Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: angel!Castiel/vampire!Dean, wizard!Sam, angel!Balthazar, vampire!Crowley, arcangel!Gabriel, arcangel!Michael, arcangel!Raphael.
Rating: NC17.
Charapter: 3/4.
Beta:
koorime_yu (la martire ♥).
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico.
Warning: COW-T!AU, Fluff, EGGPREG, Sesso descrittivo, Slash, Spin-off, Vampirismo.
Words: 5989/18387 (
fiumidiparole).
Summary: Dopo essere stato trasformato, Dean vive nella Città dei Vampiri con Castiel, ma il suo angelo ha qualcosa che non va.
Note: Sequel di
Lazarus Rising. Scritta per il prompt Creatura Soprannaturale della mia
Tabellina Generale presa da
auverse.
Inizialmente Castiel potrebbe sembrare un tantino (molto) OOC, ma poi si capirà il perché del suo bizzarro comportamento.
Note imporatanti:
Clash Of the Writing Titans è un universo fantasy creato dagli amministratori di
fiumidiparole e
maridichallenge, per una delle loro iniziative. Si tratta di un mondo abitato da quattro popoli in lotta tra loro - angeli, cavalieri, maghi e vampiri - ognuno dei quali occupa una grande città, e sorretto dalla misteriosa figura della (del - in questo caso) Veggente. NON VENITE A DIRMI CHE NON VI AVEVO AVVISATO.
Note inutili: PERDONO, PERDONO, PERDONO! çOç Era mia intenzione aggiornare una volta a settimana, dato che i capitoli sono già scritti, ma
koorime_yu ed io siamo state colpite da una serie di sfortunati eventi /0\ Prima ho preso l’influenza e ho dimenticato di mandarle il capitolo da betare (non chiedetemi come ho fatto, ero convinta di averglielo già mandato, diamo la colpa alla febbre, va!), poi è arrivato il Natale, subito dopo
koorime_yu è partita e, TUTTO INSIEME, le si è rotto il PC (che è ancora in assistenza). Insomma, sembrava che il Destino fosse contro di noi, oppure Michael si sta vendicando perché in questa storia è vedovo, ma quantomeno questo capitolo è più corposo del solito, quindi magari mi perdonerete *abbraccia tutti i lettori e fugge via*
Dedica: Sempre per Narcissa63 ♥
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DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù No, nemmeno il COW-T è mio, no.
Mommy Dearest
Capitolo 3
L’aria invernale era sferzante, eppure a quell’altitudine avrebbe dovuto essere molto peggiore. Dean rinsaldò la presa sull’uovo, premendolo nella nicchia creata dal suo corpo e quello di Castiel, mentre con un braccio si stringeva di più al compagno. Non guardare giù, si ripeté per la milionesima volta.
«Stai usando uno dei tuoi abracadabra?» chiese al suo orecchio, per contrastare il vento sferzante.
L’angelo sorrise contro la sua guancia, confermando che sì, stava usando un incantesimo per tenere al caldo lui e l’ovetto. Dean si scostò il tanto da incontrare i suoi occhi e, all’improvviso, le labbra di Castiel furono sulle sue, in un bacio che perfino al di fuori da quella bizzarra situazione sarebbe stato mozzafiato. Ansimò, abbandonandosi alle sue labbra ed alla sua lingua, dimenticando per un momento dove si trovassero.
«Datevi una mossa, piccioncini» li riprese una voce, e Balthazar li superò in un paio di battiti d’ali.
Era bizzarro vederlo portare Sam tra le braccia - lo reggeva senza sforzo, come se fosse un bambino, - specie considerato che l’angelo non era poi tanto alto, mentre suo fratello era uno spilungone muscoloso. Si chiese distrattamente se lui e Castiel dessero la stessa impressione.
«Ehi, Sammy, tutto bene?» gridò, poi. Ma non ricevette alcuna risposta.
Vide Balthazar chinarsi ad osservare Sam con insolita dolcezza e sussurrargli qualcosa all’orecchio. Il mago si scosse appena tra le sue braccia, prima di alzare la testa e sobbalzare.
«Ti tengo, è tutto okay» lo rassicurò l’angelo «Tuo fratello ti stava chiamando» lo informò poi.
Sam si voltò a cercare Dean con lo sguardo, rivolgendo su di lui due occhi assonnati. «Devo essermi addormentato» rispose, strofinandosi le palpebre.
Be’, di sicuro se la passava meglio di lui, allora, considerò il maggiore. Sentì Castiel aggiustare la presa su di lui ed in qualche modo si ritrovò ancora più pressato contro il suo corpo caldo. Provò il desiderio infantile di nascondere il viso nel suo collo, ma non lo fece.
«Manca poco» lo rassicurò il compagno. E poi la Città degli Angeli si profilò all’orizzonte, con le sue guglie ed i suoi templi, in mezzo ad alberi alti quanto palazzi.
«Sei felice di tornare a casa?» domandò Dean. In effetti non ci aveva mai pensato, ma era da molto che Castiel stava con lui, tornando alla sua città solo per ricevere ordini.
Lui si accigliò appena, premendoselo - se possibile - ancora di più addosso. «Sì» ammise «Ma sono preoccupato per voi».
«Per noi?»
«Per te e per il piccolo».
«Andrà tutto bene. Lo proteggeremo insieme» tentò di rassicurarlo il vampiro.
«Non sono solo gli Arcangeli a preoccuparmi» rispose Castiel «È la luce del sole. Fino ad ora non eravate mai usciti dalla Città dei Vampiri».
Dean sussultò, preso alla sprovvista. «Pensi che anche lui… ?» soffiò. Merda, non aveva nemmeno considerato quell’eventualità; era un fottuto uovo, era protetto da un guscio!
«Non lo so» ammise il compagno, nervoso.
Il maggiore dei Winchester rischiò di farsi sfuggire un gridolino molto poco virile, quando il compagno iniziò a planare per scendere di quota. Pochi minuti dopo atterrarono con grazia in una radura.
L’altro angelo mise piede a terra un paio di secondi dopo e sorresse Sam, che barcollò quando lui lo rimise giù. Dean poteva capire il fratello, anche lui si sentiva messo tutto sottosopra, ma non poté fare a meno di inarcare un sopraciglio quando Balthazar arrivò ad avvolgere premurosamente Sam con un ala; quella era una cosa piuttosto intima.
Castiel attirò la sua attenzione, allungando le mani sull’involto di coperte che teneva al caldo l’ovetto. Dean glielo passò tra le braccia, comprendendo bene cosa stesse provando; nemmeno lui riusciva ad allontanarsi dal pulcino. Dopo qualche ora che non lo toccava, sentiva il bisogno psico-fisico di assicurarsi con le proprie mani che stesse bene - il che era abbastanza ridicolo, un uovo non poteva certo cambiare umore, o avere bisogno di essere controllato. Per Cas, che l’aveva - concepito? Partorito? - dato alla luce, quell’istinto doveva essere ancora più forte.
«Dobbiamo andare a registrarlo» disse l’angelo, iniziando a fare loro strada.
«Di già?» chiese Sam, evidentemente stanco.
«Meglio farlo subito, così potremmo finalmente andare a riposare» osservò Balthazar, e solo allora Dean ricordò che quei due avrebbero dovuto essere già a letto; lui e Castiel avevano preso le abitudini della Città dei Vampiri, dormendo il giorno e vegliando la notte, ma il resto del mondo continuava a muoversi ai giusti ritmi, compresi i loro rispettivi fratelli.
Provò un genuino motto si sorpresa e gratitudine nei loro confronti, specie in quelli di Balthazar, che aveva fatto molto più di quanto fosse in suo dovere.
Loro due non erano mai andati molto d’accordo. Sam sosteneva che fosse perché si somigliavano troppo, ma Dean sapeva il vero motivo: nemmeno lui aveva visto mai di buon occhio le amanti che sceglieva il suo fratellino - c’era anche da dire in proposito, però, che Sam aveva un cattivo gusto preoccupante: le trovava tutte belle, ma una più psicopatica dell’altra - era una cosa istintiva, tanto più che lui metteva Cas in pericolo un giorno sì e l’altro pure. Inoltre, Dean reputava Balthazar un cazzone ed aveva l’impressione che l’angelo facesse altrettanto, ma suo cognato era un soldato, furbo e forte come Castiel - quante volte li aveva visti pianificare insieme strategie che gli avevano salvato il culo? - e Dean aveva rispetto di questo, specie perché ora lui si era messo in pericolo per proteggerli, di sua spontanea volontà.
Dentro d sé, poteva solo augurarsi che Sammy trovasse qualcuno che lo amasse anche solo la metà di quanto lui amava Cas; questo gli avrebbe reso la persona che avrebbe scelto molto più sopportabile.
*°*°*°*°*
Dean non aveva mai visto un angelo così vecchio - o almeno che sembrasse così vecchio, perché con gli angeli non si poteva mai sapere. Il responsabile del censimento sembrava un uomo tra i cinquanta ed i sent’anni, un’aureola di radi capelli bianchi gli copriva i lati della testa, lasciando la cima calva, e le sue ali erano di un grigio sporco che ricordava la polvere. Per quanto Dean ne sapesse, però, quel tizio poteva anche essere più giovane del suo Cas. Ma di sicuro la natura non era stata gentile con lui.
Avrebbe quasi potuto provare compassione per Zhacariah - così sì chiamava -, se solo non avesse avuto un sogghigno così viscido dipinto in faccia. Li guardava come se fossero sacchi di letame e l’ovetto avrebbe potuto essere un sasso, vista l’attenzione con cui lo maneggiava. Dean fremette, nervoso, mentre lui misura e pesava il loro piccolo, sballottandolo qua e là. Ma che cazzo, non lo sentiva pulsare? C’era una vita, lì dentro, non uno zabaione da rimescolare! Pensava che gli angeli avessero più rispetto per queste cose, dannazione.
«Ehi!» sbottò, quando lo vide poggiare - schiantare, sarebbe stato più corretto dire - l’uovo al centro del tavolo, per poi prendere piuma e calamaio ed annotare qualcosa sul registro. Castiel si affrettò a raccogliere il pulcino e Dean coprì le sue mani con le proprie, osservando il guscio ed aspettandosi quasi di trovarlo crepato; fortunatamente il loro piccolo era più tosto di quanto sembrasse.
Figlio di puttana!, stava comunque per gridargli contro, quando Zhacariah disse sarcastico: «Ebbene, anche il grande Capitano Castiel ha finalmente scoperto le gioie della vita». E a quel punto fu a tanto così dal prenderlo a pugni, ma Sam riuscì a trattenerlo per un gomito.
«L’altro genitore?» continuò il responsabile del censimento, scivolando per un momento con lo sguardo su Balthazar, il solo altro angelo tra loro.
Dean strabuzzò gli occhi. Oh, andiamo, questo qui credeva davvero… che diamine, quei due erano fratelli! Fratelli sul serio, della stessa covata - o qualcosa del genere -, non solo per il semplice titolo con il quale si rivolgevano gli angeli gli uni gli altri.
«Dean Winchester» rispose Castiel, inespressivo, e Zhacariah, che aveva abbassato lo sguardo sul registro, lo riportò rapidamente su di lui.
«Mentire in questa sede è un reato, fratello» gli ricordò, con un altro dei suoi sorrisi disgustosi.
«Guardami negli occhi, fratello. Non sto mentendo, puoi vederlo da te» replicò il Capitano.
Dean sapeva che tutti gli angeli, o quasi, riuscivano a capire quando gli altri mentono, e poté vedere la verità farsi largo sul viso di Zhacariah, quando studiò il suo compagno. Qualcosa di torbido - paura? Disgusto? Entrambi? - baluginò in quegli occhi dal colore smorto, e lui seppe che da lì a qualche ora gli Arcangeli sarebbero stati informati della situazione.
Fantastico.
*°*°*°*°*
Mancava meno di un’ora all’alba, quando finalmente arrivarono a casa di Balthazar e Castiel. In lontananza, Dean poteva già sentire i primi uccellini svegliarsi e cinguettare - Crowley gli aveva insegnato che quello era il suono che precede il sorgere del sole in qualsiasi parte del mondo. Accolse la visione di quella dimora sconosciuta con inaudito sollievo; si sentiva stanco e debole come non gli era mai capitato nella Città dei Vampiri nemmeno quand’era terribilmente affamato. Ed era successo che lui si sentisse davvero uno schifo, una volta. Crowley gli aveva impedito di nutrirsi per studiare la sua resistenza.
«Dobbiamo - io, ma soprattutto tu stesso - sapere quanto tempo puoi rimanere senza sangue, prima che la Fame abbia il sopravvento e ti trasformi in una bestia» aveva spiegato «In questo modo, se ti trovassi in difficoltà o intrappolato, sapresti quanto tempo hai». Dean aveva resistito per tre giorni, molto più di quanto qualunque Novizio avesse mai fatto, a detta del suo Master.
Era stata una delle esperienze più orribili che avesse mai vissuto da che avesse memoria. Il fatto che ora si sentisse anche peggio, la diceva lunga su quanto fosse sensibile ed impreparato all’avvicinarsi del giorno. Ma non si sarebbe comunque mostrato debole.
Si guardò attorno con una certa curiosità. Non aveva mai riflettuto sul fatto che Castiel avesse una casa - una casa materiale, cioè, con pavimenti, mura e tutto il resto; il suo angelo era sempre immerso nel verde ed indifferente alle comodità umane, tanto da fargli credere che vivesse sugli alberi o qualcosa del genere. La domus in cui lo accolse, invece, era piccola, ma davvero splendida. Le stanze davano su un colonnato di marmo bianco, che a sua volta si apriva su un grande giardino adorno di fontane.
«Per di qua» lo guidò gentilmente Castiel, circondandolo con un’ala e sospingendolo verso una delle camere.
Questa era occupata perlopiù da un grande letto e pochi mobili dalla foggia semplice. L’angelo si affrettò subito a sprangare le finestre e tirare le pesanti tende, gettando l’ambiente nel buio più totale. Accese una candela posta su un piccolo tavolino accanto al talamo, rischiarando la stanza quel poco che serviva loro e, dopo essersi assicurato che la porta fosse chiusa a chiave, si avvicinò al compagno per aiutarlo a spogliarsi.
«Non preoccuparti per tuo fratello, Balthazar lo aiuterà a sistemarsi».
Dean non ci aveva nemmeno pensato, fino a quel momento; era troppo stanco. Poggiò l’ovetto tra i cuscini e crollò sul materasso - di piume? - lasciando che le dita delicate di Castiel slacciassero nodi e stringhe, svestendolo con attenzione, poi scivolò tra le coltri, in sua attesa.
«Non vieni?» biascicò, ormai quasi sull’orlo del sonno, mentre l’angelo lo osservava dai piedi del letto.
Castiel indugiò ancora un momento, lasciando scorrere lo sguardo sulla sua figura. «Non ho usato spesso questo giaciglio. E non avevo mai immaginato che un giorno avrebbe accolto il mio compagno. Ed il mio piccolo» sussurrò.
«Vieni qui, Cas» lo pregò Dean, e finalmente lui si tolse i calzari e lo raggiunse, chiudendolo nel suo abbraccio. Il vampiro affondò le dita tra le sue piume, sospirando di sollievo. «Sta arrivando l’alba» mormorò, sentendola avanzare come un’onda bianca, malgrado fossero immersi nel buio.
«Non permetterò alla luce di entrare» lo rassicurò l’angelo, allungandosi a spegnere la candela.
Le sue labbra su una tempia furono l’ultima cosa che Dean percepì, prima di scivolare nell’oblio.
*°*°*°*°*
C’erano delle voci, fuori dalla porta, ma non riusciva a coglierle con esattezza. Stralci gli arrivavano alle orecchie, come lampi di avvertimento.
«… ordine degli Arcangeli» disse una sconosciuta.
«Andatevene a fan…» Sam?
«Luridi traditori» un’altra voce, maschile stavolta.
«Spiacente ragaz… Virgilio tocca quella porta e…» Balthazar?
«Morirete tutti» disse un terzo.
Dean spalancò gli occhi sul buio, percependo le sensazioni come lontane ed ovattate. Il suo corpo inerte era pressato contro quello di Castiel, che impugnava la propria arma angelica. L’uovo era un calore pulsante nascosto tra di loro. Da sotto la porta filtrava una sottile linea di luce, e ombre vi passavano davanti.
All’improvviso il vampiro ricordò dove si trovasse, che era giorno - maledizione, giorno! - e capì che erano venuti a prenderli. Cercò di muoversi, ma le sue braccia non risposero; la paura lo gelò come una secchiata d’acqua fredda.
«Troppo umano» lo rimproverava sempre Crowley «Continui a comportarti come un fottuto umano».
Cercò di concentrarsi sulle voci. Erano in tre: due maschi ed una femmina.
«Consegnaci i traditori» stava dicendo uno di loro.
«Scusa, Uriel, ma ero convinto di essere io il padrone di casa, non tu. Mi hai scambiato per un altro angelo? Uno di quelli che rispondono ad ogni tua parola solo perché Michael ti ha delegato?» rispose Balthazar.
«Insolente. Tu sarai il prossimo a morire» ribatté un’altra voce.
«Cerchiamo di calmarci» intervenne la voce femminile «Balthe, stiamo solo eseguendo il nostro compito».
«Anna, è di Cassie che parliamo» replicò l’interpellato.
«Il Triumvirato vuole solo parlargli. Vedrai che Gabriel non perm-»
«Gabriel è solo uno dei tre, sorella» gli ricordò.
«Potete seguirci spontaneamente o-» riattacco quindi…Virginio? Virgulto? Quello.
«O volare via prima che le cose si mettano male» lo stroncò Sammy.
«Ragionate, ragazzi» mediò Balthazar «Se anche riusciste a superare noi, lì dentro trovereste una mamma molto incazzata ed un vampiro addormentato. Sapete cosa succede a chi viola l’alcova di un vampiro?»
Dean cercò ancora di muoversi, ma il suo corpo non rispose.
«Smettila di fingere che sia tutto come prima» sentì la voce di Crowley urlare nella propria testa «Inizia a comportarti come quello che sei».
Non voglio, pensò, non voglio. Ma l’istinto di sopravvivenza prese il sopravvento.
L’energia sovrannaturale mosse il suo corpo come quello di una marionetta. Dean percepì il suo stesso braccio alzarsi ed il potere seguire quella direzione, allungarsi verso la porta della camera e spalancarla. Una mezzaluna di luce di proiettò sul pavimento, raggiungendo quasi i piedi del letto. Gli occhi del vampiro lacrimarono per il dolore, ma la forza si spinse all’esterno e lui la percepì, più che vederla, avvolgere i tre intrusi e sbatterli lontano.
«La prossima volta non sarò così gentile» ringhiò con voce metallica, che non gli apparteneva.
Castiel si voltò ad osservarlo esterrefatto. Dean avrebbe voluto chiudergli gli occhi; non voleva che lo vedesse così, che vedesse il mostro che era in realtà.
Sentì un’imprecazione venire dall’esterno, Balthazar e Sam cercare di trattenere gli angeli, ma erano in inferiorità numerica ed il terzo si profilò sulla soglia della stanza; un’ombra nera sulla cornice della porta, in controluce. Tentò di fare un passo, e Castiel si parò davanti a Dean.
«Consegnami quell’abominio, fratello, e ti risparmierò la vita» disse l’intruso «Darò perfino una morte rapida al tuo… animaletto».
Figlio di puttana!, pensò Dean, Abominio sarà tua sorella. NON. IL MIO. BAMBINO. Tentò ancora di alzarsi, ma di nuovo l’energia sovrannaturale fu più rapida: afferrò la lama dell’angelo, gliela strappò di mano e gliela ritorse contro, perforandogli un’ala da parte a parte. L’angelo gridò ed il potere lo sbatté di nuovo lontano, prima di richiudere la porta con un tonfò. Seguirono altre urla ed uno sbattere d’ali, poi il silenzio.
Qualcuno bussò discretamente alla porta, facendoli sussultare. «Uhm, ragazzi, tutto okay lì dentro?» chiese Sam incerto.
Dean sentiva ancora l’energia crepitare nel proprio corpo, non poteva muoversi, e avrebbe voluto dirgli che, cazzo, no, non andava affatto bene, perché gli Arcangeli li volevano sicuramente morti, adesso.
«I cattivoni sono volati via, potete tornare a nanna, bimbi» cantilenò Balthazar «Ottimo lavoro, mamma Dean».
Il vampiro ringhiò, poi le ali del suo angelo lo avvolsero, soffici, apprensive, e lui si abbandonò ad esse, lasciando che il potere scemasse dal suo corpo. Poi non percepì più nulla.
*°*°*°*°*
Dean iniziò a riprendere coscienza poco prima del tramonto. Percepì la luce ritirarsi ed il potere che esercitava sul suo corpo, schiacciandolo, lasciarlo libero di muoversi, così che poté accoccolarsi meglio contro il compagno. Si arricciò sul fianco bollente di Castiel e sentì le sue ali soffici circondarlo; aveva quasi l’impressone di poter stringere il battito forte del suo cuore. L’ovetto, con la sua piccola vita, pulsava più rapido, annidato tra i loro corpi.
Il vampiro sospirò, l’incoscienza forzata che si trasformava in qualcosa di più simile al sonno umano. Era sempre stato molto mattiniero, confronto a quelli della sua razza. Spesso, nella Città dei Vampiri, al sicuro dalla luce, era già in piedi prima del tramonto, a differenza degli altri Novizi - e anche della maggior parte degli Anziani - che si alzavano solo molto dopo il crepuscolo.
Il sole morì lentamente e Dean cominciò a percepire più distintamente dita affusolate coccolare i suoi capelli, ravviandoli con attenzione. Frullò le ciglia, mentre il battito sotto il suo orecchio si faceva sempre più assordante, sempre più invitante. Labbra caldissime trovarono le sue, strappandolo al sonno, richiamandolo alla vita, e la Fame - bruciante di desiderio - infiammò le sue vene, scorrendo nelle arterie al posto del sangue. Un ringhio gutturale crebbe nel suo petto, mentre una lingua morbida violava la sua bocca, umida e ruvida, e pulsante di sangue nelle piccole vene al di sotto; Dean dovette compiere uno sforzo cosciente per non chiudervi i denti attorno, rischiando di reciderla.
Aprì gli occhi, incontrando subito quelli blu del compagno ad un soffio dai suoi. La luce dell’unica candela che rischiava la stanza era già troppa per il suo corpo indebolito. Fece violenza su se stesso per imbrigliare l’istinto e permettere a Castiel di spostare l’uovo, poi scivolò su di lui, sovrastandolo.
Catturò i suoi polsi, premendo i pollici sull’interno tenero, sulle vene delicate, e li portò sopra la sua testa. Leccò il suo collo bianco, sottile, delizioso. Il suo angelo ansimò e s’inarcò sotto di lui, in un tacito invito. I denti affondarono nella giugulare, poi le labbra racchiusero il morso, catturando il primo fiotto di sangue, pompato dal cuore stesso, prima di iniziare a succhiare.
Il sorso iniziale fu solo liquido ferroso e denso, che placò la Fame più feroce, riducendola ad un ammasso indistinto che faceva le fusa al centro del suo ventre. Poi arrivò Castiel, la sua essenza, le sue paure, la sua apprensione, risvegliando il vero Dean, che si riversò fuori dal suo corpo, travolgendolo con un’ondata delle medesime emozioni; e lui non avrebbe voluto, davvero, il suo angelo non aveva bisogno di sapere quanto esattamente lui fosse terrorizzato. In risposta ricevette un afflusso di amore così totalitario - puro, liquido, incondizionato - da fargli lacrimare gli occhi.
Si staccò da lui con attenzione, ripulendo bene la ferita ed osservandola richiudersi, prima di spostarsi per incontrare il suo sguardo. Le dita di Castiel tornarono tra i suoi capelli, guidandolo gentilmente verso la sua bocca. Dean lo bacio piano, quasi a fior di labbra; nessuno dei due era eccitato, stavolta, erano troppo agitati.
«Eri così rigido, oggi» sussurrò il suo angelo, ed i suoi occhi erano tremanti, spaventati.
«È questa la vera natura dei succhiasangue, durante il giorno. La Città dei Vampiri è una bolla di sapone che li - ci - protegge» rispose in un sospiro, stendendosi su di lui. Aveva un ricordo nebuloso della mattina, degli intrusi che erano venuti a prenderli, ma rammentava chiaramente il potere disumano che prendeva possesso del suo corpo. «Mi dispiace di averti spaventato» aggiunse in tono più sommesso.
Castiel non rispose subito, si limitò a stringerlo di più, circondandolo con tutto ciò che aveva: braccia, gambe, ali - era una cosa piuttosto buffa a vedersi. Dean sorrise contro il suo petto, imprigionato in quel bozzolo.
«Il Triumvirato ci ha convocato ufficialmente» disse l’angelo, dopo un po’ «Dobbiamo andare».
«Convocato ufficialmente. Che faccia tosta!» sbuffò lui «Dopo quello che hanno fatto stamattina…»
«Hanno mandato un missiva, scusandosi dello spiacevole inconveniente».
«Spiacevole inconveniente. Carino» ironizzò Dean.
«Sembra non gli fosse stato riferito che tu eri stato trasformato, quindi quando non abbiamo risposto alla prima lettera, recapitata all’alba, hanno spedito le loro guardie personali a prenderci» spiegò il compagno.
«Zhacariah, ci scommetto. Quel bastardo deve averlo fatto a posta, voleva che ci ammazzassero» arguì quindi, e Castiel si limitò ad annuire.
«Dobbiamo davvero andare, stavolta» aggiunse, e lui non voleva proprio immaginare cosa sarebbe successo altrimenti.
*°*°*°*°*
Quando Dean aveva cercato di figurarsi dove gli arcangeli tenessero consiglio, si era immaginato un salone grandioso, marmi chiari, vetrate istoriate, enormi scranni, e via dicendo. Gli scranni in effetti c’erano, ma il Giardino della Vita non era proprio il genere di posto che aveva in mente; eppure, ricordando la passione del suo angelo per la natura, avrebbe anche potuto pensarci.
Un’altra cosa che aveva supposto - e ne aveva motivo, no? Triumvirato doveva pur voler dire qualcosa - era che i troni sarebbero stati tre, invece erano quattro: i primi due posti sul gradino inferiore della piattaforma che sorgeva al centro del giardino, ad una certa distanza l’uno dall’altro, in modo da non ostruire la visuale degli altri due, posti sul gradino superiore.
Non gli fu difficile riconoscere gli arcangeli, almeno se la fama che li precedeva era veritiera. Quello alla sua sinistra, su uno dei troni più bassi, doveva essere Raphael: espressione arcigna, ali quasi più scure della sua stessa pelle, che odoravano di fulmini - e davvero, Dean non aveva idea che i fulmini avessero un odore, almeno fino a quel momento -, ed in generale l’aria di chi aveva qualcosa di terribilmente puzzolente sotto al naso; gli fu subito antipatico.
Qualche metro più in là, sullo stesso gradino, il tizio stravaccato sul proprio scranno - che ad essere onesti sembrava più una poltrona - doveva essere Gabriel, il generale di Castiel: tutto scintillanti capelli castano chiaro e occhi scuri, ed il sorriso del gatto che si era appena mangiato il carino. E forse non era la metafora giusta, viste le enormi ali color crema rilassate ai lati del suo corpo, che - complice il vento - gli stavano spedendo fortissime zaffate di, uhm, miele, e caramello, e gli stavano facendo venire l’acquolina in bocca ed una nostalgia maledetta. Disturbante, molto disturbante.
Su uno degli scranni più in alto, alla sinistra di Raphael, stava il terzo ed il più potente degli Arcangeli, Michael: occhi azzurri, capelli nerissimi ed ali del medesimo colore, dal profumo di brace, che adombravano ancora di più un’espressione che, di per sé, non trasmetteva… nulla. Nulla assoluto. Ma la lunga spada che portava al fianco aveva un’aria piuttosto minacciosa. Però - per Dean - la cosa che più lo rendeva inquietante, era che, uh, gli ricordava terribilmente suo padre.
L’ultimo trono, infine, era vuoto.
Castiel e Balthazar posarono un ginocchio a terra, e Sam rivolse loro un mezzo inchino educato, ma Dean rimase fermo dov’era. In fondo, fino a pochi mesi prima era stato una figura importante - il titolo di Condottiero i cavalieri non lo davano di certo al primo che passava - ed aveva avuto un’alleanza con quei tre, ma soprattutto non erano i suoi superiori; non si era inchinato al Concilio dei Vampiri, non vedeva perché dovesse farlo con loro.
Gabriel rise divertito, scendendo dal suo trono con un balzo. «In piedi, fratelli, in piedi» disse gentilmente, avvicinandosi ancora di più agli ospiti. «Vediamo un po’, cos’abbiamo qui?» continuò, girando attorno al vampiro.
«Non ci era giunta voce che fossi stato trasformato, Dean Winchester» giunse la voce di Michael, mentre l’altro arcangelo continuava a studiarlo.
«Non è stata una mia scelta» rispose l’interpellato, sentendosi quasi soffocare dall’odore di vaniglia. Un, ecco cos’era!, vaniglia. Avevano perfino il colore della vaniglia.
Fino ad allora non sapeva che le ali degli angeli avessero colori e odori diversi; Balthazar e Castiel - gli unici due con cui avesse davvero familiarità - avevano entrambi le ali bianchissime, forse perché erano fratelli di sangue. Agli altri angeli, che aveva visto per perlopiù in battaglia o comunque di sfuggita, non aveva mai dedicato troppa attenzione.
«In questo caso mi rincresce molto» replicò Gabriel, fermandosi davanti a lui, e da quegli occhi luccicanti di entusiasmo Dean non seppe capire se fosse sincero, ma si accorse che era molto più basso di lui. Le ali enormi lo facevano sembrare più imponente. E Dean non le sopportava proprio più.
«Senti, amico, potresti smetterla di gonfiare le penne? Mi stai facendo venire fame. E i dolci non li posso più mangiare» sbuffò, attirando l’attenzione del compagno, che gli rivolse uno sguardo strano.
«Fame?» chiese Sam, perplesso.
«Diamine, sì, non lo senti tutto questo odore di vaniglia? È intossicante».
«No, temo sia una cosa da vampiri» rispose il suo fratellino.
Il sorriso sulla faccia di Gabriel minacciava di spaccargli in due la faccia. «Stai facendo ingelosire il nostro Cassie, Dean-o. E non è mai bene far ingelosire una mamma, no-no» cantilenò.
«Allora tu smettila di agitare le piume» ribatté lui, seccato, prima di rivolgere un’occhiata perplessa al suo angelo, che gli si era avvicinato un po’ di più, fino a cingerlo con una delle sue ali. Il suo odore sembrò spazzare un po’ via quello dell’arcangelo e Dean sospirò di sollievo; non era mai riuscito a definirlo, ma era un profumo pulito e sottile, e lui lo trovava semplicemente delizioso.
«Abbiamo finito di perdere tempo?» intervenne Raphael, con voce sferzante come un tuono.
Subito lo sguardo di Dean volò all’ovetto, chiuso tra le braccia di Castiel, e lo coprì con una mano. Gabriel li osservò incuriosito, spiando nella loro stretta, ma non accennò a toccarlo, stando ad una certa rispettosa distanza. Meglio per lui, ecco.
«Vi abbiamo convocato,» iniziò a spiegare Michael «perché ci è giunta una voce bizzarra. Tanto per cominciare, oltre a non averci comunicato del trapasso di Dean Winchester,» e lui avrebbe tanto voluto obbiettare, perché - che diamine! - era vivo e vegeto; i vampiri erano immortali, quindi appunto non-morti «la registrazione all’anagrafe del tuo piccolo ci ha colto di sorpresa, Castiel. Sei piuttosto in ritardo».
L’angelo si agitò sul posto, nervoso, stringendosi un po’ di più a Dean e all’ovetto. «È vero, ma sono certo che - vista la situazione straordinaria - comprenderete le mie incertezze, fratelli».
«E qui arriviamo al vero punto della discussione» osservò Michael impassibile, quasi annoiato, sfoderando la spada e piantandola a terra, prima di incrociare le mani sul pomolo e posare il mento su di esse. Fu un gesto pigro, ma incredibilmente minaccioso. «Hai dichiarato che l’altro genitore è Dean Winchester».
Il vampiro sentì distintamente Castiel deglutire con un sonoro glomp, ma dopo un momento questi asserì con voce decisa: «Sì. È il mio compagno».
«Una scelta quanto mai discutibile» osservò il maggiore degli Arcangeli.
«Dì pure stupida» convenne Raphael.
«Una scelta che non vi riguarda» intervenne Dean. E che diavolo, erano affari loro, no?
Raphael lo fulminò con lo sguardo, piuttosto letteralmente, visto che i suoi occhi crepitavano come fulmini. «Dovresti chiedere il permesso, prima di rivolgerti a noi, insolente» scandì, livido. Lui si limitò ad ignorarlo.
«Il punto è,» riprese Michael «che questo è impossibile. Dean Winchester non può essere il padre del tuo piccolo. Posso comprendere che tu non voglia rivelargli l’identità del vero genitore,» e, no, dal suo tono distaccato non sembrava affatto comprendere «ma questo non ti permette di mentire all’archivista».
«Come ho già fatto notare a Zhacariah, non ho mentito, fratelli» replicò Castiel.
«Questo è impossibile» ripeté Michael più duramente, raddrizzandosi, con un cipiglio che non prometteva nulla di buono.
«Lo credevo anche io. Ma potete leggere il vero nelle mie parole» rispose l’angelo.
«Lo vedo» ammise Gabriel, il più vicino a loro. «Posso vederlo?» domandò indicando l’ovetto.
Castiel lo scoprì con attenzione, ripiegando la coperta sull’altro braccio. Il guscio candido sembrava quasi brillare sotto la luce delle stelle.
«Permetti?» chiese ancora l’arcangelo e con una certa esitazione Castiel lo mise tra le sue mani. Gabriel lo maneggiò con estrema delicatezza, ben diversa dalla malagrazia adoperata da Zhacariah, ma lo sguardo di Dean rimase sempre ben attento, pronto ad intervenire. «Sembra assolutamente normale» constatò l’arcangelo, rivolto ai fratelli ancora lassù sui loro troni. «Solido e molto sano. Congratulazioni» sorrise nel riconsegnarlo a Castiel.
«Certo che lo è» borbottò il vampiro, innervosito.
«E dimmi, Dean-o, cosa senti quando lo tocchi?» gli domandò Gabriel.
«Che razza di domanda è?» chiese lui, perplesso, inarcando un sopracciglio. «Pulsa, no? L’hai sentito».
«No, affatto. Se così fosse mi preoccuperei, perché sono abbastanza certo di non aver sedotto il dolce Cassie, durante la stagione degli amori, e non sono pronto a diventare padre» rispose divertito «Solo i genitori possono sentire la vita all’interno dell’uovo, per via del legame che hanno con esso» spiegò poi, più gentilmente. «E direi che questo risolve il dilemma: Dean-o è il padre legittimo» esclamò, sfregandosi le mani e sorridendo agli altri due Arcangeli.
«Non è possibile. Una cosa simile semplicemente non può accadere» disse Michael, alzandosi in piedi e scendendo dal suo scranno, seguito presto da Raphael.
«Dobbiamo porre rimedio a questo abominio» osservò quest’ultimo, guadagnandosi un ehi! oltraggiato da parte di Dean.
Con la coda dell’occhio, quest’ultimo vide Sam e Balthazar accostarglisi, probabilmente preoccupati dall’improvvisa vicinanza dell’intero Triumvirato.
«Oh, andiamo, e la vostra prossima battuta quale sarà: questo matrimonio non sa da fare?» li apostrofò Gabriel. «Seriamente, fratelli, da quand’è che non vi fate una sana scopata, dall’ultima stagione degli amori? Quella dell’altro secolo, intendo».
«Come osi-» cominciò Raphael, ma ancora una volta lui li interruppe.
«Sentite, conoscete le leggi bene quanto me: ogni nascita è sacra ed inviolabile. Fine della discussione. Non importa chi abbia messo al mondo quest’uovo. Ormai c’è, e tanto deve bastarci. È per questo che teniamo un registro: per proteggere i nostri piccoli, non per distruggerli» ricordò loro, improvvisamente più serio. Fronteggiò con assoluta durezza lo sguardo di Michael, finché non ricevette un impercettibile cenno del capo da parte di questi, mentre Raphael si accigliava incredulo.
«Tutto qui? Lasceremo correre?» intervenne quest’ultimo. «Questo vampiro si è evidentemente nutrito nelle nostre terre, e non abbiamo idea di quale mostro possa uscire da quel guscio, e voi lo permetterete?»
«Dean ha preso il mio sangue, sono stato io ad offrirglielo» rispose subito Castiel, guadagnandosi un’occhiata disgustata dall’Arcangelo, che poi si voltò verso i fratelli come a dire vedete?, e Dean avrebbe tanto voluto fargli vedere la lama di Impala, la sua spada. E da una distanza estremamente ravvicinata.
«Ci occuperemo della creatura che nascerà dall’uovo se e quando sarà il momento» dichiarò Michael. «Per il momento non ha compiuto alcun male».
«Questa sanguisuga ha ferito Virgilio. Lasceremo passare anche questo?» insistette Raphael.
Michael e Gabriel si voltarono verso Dean, come a chiedere spiegazioni, ma fu Balthazar ad intervenire.
«Li avevamo avvisati di stare alla larga. Quale persona sana di mente entra nel covo diurno di un vampiro o cerca di minacciare un angelo che protegge il suo piccolo?»
«Stavano eseguendo i nostri ordini» disse Michael.
«Sentite, ragazzi, se la sono cercata» li spalleggiò Sam. «Una volta compresa la situazione, sarebbero dovuti tornare indietro a riferire, invece ci hanno attaccati. E chiaramente era oltre le possibilità di Dean e Castiel presentarsi da voi, non era stata certo una loro scelta» osservò, tentando di fare la voce della ragione.
Dean, però, era molto più diretto. Si voltò a cercare lo sguardo di Michael, che con grande evidenza era il più potente e quello le cui decisioni avevano più peso. «Mettiamola così: cosa faresti se qualcuno entrasse in casa tua, insultasse te, minacciasse il tuo compagno e cercasse di sottrarti tuo figlio?»
«Lo farei a pezzi» rispose l’interpellato, e non sembrava intenderlo in modo figurativo.
«Quindi converrai con me che sono stato piuttosto magnanimo con il vostro Virgulto» concluse il vampiro.
«Virgilio» lo corresse Sam, sottovoce.
«Quello» sbuffo lui.
Gabriel ridacchiò. «Bene, io li dichiaro innocenti. Allora, avete già pensato ad un nome? Vorreste un maschietto o una femminuccia?» li interrogò curioso, con occhi luccicanti.
Dean si accigliò, fino a quel momento, non ci aveva nemmeno pensato. Però Castiel, stretto a lui, sussultò, attirando la sua attenzione. Con una certa perplessità, si accorse che il compagno era un po’ impallidito ed i suoi occhi si erano fatti enormi.
«Che succede?» lo interrogò Dean preoccupato.
«Potrebbe avere un sesso» rispose il suo angelo, con l’aria di chi lo stesse realizzando solo in quel momento.
«Sì, accade un po’ a tutti, sai? Pulcini compresi» rispose l’amante divertito, inarcando un sopraciglio.
«No, intendo un sesso definito, come… come gli umani» boccheggiò Castiel, e Dean si ritrovò a ridere, perché, tra tutte le cose che potevano sorprendere il suo angelo, quella era l’ultima che si sarebbe mai immaginato.
Oh, be’, magari ora capiva il suo shock alla rivelazione che gli angeli fossero ermafroditi.
*°*°*°*°*
Dean si aggiustò meglio il mantello, infilando nella sacca da viaggio gli abiti buoni che aveva indossato per incontrare il Triumvirato. Castiel, appollaiato sul letto, abbracciava l’ovetto, osservandolo con attenzione. Lui non ne era sicuro, ma ebbe l’impressione che l’angelo stesse parlando silenziosamente con il piccolo.
«Quindi non tornerai subito alla Città dei Maghi?» sentì la voce di Balthazar provenire dall’atrio.
«No, almeno per il momento. Questa situazione è risolta, ma ancora non sappiamo cosa verrà fuori dall’uovo. Resterò con Dean» rispose Sam.
«Quindi ci rivedremo presto» osservò l’altro.
«Tu non dovresti tornare alla Città dei Cavalieri? Sei il secondo di Castiel, dovresti prendere il suo posto e proteggere Adam, no?» replicò il mago, perplesso.
Oh, quindi il loro fratellastro era il nuovo Condottiero, arguì Dean. A malincuore, dovette ammettere a se stesso che era giusto. Adam era giovane, ma era stato al suo fianco in battaglia e lui conosceva il suo valore. Bobby, il Reggente della Città dei Cavalieri, aveva fatto un’ottima scelta.
«Sì, ma - ehi! - anche io sono uno zio del piccolo, quindi non vi libererete di me tanto presto» rispose Balthazar, ed il vampiro riusciva quasi a vederlo ghignare, anche se non li stava affatto guardando.
Sam rise e Dean roteò gli occhi. Avrebbe tanto voluto dire a quei due di smetterla di flirtare.
Le braccia di Castiel lo circondarono all’improvviso, distraendolo, e sentì i propri muscoli rilassarsi quando un bacio leggero si posò sulla sua nuca.
«Sei pronto?» gli domandò il compagno. E lui avrebbe tanto voluto dirgli che, no, diamine, non era affatto pronto, perché non voleva volare. «Andrà tutto bene» sussurrò però Castiel, forse leggendo i suoi pensieri «Stavolta andremo con più calma e saremo comunque a casa tra un’ora al massimo».
«Sei sicuro di non voler restare qui?» gli chiese Dean, girandosi nel suo abbraccio per incontrare i suoi occhi.
«La Città dei Vampiri è più sicura per voi» rispose semplicemente il suo angelo.
«Non era questo che intendevo» disse lui.
Sapeva che tornare lì sarebbe stato meglio, ma più ci pensava e più si rendeva conto che non voleva che il pulcino nascesse in un posto così tetro e pericoloso. Avrebbe voluto che succedesse nella Città dei Cavalieri, la sua vera patria, quindi gli sembrava abbastanza scontato che anche il compagno volesse che accadesse dove si trovavano ora, nella sua terra.
Castiel sospirò. «Se… se tu fossi ancora umano» ammise a malincuore, sapendo quanto quelle parole lo avrebbero toccato. «Ma non mi sento al sicuro qui, adesso. Non possiamo guardarci costantemente le spalle, non sappiamo come reagirà l’uovo alla luce e… e io voglio che tu stia bene».
«Io potrei adattarmi» rispose il vampiro, accarezzando le sue braccia, ma l’amante scosse il capo.
«Non voglio che tu ti adatti, Dean. Voglio che ti senta a tuo agio, che tu stia tranquillo e al sicuro. E poi devi ancora prendere lezioni da Crowley».
Lui storse le labbra. «Lo so» sbuffò «Ma questo non vuol dire che la situazione mi renda felice» si sentì in dovere di puntualizzare. Perché doveva sempre essere Cas ad adattarsi per lui? Amava questo suo lato, era l’unico che - da sempre - facesse tanto per lui, e questo lo faceva sentire bene ed al sicuro più di qualunque altra cosa, ma perché doveva essere l’unico a fare sacrifici?
«Io non mi sto adattando a stare lì, Dean. Per me non è un peso, davvero» lo rassicurò immediatamente il suo angelo, senza che lui dovesse esprimere a voce tutto quello. «Tu lì sei al meglio di te e questo è tutto ciò di cui ho bisogno».
Lui strinse gli occhi, sentendo il cuore appesantito dal senso di colpa, e poggiò la fronte contro la sua. «Non è giusto» mormorò, come uno stupido moccioso che si lamenta della crudeltà del mondo.
«È okay, Dean, davvero» rispose Castiel, chiudendolo tra le sue ali, come se volesse proteggerlo proprio dal suddetto mondo crudele.
Dean sfiorò le sue labbra morbide con un bacio appena accennato. Non l’aveva mai amato tanto come in quel momento, probabilmente.
Spazio Autore: Tanto amore se indovinate chi avrebbe dovuto essere seduto sul quarto trono degli Arcangeli, accanto a Michael ;)
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