere oltre gli fu impossibile e iniziò a muoversi lentamente, con affondi circolari, in modo da aiutarlo ad aprirsi per lui. Gli sollevò i fianchi, portandogli in alto le gambe per trovare un’angolazione migliore, e all’improvviso l’angelo s’inarcò e un gemito sorpreso e liberatorio sfuggì dalle sue labbra tumide.
Stupito, Dean cercò di replicare la stessa mossa e Castiel ebbe una reazione quasi identica, stavolta lasciando addirittura ricadere la testa indietro, incapace di reggerne il peso. Allora iniziò a spingersi il lui con forza, finché non sentì la tensione dei muscoli scemare e tendersi per tutt’altri motivi, abbracciandolo in un modo così fottutamente perfetto da fargli girare la testa.
Osservò la pelle pallida dell’amico - amante, era il suo amante adesso - arrossarsi e coprirsi di una patina scivolosa di sudore, i capezzoli duri spuntare vividi come bottoni scuri sul petto asciutto e si chinò a succhiarli e morderli, facendo gridare il suo angelo.
E all’improvviso le mani di Castiel furono tra i suoi capelli, stringendolo per un momento troppo forte, mentre veniva travolto da un’altra ondata di piacere, poi la presa si ammorbidì e lo toccarono ovunque: sul viso, sul collo, sulle spalle, sul petto... avide,  aggrappandosi infine alla sua schiena ed attirandolo di nuovo giù, a stendersi sul suo corpo bollente. Il suo uccello durissimo rimase schiacciato tra i loro ventri e Dean fece in modo di sfregarlo con ogni spinta, mentre lui gli cingeva la vita con le gambe e puntava i talloni sul suo sedere per spingerlo più forte dentro di sé.
Il cacciatore gemette muto, quasi sull’orlo del tracollo, e cercò con disperazione le sue labbra, affogando in esse il proprio respiro. Poi Castiel si tese, premendo il petto contro il suo, e gli oggetti attorno a loro iniziarono a vibrare, mentre un sordo brusio si alzava insieme ai suoi gemiti. Con un brivido di terrore, Dean comprese che quella era la sua vera voce e non protestò mentre lui gli nascondeva gli occhi con una mano e lo premeva contro il suo petto. Un attimo dopo l’interno buio delle sue palpebre si infiammò di arancio, quando la Grazia di Castiel esplose fuori dal suo tramite, impossibile da trattenere. Poi la luce si disperse, riassorbita dal suo corpo, che ricadde sul letto privo di forze.
L’angelo lo lasciò andare lentamente, con attenzione, e gli accarezzò i capelli con gentilezza. «Stai bene?» gli domandò affannato.
Il ragazzo annuì, poi si rese conto che lui non poteva vederlo e posò un bacio soffice sulle sue labbra, a mo’ di conferma. Si sentiva ancora terribilmente eccitato, ma Castiel era qualcosa di troppo stupendo per non soffermarsi un momento a guardarlo: aveva le guancie, il collo e le spalle rossi come papaveri, i capelli appiccicati alla fronte, arricciati e scuriti dal sudore, la bocca morbida tumida di morsi e baci, incurvata da un sorriso che vi indugiava sopra leggero come un sospiro, la pelle ancora increspata da tremiti sommessi, il ventre imbrattato di seme. Dio, era bellissimo.
Quella sola vista, ma soprattutto la consapevolezza di essere stato lui a ridurlo così, bastò a portarlo ad un passo dall’orgasmo e, quando l’amante gli artigliò le natiche, incitandolo a riprendere a muoversi, si spinse in lui quasi con violenza. Si nutrì dei piccoli gemiti che Castiel non riusciva a tacitare, dando la caccia al proprio piacere, che lasciò scoppiare quando l’angelo gli impose a tradimento una mano sulla spalla marchiata e lo morse sul collo, gettandogli addosso una scarica elettrica di pura estasi.
Riaprì gli occhi tra le sue braccia, abbandonato sul suo petto, ancora dentro di lui e, anche se avrebbe dovuto scostarsi e lasciarlo respirare, tutto ciò che fu capace di fare fu cingergli i fianchi e accomodarsi meglio su di lui. Castiel gli ravviava i capelli, tracciando con la punta delle dita il marchio della sua stessa mano e causandogli piccole cascate di brividi lungo la schiena. Lui si ritrovò a fare le fusa come un grosso felino soddisfatto.
Poi un suono breve e acuto risuonò nella stanza e lui storse la bocca, allungando mollemente la mano per prendere il cellulare dimenticato sul comodino. Un SMS di Sam; lo avvisava che stava per rientrare e gli chiedeva cosa voleva per cena. Sospirò seccato e gli rispose sintetico, prima di lanciare il telefonino sull’altro lato del letto ed alzare lo sguardo sull’amante.
L’angelo si accigliò, preoccupato. «Che succede?» gli domandò cauto.
Troppo poco tempo, troppe incertezze. Vuoi rinunciare a tutto questo per sempre?, avrebbe voluto chiedergli, ma poi si ricordò che il concetto di “per sempre” di Castiel era molto più lungo e meno figurativo del suo. Cristo, era tutto così fottutamente ingiusto.
Aveva bisogno di un’altra doccia e di far cambiare aria alla camera - ne avevano bisogno entrambi. Si scostò con attenzione, scivolando fuori dal suo corpo così invitante, poi lo prese gentilmente per i polsi e lo invitò a mettersi seduto e infine a scendere dal letto.
Non appena l’angelo mise i piedi a terra, un rivolo umido e biancastro scivolò lungo le sue cosce e mormorò un piccolo: «Oh…» a causa della sensazione spiacevole ed imbarazzante.
Dean non riusciva a credere di essersi dimenticato il preservativo, era sempre molto attento a quel genere di cose. Al momento, però, poteva solo immaginare il disagio del compagno, così - senza rifletterci troppo - portò un braccio attorno alle sue spalle e l’altro sotto le sue ginocchia, sollevandolo con facilità.
Castiel ne fu così sorpreso che spalancò gli occhi e sbatacchiò le ciglia, confuso, poi si aggiustò meglio nel suo abbraccio. «Posso camminare» protesto blandamente, ma a lui non importava. D’altronde guidarlo alla cieca verso il bagno sarebbe stato più lungo e problematico.
Lo mise giù davanti alla doccia e si allungò a girare il miscelatore, tenendo un braccio attorno alla sua vita. Rimase così per qualche secondo, con una mano tesa a controllare la temperatura dell’acqua.
«Non è necessario, per me» cercò di spiegare l’angelo, ma lui gli impose un dito bagnato sulle labbra e poi lo aiutò ad entrare dentro il box.
Castiel rabbrividì e scrollò la testa come un cucciolo bagnato, prima di alzare il volto verso il getto d’acqua. La sua bocca si socchiuse in un’espressione sorpresa e qualche goccia vi si raccolse dentro, quindi aprì i palmi della mani, sollevandole per acchiapparla come se fosse neve, o pioggia.
Dean sorrise e ne approfittò per farvi colare sopra un po’ di bagnoschiuma, poi gli prese le mani e le fece sfregare fra loro fino a creare una soffice nuvola di schiuma. L’angelo ridacchiò a causa di quella sensazione tra le dita e lui lo lasciò andare, portando le proprie ad insaponargli lentamente il petto. Castiel seguì il suo esempio, passandogli le mani sul torace, ma il ragazzo ben presto gli sfuggì, inginocchiandosi a terra per lavare anche la parte inferiore del suo corpo.
L’altro dovette puntellarsi alle sue spalle per non perdere l’equilibrio, mentre lui puliva con attenzione il ventre piatto e le gambe tornite. I muscoli sotto le sue mani erano duri, la pelle liscia, senza un filo di grasso in eccesso. Era come pulire una statua di marmo, salvo che era calda e rabbrividiva sotto il suo tocco. Lui si sentiva piacevolmente rilassato, anche se era quello che offriva le cure, anziché riceverle.
Si rialzò e lo sospinse gentilmente a voltarsi, iniziando ad insaponargli anche le spalle. Castiel puntellò i palmi contro il muro piastrellato per reggersi meglio ed i muscoli delle braccia e della schiena si tesero sotto le mani di Dean. Lui li studiò con il tatto, lasciando scivolare lo sguardo sino alle natiche tonde e perfette, imperlate di gocce d’acqua, e si leccò nervosamente le labbra… Maledetta puntualità inopportuna di Sammy, non poteva stare fuori dai piedi ancora per un po’?! Sbuffò, consapevole di non avere molto tempo, e si limitò a fare quello che doveva. Certo, mugolando in quel modo Cas non lo aiutava!
Gli strinse i fianchi, si poggiò contro di lui con tutto il corpo, lasciando che l’angelo reggesse il peso di entrambi, e gli mordicchiò il collo, indispettito. Poi lo rigirò nel proprio abbraccio, gli stampò un bacio sulla bocca e si allungò a prendere lo shampoo.
«Non dovresti pensare a te?» domandò il compagno, mentre lui gli faceva poggiare la fronte sulla propria spalla per iniziare a lavargli i capelli.
No, rispose col pensiero, cercando di rendere i movimenti meno bruschi. Lui era abituato a farsi docce svelte e gli piacevano gesti più vigorosi, ma quello era tutto nuovo per Castiel e voleva che capisse  quanto poteva essere piacevole. Mi piace fare questo, ammise, e in quello stesso momento si rese conto che era vero. Era tutta la vita che si prendeva cura degli altri, per lui era semplicemente naturale, non sapeva fare altrimenti. E voleva che il suo angelo lo sapesse, diamine, voleva che fosse consapevole che tutto quello per lui non era un problema.
Se davvero la situazione fosse rimasta quella per sempre, Dean si sarebbe adattato. Aveva già smesso una volta di fare il cacciatore, nell’anno in cui aveva vissuto con Lisa e Ben. Certo, non poteva mentire a se stesso dicendosi che le cacce non gli erano mancate, ma tutto sommato era stato bene, perché aveva qualcuno di cui occuparsi e che in cambio si prendeva cura di lui. E, ‘fanculo, di mostri ne aveva visti abbastanza per una vita intera e anche per due! Poteva fermarsi, doveva solo avere una buona ragione per farlo.
Fece inclinare la testa di Castiel indietro, sotto l’acqua, e sciacquò via lo shampoo, ammirando la sua gola tesa e le vene che risaltavano sotto la pelle pallida. Baciò il pomo d’Adamo, che spuntava dalla trachea come un minuscola collina pallida e leccò l’avvallamento tra le clavicole, dove l’acqua si raccoglieva in un rivolo caldo. L’angelo mugugnò qualcosa d’inintelligibile, poi gli afferrò le natiche con forza e se lo tirò di più addosso, prima di catturare la sua bocca.
Il ragazzo ansimò, preso alla sprovvista, mentre l’altro vinceva le sue forze senza alcuna fatica, facendogli fondere le ginocchia come burro. No, cazzo, non abbiamo tempo! Cercò di sottrarsi e, quando vide il compagno sorridere, capì che lui sapeva.
Diamine, Dean non si sentiva ancora pronto a spiegare la situazione a suo fratello, ed in ogni caso, farsi trovare così non sarebbe stato carino nemmeno se Sammy fosse stato al corrente.
Calma, tigre. Cercò di frenarlo, puntellandosi contro il suo petto. All’improvviso ricordò gli abiti sparsi in giro per la camera, inequivocabili visto che erano tutti di Castiel e lui non era certo un tipo che si spogliava spesso. Cazzo, dovevano asciugarsi e rivestirsi di corsa. Poi gli venne un’idea…
Riesci a ricordare la camera?, domandò con il pensiero.
L’angelo inclinò la testa di lato, come se stesse riflettendo, poi scosse il capo. «No, avevo già perso la vista, quando vi sono entrato la prima volta» rispose.
Riesci a vederla nella mia mente?, chiese quindi lui e Castiel annuì. Teletrasportaci lì, sul letto, ordinò, premurandosi di specificare. Male che andasse, sarebbero caduti sul morbido.
«Potrebbe essere pericoloso» lo avverti il compagno.
Dean gli strinse le braccia attorno alla vita. Ho fiducia in te. Fallo, rintuzzò. E lui lo fece.
In un cigolio di molle, caddero tra le lenzuola sfatte, rotolando l’uno sull’altro, ancora fradici. E il ragazzo avrebbe riso, riso e riso, di pura gioia, se solo avesse avuto voce. Be’, l’atterraggio era un po’ da aggiustare, ma… Ben fatto, approvò baciandolo morbidamente sulle labbra.
C’erano cose peggiori di perdere uno dei sensi, finché non avrebbero risolto il problema - e anche oltre, se fosse stato necessario - sarebbe stato gli occhi di Castiel. E, magari, in cambio lui poteva dar voce ai suoi pensieri, chissà.

FINE.

Potete trovarla anche su:
EFP.

maridichallenge: b.bi.t.a., supernatural

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