Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Dean/fem!Castiel (e Castiel/Dean), Sam, nominato Balthazar.
Rating: Pg15.
Beta:
koorime_yu.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico.
Warning: Genderbender, Het, Slash, Spoiler.
Words: 6217 (
fiumidiparole).
Summary: Post season 7, ipoteticamente: Balthazar è di nuovo tra i vivi e decide di prendersi una piccola vendetta sul fratellino che l’ha ammazzato.
Note: Scritta per la
quinta settimana della
COW-T 2 di
maridichallenge, Missione 2: Preservativo + rating SAFE - Team Magic Sticks.
Note (più o meno) inutili: Lei,
Liv Tyler, è la mia fem!Cas ♥
DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
The Pink Elephant
Trassi un respiro profondo e distolsi lo sguardo, augurandomi di poter dire ciò che desideravo. Che l’amavo. Ma non potevo. Il sentimento era troppo forte. [1]
Quella mattina, quando Dean si svegliò, sembrava tutto assolutamente normale. Il giorno prima avevano risolto un caso semplice nell’Iowa, quindi si erano potuti alzare dal letto con calma.
Stavano giusto per uscire a fare colazione, mentre Sam cianciava già di un nuovo caso in Kansas, quando le cose cominciarono ad andare a rotoli.
E Dean avrebbe dovuto prevederlo, davvero, perché una giornata di calma nella sua vita era come un giorno di beneficenza per Crowley: fantascienza. Di quella trash.
Comunque tutto si sarebbe aspettato, meno di sentire un battito d’ali e trovarsi davanti quello.
Da quando Cas era tornato e avevano sconfitto i Leviatani, le cose andavano… meglio. Non bene, no, non ancora almeno, perché la situazione tra loro non era esattamente risolta e la fiducia si riguadagnava con un processo lungo e doloroso, ma c’era sempre qualcosa di rassicurante nel sapere che - se avesse avuto bisogno di aiuto - gli sarebbe bastato invocare il nome del suo angelo e lui sarebbe comparso in un battito d’ali.
Quella volta, però, la visione che si trovò davanti era tutto meno che rassicurante. Davanti a lui, infagottata in un trench enorme ed in un abito maschile che le pendeva dalle spalle e le copriva le mani, c’era una ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi blu. Era di altezza media per una donna, quindi sul metro e sessanta, e Dean non riusciva davvero a capire perché stesse letteralmente sguazzando in degli abiti da uomo.
Per istinto, trovandosi di fronte un angelo sconosciuto, lui e Sam si misero in posizione di guardia, ma poi Dean incontrò gli occhi di quella sconosciuta, osservò meglio il trench in cui era avvolta - vi aveva passato in mezzo le mani tante di quelle volte, dopo che l’aveva recuperato fradicio dall’acqua; ne conosceva ogni bottone, ogni lembo, ogni macchia, ogni strappo - e capì.
«Cas?» gracchiò, incredulo.
La ragazza annuì e sospirò. «Sono lieto che tu mi abbia riconosciuto subito» mosse qualche passo nella sua direzione, ma inciampò nei pantaloni troppo lunghi e perse una delle scarpe, divenute all’improvviso troppo larghe.
Istintivamente, il cacciatore si portò in avanti per sorreggerla ed il viso dell’angelo affondò al centro del suo petto. «Ehi, piano, Cenerentola» borbottò, rimettendola dritta ed aggiustandole un lembo del trench che le era scivolato giù dalle spalle sottili.
«Non ho idea di chi sia questa Cenerentola, Dean» rispose Castiel con fare distratto «Questi abiti sono divenuti ingombranti» osservò poi, sollevando le mani e scuotendole per far scivolare giù le maniche, scoprendo due polsi bianchi e delicati.
Dean si prese il tempo di osservarlo - osservarla - meglio: i capelli scuri le scendevano in onde arruffate sulle spalle, gli occhi blu avevano il taglio malinconico di sempre, le sopraciglia erano un arco sottile e perfetto, la bocca un soffice cuore rosa. Tenendola per le spalle, si rese conto che la ragazza aveva tutte le curve al posto giusto: seno pieno, ma non esagerato, vitino da vespa, fianchi armoniosi; fu quasi tentato di voltarla per studiare anche il lato B.
«Cosa ti è successo?» chiese Sam, stupito, riscuotendo inconsapevolmente il fratello e riportandolo al problema corrente.
«Balthazar» disse solo l’angelo; la sua voce era bassa, per essere quella di una donna, sorprendentemente erotica.
Dean si accigliò. «Non l’avevi ucciso?»
Castiel annuì. «Non so come, ma è di nuovo tra noi e ha pensato di prendersi una piccola vendetta a mie spese» spiegò.
«E quanto ti terrà così?» domandò Sam, perplesso.
«Non ne ho idea» ammise la ragazza.
«Non sembri preoccupato» si rese conto il maggiore dei Winchester.
Cas inclinò la testa nel suo solito modo innocente. «È seccante» ammise, stringendo di qualche passante la cintura dei pantaloni «ma non allarmante. È solo un altro aspetto» concluse, alzando di nuovo lo sguardo su Dean.
Lui fu colpito da quanto le sue ciglia fossero lunghe ed arcuate; non aveva un filo di trucco, ma era bellissima. Si ritrovò preoccupato per tutt’altri motivi.
«Quindi che facciamo, aspettiamo e basta?» riuscì a tirare fuori, dandosi uno schiaffo mentale. Quello era Castiel, cazzo, il suo Cas, il suo angelo sfigato, punto, non importava che all’improvviso si trovasse nel corpo di una pollastrella da urlo, era sempre lui.
Lei annuì ancora. «Potresti aiutarmi a trovare degli abiti più consoni a questa forma?»
«Ti hanno appena trasformato in una donna e già pensi allo shopping, eh? Deve essere l’effetto collaterale di avere una vagina» borbottò divertito, ma le circondò le spalle con un braccio e le sorrise.
Sam inarcò un sopraciglio quando riconobbe il suo sorriso da flirt.
«Non capisco cosa le compere abbiano a che fare con… l’avere degli organi genitali femminili» ribatté Castiel ed era una cosa così tipica sua che Dean scoppiò a ridere.
«Nulla, lascia perdere» riuscì a risponderle, sospingendola gentilmente verso la porta.
La ragazza perse anche l’altra scarpa e, senza pensarci, il cacciatore le passò l’altro braccio sotto le ginocchia e la sollevò con facilità. «Non farti strane idee, Principessa, okay?» disse tuttavia, quando lei sbatacchiò le ciglia, perplessa.
L’angelo fu abbastanza sveglio da non dire nulla.
Dean la caricò sui sedili posteriori delle sua bambina - dopo aver eliminato i Leviatani avevano finalmente liberato l’Impala dalla sua prigionia -, prima di sedersi al volante.
«Prendiamo due caffè in un drive-in e poi accompagniamo Anya Smith [2] a fare compere, okay?» disse all’indirizzo del fratello, mentre questi sedeva accanto a lui.
Sam annuì e Dean sbirciò la ragazza attraverso lo specchietto, che a quelle parole si era accigliata, confusa dal riferimento che non capiva. Lui sogghignò.
*°*°*°*°*
Il primo posto in cui si fermarono fu un negozio di calzature sportive, nel quale presero un paio di scarpe da tennis economiche per l’angelo, giusto per evitarle di camminare scalza mentre facevano acquisti, poi entrarono in un negozio di abbigliamento femminile che aveva un po’ di tutto e la pilotarono nella sezione intimo.
Per un qualche motivo che Dean non avrebbe saputo spiegarsi - forse un pregiudizio inconscio -, si aspettava che l’innocente Castiel scegliesse della biancheria candida da brava ragazza, invece l’amico - amica? - andò subito su tutt’altro genere, adocchiando un completino in satin color champagne, ricoperto di pizzo nero.
«Wow» borbottò lui facendo tanto d’occhi.
Castiel ne prese due dagli appendi-abiti, notando le misure diverse e li fissò incerta. «Come… ?»
Sam glieli tolse di mano con gentilezza e disse semplicemente: «No», poi frugò fra quelli ancora appesi e trasse dal mezzo una misura intermedia fra quelle che la ragazza stava guardando prima «È questa» dichiarò.
Dean inarcò le sopraciglia, perplesso, ed il fratello scrollò le spalle.
«Ho buon occhio» rispose solo, cosa che fece accigliare il maggiore.
«Fa una cosa, allora, Buon Occhio, va a cercarle un paio di jeans, mentre lui… lei… Cas si prova queste cose» ordinò burbero.
«Jeans?» fece Sam, incerto, considerando con lo sguardo il look piuttosto classico che il loro angelo aveva sempre portato.
«Mi sembra ovvio. Non potrebbe muoversi liberamente con una gonna e se indossasse un completo giacca-pantaloni dovrebbe abbinarvi delle scarpe col tacco, con le quali di certo non saprebbe camminare e, quindi, non potrebbe correre. Le serve roba comoda» spiegò Dean, come se avesse a che fare con un idiota.
Castiel passava lo sguardo dall’uno all’altro, come una ragazzina in mezzo a due genitori gay, poi decise di ignorarli e di guardare la roba attorno a sé.
Sam alzò gli occhi al cielo e si diresse dall’altra parte del negozio, ancheggiando via imbronciato come un pinguino gigante. Il fratello sospirò sollevato ed abbassò lo sguardo, scoprendo così che l’angelo era ancora lì impalato, con quel completino super-sexy in mano. Fortuna che i negozi avevano appena aperto ed erano ancora relativamente vuoti, o chissà che figura ci avrebbero fatto.
«Lì» indicò Dean, puntando un dito verso il camerino «Devi provarti almeno il reggiseno».
Castiel seguì il suo consiglio, ma dopo qualche minuto, che il cacciatore passò a guardarsi attorno e sorridere ammiccante alle donne che si aggiravano là attorno, lo chiamò con voce tesa.
Dean si accostò all’ingresso del camerino, obbligandosi a tenere gli occhi a terra, senza nemmeno guardare la tenda che celava l’interno. «Che c’è?» chiese, nervoso.
«Non capisco come si chiuda questo…» gli arrivò la voce femminile, a cui ancora non si era abituato.
Lui scostò il drappo di un centimetro, giusto il tanto da gettare un’occhiata alla ragazza, notando che si era tolta tutti gli indumenti superiori e che teneva in mano il reggiseno, ma tenendolo lontano da sé, come se potesse mordere.
«Cristo» sibilò Dean, chiudendo gli occhi. Poi si guardò attorno, domandandosi se fosse il caso di chiamare una commessa per farsi aiutare, ma come le avrebbe spiegato perché una donna adulta non sapeva allacciarsi il reggiseno? Contò mentalmente fino a dieci e poi sospirò. «Okay, Cas, facciamo così: poggialo sul seno, in modo da coprirlo bene. Quando hai fatto avvisami, poi entro» sussurrò.
Dopo una manciata di secondi, l’angelo disse: «Ho fatto» e lui, accertandosi che nessuno lo vedesse, s’infilò dentro.
Obbligandosi a fissare solo la sua schiena - minuta, liscia, candida… Cristo, Dean Winchester, controllati! - prese i due lembi posteriori del reggiseno e, con un po’ di difficoltà - ehi!, era abituato ad aprirli, lui, non a chiuderli -, li allacciò.
«Bene, ora vado» biascicò, facendo per voltarsi.
«Perché sei così nervoso? Hai visto moltissimi corpi femminili» fece Cas, inclinando la testa con perplessità.
«Sì, ma non si guarda il corpo di una donna con cui non sei… intimo. Non si fa, okay?»
«Ma tu vai a vederle ballare in quei locali…» iniziò l’angelo.
«Quello è un altro discorso. Per quelle ragazze è lavoro, ma le donne…» rispettabili, stava per dire, ma non era giusto, perché anche le spogliarelliste meritavano rispetto «comuni non lo fanno» concluse, infine.
«È largo» rispose invece lei.
«Cosa?»
«Il… reggipetto. È troppo largo» spiegò.
Dean imprecò tra i denti, lo riaprì e lo strinse di un fermaglio. «Va bene così?» domandò, fissandole la nuca, che spuntava dai capelli castani, divisi in due ali e sciolti sul petto.
«È perfetto, ma le spalline mi cadono» rispose Castiel.
Il cacciatore digrignò i denti e strinse velocemente anche quelle, poi le diede le spalle, per quanto il piccolo camerino glielo permettesse. «Ora mettiti qualcosa addosso, okay?» ordinò, sbirciando fuori dalla tenda per assicurarsi che nessuno stesse passando e lo vedesse uscire.
Ovviamente suo fratello tornò proprio nel momento in cui lui mise piede fuori.
«Cosa… ?» fece questi stranito, reggendo tra le mani tre diverse paia di jeans.
Il maggiore glieli strappò di mano ed infilò di nuovo un braccio oltre al drappo per porgerli all’angelo. «Non. Chiedere» ingiunse a Sam, che aggrottò la fronte.
Alla fine, pagarono alla cassa una paio di jeans a sigaretta di un nero slavato, un dolcevita bianco ed una giacca elegante, anch’essa nera, ai quali - in un altro negozio - abbinarono un paio di stivaletti di cuoio morbido, col tacco basso, che arrivavano appena sotto il ginocchio.
Castiel si cambiò al bagno delle signore, riponendo i vecchi abiti di Jimmy Novak nelle buste, e stavano giusto per lasciare il centro commerciale, quando Dean notò qualcosa in una vetrina.
«Aspettate qui» disse loro, prima di entrare nel negozio.
Uscì qualche minuto dopo con una nuova busta in mano, da cui trasse un trench beige in tutto simile a quello che Cas portava di solito, tranne il fatto che era sagomato per le forme femminili.
«Non ho potuto resistere» sogghignò, drappeggiandoglielo sulle spalle.
La ragazza infilò le braccia dentro le maniche e gli rivolse un accenno di sorriso. «Mi piace» ammise, allisciandosi i lembi sul petto e Dean le restituì uno sguardo complice.
«Grazie ad entrambi per l’aiuto» aggiunse l’angelo, prima di volare via.
Il maggiore dei Winchester imprecò a bassa voce, controllando in giro che nessuno l’avesse notata. «Uno di questi giorni mi verranno i capelli bianchi» ringhiò frustrato.
*°*°*°*°*
Dopo quel giorno, non videro più Castiel per quasi una settimana. Si stavano occupando di casi semplici, pura routine, quindi non avevano bisogno di chiamarlo e Dean non aveva idea di cosa l’amico stesse combinando; probabilmente era occupato a lisciarsi le penne o a fare qualunque altra cosa facesse un angelo del giovedì quando non era il suo turno di lavoro.
Occuparsi di faccende relativamente normali era così insolito che quasi tutti loro non riuscivano a riabituarsi. Ed era strano anche rendersi conto che, se non esisteva un effettivo pericolo, non aveva motivo di chiamare Castiel. Insomma, sì, avrebbe potuto semplicemente invitarlo a prendere una birra, ora che l’amico non era impegnato a riordinare il Paradiso o a portare avanti una guerra civile, ma c’erano ancora troppe cose in sospeso tra loro e l’orgoglio di Dean era troppo radicato per permettergli di cercare per primo la sua compagnia.
Ad ogni modo, ebbe sue notizie solo nel fine settimana. Stava rientrando al motel in cui alloggiavano lui e Sammy per quella notte, dopo essere stato al bar più vicino per bere un drink e raccogliere un po’ di grana giocando a biliardo. Non c’erano belle ragazze in quel posto, a parte una delle cameriere, che lavorava fino alle due, e Dean aveva intenzione di ripartire presto il giorno dopo, quindi aveva levato le tende ad un orario abbastanza decente.
Restava il fatto che non avesse affatto sonno, né la benché minima voglia di rientrare così presto in camera, quindi stava perdendo tempo a gironzolare sulla sua bambina, concedendole qualche coccola extra, visto per quanto tempo l’aveva abbandonata. Uh, cosa, lei era sensibile, okay?
Il suo cellulare iniziò a squillare e lui rispose senza controllare chi stesse chiamando; le persone ancora in vita che avevano quel numero si contavano sulle dita di una mano monca. Immaginava fosse Sam, quindi, quando fu una voce femminile a salutarlo, rimase per un momento interdetto.
«Dove sei?» gli chiese la ragazza, chiunque lei fosse.
Dean era troppo intento a cercare di ricordare a quale donna avesse dato il suo numero per riconoscerla. «Queste non sono informazioni che do alla prima che capita, dolcezza» rispose distrattamente.
Ci fu una lunga pausa dall’altra parte della linea, poi lei disse semplicemente: «Sono Castiel» e Dean quasi inchiodò nel bel mezzo della strada, tanta fu la sorpresa. Accidenti, aveva proprio dimenticato le attuali condizioni del suo moccioso piumato.
«Uh, giusto. Quindi sei ancora così, eh?» borbottò, svoltando su una strada sterrata ed accostando accanto ad una macchia d’alberi, poi gli - le - spiegò all’incirca dove si trovasse.
Fece appena in tempo a concludere la frase che l’angelo apparve accanto a lui in un battito d’ali. Il cacciatore si prese un momento per riabituarsi alla sua presenza, accendendo la luce della macchina per osservare meglio la sua siluette sottile. Lei era identica all’ultima volta che l’aveva vista, con i vestiti che le aveva comprato ancora addosso e appena un po’ più vissuti dell’ultima volta.
«Ciao, Dean» esordì come al solito, con quella nuova voce bassa e melodiosa.
«Potresti fare la centralinista erotica, sai?» fece lui, cercando qualcosa per smorzare l’atmosfera.
Castiel si accigliò perplessa, non capendo la battuta, e allora il ragazzo scosse il capo, ormai arreso alla sua imbranataggine. «Non pensavo avessi ancora il cellulare, non lo usavi da un pezzo» osservò, tanto per dire qualcosa, poi aggiunse «Va tutto bene?» perché era strano che l’angelo si presentasse da lui senza un vero motivo.
«Non sono nei guai» disse lei, come se gli avesse letto nel pensiero. E forse l’aveva davvero fatto, chi poteva dirlo?
Dean si chiese quanto, da uno a dieci, fosse squallido che si cercassero solo quand’erano nei casini. Cento, probabilmente.
«Ti disturbo?» chiese allora Cas e lui scosse semplicemente il capo, voltandosi un po’ di fianco per poterla osservare meglio.
Rimasero a guardarsi in silenzio per qualche minuto, senza sentire davvero la necessità di dire nulla - anche se ci sarebbero state milioni di cose di cui parlare; era rilassante.
«Cosa c’è che non va?» chiese Dean, con più gentilezza, perché c’era qualcosa in quegli occhi blu che gli stava trasmettendo una sottile, ma intensa, ondata di tristezza; non si domandò come faceva a saperlo, era così e basta.
Lei strinse un po’ le labbra e rimase ancora zitta per un po’. «Non sapevo dove andare» ammise alla fine, sviando lo sguardo.
Il cacciatore si accigliò, perplesso. «Che vuoi dire?»
«I miei fratelli… non vogliono vedermi» spiegò l’angelo, con una certa esitazione, forse perfino con imbarazzo.
Le sopraciglia di Dean schizzarono in alto per la sorpresa, ma poi dovette ammettere con se stesso che non era poi così strano, visto quello che aveva combinato Castiel l’ultima volta che era stato lassù. «Non puoi tornare in Paradiso?» replicò, quindi, per accertarsi di aver capito bene.
«No, nessuno di loro è abbastanza potente per impedirmi una cosa simile, ma mi stanno tutti… evitando» rispose lei, aggrottando la fronte nel tentativo di trovare il termine giusto.
«Ti hanno isolato» comprese il cacciatore e la ragazza annuì, chinando poi il capo.
I capelli lunghi scivolarono in avanti ad ombreggiarle il viso e, senza pensarci, lui allungò una mano per portarle una ciocca dietro l’orecchio «Ehi…» mormorò «‘fanculo quegli idioti, puoi venire da me quando vuoi». E, Dio, perché stava consolando quel - quella - moccioso? Gli altri pennuti avevano tutto il diritto di tenere il muso.
Poi Cas alzò su di lui quegli occhi grandi, così blu e malinconici, e le proteste nel cervello di Dean evaporarono con una velocità agghiacciante.
Il suo sguardo scivolò sulle labbra morbide e socchiuse della ragazza, e non andava bene, cazzo, non andava affatto bene. Castiel in quelle condizioni gli faceva un effetto che non era per nulla conveniente. Deglutì, nervoso, e ritirò la mano con circospezione, prima di fare qualcosa di ancora più stupido - tipo sollevarle il viso e baciarla. Tipo.
L’angelo lo fissò con intensità, come suo solito. «Era da molto che non mi guardavi così. Mi piace» confessò con voce quasi esitante, e - uh, cosa? - Dean non capiva di che accidenti stesse parlando, perché non poteva averla guardata così altre volte; certamente quell’imbranato - imbranata - si stava sbagliando, doveva aver frainteso.
Lui si schiarì la gola, nervoso, allontanandosi quanto lo spazio ristretto della macchina glielo permetteva. Castiel mosse lievemente le gambe; un piccolo scatto di tensione che calamitò lo sguardo di Dean sulle sue cosce sottili, fasciate come un guanto dalla stoffa scolorita dei jeans.
Gli sfuggì un mezzo sorriso quando ricordò il calcio volante - modello Chuck Norris, sì - che la ragazza aveva dato all’aria per testare l’elasticità dei pantaloni e lo sguardo della commessa che era passata in quel momento. «Pratica capoeira» si era affrettato a mentire, per giustificarla, mentre nella sua testa riusciva a pensare solo a quanto fossero fantastiche quelle gambe messe in evidenza dai jeans attillati.
In quel momento, in macchina, si chiese cosa avrebbe provato a sentirle allacciate alla propria vita, strette attorno ai suoi fianchi con tutta la forza angelica che dovevano nascondere.
«A cosa stai pensando, Dean?» lo riscosse la voce della ragazza, facendolo rabbrividire, e per un imbarazzatissimo momento lui ricordò la volta che, al risveglio da un incubo sull’Inferno, quando ancora cercava di fingere con tutti di non ricordare nulla, si era trovato Castiel accanto e l’amico gli aveva chiesto cosa avesse sognato, ben sapendo ciò di cui si trattasse.
Perché diavolo glielo chiedeva se già sapeva? «Smettila di leggermi nella testa» ringhiò, poi si sfregò una mano sulla bocca e borbottò: «Scusa».
Lei inclinò la testa da un lato. «Per cosa?» chiese curiosa.
«Sono davvero un pessimo amico» osservò Dean con un mezzo sorriso.
«Non capisco» asserì Castiel e lui sospirò.
«Non dovrei… insomma, tu sei un mio amico ed il fatto che ora sei piazzato nel corpo di una bella sventola non giustifica certe fantasie. Non si fa, ecco».
La ragazza si accigliò, più confusa che mai. «Perché?»
Dean si passò una mano tra i capelli. «Te lo spiegherò come mio padre lo spiegò a me» decise «Mi disse che la sola cosa che differenzia una fidanzata da una vera amica è il sesso; perché di entrambe ti fidi ciecamente e parli dei tuoi problemi, e faresti qualunque cosa per proteggerle ed aiutarle, ma con la prima ci scopi, con la seconda no» chiarì, sperando che ora l’angelo capisse.
«Oh» fece lei e poi distolse lo sguardo, raccogliendo le mani in grembo come se stesse riflettendo «Allora suppongo di non essere mai stato un buon amico» disse, dopo un lungo minuto di silenzio, spiazzando totalmente il cacciatore.
Per un momento Dean si limitò a fissarlo, poi scosse la testa e ghignò appena: «Hai avuto pensieri impuri su qualche bel angioletto?» chiese divertito.
«No» si limitò a rispondere Castiel, lasciandolo ancora più confuso.
«Una bella ragazza, allora?» tentò di indovinare «O un ragazzo, vista la tua recente condizione» aggiunse poi, con un ripensamento.
Le spalle di Castiel si abbassarono leggermente, in una piega sconfitta. «Parlo di te, Dean» asserì senza mezzi termini «E non è una cosa recente».
Se si fosse trattato di qualcun altro, chiunque altro, lui avrebbe pensato che lo stesse prendendo per il culo. Per sfortuna, Castiel non era quel genere di persona, quindi il cacciatore era piuttosto certo che dicesse sul serio, ma non che avesse centrato l’argomento.
«Cas, hai capito di cosa stiamo parlando?» le domandò, chinandosi un po’ su di lei per guardarla meglio negli occhi.
Castiel si accigliò, perplessa, poi le sue labbra si strinsero leggermente, con fare seccato. «Sono inesperto, Dean, non stupido» gli fece presente.
E poi ci fu il forte rumore di ruote che stridevano sull’asfalto, prima del frastuono di uno scontro frontale - tutto nella sua testa. Forse i suoi unici due neuroni avevano fatto testacoda.
«Quindi tu… su di me? E…» smozzicò sconclusionatamente, sentendo un improvviso calore salirgli al volto, perché - cazzo - Castiel aveva appena detto di voler scopare con lui e pure da parecchio.
In una frazione di secondo gli tornarono in mente tutte le sue strambe dichiarazioni, tutte le cose che Cas aveva fatto per lui senza mai chiedere nulla in cambio; come diavolo aveva fatto a non capire? Se il suo angelo fosse stato una donna non avrebbe avuto dubbi su cosa significasse tutto quello. Cazzo. Cazzo, cazzo, cazzo.
«Dicevi sul serio?» chiese questi, all’improvviso, resuscitando i due succitati neuroni.
«Cosa?» domandò Dean, ancora in preda alle vertigini.
«Quando hai detto che potevo venire da te quando voglio» chiarì l’angelo.
«Uh, sì, certo» rispose senza pensarci «Magari, però, chiama prima, okay? Come hai fatto oggi» specificò poi, perché con Cas non si sapeva mai cosa poteva accadere; una ragazza che appariva in una stanza mentre era a letto con un’altra non era certo l’ideale.
«Perché è sbagliato?» lo interrogò allora l’angelo, lasciandolo di nuovo perplesso «Intendo, per due amici. Perché non dovrebbero essere intimi?»
«Proprio non ce la fai a dire sesso, Cas? Non è una parolaccia, sai?» il cacciatore sogghignò «Non si fa e basta, o si è amici o si è amanti» asserì più serio.
«Ma tu lo fai con chiunque. Fai sesso con chiunque» obbiettò lei.
«Cos- Io non lo faccio con chiunque!» sbottò Dean, davvero oltraggiato.
Castiel roteò gli occhi - sul serio, lo fece. «D’accordo. Lo fai con la prima che capita» si corresse.
«Io non…» cominciò, poi strinse i denti e prese un respiro profondo, imponendosi di calmarsi. «Il sesso può essere molto divertente, se si è entrambi coscienti che non supererà un certo limite. Scoparti gli amici è superare quel il limite; serve solo a complicare le cose. Uno dei due finisce sempre per desiderare qualcosa di più e le cose poi vanno a puttane. È una questione di rispetto, okay? Non ti metti volutamene in una situazione che sai causerà dolore ad una persona a cui vuoi bene».
«Però…» ritentò Cas «… hai detto che la differenza tra un’amica ed una fidanzata è il desiderio sessuale. Quindi, se c’è, non è un’amica, è qualcosa di più» formulò, cercando di seguire il suo ragionamento.
Dean sei sentiva sempre più frustrato. «Cas il mondo non è bianco e nero» sbottò.
«Non capisco» rispose lei, cocciuta.
«Non posso spiegarti tutto, certe cose le devi vivere!»
«E allora fammele vivere!» rispose a tono l’angelo, e poi si stavano baciando e lui non aveva idea di come fosse successo o di chi si fosse mosso per primo, sapeva solo che stava stringendo Castiel come se potesse volare via da un momento all’altro, chiudendo tra le dita manciate dei suoi capelli lunghi, mentre lei si tirava addosso il suo corpo con fin troppa forza.
Dean non aveva idea di quanto tempo andarono avanti, Cas lo baciava senza alcun accenno di timidezza, spingendo la lingua a fondo nella sua bocca, succhiandogli le labbra, mordendole - e, okay, era una tecnica po’ rozza, ma suppliva con l’entusiasmo - e ad ogni secondo lui desiderava di più di tutto: più labbra, più lingua, più morsi, più capelli da stringere, più pelle da toccare. Riuscì a staccarsi da lei solo quando i polmoni cominciarono a bruciargli per la carenza di ossigeno e gli occhi a lacrimare per lo sforzo.
Ansimante, poggiò la fronte contro la sua, e le guance di Cas tra le sue mani erano rosse come mele, la sua bocca livida e gonfia.
«Dean…» sussurrò lei, facendogli venire voglia di ricominciare tutto da capo.
Merda. Che cazzo stava facendo? Aveva appena baciato Castiel come se non ci fosse un domani e non gli bastava, non gli bastava affatto. E Cas era… era…
«Sei innamorato di me, Cas?» chiese, perché doveva e perché non capiva più un cazzo.
L’angelo si limitò a baciarlo ancora - un bacio piccolo piccolo, appena uno sfiorarsi di labbra -, in un implicito assenso.
Dean non riusciva a respirare. «Perché?» soffiò.
«Perché no?» replicò lei.
«Cosa vuoi dire?» Cristo, c’erano centinaia - milioni! - di ragioni per non farlo.
«Perché sei l’Uomo Giusto; perché la tua anima è la più luminosa del mondo; perché ti ho desiderato per me fin dalla prima volta che ti ho visto, giù all’Inferno; perché non capisci quanto vali, e questa è la tua più grande debolezza e la tua più grande forza; perché mi hai spinto a cambiare; perché mi hai insegnato a vivere; perché sei paziente; perché mi fai saltare i nervi; perché ci sei sempre. Scegline una, vanno bene tutte» elencò senza imbarazzo, confondendo sempre di più il ragazzo ad ogni parola. Castiel lambì ancora una volta la sua bocca. «Tienimi con te» sussurrò poi.
Dean si sentiva il cuore battere nei timpani, la testa vuota, la gola asciutta, la salivazione azzerata. Non riusciva a pensare, non riusciva a parlare. Che diavolo gli prendeva? Dio, lui non si meritava tutto quello. Scosse il capo, frastornato. Perché Cas doveva sempre farlo sentire così? In bilico, ma al sicuro, protetto, accettato. Era esasperante, con quei suoi modi da bambino, non capiva mai un accidenti, costringendolo a badare a lui, e poi c’erano quei momenti in cui lo trattava come un idiota, solo perché era un fottuto pennuto millenario e aveva un cervello superiore, e Dean voleva così tanto prenderlo a pugni.
Di colpo, e senza alcuna logica, si rese conto che se Cas fosse stato una donna lui sarebbe impazzito per lei fin dal primo momento; era tutto ciò che aveva sempre cercato. E, be’, ora era una ragazza, no?
«Dio, moccioso, che diavolo mi stai facendo fare?» sussurrò esausto, prima di catturare di nuovo le sue labbra.
Castiel non si fece pregare, si pressò contro di lui, leggera ed autoritaria come un’amazzone - e Dean ci aveva avuto a che fare con quelle, sapeva quanto fossero esplosive -, così naturale da fargli nascere in testa una o due domande; dov’era il verginello imbranato che ricordava? Aveva un sapore buonissimo, che lui non riusciva ad identificare, e le sue labbra erano così fottutamente morbide.
Lei sussultò quando il cacciatore lasciò scivolare una mano lungo la sua schiena, sotto la maglietta, e con una tecnica collaudata slacciò il reggiseno.
Dean si scostò appena in tanto da guardarla negli occhi. «L’hai scelto per provocarmi, vero?» intuì all’improvviso, sfiorando il profilo delle sue costole con i pollici - Cristo, era piccola come un uccellino!
Castiel arrossì leggermente e poi scosse il capo, ma il modo in cui distolse lo sguardo era piuttosto colpevole.
«L’hai fatto» sussurrò lui al suo orecchio, sempre più convinto, prima di scendere ad assaggiare quel collo impossibilmente bianco e sottile.
«Dean…» soffiò l’angelo e, proprio quando il cacciatore stava per arrivare in prima base, qualcosa cambiò. Ci fu un forte rumore di strappò, lui percepì le ossa sotto la sua presa cambiare, e all’improvviso c’era molto più superficie sotto di lui e la pelle che stava succhiando, per quando morbida, divenne leggermente ispida.
Dean si spostò in modo brusco, sorpreso, e sgranò gli occhi, perché quella tra le sue braccia non era più una ragazza, era Castiel. Il solito, vecchio Cas, con i capelli arruffati, un accenno di barba a sporcargli le guance, ed i vestiti da donna lacerati da un discreto quantitativo di muscoli in più. Uomo, assolutamente, invariabilmente, virilmente maschio.
«Q-questo è imbarazzante» riuscì a scollarsi dal palato, dopo un intero minuto di silenzio.
Le mani dell’angelo - ora decisamente più grandi e pesanti di prima, nonostante l’eleganza, - che erano rimaste sulle sue spalle, si spostarono un po’ più su, accarezzandogli il collo e Dean istintivamente sussultò, ritraendosi.
Gli occhi di Cas si spensero - davvero, non c’era altro modo per descrivere il blu che divenne di colpo opaco e distante - e lui allontanò le mani dal corpo del ragazzo. «Credo che Balthazar si sia appena preso la sua vendetta» constatò e fu uno schiaffo in pieno viso comprendere a che livelli di stronzaggine fosse arrivato quel figlio di puttana; aveva dato al fratello quello che desiderava di più al mondo per poi strapparglielo sul più bello.
«Cas…» tentò Dean, ma troppo tardi, il suo angelo era già volato via.
*°*°*°*°*
Quando tornò al motel, scoprì Sam a gingillarsi con il suo nuovo giocattolo: un e-reader. Se l’era portato fin sotto le coperte come una specie di orsacchiotto. Ma la sua attenzione per quel Nerd scivolò via nel momento stesso in cui Dean notò qualcosa steso sul proprio letto: un trench da donna.
«Cas è stato qui?» esclamò, voltandosi di nuovo verso di lui.
«Sì, è tornato normale, finalmente. È passato per riprendersi i vestiti di Jimmy, che aveva lasciato a noi. Quello è tutto ciò che è sopravissuto dei nostri acquisti, tutto il resto è finito strappato. Non mi ero mai accorto che Cas fosse così muscoloso» rifletté suo fratello a voce alta - e certo che no, lui era un armadio a due ante, cos’erano gli altri a confronto? -, ma Dean aveva già smesso di ascoltarlo.
Sollevò il soprabito e lo arrotolò con cura, sfiorandolo un’ultima volta con una carezza nascosta, prima di poggiarlo sulla sua sacca da viaggio. Perché ogni volta tutto ciò che gli restava era un trench stropicciato?
*°*°*°*°*
Nelle settimane seguenti, le cose andarono avanti in modo sorprendentemente normale. Castiel venne loro in soccorso in un paio di casi e sembrava sempre lo stesso, il solito vecchio Cas: forte, autoritario, con tempistiche che spaccavano il secondo, serio, imbranato, maschio. Come se non fosse successo nulla, come se non avesse passato una settimana sotto forma della sosia di Liv Tyler, come se gli altri angeli non l’avessero mai ghettizzato. Come se lui e Dean non avessero pomiciato furiosamente sul sedile passeggero dell’Impala.
E Dean… Dean non se lo aspettava, okay? Perché Cas non era esattamente famoso per essere uno che mollava l’osso tanto facilmente. Era come se nella stanza ci fosse il fantomatico elefante rosa e lui fosse l’unico a vederlo. Arrivò quasi a pensare di essersi immaginato tutto. E la cosa lo faceva incazzare, perché Cas aveva detto di essere innamorato di lui ed ora si comportava come se nulla fosse successo.
Il cacciatore cercò di ripetersi per l’ennesima volta che non era colpa sua. Sì, aveva avuto una reazione un po’ eccessiva, quando l’amico era tornato normale, ma lui non era abituato a farsi toccare da un maschio, okay? Trent’anni di eterosessualità non scompaiono in uno sbuffo solo perché razionalmente sai che quello davanti a te è un essere asessuato, infilato in un preservativo a forma di umano. Però Dean non era uno stronzo e non era nemmeno un bigotto; poteva lavorarci, ecco. Ma non tutto in una volta!
E lui non si era scoperto a studiarlo in continuazione, ad apprezzare la curva del suo collo sottile, o la forma delle sue labbra, o a fissare quei piccoli nei deliziosi che aveva sotto l’orecchio - tre, erano tre, quasi messi a triangolo, e Dean lo sapeva da sempre che c’erano e magari era un po’ patetico, sì -, no, assolutamente no.
E ora Cas lo ignorava e lui non ci capiva più un cazzo. Perché diavolo lo stava facendo? Pensava che lui volesse questo? Era vero, lui tendeva a soffocare i ricordi che lo facevano stare male e a non parlare dei propri sentimenti, ma non infilava la testa sotto la sabbia davanti a cose simili. Se c’era un problema, per quanto scomoda la situazione potesse essere, Dean lo affrontava.
Merda, si stava facendo dei complessi per Castiel? Voleva sul serio chiarire quella faccenda? E poi cosa? Che cazzo avrebbe fatto, si sarebbe impegnato con un angelo, si sarebbe portato a letto un uomo? Non era sicuro di farcela.
Sai che c’è? Cas vuole far finta di nulla? Bene! Se l’è cercata, si disse, stappando una birra e chiudendo il frigo bar della stanza con un colpo secco. Quello che gli ci voleva era una scopata. Una sana scopata etero senza impegno. Così avrebbe ricordato che gli piacevano le donne, e ‘fanculo stupidi mocciosi millenari in trench.
Ma quando Sam, dopo il caso appena risolto, gli disse che sarebbe andato a bere qualcosa in quel bar che avevano visto sulla strada, Dean non riuscì a seguirlo.
Che cazzo, l’ho baciato, non gli ho messo una fede al dito!, pensò, frustrato, rastrellandosi i capelli con le dita. Grugnì seccato e si buttò sul letto, accendendo la TV e facendo zapping annoiato tra i vari programmi spazzatura serali.
Erano passati forse dieci minuti dall’uscita del fratello, quando la porta - che era chiusa a chiave, Cristo! - si spalancò all’improvviso, facendolo balzare in piedi, pistola alla mano, e Castiel entrò a passo di marcia, dirigendosi subito verso di lui.
«Cas, che accidenti ti prende?» esclamò il cacciatore, abbassando l’arma, ma l’angelo continuò ad avanzare verso di lui con quel cipiglio incazzato e il cacciatore arretrò istintivamente, finendo con le spalle al muro.
Come diavolo lo aveva trovato? Aveva chiesto a Sam? E da quando Cas chiamava Sammy anziché lui? Fu quasi tentato di puntargli di nuovo la pistola addosso, ma Dean sapeva distinguere il vero Castiel da un’imitazione e i proiettili non servivano ad un cazzo contro i gallinacei divini. Reinserì la sicura e abbassò l’arma lungo il bianco, tenendo il braccio a riposo.
Intanto l’angelo gli si parò di fronte e lo imprigionò contro la parete, poggiando le mani ai lati della sua testa e bloccandogli ogni via di fuga. Non fece nulla, si limitò a fissarlo per un minuto intero con quello sguardo granitico, ad una manciata di centimetri dalla sua faccia, facendolo rabbrividire.
Dean deglutì a fatica e frullò le ciglia, teso. «Cas…?» gracchiò, innervosito da quegli occhi implacabili. Non riusciva più a pensare, faceva perfino fatica a respirare, il suo profumo gli stava facendo girare la testa - e da quando Castiel ce l’aveva un profumo? - e si sentiva le ginocchia molli come gelatina.
«Vuoi che me ne vada?» disse solo l’angelo, atono, sempre fissandolo in quel modo che lo faceva sentire tremendamente a disagio, nudo, esposto.
E di colpo, Dean si sentì assalire da un’ondata di panico così intenso da chiudergli la gola. «No!» sbottò, prima di poterselo impedire, lasciando cadere la pistola e chiudendo le mani sui lembi del suo trench. «No» aggiunse un po’ più controllato, ansimando in cerca d’aria.
«Vuoi che cambi tramite?» gli chiese allora, con voce un po’ tirata ed il ragazzo sussultò.
«Lo faresti?» replicò incredulo. Dean non poteva certo capire a pieno cosa significasse per un angelo una cosa simile, ma sapeva abbastanza: cambiare corpo, doversi abituare ad uno nuovo, magari molto meno affine, rinunciare ad una forma ormai familiare, ad un’anima che portavi con te da anni e consideravi amica, sfruttare un’altra persone e rubarle la vita…
Castiel strinse le labbra e distolse lo sguardo, ed il cacciatore capì che l’idea non gli piaceva affatto, ma avrebbe potuto farlo, per lui avrebbe potuto.
Gli occhi dell’amico tornarono nei suoi, bruschi, decisi, quasi violenti. «È quello che vuoi?» insistette, duro.
Dio, cosa voleva Castiel da lui? Sapere se avrebbe avuto una possibilità? Se così Dean lo avrebbe accettato?
Il cacciatore scosse il capo e stropicciò la stoffa del soprabito fra le dita. «Voglio…. voglio un po’ di tempo. E che ci andiamo piano… per abituarmi. H-ho… bisogno che tu sfoderi un po’ della tua pazienza angelica» tentò, chinando il capo «Non è molto, lo so. M-ma sono umano, Cas, non posso prometterti nulla di più» concluse, sentendo il cuore sbattere contro la gabbia toracica come se avesse invaso tutto lo spazio, soffocando i polmoni, che non riusciva più a dilatare, e tutto il resto.
«Okay» gli sussurrò Castiel all’orecchio e, rialzando la testa, Dean scoprì che si era fatto più vicino, poggiandosi al muro con gli avambracci ed invadendo ancora di più il suo spazio personale. «Okay» ripeté ed i suoi occhi ora erano più gentili e caldi, e tanto, tanto blu.
«Okay» confermò il cacciatore, annuendo come un idiota, e poi Cas lo baciò, morbido e dolce, e un sacco di altre cose che gli fecero salire il cuore in gola.
Dean gli mordicchiò le labbra, indispettito, e l’angelo sorrise appena contro le sue, in un modo che lo irritò ancora di più. Lo tirò per il bavero dell’impermeabile, schiacciandosi di più il suo corpo addosso, e schiuse la sua bocca con la lingua per prendersi un bacio degno di questo nome.
«E non lasciarmi mai, mai più, solo con un trench stropicciato» ringhiò, strattonandolo leggermente, e gustandosi i suoi occhioni sgranati da moccioso.
Certe cose non sarebbero mai cambiate, e andava bene così. Davvero, andava bene così.
FINE.
[1] Anne Rice - Scelti dalle Tenebre.
[2] Il nome con cui la Principessa Anna si fa chiamare in
Vacanze Romane (1953).
Potete trovarla anche su:
EFP.