Fandom: Supernatural.
Pairing: Castiel/Dean.
Rating: NC17.
Beta:
koorime_yu (dovere coniugale ♥)
Genere: Erotico, Fluff.
Warning: PWP, Sesso descrittivo, Slash.
Words: 1039 (
fiumidiparole).
Summary: Una fresca notte d'autunno e i finestrini dell'Impala misteriosamente appannati.
Note: Scritta sul prompt
Posizioni scomode di
yuki013 e per il prompt Necking del
Menù Oriente per la
Sagra del Kink 2.0 di kinkmemeita.
Il titolo è preso dalla celeberrima canzone, dovuto a un momento di crack fulminante, causato in parte dalla
cover di Jason Manns e Amy Kuney, e in parte perché sono sull’Impala e, be’, fa freddino fuori da Baby *rotola via*
Dedica: Per
_Enny_In_Wonderwall_ che volevano Fluff P0rn e top!Dean XD
DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù
Baby it’s Cold Outside
La notte era tranquilla. Le ultime cicale sopravissute all’estate frinivano tra l’erba alta, il cielo era un mantello di stelle limpido, la strada una linea piatta e sgombera alla periferia di un paesino di campagna grande quanto un bottone.
Una mano sbatté sul finestrino appannato dell’Impala, lasciando un’impronta nitida che scivolava verso il basso. Dean ridacchiò all’orecchio di Castiel, osservandola divertito; sembrava di essere sulla carrozza nelle stive del Titanic.
«Ehi, Rose, tutto bene?» domandò divertito.
Castiel - il trench schiacciato sotto la schiena, la camicia che pendeva dalle spalle come due ali stropicciate, la cravatta storta e allentata sul petto nudo, le gambe avvinghiate ai suoi fianchi - ansimò ed aggrottò la fronte, perplesso. «Non mi piace che parli di altre donne quando siamo insieme» disse infastidito.
Dean rise ancora e si spinse con forza dentro di lui, in quella trappola bollente e soffocante; i sedili dell’Impala scricchiolarono in apprezzamento, mentre l’angelo respirava affannato contro le sue clavicole. «Non c’è nessun’altra, moccioso» sussurrò, baciando fuggevolmente il suo mento ruvido di barba, sfiorando la fossetta con la punta della lingua, prima di affondare tra le sue labbra dischiuse.
Castiel piantò le unghie nelle sue reni, muovendosi come poteva nello spazio angusto e tirandoselo di più addosso, dentro, ancora più vicino. Il cacciatore scivolò lungo il suo collo sottile, reclinato di lato e offerto in sacrificio alla sua bocca, ai suoi denti; il modo in cui Cas si contorceva tutte le volte che succhiava la sua pelle pallida era un po’ criminale, un po’ troppo delizioso.
«Dean…» mormorò lui, alzando i fianchi come poteva, schiacciato dal suo peso. «Dean, muoviti» lo pregò.
«Troppo gentile per te, Cas?» replicò, le mani impegnate a tenersi in equilibrio, i jeans a malapena abbassati il tanto necessario.
Lui infilò le mani sotto il denim, stringendo le sue natiche, accompagnando i suoi affondi, le labbra che contavano ogni lentiggine sulle sue spalle, sulle sue guance, sulle sue palpebre, tra le sue ciglia. Dean sorrise e cercò di sfuggirgli, un po’ divertito e un po’ imbarazzato.
«Dio, smettila» brontolò, ma non suonava abbastanza infastidito, non davvero.
Gli occhi dell’angelo erano grandi e limpidi, più blu della notte fuori dai finestrini. Non era esattamente il posto più comodo per fare le cose lentamente e con calma, ma nessuno dei due sembrava curarsene; per loro era il posto migliore del mondo. E Dean non aveva nessuna intenzione di affrettare i tempi, non quella notte, con i vestiti di Castiel freschi di lavanderia, il volto appena rasato che sapeva ancora di dopobarba e tutti i segni del Purgatorio ancora addosso.
«Dean, per favore…»
«Shhh» bisbigliò lui, affogando nel suo corpo un po’ di più, ancora un po’, sì, così, con l’uccello di Cas che strusciava contro il suo addome, le sue ciglia che sfarfallavano, umide e lunghissime. «Non tanto in fretta, angelo».
Il gemito che ricevette in risposta era decisamente frustrato, incazzato, disperato, e un momento dopo - senza sapere esattamente come - Dean si ritrovò pressato contro lo sportello opposto dell’auto, la manopola del finestrino che gli scavava un fianco e Castiel che si muoveva rapido ed esigente sopra di lui, piantandosi sul suo sesso. La testa gettata indietro, le mani puntate contro il tettuccio della macchina, il bacino che ruotava avanti e indietro, il pene gonfio e arrossato che oscillava seguendo i suoi tempi.
Il ragazzo chiuse gli occhi, affondandosi i denti in un labbro, mentre ondate di piacere gli strappavano ogni pensiero coerente, lasciandolo a desiderare solo di più: più frizione, più spinte, più tutto. Cas era completamente aperto per lui, così stretto che quasi non riusciva a respirare. Dean chiuse una mano sul suo uccello e con l’altra attirò il suo viso contro di sé, sulla sua bocca.
L’angelo gli incorniciò il volto tra i palmi e lo baciò pianissimo, in contrasto con i suoi affondi febbrili, quasi disperati. «Restiamo qui» ansimò, contro la sua guancia. «Possiamo restare qui, Dean?»
Lui accarezzò gli la schiena, infilando le mani sotto camicia e trench, fino a raggiungere la sua pelle liscia. Pressò i palmi sulle sue scapole, immaginando di poter chiudere le dita sulle sue ali, e spinse verso l’alto, più a fondo, ancora di più. «Tutto il tempo che vuoi, Cas. Tutto il tempo che vuoi». Gli baciò il collo, il petto, mordicchiò le sue clavicole e i capezzoli.
Castiel emise un verso che sembrava quasi un miagolio, il corpo che tremava, scosso da spasmi di piacere, e infilò le dita tra i suoi capelli, tirandoli forse troppo forte, mentre l’orgasmo gli drizzava la schiena come un colpo di frusta - gocce bianche sul suo ventre, un ringhio nel suo orecchio, i vetri della macchina che tremavano, le luci che sfarfallavano impazzite.
Dean gemette, mentre il suo uccello veniva schiacciato tra quelle natiche. «Se mi rompi l’impianto elettrico della macchina, ti spiumo» ansimò. Sbatté i suoi fianchi ancora una, due, tre, quattro volte - i denti stretti in un ruggito, le unghie piantate nelle sue spalle - e poi venne, mordendo un imprecazione e un sospiro.
Per qualche minuto il solo rumore nell’abitacolo furono i loro ansiti spezzati, poi in qualche modo Dean riuscì a girarsi per poggiare la schiena contro i sedili, con l’angelo ancora stretto addosso, acciambellato sul suo petto.
Castiel - le braccia attorno al suo collo, le ginocchia ossute piantate nei suoi fianchi - gli massaggiava la cute con i polpastrelli, giocando con i capelli corti sulla sua nuca, poco prima ingiustamente maltrattati. Il ragazzo chiuse gli occhi, a tanto così dal fare le fusa; se avesse potuto, se non fosse stato invischiato nell’ennesimo casino, avrebbe trovato una stanza in un motel in culo al mondo e si sarebbe chiuso là dentro con Cas, a fare sesso per giorni, fino a svenire dalla stanchezza.
Lui sorrise contro la sua tempia, come se avesse percepito i suoi pensieri. «Sembra un bel piano» mormorò, infatti.
«Uhm» mugugnò Dean, sulla buona strada per il Paradiso, o per scoparselo di nuovo tutto da capo. «Solo se ti fai ricrescere la barba per me, angelo» ronzò, petulante.
«Solo se poi sarai di nuovo tu a radermi il viso» rispose l’amante, ogni parola un bacio all’angolo del suo occhio.
«E a lavarti, e a rivestirti. Ti allaccerò perfino le scarpe» promise.
«Affare fatto» disse Castiel. «Io porto il miele».
La risata di Dean riempì la macchina come una cascata di cioccolata calda.
FINE.
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EFP.