Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Gabriel/Sam, accenni Castiel/Dean e Lucifer/Michael, Bobby, Crowley, Death.
Rating: NC17/NSFW.
Chapters: 1/7.
Genere: Angst (?), Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Sesso descrittivo, Slash, What if.
Words: 4894/29379 (
fiumidiparole).
Summary: Gabriel non è morto nello scontro con Lucifer, ma ne è uscito gravemente ferito, con un paio - su tre - d’ali spezzate e il potere ridotto di un terzo. Avendo bisogno di un rifugio, si rintana a casa Singer, sotto l’occhio dei Winchester.
Note: La storia riprende in buona parte gli eventi delle puntate dalla 5x20 alla 5x22 e li modifica secondo la “Variabile Gabriel”, ma alcuni dialoghi rimangono identici all’originale, o quasi.
Il titolo della canzone è una strofa di
Heat of the moment degli Asia. Sul serio, nessuno si è mai chiesto perché Gabriel tormentasse Sam proprio con una canzone che dice una cosa del genere? XD
Potete trovare
QUI il fanmix a opera di
phoenix_bellamy.
Masterpost |
Capitolo successivo » DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
A Look from You and I would Fall from Grace
Capitolo 1
Il paesaggio scorreva veloce fuori dal finestrino dell’Impala, ma pur avendo la fronte poggiata sul vetro, Sam non lo guardava, non davvero. I suoi occhi restavano fissi su un punto in lontananza, sull’ammasso di nubi temporalesche che si addensava sullo sfondo, premonitrici.
«Ehi» lo richiamò la voce del fratello «Tutto okay?»
«Sì, alla grande» gli assicurò lui, senza voltarsi, agitandosi sul sedile per trovare una posizione più comoda.
«Be’, attenta a non essere troppo allegra, Principessa. Ti si potrebbe disfare la messa in piega» borbottò Dean, allungando una mano per smanettare con l’autoradio, nel tentativo di coprire quel silenzio fastidioso che Sam non si sforzava affatto di smorzare.
«Sono solo stanco» replicò quest’ultimo «Cerchiamo di arrivare da Bobby il prima possibile, così potremo dormire su qualcosa di più comodo di un sedile di pelle».
«Ehi!» esclamò il maggiore «Prima di tutto: non insultare la mia bambina. E poi: ricordi su che schifo di divano abbiamo dormito l’ultima volta che siamo stati lì? Anzi, tu ci hai dormito, io ho dovuto accontentarmi del pavimento, e non sono certo che mi sia andata peggio».
«Touché» gli concesse l’altro.
«Che ti ha detto esattamente Bobby?» domandò Dean.
Sam sospirò e scrollò le spalle. «Solo di portare i nostri culi da lui il prima possibile».
«Già, suona proprio da lui» riconobbe il fratello «Speriamo che abbia trovato qualcosa di utile sui Cavalieri, sono stufo di inseguire l’influenza suina» aggiunse, pigiando il piede sull’acceleratore.
*°*°*°*°*
Era notte fonda quando arrivarono e, nonostante fosse tutt’altro che un bel panorama, tirarono entrambi un sospiro di sollievo nel vedere il profilo familiare della casa e le cataste di auto ammucchiate nella rimessa.
Sam nemmeno ricordava la prima volta che era stato lì, conosceva quel posto da sempre e nel suo cuore aveva la valenza di un rifugio sicuro. Resta, riposa, sembrava suggerirgli l’aria stessa, impregnata dell’odore d’olio per motori e vernice.
Ad attenderli, però, trovarono una brutta sorpresa.
«Era ora» brontolò Bobby, spingendo le ruote della carrozzella per avvicinarsi a loro «Si può sapere da dove siete partiti, dal Tibet? Se avessi passato un altro minuto da solo con lui avrei ucciso qualcuno. Probabilmente me stesso».
I Winchester, però, lo sentirono solo in parte, troppo impegnati ad osservare la figura familiare accasciata sul letto del padrone di casa.
«Ehi, ragazzi» lì saluto Gabriel, tentando il suo solito sorriso da Trikster, ma mancava della consueta brillantezza. I suoi capelli lunghi erano flosci e sporchi di quello che aveva tutto l’aspetto di essere sangue rappreso, gli occhi dorati erano affossati e cerchiati da ombre blu, il volto era pallido e sudato, il petto nudo fasciato da uno spesso strato di bendaggio.
Il primo a riprendersi fu Dean: «Che diavolo ci fai tu qui? E come hai trovato questo posto?»
«Salve, arcangelo. Avete presente?» cantilenò, alzando un dito e muovendolo in cerchio ad indicare il proprio volto «O almeno quello che ne rimane» aggiunse in un sibilo, con una smorfia di dolore.
Bobby grugnì seccato e Sam gli lanciò un’occhiata incerta; non sapeva mai per quale verso prenderlo, da quando era costretto sulla sedia a rotelle.
«Pensavamo fossi morto» disse, avvicinandosi al letto con circospezione «Cosa ti è successo?»
«Per farla breve: il mio fratellone mi ha fatto il culo a stelle e strisce» rispose Gabriel «Ma fortunatamente ha dimenticato che anche io lo conosco bene. O forse non era davvero interessato ad uccidermi. Questo è più nel suo stile» rifletté con amarezza.
«Questo cosa?» domandò il minore dei Winchester, sedendosi con cautela su un angolo del materasso.
L’arcangelo allungò una mano e gli offrì qualcosa: una lunga piuma bianca e soffice. «Fai ciao-ciao alle mie ali superiori».
«Ti ha strappato le ali?» chiese conferma Dean, incredulo.
«Ne ha rotte un paio, sì» sospirò Gabriel, con sguardo insolitamente serio «Suppongo di non essere più un arcangelo, ora» rise amaro «Sono certo che Lucifer pensa che me lo sono meritato, visto che ho finto di non esserlo per tanto tempo» si tirò indietro una ciocca di capelli, solo per poi contorcersi in una smorfia.
«Ti fa male la schiena» osservò Sam.
«Brucia come l’Inferno» confermò lui.
«Un paio?» fece, invece, l’altro Winchester.
«Avevo sei ali, prima, come tutti i serafini».
«Tu sei suo fratello minore, vero? Di Lucifer, intendo» disse Dean.
«Già» confermò.
«Figlio di puttana» esclamò il maggiore dei Winchester, guadagnandosi un’occhiata curiosa dall’arcangelo. «Cosa? Che razza di mostro mutilerebbe il suo fratellino?» sbottò e Gabriel sembrò accusare il colpo come se fosse fisico.
Sam notò con una certa apprensione il suo respiro bloccarsi nel petto e le palpebre chiudersi leggermente, come se qualcuno avesse tentato di schiaffeggiarlo. Al solito, quel fesso di suo fratello aveva la delicatezza di un elefante in una cristalleria.
«Ehi, Dean, perché non gli porti qualcosa da mangiare, uhm?» propose, nel tentativo di allontanarlo.
«Qualcosa di dolce» si affrettò a specificare il malato.
«Altro? Un cuscino, un bicchiere d’acqua, magari, o un porno?» ironizzò l’interpellato.
«Nah, ho Bei Capelli a farmi compagnia, ora» osservò Gabriel, stuzzicandogli le labbra con la piuma.
Sam starnutì. «Sa di… zucchero filato?» borbottò incredulo, arricciando il naso per il prurito.
«Uhm, interessante» osservò lui.
«Cosa?»
«Che tu mi trovi così dolce» sorrise Gabriel.
Dean uscì a passi pensanti dalla stanza, borbottando di nani piumosi che flirtavano con giganti scintillanti. Le assi di legno del pavimento scricchiolarono quando la sedia a rotelle si spostò di lato.
«Che ne dici di qualcosa di più forte?» propose Bobby, versando all’arcangelo un bicchiere di whisky «Dopodiché potrai spiegarmi di nuovo perché ti stiamo aiutando».
«Perché io ho aiutato voi. Quid pro quo» rispose Gabriel, accettando l’offerta. «Questo posto è ben protetto» aggiunse, indirizzando un brindisi al padrone di casa.
«Lusingarmi non servirà a tenere più a lungo il tuo culo nel mio letto» lo avvisò quello, prima di spingersi verso la cucina.
«Adorabile» osservò l’altro.
*°*°*°*°*
Un gemito risuonò fortissimo nella tromba delle scale e Gabriel piantò le unghie nella spalla di Sam, ansimando come un mantice.
«Farai così ad ogni scalino?» si informò Dean, che lo sorreggeva dall’altro lato.
«Vaffanculo» fu l’unica risposta che riuscì a fornirgli l’arcangelo, la sua solita baldanza completamente dimenticata.
«Cosa? Siamo solo ad un quarto della rampa e dopo di quella c’è altro mezzo corridoio lungo cui trasportarti, e non per rovinare il tuo ego, amico, ma pesi» lo informò.
«Vorrei vedere che versi faresti tu, con entrambe le braccia spezzate» ringhiò l’altro.
«Okay, okay, ora basta» tagliò corto, Sam «Scusa, Gabriel» aggiunse, prima di caricarsi il suo peso in spalla senza tanti complimenti.
L’arcangelo lanciò un grido di dolore che gli fece accapponare la pelle, ma poi si limitò a respirare pesantemente, senza più lamentarsi. Lui salì gli scalini con attenzione, un po’ per il sacco che lo appesantiva ed un po’ per cercare di sballottarlo il meno possibile.
«Mi sto pentendo di non essere rimasto a dormire con il vecchio orso» si lagnò Gabriel, tirando su col naso.
«Bobby non ti avrebbe voluto comunque attorno» gli ricordò Dean, che li seguiva dappresso.
«Perché? Sono di compagnia, io, sono simpatico. Non mi sarei nemmeno lamentato del fatto che russa. Non troppo almeno».
Sam sorrise suo malgrado. «Stringi i denti, ancora qualche metro e avrai un letto tutto per te» lo rassicurò, aprendo la porta di quella che era la vecchia camera di Bobby, al momento inutilizzata perché l’uomo non poteva salire fino a lì.
«Preferisco sempre dividerlo con una persona carina» riuscì a dire l’arcangelo, prima di gemere di nuovo, quando Sam lo mise giù.
I Winchester lo aiutarono a stendersi a pancia in sotto e solo quando si voltarono per andarsene si resero conto che la strada percorsa era coperta di soffici piume bianche e zuccherose.
*°*°*°*°*
Gabriel si mosse scomodamente sul letto, allungando una mano per raggiungere il frappé al cioccolato che Dean gli aveva comprato.
La casa era silenziosa, gli unici rumori percettibili erano il cigolio delle vecchie assi ed il russare di Bobby Singer al piano di sotto. I Winchester si erano momentaneamente accampati nella camera di fronte, la stanzetta in cui dormivano da bambini, e lui si stava annoiando a morte. Forse avrebbe dovuto accettare l’offerta di Dean a proposito di quel porno.
Sfregò una guancia contro il cuscino, quando una stilettata di dolore particolarmente affilata gli attraversò la schiena. Nell’aria si materializzarono atre piume bianche, come gocce di sangue schizzate fuori da una ferita aperta. Con mani tremanti, poggiò di nuovo il bicchiere sul comodino; stare da solo senza nulla a distrarlo rendeva la sofferenza ancora più opprimente.
Chiuse gli occhi, respirando cautamente per non muovere troppo i muscoli dorsali. E fu allora che un soffice battito d’ali risuonò nella stanza.
Schiuse le palpebre e il suo sguardo si appuntò su un paio di scarpe da tennis ferme proprio davanti a lui, risalendo lentamente sulla figura di un ragazzo che non gli era affatto familiare: capelli biondi, occhi turchesi, viso imberbe, fisico sottile; sembrava uscito dalla pubertà non più di un mese prima.
«Perché i tuoi tramiti sono sempre così graziosi?» ridacchiò incredulo.
«Fratello» lo salutò il nuovo arrivato con voce piatta, troppo matura per un volto così giovane.
«Mikie» disse lui in risposta «Chi è il tuo nuovo vestitino?»
L’arcangelo si stirò una piega della camicia a scacchi. «Adam Milligan, il fratellastro dei Winchester» rispose quasi con aria distratta.
«Carino. Ma preferisco gli occhioni verdi di Dean-o» osservò l’altro.
Michael non lo stava ascoltando, il suo sguardo illeggibile sondò la sua figura ed una ruga sottile comparve sulla sua fronte. «Sei uno sciocco» sospirò.
«Non è per questo che mi vuoi bene?» cinguettò Gabriel, sfarfallando le ciglia.
Lui prese un respiro profondo, come se stesse racimolando un’oncia di pazienza, poi si accomodò con attenzione al suo fianco, in silenzio.
«Certe cose non cambiano mai» disse il fratello minore, con un sorriso triste. Michael gli rivolse un’occhiata interrogativa e lui sbuffò. «Rimugini troppo e non dici mai quello che pensi davvero».
«Puoi leggermi nella mente, fratello».
«Voglio sentirtelo dire» asserì Gabriel.
Il maggiore distolse di nuovo lo sguardo, le mani intrecciate in mezzo alle gambe, gli occhi luminosi al soffitto. «Vorrei poterti guarire» ammise, dopo un lungo silenzio. «E sono arrabbiato con te».
«Lo so» sospirò.
«No, non lo sai» lo contraddisse subito Michael, in tono duro, la furia a malapena contenuta. «Te ne sei andato, Gabriel. Mi hai abbandonato. Hai abbandonato tutti noi».
Lui trattenne il fiato, accusando il colpo. Non era da Michael parlare così appertamente di se stesso, ammettere di essere stato ferito, di essersi sentito... solo.
Gabriel cercò di tirarsi su come poteva, puntellandosi su un gomito e stringendo i denti alle scariche di dolore che risalivano su per la sua colonna vertebrale.
«Sono stato un vigliacco» convenne.
Il fratello gli concesse uno sguardo. «Mi hai lasciato con Raphael» aggiunse monocorde.
Gabriel fece una piccola smorfia. «Okay, sono stato uno stronzo totale» si corresse e le labbra di Michael si piegarono in quello che poteva essere un principio di sorriso.
L’arcangelo si voltò di nuovo a guardare il vuoto, nascondendogli quel momento di- ... cos’era, condivisione, comprensione?
«Mi sei mancato» confessò l’altro.
Michael mosse leggermente le spalle, raddrizzando la schiena, e non rispose.
«Non mi credi» dedusse Gabriel.
Il fratello strinse i denti, la mascella morbida che si faceva di colpo squadrata, affilata dalle ombre.
«Sono sorpreso che tu non mi abbia già ucciso» disse allora il minore.
La testa di Michael scattò nella sua direzione, gli occhi sgranati, la bocca socchiusa. Poi strinse le labbra e il suo sguardo si indurì come marmo, ma Gabriel vi aveva già letto attraverso. Io non sono Lucifer. Non uccido i miei fratelli se non sono costretto.
«Scusami» mormorò, chinando il capo.
«Sapevo dov’eri, in tutti questi anni. Lo sapevo sempre» rivelò Michael. E non sono mai venuto a cercarti, era il chiaro sottinteso. Non lo aveva mai trascinanto a casa con la forza, l’aveva lasciato fare.
Gabriel deglutì a fatica. «Lo sospettavo».
«Torna a casa, fratello» disse all’improvviso l’altro «Non ti sarà fatto alcun male e ti aiuterò a guarire, per quanto mi è possibile».
Gabriel sentì il cuore accartocciarsi come un foglio di carta. «Non posso» rispose, tentando un sorriso da monello.
«Stai con Lucifer?» chiese il maggiore, voltandosi con riluttanza.
«No, non si tratta né di te, né di lui. Stavolta sto dalla loro parte, quella degli umani».
Michael serrò i pugni. «Noi siamo la tua famiglia».
«Papà aveva ragione, Mikie, ha sempre avuto ragione» rispose mite.
Lui gli voltò la faccia, ancora, e si alzò con movimenti che riuscivano ad essere eleganti ed incredibilmente rigidi allo stesso tempo.
«Michael» lo chiamò, afferrandogli un polso.
«Devo andare» rispose questi, incolore.
Gabriel lasciò andare la presa. «Già, certe cose non cambiano mai» ripeté con amarezza.
Il fratello chinò il capo tra le spalle, e lui lesse stanchezza nella curva della sua schiena.
Non vuoi uccidere Lucifer. Non puoi farlo.
«Devo» disse rialzando la testa, come in risposta ai suoi pensieri; forse li aveva letti davvero.
«E poi cosa farai, Mikie?» chiese Gabriel con dolcezza, quasi con compassione. Come sopravvivrai, dopo?
Michael si voltò a guardarlo un’ultima volta e di nuovo quella ruga sottile comparve sulla sua fronte liscia, gli occhi troppo brillanti, troppo turchesi in quel volto pallido. Si chinò su di lui e pressò le labbra tiepide sulla sua fronte, poi scomparve.
Non hai intenzione di sopravvivere.
*°*°*°*°*
C’era una nuova crepa sul soffitto. Lunga e frastagliata, percorreva la camera in obliquo, da un angolo fin quasi al vecchio lampadario impolverato. Sam era sicuro che quella crepa non fosse lì, l’ultima volta che aveva dormito in quel letto.
Prese un respiro profondo, inalando l’odore dolciastro della muffa che si annidava al lato opposto della stanza, sul muro che dividenza la camera da letto dal bagno, e quello umido e selvatico della notte estiva.
Una brezza leggera entrava dalla finestra spalancata, gonfiando le vecchie tende tarlate. Il respiro di Dean, steso sull’altro materasso, era profondo e regolare, appena un po’ fischiante quando espirava, come se avesse il naso tappato. Ad un certo punto gli era sembrato di sentire qualcuno parlare, poi suo fratello si era voltato di fianco, biasciando qualcosa che poteva essere «Torta», e aveva sorriso nel sonno.
Sam si rigirò a pancia in giù e abbracciò il cuscino, tentando per l’ennesima volta di prendere sonno. Una zanzara ronzò attorno al suo orecchio e lui cercò di scacciarla sventolando una mano, ma quella tornò dopo pochi secondi. Sbuffando, lanciò il lenzuolo in aria e buttò i piedi giù dal letto, mettendosi seduto e sfregandosi gli occhi stanchi; era chiaro che quella notte non sarebbe riuscito a dormire.
Recuperò i jeans poggiati sopra la propria sacca da viaggio e li infilò rapidamente, prima di uscire dalla stanza, con l’idea di scendere da basso a cercare un bicchiere d’acqua. Appena uscito in corridoio, però, notò una lama di luce filtrare da sotto la porta di fronte alla loro e sentì un rumore strano provenire da lì dentro: una sorta di grattare.
Accigliato, aprì l’uscio di uno spiraglio, spiando all’interno. Quello che vide fu Gabriel abbracciato ad una gigantesca confezione di gelato, il cucchiaio che sfregava contro le pareti di cartone, quando raccoglieva i rimasugli sui bordi.
«Ehi» lo chiamò piano, avvicinandosi a passi felpati, i piedi scalzi che non producevano alcun rumore sulle assi di legno.
Il materasso era coperto di piume, come se due ragazzini si fossero accapigliati lì sopra facendo la guerra con i cuscini. Il profumo di zucchero era così forte che gli si chiuse la gola.
L’arcangelo alzò lentamente lo sguardo e ammiccò deliziato. «Stai cercando di sedurmi?» domandò, infilandosi il bordo del cucchiaio in bocca e scorrendo lo sguardo sul suo petto nudo.
«Io- no» borbottò Sam, tirandosi nervosamente un ciuffo indietro. «E’ meglio se torno a letto» decretò.
Ma Gabriel allungò la mano, offrendogli un cucchiaio pulito, comparso chissà come.
Dopo un momento di indecisione, il ragazzo lo accettò e si accucciò dall’altra parte del letto, accanto a lui.
«Dove hai trovato il gelato, comunque?» domandò, prendendo una cucchiaiata del dolce. Cioccolato e vaniglia, uhm, niente male, decise non appena lo assaggiò.
«Arcangelo» gli ricordò l’altro, lo sguardo fisso sulla ciotola.
«Tutto okay?» gli domandò Sam, osservando i capelli che gli spiovevano sulla faccia; erano di nuovo puliti e luminosi, di un caldo color miele.
«Sono rannicchiato al buio, aggrappato ad una confezione di gelato. Secondo te?» rimbeccò quello, alzando gli occhi al cielo.
«Hai visto troppi film, amico» lo informò il cacciatore, guadagnandosi una smorfia.
«E tu perché non stai facendo il tuo sonno di bellezza, o qualunque cosa ti serva per mantenere quel faccino da cucciolo abbandonato sull’autostrada?»
«Non riesco a dormire» rispose, scrollando le spalle.
Gabriel alzò quegli strani occhi felini e li puntò dritti nei suoi; Sam conosceva quello sguardo, era quello che aveva anche Castiel quando gli leggeva dentro come fosse un libro aperto. Abbassò la testa, con la scusa di prendere un’altra cucchiaiata di gelato, sfuggendo al suo esame.
«C’è qualche brutto pensiero che ti tormenta, Sammy» osservò l’arcangelo.
«Anche a te» ribatté lui.
«Ho parlato con Michael» ammise l’arcangelo.
«Quando?» chiese il ragazzo, sorpreso.
«Mezza confezione di gelato fa».
«E’ stato qui? E non ci hai detto niente?» esclamò Sam.
Gabriel storse le labbra. «E’ Michael. Non è che gli si possa davvero impedire di fare qualcosa, quando vuole» rispose semplicemente.
Il cacciatore si limitò ad osservarlo per un lungo momento, mentre lui prendeva un enorme porzione del dolce. «Ti ha fatto del male?» domandò infine.
«Aww, sei preoccupato per me?» cinguettò Gabriel.
Sam si limitò a rivolgergli un’occhiataccia.
«E’ mio fratello maggiore» disse allora l’arcangelo, come per rassicurarlo.
«Anche Lucifer lo è».
«Michael è diverso» rispose Gabriel, insolitamente serio.
«Cosa lo rende tanto speciale?» chiese il ragazzo, con evidente scetticismo, dopo qualche secondo di silenzio.
L’arcangelo lasciò andare il cucchiaio e sollevò lo sguardo, fissandolo con rabbia malcelata. «Cosa rende tanto speciale Dean? Perché nonostante sia un enorme cazzone, tutti finiscono per amarlo, o quantomeno per rispettarlo con riluttanza?» sbottò «C’è che sono nati per questo, per amare e dare tutto se stessi, per essere i fottuti leader, i grandi eroi della tragedia, e non puoi fare a meno a di amarli, perché non importa come, ma alla fine quei cazzoni ti salveranno il culo» spiegò «E’ un dono. E una maledizione».
Sam sbatté le ciglia, sorpreso da tanta foga. «Tu lo ami» dedusse, incredulo.
Gabriel lo fissò con astio. «E’ mio fratello maggiore, il mio principe. Il mio migliore amico. O quantomeno io sono il suo migliore amico. Lo ero».
«Ti manca» comprese il ragazzo.
«Certo che mi manca. Sono la mia famiglia e si uccideranno a vicenda».
«Ti manca anche Lucifer?» chiese lui con delicatezza «Nonostante quello che ti ha fatto».
«Tu non capisci, Sammy» sussurrò l’arcangelo, un sorriso triste a sporcargli il volto, gli occhi pieni di secoli, polvere e dolore «Non si può smettere di amare Lucifer. Non importa cosa faccia, quanto pesti i piedi o metta il broncio. E’ fatto per essere amato, per essere la spina che ti trafiggerà il cuore mettendo tutto in discussione».
«E tu per cosa sei nato?»
Gabriel deglutì pesantemente. «Vorrei saperlo anch’io».
*°*°*°*°*
«Puoi scordartelo» asserì Dean, incrociando le braccia sul letto.
«Oh, avanti! Che sarà mai» esclamò Gabriel.
Sam si mostrò molto impegnato a raccogliere le piume che ricoprivano a tappeto tutto il letto e il pavimento attorno.
«Non ho nessuna intenzione di portarti il televisore in camera» ripeté suo fratello maggiore.
«Ma io non posso ancora muovermi e mi annoio. Non sono in grado di materializzare qualcosa di grande ed artificiale come un televisore, per il momento» cercò di impietosirlo l’arcangelo.
«Non è un mio problema. Non voglio essere costretto a stare qui per guardare la TV».
Sam, dando loro le spalle, roteò gli occhi e svuotò la paletta piena di piume in un sacco nero.
«Sono in queste condizioni perché vi ho salvato il culo» gli ricordò Gabriel.
«E questo è esattamente il motivo per il quale non ti abbiamo ancora scaricato nella rimessa, tra gli altri rottami» convenne il cacciatore.
«Dean» ritentò l’altro. «Tu, io, una ciotola gigantesca di pop-corn e Clin Eastwood» l’occhieggiò malizioso, facendo su e giù con le sopraciglia.
Sam mascherò un sorriso divertito chinandosi a controllare se fosse rimasto qualcosa sotto il letto.
Suo fratello, invece, alzò il mento in segno di sfida. «Non mi comprerai con così poco».
«E una torta di mele. Una montagna di torta di mele» calcò l’arcangelo.
«Argh!» gemette Dean, alzando le braccia al cielo. «E va bene, ma solo finché non sarai in grado di scendere dal letto. Poi il televisore torna al suo posto» decretò, puntandogli un dito contro.
«Affare fatto» concordò Gabriel, sorridendo come il dannatissimo gatto del Cheshire.
«Sul serio?» chiese Sam, accigliato, rimettendosi in piedi.
«Torta di mele, Sammy. La torta di mele vince sempre» gli ricordò il fratello, uscendo dalla stanza a grandi passi.
«Se vuoi conquistare un uomo, devi prenderlo per la gola» cinguettò Gabriel, facendogli l’occhiolino.
Sam scosse il capo, avvicinandosi alla finestra per spalancarla; tutto quel profumo di zucchero lo stava intossicando. «Se Michael è entrato qui, cosa ci dice che non siano in grado di farlo anche gli altri angeli?» chiese, nel tentativo di risollevare il quoziente intellettivo nell’aria.
«Gli angeli non sono un problema. In effetti, gli unici che potrebbero esserlo, vale a dire gli arcangeli, sono anche i soli totalmente disinteressati a me. Il vero problema sono i demoni. Hai idea di quanto siano preziose quelle piume che tu stai gettando nella spazzatura?» spiegò Gabriel.
Il cacciatore guardò il sacco pieno. «Vuoi dire che si possono usare in qualche modo, oltre che come arbre magique?»
«Ognuna di loro è un frammento della mia Grazia, Sammy-Pooh».
«Quanto potere stai perdendo, esattamente?» domandò il ragazzo, incupito.
«Queste non sono domande che si fanno al primo appuntamento, zuccherino».
«Gabriel» lo richiamò lui.
L’arcangelo lo fissò a lungo, in silenzio. «Un terzo, Sam» rispose, quando già si sentivano i passi di Dean risalire le scale «Ne sto perdendo un terzo».
*°*°*°*°*
«La vecchia trilogia è molto meglio, non c’è paragone» esclamò Gabriel, impugnando un frappé alla fragola.
«Assolutamente. Se solo penso a come hanno stuprato Yoda…» convenne Dean, schifato, prendendo un sorso di birra per sciacquarsi la bocca.
Sam aveva l’impressione di essere appena finito in un universo parallelo in cui suo fratello e l’arcangelo erano compagni di stanza al college; la camera era ridotta in condizioni non molto migliori di come ricordava quelle dei suoi amici a Stanford.
«Da bambino volevo sposare la Principessa Leila» rivelò Dean, con aria sognante.
«A-ha! Sapevo che vorresti essere Ian Solo. Lo sapevo!» esclamò Gabriel.
«Ovvio, è il migliore» asserì il ragazzo «Mentre Sammy ha sempre voluto essere…»
«Luke Skywalker» indovinò subito l’arcangelo, uno strano sorriso sul volto che si fermava appena prima di raggiungere gli occhi.
«Io ho sempre pensavo che fosse più adatto come Chewbecca» ghignò il maggiore dei Winchester.
«Molto divertente, Dean» borbottò Sam, mentre l’arcangelo quasi si affogava con il frappé per il troppo ridere. «E tu chi saresti?» chiese a quest’ultimo.
«Mi pare scontato» disse Gabriel, spalancando le braccia come per mettersi in mostra. I due Winchester lo fissarono perplessi, in attesa. «Obi-Wan!» esclamò allora lui, oltraggiato.
«Yeah, e ti sei proprio fatto fare il culo da Darth Vater» osservò Dean, storcendo le labbra.
Gabriel gli rifilò un’occhiataccia ed il ragazzo gli diede una pacca consolatoria sulla spalla, facendolo gemere di dolore.
«Mi dispiace, amico» si scusò Dean, fissando una piuma comparire nell’aria e posarsi lentamente sul materasso. «Per quando continuerai a fare la muta?» domandò perplesso.
«Finché non perderò tutte le penne dalle ali spezzate» sospirò l’arcangelo.
«Fantastico, Bobby farà i salti di gioia» esclamò il maggiore dei Winchester, sarcastico.
Sam pensò che fosse una battuta di cattivo gusto per più di un motivo.
«A proposito, che sta combinando il vecchio orso?» domandò Gabriel, curioso come una comare seduta a prendere il fresco fuori dalla porta di casa.
«Sta cercando di individuare gli ultimi due Cavalieri dell’Apocalisse rimasti» rispose Dean.
«Come siete messi con quella faccenda?» chiese quindi l’arcangelo «E, a proposito, ci terrei a riavere il mio DVD, è un’edizione limitata, sapete» ammiccò.
«Abbiamo due anelli su quattro, quelli di War e Famine» lo informò Sam, glissando elegantemente sul resto.
«Oh, perfetto» esclamò Gabriel «Dite al vecchio orso di occuparsi di rintracciare Pestilence. Io vi fisserò un appuntamento con Zio Death».
«Zio Death?» esclamò Dean «Parliamo della stessa persona? O creatura. Il Cavaliere dell’Apocalisse? Il Tristo Mietitore?»
«Prima di tutto: non è affatto un tipo triste, anzi, è molto simpatico. E poi… sai, Vita e Morte, Dio e Death sono due facce della stessa medaglia, conosco entrambi da quando non ero altro che una scintillina di Grazia nella testa di mio Padre» spiegò l’arcangelo, mostrandogli pollice e indice che quasi si toccavano.
«E io che pensavo che la nostra famiglia fosse problematica» ironizzò Dean, voltandosi verso il fratello.
*°*°*°*°*
La radiosveglia squillò all’improvviso e Sam rischiò di saltare in aria.
«It was the heat of the moment, telling me what my heart meant. The heat of the moment showed in your eyes» [1] cantavano gli Asia a tutto volume e il display segnava le sette di martedì mattina. Martedì.
Il ragazzo si guardò attorno con scatti febbrili, respirando affannato. Il letto accanto al suo era vuoto e il suo lenzuolo era coperto da soffici piume bianche.
«Argh! Gabriel» ruggì, strappando la sveglia dal comodino e marciando verso la camera di fronte alla sua. «Questo non è divertente» sbottò, agitandola di fronte a lui.
«Questo cosa, dolcezza?» domandò l’arcangelo, producendo un rumore osceno con il lecca-lecca che aveva in bocca.
«Lo sai cosa. Hai idea di come mi sono sentito? Quel periodo è stato uno dei più orribili che abbia mai vissuto» continuò il ragazzo, ricordando con un autentico brivido l’infinita successione di martedì in cui aveva visto morire Dean in tutti i modi umanamente possibili.
«Sammy-Pooh, sono lusingato del fatto che tu abbia una così alta considerazione di me, davvero, ma a differenza di quello che credi, non sono in grado di prevedere che canzoni passeranno ogni mattina alla radio».
«Vorresti dirmi che è solo una coincidenza?» ribatté il ragazzo, aggrottando le sopraciglia.
«Zuccherino, ti verranno le rughe se continui così» si finse preoccupato, facendo schioccare le labbra attorno al lecca-lecca.
«Che mi dici di queste, uhm?» fece allora Sam, mostrandogli una piuma raccolta dal proprio letto.
«Sei proprio carino quando dormi, sai?» chiocciò Gabriel e lui sentì il volto ribollire; se di rabbia o di imbarazzo - o di entrambi - non avrebbe saputo dirlo, ma gli voltò le spalle e marciò fuori dalla stanza a grandi passi.
Aveva quasi raggiunto il piano di sotto, quando il suo cellulare prese a squillare: «A look from you and I would fall from grace. And it would wipe the smile right from my face» come se avesse sempre avuto quella suoneria.
«GABRIEL!»
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«Ma che diavolo… ?» borbottò Sam, attirando l’attenzione del fratello.
«Cosa?» fece Dean.
«Questa camicia ieri sera era blu» spiegò il minore, mostrandogli la stoffa, all’improvviso divenuta di un acceso rosa shocking.
L’altro inarcò un sopraciglio. «Non hai bisogno di giustificare le tue scelte stilistiche, Samantha, davvero, solo non farti vedere in giro con me con qualcosa del genere addosso» ironizzò.
«Cos- … ti dico che questa ieri non era di questo colore orribile» esclamò, aprendo la propria sacca e cercando qualcos’altro da indossare.
Fu allora che si accorse che ogni singolo capo di vestiario lì dentro era diventato rosa. Ogni. Singolo. Vestito.
Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo, poi sbuffò dal naso. «Gabriel!» ringhiò, marciando verso la sua stanza.
*°*°*°*°*
Borbottando sull’infantilismo di certi arcangeli e delle loro piume che si infilavano in posti censurabili, Sam aprì il frigo in cerca di una birra, ma non appena scostò lo sportello, dall’interno iniziò a cadere una pioggia di snack al cioccolato.
«Amico, hai svaligiato il supermercato?» disse all’indirizzo di Dean, chino insieme a Bobby su una pila di giornali.
«Cosa?» fece il fratello, inarcando un sopracciglio.
Sam indicò i suoi piedi, spariti sotto una montagna di cioccolati e caramelle, poi alzò di nuovo lo sguardo con aria di rimprovero.
«Ehi, puoi anche cancellare la Bitch Face #3: Dean, quanti anni hai? dalla tua faccia, okay? Quella non è roba mia» lo placcò il maggiore.
«Qualcuno ricordi a quel pennuto che questa casa non è un albergo» brontolò Bobby, versandosi una tazza di caffè.
«Devo aver sbagliato indirizzo» osservò una voce familiare. «Non cercavo la fabbrica di Willy Wonka» scandì Crowley, comparso al centro della cucina, con quel suo irritante accento scozzese.
Istantaneamente si trovò due pistole - quella di Dean e quella di Bobby - puntate contro.
«Chi diavolo sei tu?» ringhiò il padrone di casa, ma l’interpellato non ebbe il tempo di rispondergli.
«Tu» sputò Sam, sfilando il pugnale di Ruby dal retro dei jeans ed attaccandolo in un unico movimento fluido.
Il demone scomparve, lasciandolo a colpire solo l’aria, e riapparve dall’altra parte della stanza. «Possiamo saltare questa parte, per favore? Comincia ad essere un preliminare davvero monotono» alzò le mani in segno di buona fede.
«Dopo quello che hai fatto? Sapevi che la Colt non avrebbe funzionato e ci hai comunque spedito in quella missione suicida! Sono morte delle persone, brave persone» gridò Sam.
«Non lo sapevo» si affrettò a dire Crowley, schivando un nuovo attacco. «Credevo davvero che avrebbe funzionato. Puoi richiamare il tuo cane?» fece, apparendo accanto a Dean.
«Dammi una buona ragione» replicò lui, ricevendo un’occhiata incredula dal fratello.
«Posso dirvi dove si trova Pestilence» sogghignò Crowley. «Ho attirato la tua attenzione, non è così?»
«Come sai che lo stiamo cercando?»
Crowley si mosse con circospezione per la stanza, aggirando Sam, e si versò due dita di whisky. «Io so sempre tutto quello che vale la pena di sapere» rispose, lanciando loro un’occhiata di compatimento, prima di portarsi il bicchiere alle labbra. Lo poggiò subito dopo, con espressione schifata; pessimo, pessimo liquore a buon mercato. «Sentite, non è cambiato nulla, siamo sempre dalla stessa parte. Posso aiutarvi con la faccenda degli anelli - oh sì, so anche quello. E in cambio voi rimettete il Diavolo nella sua scatola. Bel piano, a proposito».
«Perché dovremmo fidarci di te?» domandò Bobby, senza trascurare di tenerlo sempre sotto tiro.
«Ve l’ho detto: abbiamo un interesse comune. Ehi, raggio di sole, i due barbari non ci hanno ancora presentati. Sono Crowley. E sono davvero spiacente per la scortesia».
Il cacciatore gli sparò senza tanti complimenti, spedendolo culo a terra. «Bobby Singer, piacere di conoscerti. Ora inizia a parlare chiaro o leva i piedi dalla mia proprietà».
«Ouch! Rude. Mi piace» borbottò il demone, rimettendosi in piedi «E mi piaceva anche questo vestito. Non è il piede giusto con il quale cominciare, Robert».
[1]
Asia - Heat of the moment. In riferimento alla puntata 3x11 - Mystery Spot, ovviamente.
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EFP.