Mending a Broken Heart

Oct 04, 2011 12:57

Fandom: Supernatural.
Pairing: Dean/Castiel.
Rating: Pg13.
Beta: koorime_yu.
Genere: Angst, Introspettivo, Romanico.
Warning: Missing Moment, Pre-Slash, Spoiler 7x02, What if... ?.
Words: 1471 (fiumidiparole).
Summary: Dean non può farne a meno, deve tornare in quell’acquedotto.
Note: Io sto ancora piangendo, sono distrutta, ho bisogno di scrivere per metabolizzare. Questo episodio si colloca appena prima che Bobby venga chiamato dallo Sceriffo, dopo che Dean è già stato a visitare gli spogliatoi di nuoto. Il titolo della storia è tratto da un verso - Would you make your mark by mending a broken heart? - di “If today was your last day” dei Nickelback.
Dedica: A xsickobsession, che ha creato per me  questo bellissimo header ♥ Ma soprattutto a sepherim_ml, per il suo compleanno \0/ Tesoro, è un po’ molto Angst, ma spero ti piaccia comunque >_< Buon Compleanno e 100 di questi giorni!

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

Mending a Broken Heart 
Perchè Dio non ti sbatte mai una porta in faccia senza prima averti aperto almeno una scatola di biscotti. ¹

La chiave girò nel quadro della macchina e tutto si acquietò. Dean osservò il cartello dell’acquedotto comunale di fronte a lui e cercò di deglutire il nodo che gli ostruiva la gola; erano più di  ventiquattr’ore che provava quella costante sensazione di soffocamento.
Che diavolo ci faceva lì? Passò lo sguardo sulla superficie piatta dell’acqua, arrossata dal sole al tramonto. Si stava facendo buio, non era certo il momento per una nuotata, eppure qualcosa l’aveva spinto a tornare lì.
Non ci troverai Cas, coglione, si disse, il suo tramite è esploso e lui è morto, o - se è stato fortunato - è tornato in Paradiso. Eppure scese dalla macchina. In ogni caso, è irraggiungibile. Forzò il nuovo lucchetto che chiudeva la porta metallica e camminò sulla ghiaia scricchiolante. È morto, Cas è morto!, tentò di convincersi, mentre scalciava le scarpe ed abbandonava a terra la giacca. Apparentemente, anche se il suo cervello cercava di razionalizzare, tutto il resto - istinto, corpo, cuore - non ne voleva sapere.
Si immerse in acqua lentamente, senza quasi badare allo shock termico, l’immagine dell’amico che faceva altrettanto stampata sulle retine, come se volesse seguirlo. Quando l’acqua gli arrivò al petto, prese un respiro profondo e s’immerse sotto, nuotando verso il centro del lago artificiale. Non appena arrivò a qualche metro di profondità, si pentì di non aver preso una pila; stava diventando fottutamente buio. Resistette ancora un po’, poi fu costretto a risalire.
Nulla, non c’era nulla là sotto. Il nodo alla sua gola si strinse un po’ di più. Prese un altro respiro profondo e si immerse di nuovo. Più a fondo, un po’ più a fondo. Niente. Riemerse, prese aria, si tuffò. Di nuovo. Ancora nulla. Da capo, fino a sfinirsi.
Alla decima volta che riemerse, il sole era quasi del tutto scomparso sotto l’orizzonte e l’acqua stava diventando nera. Gocce calde, salate, gli rotolarono sul viso, in contrasto con il liquido freddo e dolce della riserva idrica, gli occhi gli bruciavano. È acqua, solo acqua. Si scacciò i capelli dalla fronte, si sfregò le palpebre. È finita, va’ a casa. Si immerse ancora, o meglio, stavolta si lasciò affondare.
Giù, giù, sempre più giù, sino a toccare il fondo. Tanto l’ho toccato anni fa. La superficie dell’acqua era un barlume rosso a decine di metri di distanza. Rimase lì, immobile, finché i polmoni non iniziarono a bruciare. L’istinto tentò di avere il sopravvento, costringendolo a riemergere, e fu allora che colse qualcosa con la coda dell’occhio. Un guizzo nero nell’acqua nera.
Si voltò, cercando di seguirlo, mentre le gambe già iniziavano a scalciare per tornare in superficie. Qualcosa gli afferrò un polso, facendolo sussultare, ed istintivamente cercò di strapparlo a quella presa, scalciò, lottò. Due braccia forti gli cinsero la vita, lo rigirarono come un pupazzo fino a che Dean non si trovò di fronte al suo aggressore.
La sorpresa fu tale che una nuvola di bolle uscì dalla sua bocca, lasciandolo senz’aria. Allora due labbra morbide si chiusero sulle sue, spingendogli fiato tiepido nei polmoni e l’acqua scivolò attorno a loro, rapidissima, prima che i loro corpi rompessero la superficie in un esplosione assordante.
Ansimante, prese più aria possibile, mentre l’uomo davanti a lui lo sosteneva senza fatica. Il cacciatore lo osservò ipnotizzato, senza riuscire a togliergli gli occhi di dosso. Era Jimmy, il tramite di Castiel, ma c’era davvero lui lì dentro? Dean cercò di parlare, ma tutto ciò che riuscì a produrre furono secchi colpi di tosse. Una mano gentile gli scostò i capelli dalla fronte, occhi preoccupati lo scrutarono con attenzione.
«Non dovresti essere qui» disse la voce familiare del suo angelo.
«Cas… Cas…» fu tutto ciò che riuscì a rispondere lui, la voce raspante, le mani che artigliavano la giacca nera del completo economico da impiegato.
Un brivido scosse il corpo dell’amico. «Devi andare via, Dean. Non posso… trattenerlo a lungo» smozzicò, stringendo le palpebre con aria sofferente.
«È ancora dentro di te» arguì il ragazzo.
I brividi si fecero più frequenti, mentre Castiel cercava di trasportarlo verso l’acqua più bassa. «Devi andartene» rincarò.
«Tu vieni con me» decise Dean.
«Non posso» mormorò Cas con voce affaticata e poi autentiche convulsioni iniziarono a scuoterlo e fu Dean a doverlo sostenere. Lo trascinò fino a riva e crollò lì assieme a lui, non molto lontano da dove aveva trovato il trench, il giorno prima. Se lo tirò in grembo e portò una mano a coppa sotto la sua nuca, stringendolo per cercare di placare gli spasmi. «Va via» rantolò Castiel, quasi incosciente.
«Non me ne vado». Dean scosse il capo, allungando una mano per afferrare la propria giacca. «Non ti lascio più, Cas». Prese il cellulare dalla tasca e compose il primo numero tra le chiamate rapide: «Bobby! Prendi una macchina e raggiungimi all’acquedotto. Porta anche Sammy, deve guidare l’Impala al posto mio. Non ho tempo per spiegare, vieni e basta!»
«No… Dean, va’ via… ti prego» l’angelo si aggrappò alla sua maglietta fradicia, cercando di attirare la sua attenzione. Come se Dean potesse pensare a qualcos’altro che non fosse lui, in quel momento!
«Sta’ zitto» ringhiò «Usa le forze per lottare contro quel levicoso, Cas. Non osare lasciarmi con un bacio d’addio, dopo avermi salvato per l’ennesima volta, o giuro che verrò a cercarti ovunque sei per farti il culo»
L’amico gemette, tremante, ed il ragazzo lo coprì con la propria giacca, stringendolo meglio tra le braccia.
«Non voglio farti male» soffiò Castiel, quasi senza voce «Non voglio farti male mai più».
«Non saresti tu a farmi male».
«Mi dispiace così tanto» gli occhi dell’angelo erano pieni di lacrime. «… Sta arrivando» aggiunse impaurito.
«Non ci provare, Cas. Non puoi lasciarmi. Prendi a calci quel figlio di puttana, mi hai capito?» ruggì il cacciatore, prendendogli il viso in una mano. «Resisti, bambino. Non posso perderti ancora».
«Uccidimi. Uccidimi ora, Dean. Dopo sarà impossibile».
«Nulla è impossibile da ammazzare… tranne Death, forse. E anche se volessi, o potessi, non ho un pugnale angelico appresso, Cas» Con gesti lenti, insolitamente meticolosi, Dean gli allisciò la giacca bagnata, gli allentò la cravatta blu, gli asciugò una goccia d’acqua - o una lacrima? - impigliata alle ciglia. «Ho il tuo trench in macchina, al sicuro, nel cofano» aggiunse, come se quello potesse in qualche modo aiutare Castiel, rassicurarlo.
«Dean…»
«Non posso ucciderti, Cas. Semplicemente non posso».
«Eri pronto a farlo l’altro giorno. Hai assoggettato Death» obbiettò il suo angelo con voce tremante.
Dean deglutì a fatica. «Non posso farlo con le mie mani, nemmeno se tu fossi ancora fuori di testa. Forse potrei uccidere il leviatano, ma non te… non te» scosse il capo.
Gli occhi di Castiel divennero enormi, innocenti come quelli di un bimbo. «Pensavo…» mormorò.
«Lo so». Lo interruppe Dean. Un’unica lacrima rotolò sul suo viso, pendendo dal suo labbro superiore. «Mi dispiace. Lo so».
L’angelo catturò quella lacrima come se fosse la cosa più preziosa del mondo. Fu appena uno sfiorarsi di labbra, ma Dean lo percepì come un calore bruciante.
Uno stridio di gomme e due sportelli che sbattevano gli annunciarono l’arrivo del resto del famiglia. Bobby e Sam corsero al suo fianco, fermandosi ad un passo di distanza, col fiato sospeso.
«Apri la macchina, Sammy» ordinò Dean, lanciandogli le chiavi.
«È…?» chiese Bobby.
«È lui. Almeno per adesso» confermò il maggiore dei Winchester, stringendolo meglio. Il vecchio cacciatore lo aiutò a sollevarlo e stenderlo sui sedili posteriori dell’Impala. Dean scivolò dentro con Castiel, tenendo la sua testa sul proprio grembo, una mano posata sul suo cuore. «È quasi finita» tentò di rassicurarlo «Andiamo a casa».
Suo fratello li osservò dallo specchietto retrovisore. «Come sta?» domandò.
«Ha visto giorni migliori. Tu?» chiese Dean. Cristo, aveva quasi dimenticato i problemi di Sammy.
Questi guardò per un momento il sedile passeggero accanto a sé, come se ci fosse qualcuno al suo fianco, ma poi dichiarò in tono sicuro: «Posso guidare».
«Mi dispiace, Sam» gemette Castiel, in tono a malapena udibile, mentre il ragazzo metteva in moto.
Lui gli dedico appena uno sguardo. «Ci penseremo più tardi, Cas» rispose sbrigativo.
La corsa in macchina, l’arrivo a casa di Bobby, il peso morto di Castiel mentre lo trasportavano fino alla Panic Room… Dean ricordava tutto in modo sfumato, finché non stesero l’angelo sulla brandina.
«Dateci un momento» sussurrò, dispiegando una coperta calda sul corpo dell’amico. Prima di uscire, suo fratello attirò la sua attenzione per lanciargli una cosa: il trench di Castiel. Il maggiore lo afferrò al volo.
«Dean… tutto questo non… basterà» biascicò il suo angelo.
«Abbiamo aggiunto sigilli enochiani alle protezioni. Ti intrappoleranno qui e, dato che lì dentro sei in compagnia, forse tratterranno anche lui. Nel frattempo cercheremo qualcosa di più efficace» rispose il cacciatore, drappeggiando con attenzione il trench su di lui. «Sistemeremo tutto» promise, intrecciando una mano ai suoi capelli, un po’ ravviandoli ed un po’ scompigliandoli.
Castiel ricominciò a tremare violentemente, facendo cigolare anche il lettino sgangherato. «Devi andare, ora» ordinò, strizzando con forza le palpebre.
«Okay» mormorò Dean, dirigendosi verso la porta blindata «Okay». Non prima di avergli lasciato un bacio sulle labbra, però.

FINE. 
¹. “Mangia, Prega, Ama” di Elizabeth Gilbert.

Potete trovarla anche su:
EFP.

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